11.

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Leeroy
In realtà non ci stavo capendo molto.
Sapevo solo che non ero mai stato così eccitato in vita mia, che non avevo mai voluto nessuno come volevo lui.
E poco importava se si trattava del ragazzo che avevo promesso di odiare per l'eternità. Poco importava quale fosse il suo nome. Avevo il cervello completamente fottuto dai suoi baci, dalle sue mani, dal suo profumo, dal suo sapore, da lui. Da lui nella sua interezza.
Era stato un pensiero fisso per tutta la serata da quando era entrato nella discoteca, era inutile negarlo, era inutile inventare scuse. Non avevo potuto far nulla con quel tizio nei bagni, perché era lui che volevo. E poi lo avevo visto con Jillian.... Baciarla, toccarla, guardarmi... Avevo perso la testa. Mi stava sfidando e io non avevo nessuna intenzione di tirarmi indietro. Quando lo avevo visto uscire lo avevo seguito senza riflettere, perché l'unica cosa che volevo era lui.
Annientare le sue certezze. Averlo nelle mie mani come carta velina. E alla fine quando ero riuscito a baciarlo, era stato meglio di qualsiasi sogno.
Era stato fuoco puro.
Non mi aspettavo di sentire tanto. Di avere il cuore che batteva così forte da fare male, e le mani che tremavano. Non mi aspettavo così tanta urgenza di sentirlo. Di averlo vicino.
Guidai fino a casa come un pazzo. Non dicemmo una parola. Parcheggiai con una frenata, senza preoccuparmi di come avevo messo l'auto. Scendemmo veloci e camminammo verso l'ingresso a passo di marcia, tesi come se ci fosse una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro. Non appena entrai dentro mi ritrovai schiacciato contro il muro con Andrew che tornava a baciarmi con gli occhi chiusi e le mani sulle mie spalle, tra i miei capelli. Ovunque.
Sospirai felice di quell'iniziativa e che non avesse cambiato idea nel frattempo, con il braccio gli circondai la vita, e calciai il portone chiudendolo, con l'altra mano afferrai il suo collo e lo strinsi a me.
Andrew espirò forte
- Oddio -
Mi ritrovai a sorridere come un'idiota, mentre mi allungavo per baciarlo di nuovo, in modo più lento, più intenso. Lo assaporai come se fosse un vino pregiato e la pressione delle sue dita sulla mia pelle aumentò. Passai le dita sotto il suo giaccone, sotto la sua maglia e lui rabbrividì soffocando una risata. Sorrisi a mia volta di fronte alla scoperta che soffriva il solletico. Lo spogliai velocemente e buttai i suoi indumenti non so dove, e lui fece lo stesso con i miei, poi si allungò su di me schiacciando il suo petto nudo sul mio e la sua lingua cercò la mia con foga, lasciandomi sfuggire un gemito strozzato.
Era come una droga.
Era di più.
Era bellissimo.
Mi incamminai verso camera mia e lui mi seguì. Ero preoccupato. Non volevo che scappasse. Ma quando mi voltai Andrew era ancora lì ed era sereno, e questo mi diede di nuovo coraggio. Non mi soffermai a pensare quando fosse stata l'ultima volta in cui mi fossi sentito in quel modo con un amante, mi concentrai su di lui. Lo afferrai per una mano e velocizzai il passo, aprii la porta della mia stanza e quasi ce lo lanciai dentro, Andrew con una specie di piroetta si voltò verso di me e io mi rituffai sulla sua bocca, facendolo cadere contemporaneamente sul letto. Non ero mai stato un grande appassionato di baci, eppure avevo perso il conto di quanti glien'avessi dati da quando avevamo lasciato quel vicolo.
Andrew sospirò contro le mie labbra e io mi sistemai in modo da non pesare sul suo corpo, da non dargli fastidio. Volevo essere attento con lui. In quel momento non era l'Andrew che avevo preso a pugni alla cerimonia di inizio anno, era l'Andrew ai suoi primi approcci con un uomo, volevo prendermi cura di lui, lasciargli un bel ricordo, perché non sarebbe successo mai più, e volevo che quella notte fosse indimenticabile, per entrambi.
Con la bocca scesi sul suo collo e lo morsi leggermente, lo baciai e leccai fino a lasciarci sopra un segno, che guardai con orgoglio. Mio. Non sapevo cosa sarebbe successo da lì in poi. Con chi lui sarebbe stato. Con chi avrebbe fatto sesso dopo quella notte. Non importava: ci sarei sempre stato anch'io.
Cercai il suo sguardo e trovai i suoi occhi celesti lucidi, ma presenti.
Era lì con me.
Mi resi conto di non voler nessun altro al mio fianco in quel momento.
Volevo lui.
- Sei sicuro? -
Mi parve di chiederlo ad entrambi.
E trattenni il fiato mentre lui mi guardava senza dire nulla. Poi sorrise ed ebbi un tuffo al cuore che mi lasciò per un attimo sconvolto, tanto che fu lui a dover sbloccare la situazione, prendendo il mio viso tra le mani e sfiorò le mie labbra con le sue, regalandomi anche la risposta migliore che potesse darmi.
Da quel momento furono sospiri e gemiti. Fu fondersi l'uno nell'altro.
Fu dolore e piacere.
Fu essere veri per la prima volta. Senza recite o inibizioni.
Solo Andrew e Leeroy in una stanza come tante altre che vivevano la vita come meritava di essere vissuta, in una notte che aveva il sapore dell'infinito.
Solo noi.
Con le nostre imperfezioni, con i nostri difetti, con i nostri dubbi, con le nostre stupide certezze, con i nostri orgogli.
Solo noi.
Ed era giusto così.
Era perfetto.
Era terrificante.
Era tutto e niente.
Era la realtà senza maschere.
Eravamo solamente, semplicemente, indelebilmente noi.

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