Chapter ten.

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Harry 

Louis era semplicemente uno degli umani più affascinanti che avessi mai visto. 

Se ne stava davanti l’enorme finestra a vetri del salone – che poi, proprio finestra non l’avrei chiamata dato che era un enorme parete di vetro che regalava la visuale dell’esterno della villa di Louis – perso a guardare chissà che cosa. 

Indossava dei pantaloni neri larghi sui fianchi e stretti alle caviglie. Nell’ombra potevo individuare chiaramente le sue spalle lineari e scolpite, non portava alcun indumento sopra esse. 

Mi aveva detto che appartenevo a lui solo qualche ora prima, poi me n’ero andato convinto di scappare dalla reggia di Louis in pochi minuti. E stando ai fatti, lo volevo davvero fare: ero entrato nella mia camera distrutta ed avevo preso la valigia da sotto la scrivania con l’intento di riempirla con la pochissima roba intatta che restava dei miei averi. Nell’arraffare calzini e boxer il mio pensiero era volato alla mente malata di Louis. 

Quale essere sano avrebbe fatto tutto quello che lui stava facendo a me?  

Mi aveva ingabbiato nella sua gabbia di cristallo, sperando che, come gli altri, fossi un pennuto domabile. Peccato che io non lo fossi. 

O era lui che non sapeva trattenermi? 

Mi ero assicurato che tutta la mia roba fosse all’appello, poi avevo indossato il mio cappotto e mi ero incamminato verso l’ingresso. 

Avevo percorso il corridoio ad occhi chiusi per evitare tutto quel viola soffocante che mi stava privando di respirare a pieni polmoni. Poi, con coraggio e stanchezza, ero uscito da casa di Louis. 

Per rientrarci solo quattro secondi e mezzo dopo. 

Louis mi aveva baciato, poi mi aveva buttato via come una pila scarica. Mi aveva detto che qualcosa in me lo attraeva, poi aveva visto altri uomini. 

Mi aveva sorvegliato nella notte e svegliato per poi abbandonarmi solo sotto la doccia di una casa non mia. 

Mi aveva detto di essere egoista e geloso circa le cose che lo riguardassero, poi mi aveva costretto a cambiarmi. 

Mi aveva stretto come se non volesse mai lasciarmi andare e poi aveva distrutto tutto in poco tempo. Il tempo di un esame. 

Allora perché ero rientrato? 

Perché il secondo dopo ero corso in una camera che credevo di non considerare più “mia”, per buttarmi a terra e piangere? 

Era andata avanti così. 

Passavano i minuti, le ore, le lacrime. Passarono fin quando non sentii quei passi. I suoi passi. 

Stava scendendo. Il cuore cominciò a martellare velocemente contro il mio petto. 

Avevo sentito i suoi passi sul corridoio ed avevo sperato con tutte le mie forze che si stesse dirigendo nella mia camera. Ma poi lui l’aveva superata. 

Poi il tonfo di una porta chiusa. 

Dopo un’ora, mi ero ritrovato ad entrare nel salone solamente per godermi la sua immagine.

Intento nella contemplazione dell’esterno, probabilmente sapeva che ero lì, anche se ero stato cauto e silenzioso nell’entrare. Louis conosceva ogni mia mossa. 

Non riuscii a resistere oltre. 

“Perdonami” sibilai con un fil di voce, abbracciandolo da dietro, ingabbiando il suo busto tra le mie braccia. 

Crystal Cage.Where stories live. Discover now