Chapter seven.

7.4K 474 417
                                    

Harry 

Quella notte mi svegliai con un sussulto, interrompendo i miei sogni macchiati di viola. 

Il respiro fluiva eccessivo portandomi ad ansimare, ed il cuore palpitava in modo veloce. 

Non ci fu un particolare motivo per il mio brusco risveglio, fatto sta che mi ritrovai madido di sudore e le mie mani non smettevano di tremare. 

“Salve, Harry” 

Inutile dire che mi spaventai a morte. 

Dietro di me, seduto sulla sedia accanto alla scrivania, sostava Louis con tanto di braccia incrociate. I suoi capelli erano tenuti perfettamente alzati ed indossava una vestaglia della quale non riuscii ad individuare il colore. I raggi di luna, filtrati dalla finestra, gli illuminavano il viso accentuando il suo sguardo puntato su di me. 

Capii il motivo del mio risveglio. 

“H-hey” biascicai, dopo essermi schiarito la gola attraverso qualche colpo di tosse. 

“Hai dormito bene?” mi chiese lui. 

“Da quando sei qui?” 

Lui tirò fuori dalla tasca della vestaglia un orologio da polso per poi “Tre ore e mezza” dirmi. 

Sussultai. 

“Ma per quale moti-”

“Ti dispiacerebbe seguirmi?” mi chiese lui, alzandosi dalla sedia. 

Scostai le coperte di dosso, ritrovandomi senza maglietta. Deglutii, alzandomi di scatto per recuperare una t-shirt da qualche parte. 

“Non occorre, Harry” mi fermò Louis. 

Superammo la mia camera, durante il tragitto osservai le sue caviglie, per la prima volta scoperte da un paio di pantofole viola. 

Nei corridoi piombava il silenzio interrotto solo dal rumore dei nostri passi leggeri. 

Salimmo le scale mantenendoci uno dietro l’altro, senza scambiare nemmeno una parola. Le attraversammo anche al di sopra del piano di Louis, dove credevo non ci fosse niente. 

Il terzo piano, apparentemente, sembrava come gli altri due sottostanti. Peccato che non avessi visto prima il posto dove mi avrebbe condotto Louis: quando, infatti, il ragazzo davanti a me aprii una delle tante porte nere del corridoio e si spostò per farmi entrare, i miei occhi si spalancarono automaticamente. Di fronte a me c’era un enorme piscina rotonda, l’ambiente era buio, ma era chiarissimo il colore dell’acqua resa violacea dalle luci interne alla vasca. Ai muri della stanza, era appoggiato qualche armadio ma, al di fuori di questi, la camera era vuota. I tetti alti e pieni di decorazioni floreali. 

Louis chiuse la porta per poi spostarsi davanti a me. Tolte le pantofole, lasciò scivolare a terra la vestaglia che aveva indosso con un tonfo sordo. Scoprii che dietro quella, Louis non portasse nessun altro indumento. Così, alla vista di quel corpo scolpito e magro, strinsi i pugni dal desiderio di toccarlo. Louis, infatti, sembrava una sorta di statua greca: le braccia, piene di tatuaggi dal significato a me ignoto, erano abbastanza muscolose; la schiena era lineare e riuscivo a vedere le sue spalle leggermente fuoriuscenti. Per non parlare del sedere perfettamente scolpito come un capolavoro di uno scultore. 

Avanzò fino al bordo della piscina, prima di tuffarsi con un balzo. 

Deglutii quando riemerse e si appoggiò al bordo opposto della piscina distendendo entrambe le braccia lungo il limite. Subito dopo, fissò il suo sguardo sul mio. I capelli attaccati alla fronte a causa dell’acqua gli donavano un aspetto quasi più giovanile di quello che era realmente. 

Crystal Cage.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora