Chapter thirteen.

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Harry

Casa di Liam era incredibilmente calda ed accogliente, come del resto il ragazzo stesso. Era arredata alla meno peggio, ma ci si sentiva nella propria dimora. Tutto era abbastanza semplice: dai piccoli zerbini di fronte alla porta, fino ad arrivare alle calze antiscivolo spaiate all'interno dei cassetti. Era tutto molto familiare e, sebbene non fosse casa mia, mi trovavo molto bene. Liam, poi, era un ragazzo particolarmente simpatico ed alla mano, il tipico ragazzo che si incontra una volta sola nella vita e che resta sempre nei ricordi, per anni e anni.

Quando ero arrivato a casa sua, un mese prima, il mondo mi stava crollando addosso, e lui era stato in grado di risollevarmi facendomi conoscere il suo cane e portandomi in giro con la sua fidanzata Sophia a vedere cose che, rilegato a Holmes Chapel, non avevo mai visto prima.

A casa parlavamo del più e del meno, non c'era mai un momento d'imbarazzo o di disagio. Discutevamo dei nuovi acquisti del Manchester oppure delle nuove calzature Nike. Non c'era mai un attimo in cui mi lasciasse in silenzio, solo con i miei pensieri. Inoltre, avevamo scoperto con gioia di essere tutt'e due appassionati di MasterChef e da allora in poi, ogni Venerdì lo passavamo incollati alla televisione, mentre i pop corn in busta scoppiettavano all'interno del microonde.

Come se non bastasse, la posizione della casa di Liam era molto agevole per raggiungere in poco tempo l'università. Avevo già dato tre esami, e le materie del primo anno sarebbero terminate a breve. Mi ero buttato a capofitto nello studio, ignorando ogni genere di distrazione che non implicasse la compagnia di Liam. Tuttavia, arrivato la sera stretto nelle mie lenzuola color pastello, rivolgevo lo sguardo al soffitto ed inevitabilmente la mia mente cominciava a proiettare quel nome che fui certo di non riuscire a scordare più.

E nonostante tutto (Liam, la tv e le innumerevoli distrazioni) capivo che le probabilità di essere felice senza di lui erano pari a quelle di svegliarmi e ritrovarmi nella sua casa. Zero.

Avevo provato ad illudermi inizialmente, Louis non era stato il mio ragazzo e potevo benissimo passarci sopra. Avevamo solo fatto sesso, secondo le sue condizioni. Mi aveva fatto sorridere, piangere e impazzire, ma non eravamo mai stati più di amici.

Amici, riflettevo spesso su quel termine. Avrei potuto giurare, qualche settimana prima, che Louis mi guardasse nello stesso modo in cui riuscivo a guardarlo io, con amore, attenzione, cura. Invece mi ero sbagliato, completamente illuso. Ma per lui non ero mai stato un amico. "Amici" era un appellativo normale, e tutto ciò che è normale è fuori dalla portata di Louis Tomlinson.

Io e lui eravamo bloccati in quel lasso di percorso di una relazione dove non si è amici, ma nemmeno fidanzati. Avrei potuto incentivare la situazione, spingere il pedale e tirarci avanti vicino all'estremità di una nuova fase, peccato che lui non ricambiasse. Peccato che mi avesse cacciato di casa, senza alcun minimo ripensamento.

Del resto però, lui non avrebbe saputo mai nulla di tutto ciò. Non avrebbe minimamente immaginato i miei occhi lucidi al pensiero delle sue carezze, le mie ginocchia deboli al pensiero dei suoi baci, il mio cuore palpitante all'immagine del suo sorriso, quello vero. Ma era stata una scelta, lui queste cose non le avrebbe mai sapute perché non era interessato a conoscerle. Non era interessato a me.

Così mi ero ritrovato a guardare il cielo leggermente grigio, dal balcone di Liam, mentre lui farfugliava di chissà che cosa ed io non facevo altro che rimettere play a quelle immagini macchiate di viola.

"Mi stai ascoltando?"

"Oh, ehm, sì"

Osservai Liam posare la sua tazza di thè sul tavolino accanto a noi, mentre appoggiava i piedi alla ringhiera del balcone.

Crystal Cage.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora