Binomio - 1

By Odiblue

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[Teen fiction / Slice of life] Quando Nina varca la soglia del suo liceo, non sa ancora che finirà in banco... More

Doverose premesse
Preludio
Dalla A alla Z (I)
Dalla A alla Z (II)
Vespe truccate (I)
Vespe truccate (II)
Vespe truccate (III)
L'uomo delle nevi (I)
L'uomo delle nevi (II)
L'uomo delle nevi (III)
Divisi cadiamo (I)
Divisi cadiamo (II)
Divisi cadiamo (III)
Double Decker (I)
Double Decker (II)
Double Decker (III)
Nella vecchia fattoria (I)
Nella vecchia fattoria (II)
Bandiera rossa (I)
Bandiera rossa (II)
Bandiera rossa (III)
Mastice, pezza, gesso (I)
Mastice, pezza, gesso (II)
Mastice, pezza, gesso (III)
Il ballo degli scarafaggi (I)
Il ballo degli scarafaggi (II)
Il ballo degli scarafaggi (III)
Jolie - Pitt (I)
Jolie - Pitt (II)
Jolie - Pitt (III)
Un buon non compleanno (I)
Un buon non compleanno (II)
Un buon non compleanno (III)
Più Yuriti più amore (I)
Più Yuriti più amore (II)
Più Yuriti più amore (III)
Profondo bianco (I)
Profondo bianco (II)
Dodici renne per Kant (I)
Dodici renne per Kant (II)
Dodici renne per Kant (III)
Stanza 24 (I)
Stanza 24 (II)
Sono più per il rum (I)
Sono più per il rum (II)
Sono più per il rum (III)
Cucciolo alla riscossa! (I)
Cucciolo alla riscossa (II)
Il tanga del peccato (I)
Il tanga del peccato (II)
Il tanga del peccato (III)
Ferite alla Nutella (I)
Ferite alla Nutella (II)
Ferite alla Nutella (III)
Bacio di Giuda (I)
Bacio di Giuda (II)
No drama, no party (I)
Escargot (I)
Escargot (II)
Ogni ape cerca un fiore (I)
Ogni ape cerca un fiore (II)
Ogni ape cerca un fiore (III)
Cime tempestose (I)
Cime tempestose (II)
Cime tempestose (III)
Ringraziamenti
Sequel: Binomio - 2

No drama, no party (II)

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By Odiblue


Dopo un breve periodo trascorso a Verona per alcuni controlli, Biagio torna a casa. È ancora sulla sedia a rotelle, ma se aiutato riesce a muovere qualche passo. Secondo le analisi dei medici, ci vorranno all'incirca quattro anni, prima che il cervello torni a operare normalmente.

Anna, al telefono, mi ha detto che dopo sarà normale, ci vorrà solo pazienza, ma mentre mi parlava non potevo far altro che pensare a quei quattro anni di vita persa.

Mia madre mi ripete che a me sembra un'infinità di tempo, perché sono giovane e i giovani vogliono sempre avere tutto e subito. Invece, se ci metto un po' di senno, dovrei capire che tra quattro anni Biagio potrebbe essere un ventiduenne in piena forma, pronto a ripartire a mille e a riappropriarsi di tutte le gioie che la vita gli ha rubato.

In compenso, ci sono altre novità in casa Iachemet. I genitori di Biagio hanno deciso di tornare insieme per il bene del figlio, e suo padre ha speso tutti i risparmi in una piccola casetta in centro, con un giardino in miniatura che sembra chiedere una cuccia per un cane tutta per sé.

«Marlyn potrebbe venire da noi» mi ha detto Anna al telefono. «Che dici?»

«Dico che è fantastico!» ha risposto mia madre, appena informata. «Niente più buche in giardino, fioriere distrutte, bava nelle ciabatte per esterni, escrementi in ogni millimetro disponibile. E soprattutto niente nottate insonni per gli ululati di quella bestia durante il temporale.»

