Golden 𝟚

By dyrneromance

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quando la morte mi prenderà per mano con l'altra stringerò te e ti prometto di trovarti in ogni vita - Rupi K... More

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Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Epilogo
Extra -
Nuova Storia.

Capitolo 20

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By dyrneromance

25 dicembre;

Mi avvicino a passo svelto al mio letto e indosso la felpa bianca il più velocemente possibile. Tra mezz'ora dobbiamo essere da Keith e i miei hanno già spento il riscaldamento, dimenticando quanto freddolosa io so essere in questa stagione. Abbottono i jeans neri e infilo le francesine nere che mia madre mi ha regalato per Natale, sostenendo che dovrei buttare gli stivaletti neri che posseggo da soli tre anni.

In macchina controllo per l'ennesima volta che il regalo che abbiamo comprato a Connor e Keith non cada frantumandosi in mille pezzi. I miei hanno insistito nel comprare un tremendo centrotavola in porcellana che, a detta loro, starebbe benissimo con il corredo di posate che Keith ha ereditato. Io ho provato a fermarli, ma era troppo tardi.

Per quanto riguarda mia sorella, mi ha detto che Connor ha convinto i suoi a presentarsi verso sera e così ha riferito anche a suo fratello. Quindi diciamo che tutto dovrebbe procedere bene e in modo tranquillo, anche se sono sicura che mi sentirò sempre sulle spine.

Quando arriviamo l'attenzione però è tutta su Amiable, facendo passare il regalo in secondo piano. Mio padre è così affettuoso con sua nipote, forse in un modo con cui non lo è mai stato con me e mia sorella. Forse è vero che l'amore di un nonno è paragonabile a nulla, una volta lessi che "Un nonno è un genitore a cui è stata data un'altra possibilità" e credo non ci sia frase più vera.

«Il regalo non lo aprire davanti a loro, risparmia la tua espressione disgustata a quando ce ne andremo.» Consiglio scherzosamente a mia sorella facendo alzare gli occhi al cielo a nostra madre.

«Non starla a sentire, le ho dovuto comprare un nuovo paia di scarpe per farle buttare quegli stivaletti che indossa da quando aveva diciotto anni.» Ribatte mamma facendo scoppiare a ridere Keith. Tra una notizia e l'altra vengo a sapere che i miei genitori hanno intenzione di cambiare casa, cosa di cui io e Keith non sapevamo nulla.

«Ma che diavolo di problema avete?» Inizia mia sorella, e il bello deve ancora venire. «La vecchiaia vi ha dato di volta il cervello?»

Mi mordo la parete della guancia pur di non ridere mentre i miei e Keith discutono della cosa, dando ogni tanto un'occhiata a Connor che spaesato guarda una scena mai vista prima. Keith ha un caratterino frizzante quindi mi meraviglio dello stupore di suo marito, ormai dovrebbe conoscerla. Quando papà me l'ha detto devo ammettere che ci sono rimasta un po' male. Sono molto legata a quella casa perché rappresenta la mia infanzia, è lì che sono nata e cresciuta e allontanarmene definitivamente farà un po' male. Però ho anche considerato com'è cambiata la mia vita negli ultimi anni, a come frivole certe cose si rivelano quando vivi situazioni che ti fanno aprire gli occhi su ciò che davvero conta nella vita. Alla fin fine c'è un po' di distacco e indifferenza da parte mia per questa decisione, la casa non è più mia da un bel po'.

