IGNI

By Valeroot

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[In riscrittura] Qual è il vostro posto nel mondo? Cassie non ne ha uno. Viene costantemente sballottata da u... More

Prima di iniziare
AVVISO
Prologo
1 - La festa (I)
2 - La festa (II)
3 - Comitato di accoglienza
4- La Churchill Accademy (I)
5 - La Churchill Accademy (II)
6 - Incontri (I)
7 - Incontri (II)
8 - Il medaglione
9 - Wenham Lake
10 - Sette shots in paradiso (I)
11 - Sette shots in paradiso (II)
12 - Leggende
13 - Questione di prospettiva
14 - L'invito
15 - I Parker
16 - In maschera (I)
17 - In maschera (II)
18 - Il Sole
19 - Il preside Evans
20 - Sogni
21 - Blackout
22 - Virgilio
23 - Stevow
24 - Ricerche
25 - I Case
26 - Pessime similitudini
27 - Trick or Treat (I)
28- Trick or Treat (II)
29 - Inferno e Paradiso
30 - I mille volti
31 - Collaborazione
32 - I medaglioni
33 - La calma prima della tempesta
34 - La partita
35 - Rivelazioni (I)
36 - Rivelazioni (II)
37 - Cassie (I)
38 - Cassie (II)
39 - Il piano
40 - L'effrazione (I)
42 - L'effrazione (III)
43 - Fratellanza (I)
44 - Fratellanza (II)
45 - Robin Hill Road
46 - Wenham Lake (I)
47 - Wenham Lake (II)
Ringraziamenti e avvisi
Alex
Sequel
Extra - Alex
Avviso 🖤

41 - L'effrazione (II)

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By Valeroot

Le parole di Philip accarezzarono i miei timpani in maniera tremendamente sbagliata.

«Alex mi ha detto che dai ripetizioni di informatica.»

Alzai uno sguardo carico di risentimento in direzione di Alex, ma lui era già sparito. L'irritazione ardeva sulle mie guance. Mi aveva detto che si sarebbe occupato di preparare un diversivo per il resto della scuola, ma non aveva esitato a usare il medesimo trucco anche con me. E lo sguardo stranito di Philip non fece altro che convincermi che lui non era neppure a conoscenza di essere stato usato.

Odiavo quando si comportava così. Odiavo la sua capacità di ammaliare le persone e portarle a fare ciò che voleva lui, come era accaduto poco fa con la signorina Pierce. E quando sapeva di non poterle convincere, semplicemente trovava un altro modo.

Scossi la testa cercando di liberare la mente dai quei pensieri. Avevo poco tempo. I miei occhi vagarono fino all'imponente orologio d'oro che svettava al centro della stanza. Mancavano solamente otto minuti prima del suono della seconda campanella.

«Credo che Alex abbia capito male» mentii. «Sono io ad aver bisogno di ripetizioni.» Simulai una rapida espressione rammaricata. Era il massimo che potevo concedergli prima di muovermi in direzione dell'uscita.

Philip e i suoi capelli ingellati però, non sembravano volersi arrendere. «Bene, cerchiamo un tutor insieme.» Mi sorrise. Era sempre fastidiosamente ottimista.

«Credo che chiederò a suo padre a dire il vero, sai ho uno stage con lui» farfugliai.

Non sapevo ancora come, ma Alex non l'avrebbe passata liscia questa volta. Dovevo riordinare le mie priorità, possibilmente con vendetta e medaglioni ai primi posti.

«Comunque ti faccio sapere» aggiunsi liquidandolo con un gesto distratto, mentre il mio cervello era impegnato nel ricordare quali scale portassero al piano dedicato all'amministrazione. La Churchill Accademy era troppo grande e io ero qui da troppo poco tempo.

Non gli diedi il tempo di rispondere e svoltai a destra, lanciandomi sui gradini con le orecchie tese a captare ogni più piccolo rumore, mentre la mia mente continuava a ripetermi che dovevo stare attenta perché lì io non ci sarei dovuta essere.

Un'insolita tranquillità regnava però tra quei corridoi. Le porte degli uffici erano tutte spalancate, ma un irreale silenzio accompagnava i miei passi esitanti. Per un istante pensai che fosse la vicinanza con l'ufficio del preside a rendere tutti così mansueti, ma quando i miei occhi si posarono oltre le ampie finestre, mettendo a fuoco il cortile, capii che non era quello il motivo.

Il piano doveva essere vuoto perché tutti si erano riversati all'esterno per assistere alla scena che mi aveva lasciata a bocca aperta.