A me un po' spiace. Mi ero abituata a portare il cibo a Marlyn, prima di andare a scuola. Tuttavia, il sorriso che mi rivolge Biagio il giorno del suo compleanno cancella ogni residuo di tristezza.

«L'hai portato?» mi chiede, strabuzzando gli occhi.

«Sì, come promesso!» ammetto. «Si trovava da me solo come sistemazione provvisoria, no? E questo è un regalo da parte mia, di Marco e di Yuri. Lo metto sul tavolo, intanto.»

Biagio guarda la scatoletta incartata con un grande fiocco azzurro e annuisce.

Nella nuova cucina della famiglia Iachemet ci sono vassoi pieni di cibo e una grandissima torta sulla quale mettere le candeline da soffiare. Il tutto quando Yuri avrà sistemato l'amplificatore e il resto della classe ci avrà raggiunti.

Nel frattempo, mi lascio cadere sul divano, di fronte a Biagio, e gioco a torturare con le unghie l'orlo ricamato del vestito.

«Tutto bene, Nin?» mi chiede Biagio.

«Nella norma. Poi oggi fa un dannato caldo. Tuo padre dovrebbe comprare un ventilatore.»

Inizio a farmi aria con un fazzolettino di carta.

«È tornato» dice Biagio.

E non ha importanza se si è dimenticato di comprare un ventilatore. È servito un dramma per riavvicinare la sua famiglia ed è paradossale che proprio ora, quando la situazione è tutto fuorché normale, in quel piccolo appartamento si inizi a respirare aria di normalità.

Io e Biagio restiamo in silenzio ad ascoltare la risata di Anna in cucina, gli sbotti della signora Iachemet che si lamenta con il marito perché non ha comprato le patatine. Biagio fa una smorfia strana che in realtà è un sorriso.

«Senza Marco» dice in un gracchio.

Ha pronunciato il nome a rilento, un insieme di lettere che mi condizionano troppo, più di quel che dovrebbero.

«Scusa» gli dico. «Sarà il caldo infernale, ma non ho capito cosa hai detto.»

«Impara» dice. Prende fiato e si sforza per controllare la voce. «Felice. Senza Marco.»

Mi si blocca il respiro in gola. Biagio ha davvero capito che nel binomio c'è aria di tempesta? Senza accorgermene, mi volto verso lo schienale del divano e vedo Marco in cucina, alle prese con Yuri e con l'amplificatore.

Impara a essere felice senza Marco. Come potrei farcela io, che senza di lui immagino a stento di avere una vita?

«Lui non merita te.»

Mi ritrovo persa nei suoi grandi occhi color nocciola e in una carica di autostima terribile. Sono migliore di Marco? Ripercorro in un battito di ciglia tutta la storia del binomio, tappa per tappa, e annuisco. Non sono migliore, ma non l'ho mai dato per scontato.

«Vuoi dirmi che non devo accontentarmi di essere una seconda scelta? Un ripiego, se le cose andassero male con Celeste? Una sorta di tappabuchi, quando lui non avrà altro da fare? Essere sempre lì, a sua disposizione? È questo che vuoi dirmi?»

Ho parlato a fiume, senza respirare.

«Io non sono uno strumento» dico ad alta voce, con determinazione. «Lui non può usarmi quando vuole, per divertirsi e poi decidere che vuole diventare un bravo ragazzo, fuori dal nulla. Che cavolo!»

Le guance bruciano di un'ira che avevo represso e che ora sto sfogando davanti a Biagio. Mi alzo di scatto dal divano perché ora è chiaro. Marco ha scelto Celeste, si è svincolato dal binomio e adesso spetta a me crescere.

Ringrazio Biagio con un cenno del capo e marcio a grandi passi verso la cucina, colpendo con i talloni scalzi le frange di un tappeto a disegni arabi. Quando arrivo dai due chitarristi, nonché addetti alla musica, Yuri mi rifila in mano un paio di cuffie da appoggiare sul tavolo, e Marco è tornato il buon vecchio Marco.

