Chapter one.

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Harry

"Welcome To Wolverhampton"

Dopo quattro ore intense di guida, ero finalmente giunto alla mia destinazione.
Il motivo per il quale non stessi ancora davanti ad un computer cercando un monolocale da condividere con altre sei persone, era solo uno: la santissima Anne Cox. Quando avevo aggiornato mia madre riguardo i miei progetti all'università, era stata la prima a prendersi la responsabilità di rimboccarsi le maniche e trovarmi un alloggio che non fosse simile ad una trappola per topi.

Erano trascorsi cinque giorni da quando avevo passato il mio esame per entrare nella facoltà di medicina di Wolverhampton, e favorevolmente ad ogni aspettativa, era riuscita a trovare una dimora a basso prezzo, ma che non fosse delle dimensioni di una cuccia, anzi tutt'altro.
La casa in questione, apparteneva al figlio di una collega di mia madre. Il ragazzo aveva la fortuna di possedere una casa a tre piani, e per mia enorme grazia, affittava ogni anno il piano inferiore agli studenti universitari.

Sorrisi, mentre superavo l'ennesima curva della giornata. Stavo per intraprendere una nuova carriera didattica: non avevo mai fallito negli studi, ero uscito dal liceo con il massimo dei voti e a casa mi consideravano "il figlio perfetto". Non era un caso infatti che fossi anche il cocco degli insegnanti. Tuttavia, nonostante mi dilettassi nello studio, non ero per niente associabile al modello di 'secchione' che tutti hanno in mente. Ero un ragazzo normale, con normalissimi amici e con un grandioso curriculum scolastico alle spalle e una fiorente carriera da medico di fronte.

Che fossi sicuro di me, era scontato. Affrontavo la vita con la massima positività, e ne traevo i miei frutti: era anche per quello che mi aggiravo per Wolverhampton alla ricerca della casa nella quale avrei dovuto alleggiare per ben tre anni.
Mi ravvivai i capelli con una mano, in seguito tirai fuori il post-it stropicciato che mia mamma aveva inserito nel taschino dei miei jeans:

"Wolverhampton, 62, Low Street" lessi, riconoscendo l'inconfondibile calligrafia del mio patrigno Robin.

Ero abbastanza angosciato all'idea di lasciare tutti i miei parenti ed i miei amici indietro ad Holmes Chapel, ma il mio splendente futuro nella facoltà medica, aspettava solo me.

Così, alle diciotto e trentacinque, arrivai a Low Street. Era una strada abbastanza deserta, nella periferia della città. Le case erano poche, ed i numeri nelle mattonelle sembravano quasi invisibili, per cui molto difficili da decifrare, soprattutto da uno che, con gli occhiali da vista, stava guidando da almeno quattro ore.

Mi aggirai per il quartiere per quelle che sembrarono ore, fin quando mi si presentò davanti un cancello nero, aperto. Riuscii ad inquadrare perfettamente il numero '62' che presenziava vicino al citofono dell'abitazione.

Scesi dalla macchina, e provai a suonare, ma il citofono era come spento.

Così, risalii nella mia automobile, e con una decisa spinta al pedale sinistro, decisi di varcare la soglia del cancello.

Percorsi qualche altro metro in una specie di vialetto: ai miei lati, fiori viola perfettamente curati, donavano all'ambiente un aspetto perfetto. Ciò che vidi dopo, mi scioccò. Davanti a me, infatti, presenziava un'enorme villa.

A dir la verità, non c'era solo quella, ma mi colpii per prima. Ad occhio e croce, mi sembrò che si trattasse di 500 metri quadri, disposti in tre piani. Era mastodontica, ed anche da qualche metro di distanza riuscivo a scorgere tutte le rifiniture pregiate che l'adornavano. Le finestre, larghe ed anche loro di dimensioni fuori dal normale, erano quasi tutte chiuse. C'era anche qualche balcone, anche esso di grandi dimensioni, stabilito qua e la per la villa. Il tetto, costituito da mattonelle, era molto alto e di un colorito violaceo, simile a quello dei fiori nel vialetto. Ma la cosa strabiliante, non era solo la casa: a destra e a sinistra c'erano altri due vialetti, ed attorno a loro tantissime piante. Una fontana, proprio in mezzo a quello strano incrocio di viali, si trovava di fronte alla casa, creando fantastici giochi d'acqua. Il tutto dava un'idea quasi barocca, ma ero più che sicuro che quella casa fosse stata ristrutturata qualche anno prima. E, oh, mia madre mi aveva accennato della bellezza della casa, ma nemmeno nell'anticamera del cervello mi si era creata l'idea di una cosa del genere.

Crystal Cage.Where stories live. Discover now