Grossi rotoli di carta igienica e budinosa schiuma bianca avevano avvolto alberi, macchine e persino panchine, come una nuvola soffice che aveva inghiottito l'intero parcheggio del corpo docenti.

«Ma cosa...» mormorai vedendo quello scenario. Era questo il diversivo? Far infuriare tutto il personale della Churchill Accademy?

Dovevo ammettere però, che con quella scelta scenografica, avevano centrato l'obiettivo. Essendo una scuola privata il buon nome era tutto, e il preside Evans non avrebbe mai ignorato uno scherzo del genere. Soprattutto considerando che alcuni studenti erano già appostati sul vicino marciapiede e sembravano intenti a registrare video e foto. Presto tutta Danvers avrebbe saputo di ciò che stava succedendo a scuola.

Alcuni rumori alle mie spalle mi fecero sobbalzare e portarono i miei piedi a muoversi frenetici verso il capo opposto del corridoio. Dovevo muovermi, perché rimanere ferma nell'atrio era quanto di più stupido potessi fare.

Piastrella dopo piastrella, ufficio dopo ufficio, risalii quella striscia di pavimento candido.

Fa che non esca nessuno.

A ogni stanza che superavo, ripetevo quelle parole come un mantra. Volevo mantenere una certa calma per non destare sospetti se qualcuno mi avesse notata, ma alla fine percorsi gli ultimi metri correndo con il cuore in gola, fino alla porta socchiusa dell'ufficio del preside Evans.

Appoggiai i palmi delle mani sul legno, spingendo con foga, e per un attimo un terribile pensiero attraversò la mia mente: non avevo neppure ideato una scusa da utilizzare nel caso in cui il preside non fosse ancora uscito.

Gli occhi di Alex lampeggiarono rassicuranti nella mia direzione, e istintivamente ogni muscolo del mio corpo si rilassò. Ero stata incauta, ma la fortuna era girata dalla mia parte.

«Cosa credi di fare?» mi redarguì con astio. La teca di vetro era aperta accanto a lui, e i libri erano sparpagliati sul mobile in acciaio.

La sua rabbia però non mi faceva né caldo né freddo. O almeno, non era la cosa che mi preoccupava maggiormente al momento. Il tempo, quello era il nostro vero problema.

«Ti aiuto» replicai. Mi mossi con decisione fino all'imponente libreria che occupava un'intera parete, cercando di ignorare la vetrata che si affacciava sul parco dietro la scuola. Mi faceva sentire esposta, ma non c'era spazio per la paura in quel momento.

«Dovevi rimanere con Philip.»

Il suo rimprovero scheggiò l'aria. Alzai di poco lo sguardo, trovandolo a fissarmi con gli occhi socchiusi come se fossi complice di un terribile tradimento.

Storsi il naso. Non aveva alcun diritto di comportarsi così. Ero io quella a dover essere arrabbiata tra noi due. Ero io che ero stata presa nuovamente in giro.

«Certo, ti sarebbe piaciuto» borbottai afferrando lo zaino e aprendolo con uno scatto. Dovevo assicurarmi di prendere qualche volume, prima che si impossessasse lui di tutte le nostre prove.

Alex sospirò. «Non hai capito.»

«E invece ho capito benissimo che volevi tagliarmi fuori di nuovo» ribattei piccata facendo posto per incastrare gli ultimi taccuini. Doveva smetterla di escludermi, e non capivo se ero più irritata con lui per questo suo comportamento o con me stessa per essere sempre così debole quando c'era di mezzo Alex.

«Philip era il tuo alibi, Cassie.» Il suo tono esausto mi fece bloccare con l'ultimo libro ancora stretto tra le dita.

Alibi? Aggrottai la fronte. «Per cosa?»

Si passò le mani tra i capelli. Il solito gesto che faceva quando era nervoso o frustrato per qualche motivo.

«Per il casino che abbiamo combinato» mormorò, tornando a guardarmi.

La schiuma e la carta igienica? Sicuramente non era un bello spettacolo, ma era normale che i ragazzi dell'ultimo anno facessero qualche scherzo prima di lasciare la scuola e io ero non ero una senior. Il preside Evans avrebbe dato la caccia ai responsabili, ma addirittura aver bisogno di un alibi mi sembrava eccessivo.

La sua voce interruppe la catena dei miei pensieri. «Ora però muoviamoci» ordinò ancora rigido, posando l'ultimo annuario.