«Nanà? Stai bene? Ti vedo un po' strana. Forse dovresti sederti.»

A tutta velocità prende una sedia e mi costringe a usarla. Questa volta però non mi farò raggirare dal tono dolce e carino. Appoggio le cuffie sulle cosce, invece che sul tavolo, e lo studio.

Lo guardo mentre mi allunga un bicchiere d'acqua. Mi vuole bene, davvero, è solo rimasto intrappolato in un'amicizia che ci sta stretta, ha scelto la strada della novità.

Bevo un sorso d'acqua.

«Non abbiamo preso i palloncini» esclamo.

Yuri rinuncia a sgrovigliare l'ultimo cavo dell'amplificatore. Mi prende per matta e fugge lontano. Marco invece scoppia a ridere:

«È per questo che sei così agitata, Nanà? Non fa niente, se non ci sono i palloncini!»

«I palloncini devono esserci!» sbotto. «Per i miei diciotto anni c'erano. E anche gli striscioni. Ti ricordi? Biagio li aveva tenuti nascosti nel suo armadio, perché temeva che nel tuo li avrei trovati!»

Marco si stringe la testa nelle spalle, facendomi capire che c'è poco da fare. È vero, i palloncini sarebbero stati belli da avere, ma eravamo così presi a scegliere il regalo che ce ne siamo scordati. Si siede accanto a me e prova a farmi ragionare.

«Biagio non bada a queste sciocchezze» dice. «E comunque non possiamo andarcene ora in cerca di palloncini, non credi? A breve arriveranno Anatolia e il resto della classe.»

Sarebbe antipatico sparire sul più bello. Biagio ci resterebbe malissimo, nel vedermi fuggire con Marco. Soprattutto dopo il discorso di qualche minuto prima. In quel momento, i signori Iachemet e Anna ci raggiungono.

«Noi andiamo, ragazzi» ci dicono. «Se avete bisogno, siamo nel baretto dietro casa.»

Se ne vanno, ma la loro assenza viene sostituita da un nuovo arrivo: l'illuminazione. Niente genitori. Niente necessità di essere educati e per bene.

«I preservativi» strillo. Cerco in Marco l'antica complicità. «Ti ricordi quando tuo padre te li regalava e tu giocavi a farci i palloncini? Mi hai detto che li porti sempre con te, quindi potremmo usare quelli!»

Scatto in piedi e faccio per andare verso la camera matrimoniale. Marco ha lasciato il portafoglio nella mia borsetta e, come da manuale, i preservativi li tiene tra le banconote.

«Aspetta!»

Marco mi ferma con il suono della voce. Nasconde le mani dietro la schiena e abbassa lo sguardo, imbarazzato.

«Non credo sia il caso» dice. «Non penso sia opportuno.»

Che Marco sia diventato tutto a un tratto sensibile e premuroso? Forse non vuole usare i preservativi perché metterebbero Biagio a disagio, gli ricorderebbero Monica e la vita sessuale che non ha più.

«Vedi, Nina.» Niente Nanà. «È che io e Celeste, insomma, sì, hai capito vero? Loro mi servirebbero.»

Loro come i preservativi. Lui e Celeste. Anzi, lui, Celeste e i preservativi. Lui, Celeste, i preservativi e quindi il sesso. Così, senza preavviso, nel giro di una settimana.

Mi manca l'aria. Ora la sedia potrebbe davvero servirmi. Solo che Marco si allontana di un passo e non me la porge. Si sente in colpa per la notizia che mi ha appena rivelato. E io ringrazio il campanello, appena lo sento suonare, perché mai le mie orecchie hanno sentito un trillo tanto dolce e soave.

Quando abbasso la maniglia, però, un altro tuffo al cuore rischia di lasciarmi secca: Nicola Ulivieri mi fissa sulla soglia, sudato, gli occhiali storti per non so quale motivo e...

No, è impossibile.

