16.

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Leeroy
Durante le vacanze di Natale avevamo fatto in modo di vederci spesso.
Il rito era sempre lo stesso.
Un messaggio, lui veniva a casa mia, poche  chiacchiere e tanto sesso.
Era esaltante avere Andrew nel mio letto, toccare il suo corpo, baciarlo.
Per quelle due settimane non sentii la necessità di cercare altro, forse era colpa delle novità, fatto sta che mi bastava scoprire lui, conoscerlo, impararlo a memoria.
Jillian era in vacanza con i genitori e questo permise una certa libertà anche a lui.
Decidemmo tacitamente di non vederci il giorno di Natale e a capodanno, non eravamo una coppia, quindi non era necessario festeggiare insieme e di conseguenza non volli sapere cosa avesse fatto né gli dissi come avevo festeggiato io. (Mi ero ubriacato da solo nella mia camera come ogni anno, non molto interessante).
Scopavamo e basta.
Scoprii così che il suo corpo per quelle 24 ore mi era mancato e lui il 26 dicembre e il 2 gennaio mi strinse un po più forte, ma nessuno dei due volle farlo notare.
Preferivo immaginare di essergli mancato un po anch'io piuttosto che sapere una verità diversa.
Quel giorno era l'ultimo delle vacanze scolastiche, sapevo che le cose di lì in avanti sarebbero state più complicate, ma non ero davvero preoccupato, preferivo lasciare tutto il nervosismo ad Andrew, che mentre cercava i suoi vestiti sembrava una molla pronta a scattare.
Alzai gli occhi al cielo e in boxer mi accesi una sigaretta
- Rilassati. Non cercherò di entrarti nelle mutande nel cortile della scuola, te lo prometto -
Mi guardò disgustato
- Non credo alle tue promesse -
Scoppiai a ridere rilassandomi sul letto sfatto
- E fai bene -
Sbuffò e si passò una mano fra i capelli biondi
- Per te è facile. A scuola non sei nessuno -
- Grazie -
Mi ignorò e continuò il suo sproloquio insensato
- Ma io ho un nome, uno status.. Se si dovesse.. Oh lascia perdere non puoi capire. -
Mi alzai con ancora la sigaretta fra le dita
- No continua, ti prego - aggrottai la fronte scontrandomi con i suoi occhi chiari - Ti ritirano lo scettro se scoprono che ti piace prenderlo nel culo? -
- Fai schifo. Lo sai? -
- E tu sei patetico -
Il volto di Andrew era paonazzo
- Ma va al diavolo -
Afferrò la felpa e uscì veloce dalla mia stanza, sbattè la porta e io rimasi per un po fermo, a fumare, poi imprecai fra i denti e lo seguii.
Fra noi era sempre così.
Un momento prima ci sfioravamo come se fossimo preziosi e quello dopo volevamo ucciderci.
Lo trovai vicino alla sua auto. Stava per entrare quando afferrai la portiera e mi frapposi fra lui ed essa
- Tu non te ne vai così -
Andrew mi guardò sorpreso
- Sei nudo! -
- I vicini hanno visto di peggio -
- Ci saranno 10 gradi -
Stavo gelando, ma non volevo parlare del fatto che lo avessi seguito in mutande a gennaio per non farlo andar via.
- Io non ti capisco, hai ragione. Non capisco come possa piacerti la tua vita, come una stupida corona possa renderti orgoglioso invece che imbarazzato, perché sinceramente io al posto tuo mi sotterrerei. Ti piace giocare a calcio, ma sei il capitano perché sei bravo, no perché sei popolare! E non capisco perché ti importa così tanti del giudizio della gente. Trovo patetica la tua relazione con Jillian, se si può chiamare relazione perché diciamocelo è una buffonata. - Iniziavo a tremare mentre Andrew mi fissava impassibile. Scossi la testa e allargai le braccia - E si, non ti capisco perché non sono nessuno. Ma meglio essere nessuno che te Andrew -
Sollevò un sopracciglio
- Hai finito? -
- Si -
Sospirò e scosse la testa
- É la prima volta forse che ti sento parlare così tanto, rientra Lee o ti prenderai una polmonite -
- Cosa t'importa? Tanto non sono nessuno! -
- Ed è un tuo hobby seguire le persone patetiche? -
Mi sentii colpito e scossi la testa, lo superai con una spallata e rientrai in casa, aprendo con un colpo secco la portai ma non la sentii mai sbattere perché Andrew mi aveva seguito e l'aveva afferrata prima che potesse farlo
- Tu non sai cosa vorrebbe dire per me se si sapesse una cosa del genere! Come potrebbero reagire i miei genitori.. Verrei lasciato solo da tutti! -
- Ah hai ragione, non lo so è vero. Aspetta, a scuola mi evitano già tutti! -
- Ti divertirebbe che facessero lo stesso con me vero? -
- Da morire, è fra le mie tre massime aspirazioni. Oltre a essere nessuno e a farmi insultare da tutti gli stronzetti viziati di Fort Hale -
Alzò gli occhi al cielo
- Vaffanculo Lee -
Uscì e questa volta sbattè la porta.