Richiusi lo zaino assicurandomi di avvolgere il quaderno di trigonometria attorno ai volumi per mimetizzarli. Non era granché, ma mi sarei dovuta accontentare.

Raggiunsi Alex vicino alla porta. Era strano che mi sentissi più al sicuro dentro quella stanza piuttosto che nel corridoio esposta agli occhi di tutti?

Lui stava già osservando l'esterno con un cipiglio serio e io rimasi per un istante con il fiato sospeso, prima di sentire il suo riscontro positivo.

«Fuori. Adesso.»

A quelle parole ci lanciammo di getto oltre la soglia. I miei piedi incespicavano per tenere il passo con le sue falcate e l'unico suono che si sentiva erano i nostri respiri lievemente irregolari a causa dell'agitazione.

Strinsi le nocche attorno allo zaino. Mi sentivo come quegli artificieri nelle serie tv che portano la bomba pronta a esplodere al di fuori dell'edificio. Solamente che questa volta l'unica cosa pronta a scoppiare era la nostra carriera scolastica.

I corridoi della Churchill Accademy sembravano essere stati disegnati con il preciso intento di accrescere la mia ansia. Erano tutti perfettamente simmetrici, le poltroncine e le sale d'attesa si intervallavano con cadenza talmente regolare da renderla inquietante e i quadri che ornavano i muri erano tutti astratti e vagamente simili. Mi sembrava di essere in un tunnel dove era impossibile scorgere la fine.

Continuavamo a muoverci con decisione, ma proprio mentre percorrevamo gli ultimi metri, un ronzio di voci sempre più rumoroso impattò le nostre orecchie.

«Merda.» I professori.

Fu un attimo.

I miei piedi istintivamente si erano mossi all'indietro senza una vera logica, perché non potevamo di certo tornare a nasconderci nell'ufficio del preside, ma Alex non me lo permise.

La sua mano si avvolse attorno al mio braccio e, premendo nella direzione opposta, mi spinse oltre la soglia di una stanza. Una volta entrati, le sue dita avevano sollecitato nuovamente il mio braccio, facendomi incastrare nello spazio vuoto tra il suo corpo e il muro, nascondendomi completamente.

Sbattei gli occhi più volte, cercando di abituarli alla luce fioca che faceva capolino da sotto la porta. Eravamo finiti in uno sgabuzzino buio, dove a poco a poco misi a fuoco una fotocopiatrice e diverse risme che ricoprivano i numerosi scaffali. Non era esattamente il miglior nascondiglio del mondo, soprattutto se qualche professore aveva in programma un esame o un'esercitazione.

«Non vorrei essere nei panni dei responsabili.» La voce burbera di prima diventava via via sempre più alta. «Addirittura la sua macchina... Il preside Evans è su tutte le furie. Non si è mai vista una cosa simile.»

Sollevai gli occhi dal pavimento fino ad incontrare le iridi di Alex. Per quello era preoccupato e aveva cercato di affibbiarmi Philip?

«Cosa avete combinato?» Composi quella domanda senza sentire davvero la mia voce, perché quando avevo alzato lo sguardo, mi ero resa conto che i nostri volti erano separati solamente da una manciata di centimetri.

Eppure, nonostante la sua mano fosse ancora serrata attorno al mio braccio e nonostante lo spazio che ci divideva fosse davvero esiguo, ogni muscolo del suo corpo sembrava in tensione nella volontà di non sfiorarmi. Stava ben attento a non toccarmi, come se conoscesse a uno a uno i graffi della mia anima.

Si era sempre comportato così? Era per questo che era l'unica persona con la quale riuscivo ad abbassare la guardia senza neppure accorgermene? L'unica cosa certa, era che con l'attenzione di quel gesto sembrava prendersi cura di me molto più di quanto avrebbe dovuto fare.

Fu quella consapevolezza che per un attimo mi fece pensare a quanto sarei voluta tornare alla sera precedente. Credo che sia un elemento caratterizzante il fragile animo umano, il non sapere di desiderare qualcosa finché non lo sperimenti e non te lo strappano via. E in quel momento mi ritrovai a sperare di sentire una volta ancora quel "vieni qui" capace di mettere tacere quel tarlo che si nutriva delle mie insicurezze e delle mie paure.

Ma in realtà, tutto ciò non importava, perché qualsiasi cosa io avessi voluto leggere nel suo comportamento, e anche se una piccolissima parte di me forse lo avrebbe voluto, non avremmo potuto avere di più. Lui aveva Claire, e io avevo un padre che non riusciva a rimanere nella medesima città per più di cinque mesi. Dovevo smetterla di essere così sentimentale.