Keith continua a parlare agitata con i nostri genitori, tant'è che ad un certo punto mi lascia Amiable in braccio per continuare la sua sfuriata. Mantengo dritto il biberon e osservo mia nipote rilassata, bere e riposare teneramente. Sono sicura che non avrà il carattere di Keith, per nulla. Mentre guardo la scena dall'angolo del salotto, osservando la scena come se fossi al di fuori di tutto ciò, come un narratore esterno, uno spettatore, sono forse l'unica che si accorge che Connor si è alzato e sta uscendo fuori dalla stanza. Sono anche l'unica che non si è accorta del suono del campanello. Minuti lunghi e eterni dopo vedono entrare i Lawson nella stessa stanza in cui ci troviamo ora e in cui non mi dovrei trovare io. No, eccome no, io dovrei essere nel retro mentre vado via cercando di non farmi vedere da Elijah e, come si suol dire, parli del diavolo e spuntano le corna. Le guance leggermente rosee per colpa del freddo gli dipingono il viso come se fosse stato creato dalle pennellate di Monet. Le mani nelle tasche della giacca di jeans e, come ogni volta che ci incontriamo, lo sguardo saettato nel mio. Sapete cosa sembra? Intendo il fatto che, ogni qual volta ci troviamo nella stessa stanza, anche se non sappiamo che l'altro è presente, inevitabilmente i nostri sguardi si incontrano. Sembra di avere calamiti al posto delle iridi. I nostri sguardi, calamiti dai poli opposti che si attraggono. I nostri caratteri, calamiti di poli uguali che si respingono.

E tutto d'improvviso mi sembra stia rallentando, i suoi genitori che salutano affettuosamente i miei, Keith che indietreggia di poco verso di me come per nascondermi, Amiable che si è svegliata e non vuole più il suo biberon, Connor che come al solito è un coglione.

Mi alzo facendo attenzione e mi avvicino a Keith per darle la piccola. Mi sussurra un «..ti giuro che hanno fatto tutto loro..» ma io non mi ci faccio nulla con ciò. Tutto quello che voglio evitare mi succede sempre, è così da ventitré anni ormai.

«Oralee, che bello vederti!» Esclama Alice, sua madre, mentre mi viene in contro e mi abbraccia. Non riesco a pensare a cosa fare mentre ricambio il meno impacciata possibile quell'abbraccio.

I genitori mi salutano cordialmente e, mentre lo fanno, provo a guardarlo di traverso mentre saluta anche lui i miei. Dovrebbe essere imbarazzante, incredibilmente scomodo, eppure Jack e Alice si comportano come se non fosse successo nulla. So che persino i miei trovano strano quel loro atteggiamento, poi ci rifletto su e riesco a darmi una risposta. Elijah non ha mai detto ai suoi genitori di noi due, nonostante mi avesse promesso che l'avrebbe fatto. Un'altra promessa non mantenuta, ma a me non importa più. Quando mi ha detto che l'avrebbe fatto è stato una settimana prima che ci lasciassimo, credo, quindi sarebbe stato inutile farlo dopo.

«Ciao.» Elijah mi saluta a malapena, non aspetta neanche che io ricambi il saluto che prende posto come tutti gli altri, facendo finta che io non ci sia. Iniziano a conversare, ridere, ignari che tutto ciò è così detestabile. Sono immobilizzata sulla mia sedia mentre guardo insistentemente i volti dei nostri parenti trascorrere un Natale come l'altro. Keith prova ad alleggerirmi la cosa distraendomi con discorsi che realmente non sto ascoltando. Perché sta facendo così? Mi ignora, fa finta che io non ci sia e a me dà incredibilmente fastidio. Questo era ciò che volevo, ciò che ho creduto di volere. Annuisco quando mia sorella mi chiede se voglio aiutarla a fare il bagnetto ad Amiable, trovando finalmente modo di uscire da questa stanza. In bagno Keith continua a spiegarmi che si sono anticipati senza preavviso, sa che sono arrabbiata e che ormai il guaio è fatto. Mi limito a stare zitta, come faccio sempre, e ad aiutarla nel sistemare la piccola. Quando finiamo però non ho intenzione di tornare da loro.

«Bevo un po' d'acqua e vado via.» Le dico mentre scendiamo le scale.

«Cosa? E che gli dico?» Corruga la fronte confusa.

«Tu mi ci hai messo in questa situazione e tu trovi una scusa.» Dico dura mentre la guardo sospirare e annuire.