Lo seguii.
- Non sbattere la porta di casa mia! -
- Torna dentro Leeroy! -
- Senti, lo so che per te non è facile. -
Andrew si fermò, ma continuo a darmi le spalle, presi un respiro profondo e smisi di urlare e stanco ed infreddolito dissi - Ma dai a.. a questa cosa più importanza di quanto ne merita. Non si saprà e tu avrai la tua stupida patetica vita perfetta. È solo divertimento -
Lo vidi sbuffare e abbassare la testa, prima di voltarsi lentamente verso di me
- Ora non mi sembra così divertente -
Ghignai
- Ripensa a mezz'ora fa -
Lo vidi cercare di trattenere un sorriso e poi guardò me con la sua solita aria arrogante, ma un po meno spaventata di qualche minuto prima
- Ti credi troppo bravo Daves -
Scoppiai a ridere
- Sono gli altri a dirmelo -
Alzò gli occhi al cielo e si tolse la giacca, si avvicinò e la usò per coprirmi. Quando sentii il calore del suo corpo sul mio, arrossii come uno sciocco, ma per fortuna la pelle olivastra lo mascherò bene
- Ma che fai? -
- Ti copro -
Lo guardai e il mio cuore perse 2000 battiti
- Ti credi mia madre Harrison? -
Lui sorrise ma non rispose, poi tornò serio e mi guardò negli occhi
- Ho paura per domani -
Si stava confidando con me?!
Non era quello che mi aspettavo.
Per un po non fui in grado di dire nulla, poi mi ripresi e dissi la prima cosa che mi venne in mente
- Tranquillo potrai sempre dire che è tutta colpa mia -
Andrew roteò gli occhi come se la risposta fosse ovvia
- È tutta colpa tua Lee -
Sorrisi.
Mi piaceva quando mi chiamava così, aveva preso il vizio di farlo pochi giorni prima, probabilmente nemmeno se n'era accorto e io non avevo intenzione di farglielo notare. Non volevo che smettesse.
- Questi sono particolari -
Sorrise e mi aggiustò il colletto della sua giacca, era vicino e potevo sentire il suo profumo, tanto che concentrandomi potevo percepire anche una traccia del mio odore. Era strano. Ancora troppo nuovo per essere bello.
Senza guardarmi mormorò
- È il tuo stupido modo di dirmi che nel caso tu ci sarai? -
Aveva il terrore della solitudine.
Era lì la nostra più grande differenza. Non nei tatuaggi o nei vestiti firmati.
Io ero cresciuto solo. Avevo visto Sunny come un dono, l'eccezione che conferma la regola.
Lui era cresciuto circondato da persone che sincere o no lo adoravano, che davano cibo fresco alla sua vanità ogni giorno, alimentando il suo ego, accarezzandolo, nutrendolo fino a farlo esplodere.
Lui non poteva vedere nella solitudine un'amica, per lui era solo un nemica talmente spaventosa che preferiva aggrapparsi a me piuttosto che affrontarla.
Patetico.
Tenero.
Le due faccia della stessa medaglia.
Lo baciai dolcemente sulle labbra fredde e quando vidi le sue guance rosse sorrisi vittorioso per quella risposta che risposta non era. Era molto di più.
- È meglio se vai Harrison -
Lui annuì, ma invece di andarsene mi afferrò per il collo e mi baciò con più passione e forza, non aspettai un altro attimo e aggrappandomi alla sua maglietta lo trascinai di nuovo dentro.
Allontanammo il pensiero del giorno dopo e restammo semplicemente noi due, con il nostro modo assurdo di mischiare rabbia e sesso prima di fare l'ennesima pace come se fosse solo un'altra guerra.
La nostra.

Andrew
Parcheggiai davanti al liceo e scesi con Jillian, che particolarmente entusiasta delle sue vacanze non aveva smesso neanche per un secondo di raccontarmi cosa avesse fatto durante tutti quei giorni. Normalmente mi avrebbe seccato, ma quella volta pensai fosse una benedizione. Cosa potevo dirle io? Ho passato due settimane nel letto di Leeroy Daves?
No, non era il caso.
Mi passai una mano fra i capelli, mentre salutavo distrattamente degli "amici".
Ora mi sembrava tutto sbagliato.
Avevo lasciato quella scuola nell'anno vecchio come Andrew Harrison, sicuro di se malgrado tutto e tutti, con dei dubbi forse, ma altrettante certezze ben più importanti, ben più vere. E vi tornavo come un ragazzo distrutto con quei pochi dubbi che avevano fatto a pezzi tutte le certezze, che si guardava intorno spaesato come un animale cresciuto in cattività che si ritrova improvvisamente nella savana.
Non era più quello il mio habitat?