Nicola Ulivieri, il primo della classe, il rappresentante, il perbenista. Ed è vero che nelle sue vene scorre lo stesso sangue di quel furbone di Ivan, però Nicola Ulivieri con...

Punto l'indice sulla cassa che sta sollevando da terra.

«Quella è birra?»

L'espressione di stupore sul mio viso si riflette in quella di Nicola. Stringe la cassetta più forte, colto in contropiede. Deve pensare di nuovo che sia stupida. Birra Corona. Leggera, fresca, divina e soprattutto... in quantità industriali.

«Ivan mi ha detto che è la tua preferita» dice Nicola, in cerca di una giustificazione.

Mi trovo ad annuire, a corto di parole:

1) Ivan Ulivieri si ricorda la mia birra preferita.

2) Ivan Ulivieri e Nicola Ulivieri parlano di me e della mia birra preferita.

3) Nicola Ulivieri è davanti a me, con la mia birra preferita.

«Sì, è vero» ammetto. «Grazie!» aggiungo, ma a questa festa la birra è un grande divieto. E Nicola non lo sapeva. Mi volto di scatto e trovo lo sguardo di Biagio su di noi e sulla cassa di Corona. Agisco d'istinto. Afferro Nicola per il braccio e lo trascino nel giardinetto, vicino alla cuccia di Marlyn. Quindi chiudo la porta, mentre Yuri sghignazza, immaginando tra sé e sé qualcosa di sconcio.

«Scusa» esclamo. «Per il rapimento. E grazie mille per la birra, sul serio. È stato davvero carino da parte tua comprarla. Non avresti dovuto. Non serviva, insomma...»

Nicola sospira, mentre appoggia la cassetta ai suoi piedi.

«Nina, qual è il problema?» mi chiede.

Sospiro anche io e vorrei chiedergli di portare ancora più pazienza della pazienza che ha.

«Biagio non può bere, quindi pensavamo fosse meglio non portare alcolici.»

Nicola abbassa all'istante lo sguardo sulla cassa di birra. Per un secondo, dietro quella maschera di freddezza che indossa sempre, vedo un barlume di disagio e vergogna. E capisco che quella cassa di birra l'ha portata per integrarsi, per adattarsi allo stile di vita diverso, per meritarsi il nostro apprezzamento.

«Capisco» dice.

«A me però fa piacere che l'hai portata» ammetto con un sorriso. «Non ne potevo più di Coca Cola. Quindi, che dici? Ti andrebbe di bere una Corona con me, prima di entrare?»

Nicola alza lo sguardo da terra e mi studia il viso, forse chiedendosi se sia seria. Una volta entrati, Biagio sentirà l'odore di alcol e domani dovrò spiegargli che cosa è successo.

«A me la birra non piace» ammette Nicola.

«Ma è impossibile! Guarda che anche io ero convinta che non mi piacesse, ma poi tuo fratello alla festa di Ayman...»

Mi interrompo, realizzando che non è il caso di tirare in ballo Ivan.

«Dovresti provarla» sorrido. «Dico solo questo.»

Ecco, ora avrò di nuovo fatto la figura dell'alcolizzata. Per mia fortuna, Nicola dice che ho ragione e che non può dire di non apprezzare qualcosa, se prima non prova. Mi aiuta a nascondere la cassa di birra nella fioriera dei gerani e gli strappo la promessa che entro fine festa berrà un sorso di Corona, prima di andare via.

Quando rientriamo, seguiti da Anatolia e da qualche altro compagno di classe, Marco ha uno strano broncio in viso. Si avvicina, appena Nicola va a parlare con Anatolia.

«Dove eri finita?» mi chiede. «Ci vuole mezz'ora per convincere quell'Ulivieri a entrare in casa? Forse la dimora non è di suo gradimento?»

Non faccio in tempo a rimetterlo a cuccia che Yuri mi chiama.

«Adami, credi che la torta si faccia spuntare un paio di gambe e venga in salotto da sola?»