«Non guardarmi così.»

E per un attimo vacillai, pensando che avesse letto ogni mio singolo pensiero come se ancora una volta fossi trasparente ai suoi occhi.

«Abbiamo fatto solamente qualche scherzo in quanto senior, ma credo che i ragazzi si siano fatti prendere un po' la mano» sussurrò, affondando i denti nel labbro inferiore per trattenere un sorriso. «Ma il preside Evans cercherà sicuramente qualche capro espiatorio» continuò con tono ruvido.

Non ribattei, incapace di trovare la voce in quel grumo di apprensione. Onestamente? Non riuscivo a essere preoccupata per qualche scherzo di poco conto. Quello che temevo era ciò che potevano fare a noi se avessero scoperto che avevamo letteralmente rubato alla personalità più importante della scuola.

«Non dovevi comunque bloccarmi con Philip» sussurrai infine. Non potevo accettare che decidesse lui per me.

Piegò lievemente il capo. «In quale college vuoi andare, Cassie?» chiese a bruciapelo.

Aggrottai la fronte. Ma che domanda era? Forse per loro era normale iniziare a pensare al college dall'età di sei anni in poi, ma io non avevo la minima idea di cosa avrei fatto tra quattro mesi, figuriamoci tra più di un anno.

«Non lo sai, vero?» La sua stretta attorno al mio braccio si intensificò per un istante. «Sai chi non ti accetterà, se il tuo curriculum viene sporcato? Harvard. E neanche Yale, o Princeton o qualsiasi altra università dell'Ivy League, quindi sì, Philip era esattamente dove doveva essere» sbottò faticando a tenere un tono di voce basso.

Mi guardava infastidito, e dovetti fare un profondo respiro per non controbattere. Perché si  interessava al mio futuro? Eravamo dei perfetti estranei fino a un paio di mesi prima, e neppure James mi faceva tante pressioni per l'università. Avevamo dato per scontato che ci sarei andata, certo, ma era tutto ancora molto indefinito. Come una decisione presa ma che in realtà non hai mai dovuto affrontare per davvero.

E poi, aveva proprio una bella faccia tosta a comportarsi come se fosse uno studente modello. L'espulsione dalla precedente scuola poteva anche essere giustificata dalla faccenda di Christian, ma quando avevo aperto -illegalmente- il suo fascicolo personale non mi erano sfuggiti tutti gli altri richiami disciplinari.

Rimanemmo immobili a fissarci ancora per qualche secondo. Perché ogni volta che mi sembra di aver capito qualcosa su di te, devi uscirtene con queste reazioni che non so decifrare?

E come se avessi pronunciato quelle parole ad alta voce, Alex si voltò, allungandosi ad aprire la porta per verificare che avessimo via libera. Almeno potevo ritenere conclusa la sua ramanzina nei miei confronti.

Flettei il collo a mia volta per sbirciare all'esterno. Il corridoio sembrava deserto, e gli unici rumori che si sentivano risultavano ovattati, come se fossero molto distanti da noi.

Alex liberò il mio braccio dalla sua presa, facendo scorrere la mano in una involontaria carezza, che si tramutò in un brivido teso a increspare la mia pelle.

«Non c'è nessuno, andiamo.»

Annuii insolitamente docile. Mi sentivo alla deriva delle mie emozioni. Cullata dall'incertezza e respinta dalle onde della mia razionalità. Perché doveva essere sempre così facile e così difficile allo stesso tempo con lui?

Percorremmo gli ultimi metri che ci dividevano dalle scale in religioso silenzio. La campanella era già suonata, ma nessuno sembrava intenzionato a tornare alle lezioni. Gli studenti erano riuniti in piccoli gruppetti che parlottavano tra loro, mentre mostravano fotografie e video probabilmente di ciò che era successo all'esterno. Io mi muovevo tra di loro un po' a disagio, come se avessi un'insegna al neon con scritto "ladra" sulla fronte.

Alex non parlò fino a che non fummo tornati ai piedi della biblioteca. «Hai messo qualche libro nel tuo zaino?» chiese con tono improvvisamente pratico.

Feci segno di sì con il capo, ancora un po' frastornata dalla nostra conversazione.

Lui sospirò piano. «Forza, passameli.» Tese un braccio aspettando che ubbidissi all'istante.

Al contrario, misi una mano a protezione della cartella, guardandolo torva. Doveva davvero smetterla di darmi ordini.