- Ehi amore tutto bene? -
Mi riscossi dai miei pensieri e sorrisi a Jill
- Certo, mi dicevi delle terme giusto? -
Lei ricominciò a parlare e io tirai un sospiro di sollievo, andò tutto bene finché Sam non urlò da lontano
- Ehi capitano! -
Gli sorrisi teso
- Non urlare così presto -
Lui rise raggiungendomi e passò un braccio intorno al mio collo
- Che fine hai fatto? Ti abbiamo visto poco in giro! -
Jill parve sorpresa
- Davvero? -
Maledii fra me e me il mio amico e mi rivolsi a lei con un sorriso fintamente naturale sul volto
- Avevo da recuperare un sacco di materie, lo sai come è fatto mio padre -
Jill rise, annuì, e mi baciò leggermente sulle labbra. Tirai un sospiro di sollievo: era andata. Avevo la risposta pronta, studiata a tavolino sapendo che la mia assenza sarebbe stata notata. Ultimamente la popolarità non mi sembrava più così fantastica come un tempo.
Sam mi scosse con forza
- Ehi non diventare troppo serio! Oggi dopo l'allenamento si esce! -
Dopo l'allenamento avevo in programma di andare da Lee, ma feci buon viso a cattivo gioco e sorridendo lo spinsi via
- Certo! -
Proprio in quel momento passò lui.
Era solo, con l'aria disordinata e stanca, la cravatta storta e la camicia spiegazzata. Il mio cuore perse qualche battito e fui costretto a distogliere lo sguardo.
Ma che cavolo mi prendeva?
La voce di Sam mi riportò ancora una volta sulla terra
- È da un po che non facciamo qualche scherzo al coglione -
Sorrisi stanco pensando che ero stato io il primo a chiamarlo in quel modo in terza media.
- Mi serve per matematica -
- Che palle -
Mi feci una risata anche se quella storia non mi sembrava più così divertente come un tempo, diedi un bacio a Jillian e con una pacca a Sam me ne andai.
Tirai un altro sospiro e provai rilassarmi. Avevo superato la prova del 9, ora dovevo solo parlare con Lee.

Trovai l'occasione solo durante l'ora di educazione fisica, perché essendo senza amici intorno (Matt decisamente non contava) mi sentivo più libero di avvicinarlo.
Un po imbarazzato all'idea di parlargli pubblicamente, fuori dal suo letto, gli andai incontro, cercando di mantenere il mio solito atteggiamento distaccato.
Mi notò per prima Sunny, che seduta con lui sulle gradinate della palestra gli arrivò una gomitata sulle costole per annunciargli la mia presenza. Lee la guardò infastidito lei mi indicò e quando si decise a sollevare lo sguardo, parve davvero sorpreso di vedermi, tanto che non disse nulla.
- Possiamo parlare? -
Sbattè gli occhi neri e poi sollevò un sopracciglio
- Parla -
Irritato tacqui.
Era ovvio che volevo parlargli da solo. Perché doveva essere sempre un tale stronzo?
Sunny che era molto più intelligente di lui, capì, si alzò e si allontanò senza dire nulla, la ringraziai mentalmente, mentre Leeroy appoggiato sui gomiti all'indietro mi guardò con la sua solita strafottenza
- Allora, cosa c'è? -
Mi accigliai. Prima mi ignorava, e ora mi trattava in quel modo? Ma che problema aveva quel ragazzo?
Scossi la testa e mi schiarii la gola.
- Oggi non ci possiamo vedere -
Mi guardò per qualche secondo senza una vera espressione, poi sollevò un sopracciglio e ghignò
- Tutto qui? -
Mi ferì.
La sua indifferenza mi arrivò come un pugno dritto in faccia.
Sapevo che fosse solo sesso, ma avevo sperato che un po gli dispiacesse non vedermi. A me dispiaceva.
Questo mi fece sentire stupido. Non la sentii più come una lotta alla pari, e odiai sentirmi così in difetto verso qualcuno. Soprattutto verso di lui.
Deglutii e lo guardai negli occhi neri, irrigidito dall'atmosfera che in un attimo si era creata fra noi.
- Tutto qui. -
Aggrottò la fronte, scosse le spalle
- Bastava un sms -
Mi venne da ridere e vomitare al tempo stesso.
Io avevo fatto sesso con quel tizio.
Quando ero caduto così in basso?
Allargai le braccia
- Perfetto me lo ricorderò -
Lui non rispose e io lo interpretai come un modo non troppo carino di congedarmi. Così mi voltai e me ne andai senza salutarlo, più arrabbiato che mai.
Al diavolo.
Era solo un coglione. Mai epiteto fu più appropriato. Avevo chiuso con lui. Fanculo. Non mi importava assolutamente nulla di Leeroy.
E allora perché faceva così male?
Provai a scacciare quella domanda, ma non ci riuscii.
Non quella volta.
Rimase con me e mi tormentò in tutti quei giorni in cui mi costrinsi a fingere che Leeroy non esistesse.
La scuola era appena ricominciata e già tutto era diventato improvvisamente immensamente più complicato.

Broken HeartsWhere stories live. Discover now