Grazie al cielo, l'anno prossimo andrà a studiare architettura a Milano! Lo perdono solo perché Biagio abbozza una risata, che viene immortalata dalla macchina fotografica di Anatolia.

«Lo sai che c'è stata l'emancipazione, Conte?» sbotta lei con la sua fiamma così rossa da poter bruciare il diavolo. «Credevo fossi passato con il massimo dei voti alla maturità! E credevo che, visto che non c'è Nisi, mi sarei liberata dello stupido maschilista di turno. Sei un degno sostituto, invece!»

Yuri preferisce bere dalla lattina di Coca Cola, invece che rispondere, e Anatolia non si dà per vinta:

«Dico solo che se vuoi la torta puoi benissimo andartela a prendere da te, senza bisogno di rompere il caz...»

«Ci penso io, Anatolia!» la interrompo fuori dal nulla.

Tutto pur di scappare da una bomba a orologeria che rischierebbe di far esplodere la festa di compleanno. Io e Marco siamo dinamite carica, le micce per metà accese, il suo fiato, a ridosso del mio, una boccata d'ossigeno sufficiente ad attizzare le fiamme.

Vado in cucina, in cerca della torta che la signora Iachemet ha lasciato in frigo, un capolavoro di fragole, kiwi e banane. Resterei a osservarla per un minuto buono, ma i passi di Marco giungono da dietro, un rumore che riconosco senza il bisogno di voltarmi.

«Che è successo là fuori?» mi chiede. Si siede sul tavolo e punta i suoi occhi nei miei.

«Nicola ha portato una cassa di birra e gli ho proposto di scolarcela dietro la cuccia di Marlyn.»

Marco ruba una fragola dalla torta e me la ficca tra le labbra, tappandomi la bocca.

«Almeno così non dici stronzate e in tutta sincerità non capisco perché tu l'abbia invitato! Non è uno di noi. Non è mai venuto alle feste che organizziamo. È un pesce fuor d'acqua!»

Prendo un grande respiro per rispondergli a tono, per il semplice fatto che in questo momento Nicola è meno pesce fuor d'acqua di Marco. Con lui sono più tranquilla, senza ansie, convinta che qualsiasi cosa succeda si risolverà nel migliore dei modi.

«Ha tutto il diritto di essere qui, invece» mi impunto. Tiro uno schiaffo sulla mano di Marco, quando cerca di rubare un'altra fragola. «Ho invitato tutta la classe e ti dirò di più. Sono davvero felice che sia venuto.»

E non solo perché ha portato la Corona. Mi piace questo nuovo Nicola, con il suo tentativo di rinnovarsi, di uscire dal guscio da tartaruga nel quale si nasconde. Un Nicola più aperto mentalmente, più curioso, più interessato al gruppo e a entrare in società. Meno isolato e concentrato sui libri e sui compiti per le vacanze estive.

Chiunque dovrebbe apprezzarlo per il coraggio che ha avuto, presentandosi qui, in un ambiente non suo, tra persone diverse da lui.

Celeste, invece...

«Ora che ci penso» mi lascio sfuggire ad alta voce. «Come mai Celeste non viene alla festa?»

Marco rizza la schiena. La domanda lo mette a disagio.

«Aveva da fare» risponde. Taglia corto. «Ascolta, per quello che ti ho detto prima, su Celeste e i preservativi... mi dispiace, non volevo. In realtà...»

«Non importa» concludo. Mi libero della sua presa e torno alle candeline. «Celeste è la tua ragazza. È giusto che con lei tu faccia certe cose.»

Marco è colto in contropiede. Quanto a me, ho finito di sistemare la torta. La sollevo dal tavolo, pronta a raggiungere il festeggiato in sala. Lo sguardo di Marco è confuso, mentre io mi sento forte, anche se so che posso rincarare la dose.

«Anzi» dico, allontanandomi. Giro la testa sopra la spalla e non nascondo un piccolo sorriso di scherno. «Non è giusto.» Ripenso ai grandi discorsi di vita di suo padre. «È solamente naturale.»


