Chapter eleven.

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Harry 


Quella mattina ero parecchio assonnato. Il motivo era abbastanza semplice: mia mamma mi aveva mandato da Holmes Chapel, un pacco pieno di quelli che lei definiva "ricordi d'infanzia". Tra essi, chiuso nella sua cover ancora intatta, il mio Nintendo DS. Tirando fuori quell'aggeggio i ricordi mi si erano completamente scaraventati addosso riportandomi alle serate in compagnia dei miei migliori amici passate a scambiarci Pokemon con una versione che consideravamo "moderna" di un semplice metodo di invio simile al Bluetooth. In realtà, non ero poi così fanciullo ai tempi del Nintendo Ds, avevo più o meno sedici anni, ma nessuno mi impediva di impegnare ore della mia vita con uno stilo in mano. 

Così, avevo passato tutta la serata in compagnia di Phoneix Wright, il gioco famosissimo in cui bisognava impersonarsi avvocati e detective. 

Alle sette e un quarto la sveglia del mio cellulare mi aveva catapultato giù dal letto, facendomi pentire della nottata spesa giocando a fare il difensore della legge ed indirizzandomi dritto dritto verso il mio futuro da camice bianco. 

Esmeralda mi aveva cordialmente servito la colazione. Come al solito la tavola era imbandita delle più buone leccornie che io avessi mai solo adocchiato. Però, mi ero abituato a quei servizi. Louis era una persona che non badava e spese, ed io ero molto contento di non essere finito in un monolocale dove avrei consumato bacon freddo a colazione. Il proprietario mi faceva pagare anche meno di quanto un monolocale avrebbe potuto risucchiare dal mio portafogli. Era un bell'alloggio. Se poi si aggiungeva a tutto questo il fatto che avessi potuto passare del tempo con uno degli umani più enigmatici e belli che avessi mai conosciuto, beh, quello era un bonus. Un grandissimo bonus. 

Ero ancora intontito ed assonnato quando sentii la sua inconfondibile voce cristallina. 

"Un giro?" 

Mi ero voltato, sperando di riuscire a nascondere il palese imbarazzo da batticuore e me l'ero trovato davanti: Louis era seduto sul sellino di una bici. In sala da pranzo. Indossava una camicia celeste aperta per i primi due bottoni (io avrei preferito li aprisse tutti) ed i soliti skinny neri a cui non mi sarei mai abituato. I capelli erano lisci e morbidi, ricadenti sulla fronte. 

Io e Louis non c'eravamo visti il giorno prima, non stava nei nostri piani. Tuttavia, non era arrivato nessun ospite la sera, ed io ne avevo gioito superando l'ennesimo livello di Phoneix Wright. 

E mi era mancato davvero vederlo. 

"Perché ti muovi con una bici all'interno di casa tua?" 

"Non è esattamente così" cominciò, alzandosi il colletto della camicia "Ci sono stanze in cui posso circolare con questo mezzo ed altre in cui ho imposto a me stesso il divieto di farlo"

Lo guardai confuso. 

"Sto scherzando, Harry" mi disse, con il sorriso più genuino e sincero del mondo. 

Lo maledii perché non poteva esporre quel ben di Dio in un momento qualsiasi, impedendo al mio respiro di circolare tranquillamente. 

"E allora per-"

"Semplicemente mi va di andare in bici. Sali?" 

Osservai i pedalini della bicicletta di Louis per qualche secondo. Poi mi alzai dalla sedia e capii che quel giorno avrei saltato la lezione all'università.

Mi aggrappai alle sue spalle ed amai la sensazione delle sue clavicole magre sotto il mio tocco. Poi partì. 

Non credevo che Louis fosse un tipo da "velocità". Era una persona abbastanza calma e rilassata, e lo avevo immaginato come un ragazzo che si prendeva il suo tempo in macchina, approfittando di un semaforo rosso per aspirare dalla sua sigaretta. Ma se in auto si muoveva come in bici, allora avevo sbagliato completamente. Louis attraversava i corridoi velocemente, senza far caso all'ambiente circostante. Aveva una reggia fuori da lì, un giardino immenso dove poter correre liberamente, ma preferiva farlo nel suo spazio chiuso, stretto tra i suoi muri viola.

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