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<<Posso? O disturbo?>> una voce rauca e baritonale attraversa la porta chiusa fino ad arrivare alle mie orecchie, forte e chiara.

<<Entrambe.>> rispondo sinceramente, anche se non ho idea del perché sia qui e so che non porterà a niente di buono.

<<Quindi stai preparando le valigie...>> dice tutto d'un fiato, ma la sua espressione cambia immediatamente, e gli occhi si fanno lucidi.

<<Non rimango di certo qui, sotto occhi giudicanti e con persone che immagino nella vita non abbiano mai commesso un errore, Alessandro.>>

<<Quando mi chiami col mio nome per intero, vuol dire che veramente qualcosa non và.>> cerca di dare il via ad un discorso, con scarsi risultati.

<<Non credo ci fosse il bisogno di confermarlo, era già abbastanza ovvio.>> sono talmente arrabbiata, che non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi.

<<Stai sbagliando, stai per commettere un errore del quale ti pentirai amaramente, appena uscita di qui...>> mi limito ad annuire, facendogli notare che lo sto ascoltando, ma ciò che dice non mi interessa più di tanto.

<<Ti facevo diversa, più forte. E invece, alla prima minima difficoltà, stai per mollare tutto.>> smetto per un attimo di fare avanti e indietro, rimango immobile.

<<Quando avrai varcato quella fottuta porta per l'ultima volta, cosa farai? Come pensi di riuscire a vivere con la consapevolezza di aver frantumato il tuo sogno di una vita, per una cazzo di stronzata?>>

<<La gente fuori e quella qui dentro di te cosa dovrà pensare? Io cosa dovrò pensare della ragazza che amo? Come dovrei comportarmi?>>

<<Alex...>> sussurro, con la voce tremolante e un nodo in gola che non mi permette di parlare.

<<Non lasciarmi, te lo sto chiedendo come un disperato, non andartene.>>

<<Ma io non sto più bene qui, non mi vuole più nessuno, ci fosse anche una sola persona che tollera la mia presenza. Sarebbero tutti più sereni, se io me ne andassi.>> ed è la nuda e cruda, triste, verità.

<<Non io, io non lo sarei. Non riuscirei mai ad esserlo.>>

Prima che io possa rispondere, Alex è già all'opera. Sta distruggendo le mie valigie, i miei vestiti sono già quasi tutti al loro posto e le mie foto sul comodino, pronte ad essere appese nuovamente sulla parete.
Non sono ancora molto convinta, però mi rassicura il fatto che Alex sia dalla mia parte. Per lo meno, tornerò dalle lezioni con la consapevolezza di avere qualcuno con cui parlare.

<<Quant'è che non mangi?>> chiede Alex, spostando la sua attenzione dalle valigie a me.

<<Dall'ora di pranzo?>> intono la mia risposta come fosse una domanda.

<<No intendo, da quanto non mangi cibo vero e caldo? Tipo un piatto di pasta?>> ahh, ora ha molto più senso.

<<Da un po'...>> un bel po'.
Mi sono limitata in questi ultimi giorni a mangiare panini, affettati... ciò che trovavo nel frigo, in modo da evitare di incontrarmi con gli altri.

<<Ma io sono il tuo ragazzo o tuo padre? Perché io ancora non ho ben chiaro questo concetto.>>

<<Sei la persona che mi rende felice...>> e in cambio, ricevo quelle sue fossette che sono state la mia condanna.

Magnifico difetto// Alex WyseWhere stories live. Discover now