*


In molti dicono che per divertirsi non serva l'alcol, ma basti una buona compagnia. Vista la palpabile tensione tra me e Marco, non so se la compagnia di oggi sia quella giusta, ma in fin dei conti la festa di Biagio si conclude nel migliore dei modi. Non manca la canzone degli auguri, non manca il regalo, un cellulare ultimo modello, così che, anche quando torneremo a scuola, Biagio potrà restare in contatto con noi.

Marco lascia casa Iachemet subito dopo la torta, portando come scusa un terribile mal di testa, che non vuole dargli tregua. Yuri lo deride, parlando di un'astinenza da alcol troppo prolungata. Io, invece, non so cosa pensare. Se credere che voglia vedere Celeste o che sia rimasto sconvolto dal nostro litigio.

Quando lascio la festa, sono le nove di sera. Accanto alla cuccia di Marlyn, mi imbatto in Nicola che sta slegando la catena della bici.

«Come hai fatto a portare la cassa di birra, se non hai il portapacchi?» gli chiedo. Che domanda stupida! «Riformulo la domanda. Anzi, cambio discorso. Dimmi un po', dove credi di fuggire senza bere la birra che mi hai promesso?»

Nicola si lascia scappare un piccolo sorriso e scuote il capo. Commenta che è meglio rinviare la nostra sbronza, perché io – a quanto pare – mi sono ubriacata di Coca Cola e lui ha promesso di tornare a casa ad aiutare Ivan.

«Aiuti Ivan a fare cosa?» indago.

Lascio correre la promessa violata. Niente birra per Nicola Ulivieri stasera. Senza accorgermene, mi trovo a camminare al suo fianco, costeggiando il marciapiede. Viviamo vicini e abbiamo un pezzo di strada in comune.

«Ivan è nel comitato organizzativo della festa della lumaca» mi spiega. «Devo aiutarlo con qualche cartellone.»

Incredibile sorpresa! Per quanto Nicola ami suo fratello, nutre anche il vizietto di prenderlo in giro. Chi lo avrebbe detto? Per dieci minuti, ridiamo nell'immaginarcelo alle prese con pastelli, colori, colle, cartapesta e velina. O meglio... io rido. Nicola trattiene malamente qualche sorriso.

«L'organizzazione della festa si appoggia all'Hdemia» mi spiega, per giustificare la partecipazione di Ivan all'evento.

«E mio cugino è il barman del locale.» Traggo da sola le mie conclusioni. «In breve, Simone ha trascinato i suoi amichetti del cuore in questa brillante avventura!»

Nicola commenta che di brillante, in tutta la faccenda, ci sono solo i glitter che Donatello vuole mettere sulle scritte dei cartelloni organizzativi.

«La festa è tra un paio di giorni» commenta. Non me ne sono nemmeno accorta: al bivio, ha svoltato e ora mi sta riaccompagnando a casa. «Ivan dice che dovresti farci un salto.»

Balza in sella e smette di spingere la bici. Resta in attesa di una risposta, che è un ovvio sì, volentieri. Mi sorprendo quando gli chiedo se anche lui ci andrà e mi sorprendo ancora di più, quando mi accorgo che la domanda lo ha messo a disagio. Il "Nicola socievole" scompare e lascia il posto al "Nicola introverso". Mi sembra di vederlo cospargersi di aculei di difesa.

«Non so. Non mi piacciono queste feste. Troppa gente» commenta sulla difensiva.

Poi mi saluta con un cenno del capo e, circondato dalla luce di un lampione appena acceso, se ne va.



Note d'autrice: 

Meno tre capitoli alla fine del primo volume, ci stiamo avvicinando allo status "completa" anche di questa storia. Con il senno di poi, sono felice di averla caricata su Wattpad. Nonostante i refusi, nonostante sia datata, è stato bello rivivere le avventure di Nina e Marco con voi. 

Spero non ci siano troppi errori. Al solito, non ho la forza di rileggere. 

Grazie a tutti <3

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