Mi saluta, ricambio, e vado in cucina. Ho la gola secca, così tanto che la sento pungere come avessi ingoiato degli aghi. Mi verso l'acqua in un bicchiere e bevo velocemente un sorso, devo andarmene al più presto perché già non ne posso più. Come se non fosse abbastanza l'atteggiamento di indifferenza che mi ha rivolto per tutto il tempo, il suo sguardo quando entra in cucina è anche peggio. Quando nota che ci sono anch'io si irrigidisce sul posto, poi per un attimo si riprende e si avvicina a me. Anzi, si avvicina alla credenza per prendere un bicchiere. In tutto questo resto ferma al mio posto, guardando al mio fianco ogni sua mossa.

«Puoi restare, andrò via io» dice versandosi l'acqua nel bicchiere.

«E farti smettere di essere il figlio perfetto? Non oserei mai.» Rispondo ironica distogliendo lo sguardo. Elijah sbuffa una leggera risata anche se so che tutto tranne che divertita.

«Tu mica vorrai far aspettare Madden?» Ribatte costringendomi a guardarlo di nuovo. Alzo un sopracciglio e imito la sua postura, braccia incrociate al petto e testa leggermente inclinata.

«Problemi?»

«Io no, per nulla.»

«Non tirare in questa storia Kenneth.»

«Tranquilla, mi chiedo solo cosa ne penseranno gli altri quando sapranno che stai con uno più grande di te di tredici anni.»

«Questi non sono affari che ti riguardano.» Lo guardo assottigliando le labbra pur di reprimere l'incazzatura che mi sta causando.

«Avresti potuto dirmelo dall'inizio.»

«Non devo dirti un bel nulla, non ti appartengo e non ti devo nulla.» Rispondo osservandolo distogliere lo sguardo e alzare gli occhi al cielo. E' geloso, eccome se lo è.

«Un po' di tempo fa avresti detto il contrario.»

«Già, un po' di tempo fa.» Preciso con espressione ovvia, lui mi guarda infastidito e so che è pronto a spararne un'altra delle sue.

«Se avessi saputo che sarebbe finita così non ti avrei neanche chiesto di rivederci.» Eccolo che inizia a scollegare il cervello con la bocca, lo conosco fin troppo bene e in un'altra situazione gli avrei chiesto di smetterla. Probabilmente mi sarei anche scusata credendo di essere io il problema, questa volta invece so che non è così e non ho più intenzione di starci di merda, tornare a casa e rimpiangere di non aver fatto ciò che realmente avrei voluto fare.

«Ti infastidisce così tanto sapere che non ti amo più, vero?» Tiro su un sorriso finto, sto dicendo solo cazzate ma se lui vuole ferire me allora farò lo stesso anche io con lui. Stringe i denti, mi guarda con uno sguardo indecifrabile e proprio quando è sul punto di rispondermi, Connor entra in cucina impedendoglielo.

«Ragazzi che diavolo sta succedendo?» Sbotta quasi infastidito con le mani sui fianchi, è comunque poco credibile.

«Nulla, stavamo prendendo dell'acqua.» Taglio corto posando il bicchiere nel lavandino.

«E vi sembra il caso di alzare così tanto il tono della voce per dell'acqua? Vorrei ricordarvi che ci sono i nostri genitori di là.» Non mi ero accorta del tono delle nostre voci, se lo avessi saputo avrei evitato questa figuraccia. Ad Elijah non sembra importare tanto quanto a me, ho alzato solo io la voce? Scuoto la testa per mandare via questi pensieri ed esco velocemente dalla cucina. Al diavolo la porta sul retro, ormai hanno capito tutti che non sono ancora andata via quindi non cambierebbe nulla se mi vedessero farlo adesso. Afferro la mia giacca dall'appendiabiti in modo fin troppo brusco e prima che qualcun altro possa dire o fare qualcosa me ne vado via.

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