Liberò nuovamente un pesante sospiro, chiudendo gli occhi come evocando una pazienza che ormai sembrava aver esaurito. «C'è la possibilità che perquisiscano gli zaini per quello che è successo là fuori» spiegò con tono calmo, come se si stesse rivolgendo a una bambina.

Già, ma esattamente cosa era successo "là fuori"? Perché a questo punto dubitavo che fosse solo a causa della schiuma o della maledetta macchina del preside Evans.

In tutta riposta però mi appoggiai al muro, schiacciando la cartella contro la parete. Era più probabile che perquisissero lui di me. I professori non mi conoscevano se non per i miei buoni voti. Sentivo che stava cercando di nuovo di tagliarmi fuori.

Lui si avvicinò chinandosi leggermente. Con quel movimento la sua maglietta nera scivolò un po' di lato, scoprendo le ultime lettere di quella frase di Milton che avevo visto negli spogliatoi. Ancora non sapevo che significato avesse per lui quel tatuaggio, ma probabilmente non me lo avrebbe mai detto.

Il suo sguardo scivolò lungo tutta la mia figura. «Sai cosa ho capito l'altra sera?»

A quelle parole, i rintocchi del mio cuore saltarono un battito. Ne voleva davvero parlare? E soprattutto, ne voleva parlare proprio adesso?

Deglutii a vuoto, ma lui non aspettò una mia risposta. «Che rispetto alle infinite domande, odio di più questi silenzi.»

Mi sarei aspettata il solito tono canzonatorio e invece il suo atteggiamento serio per un attimo mi fece scorgere una piccola crepa in quella maschera di indifferenza. «E odio quando mi guardi come se ti aspettassi l'ennesima delusione da un momento all'altro» continuò piano.

Fece collidere i suoi occhi con i miei, con quello sguardo rassegnato che sembrava volermi dire "sono solo io, smettila di avere paura".

E invece io rimanevo lì, immobile, completamente presa in contropiede da quello slancio di sincerità. E la cosa peggiore era che mi sembrava che avesse capito tutto di me. Come se la sera precedente mi fossi lasciata andare troppo e gli avessi dato la chiave d'accesso a tutte le mie emozioni. E questa cosa mi mandava in panico.

Prima che potessi rispondere però, un movimento alle spalle di Alex catturò la mia attenzione. Eravamo talmente assorbiti dalla nostra bolla che non ci eravamo neppure accorti che un gruppetto di ragazzi ci stava osservando da chissà quanto.

«Ce ne andiamo?» proposi incerta.

Lanciai nuovamente un'occhiata all'altro lato della stanza. Nonostante avessimo parlato sempre a bassa voce, non riuscivo a non chiedermi perché ci fissassero senza neppure nasconderlo.

Come al solito, lui sembrò accorgersi degli altri solamente a causa della mia reazione. Ormai doveva essere abituato a tutte quelle attenzioni che a me infastidivano oltremodo.

Lo sentii pronunciare qualcosa che assomigliava tremendamente a "fatevi una vita", ma con parole meno gentili, e mi fece cenno di seguirlo. Credevo che mi avrebbe portato nella solita sezione della biblioteca dove sapevamo che nessuno ci avrebbe disturbato e invece si avviò verso le scale che portavano al pianterreno. Alcuni pezzetti di carta erano depositati agli angoli, come se ci fosse stato un gran via vai nelle ultime ore.

«È meglio se rimaniamo visibili» spiegò intuendo i miei pensieri. «Gli studenti che salteranno le lezioni saranno i primi a essere sospettati.»

Annuii dimenticandomi che in realtà non poteva vedere la mia reazione, dato che camminava di fronte a me. Probabilmente però, il fatto che stessi continuando a seguirlo gli bastò come conferma.

Forse era stata un'idea stupida non dargli i diari, perché così stavamo rischiando in due, ma mi dava l'illusione di mantenere un certo controllo su questa situazione. Come i medaglioni che erano due diversi pezzi di uno stesso puzzle, speravo che anche i taccuini fossero utili solo se letti insieme.

Raggiungemmo l'aula di filosofia, prendendo posto ai banchi in fondo come di consueto, ma prima che potessimo aprire bocca, Alice si fiondò sulla sedia di fronte a noi.

«Ho ripreso tutto» schioccò con occhi scintillanti, sventolando il telefono come se fosse un oggetto raro.

Caleb e Dean presero posto ai suoi lati, abbandonando a terra gli zaini con un tonfo.

«Avete visto cosa hanno combinato quelli dell'ultimo anno?»

Evitai con cura di guardare il ragazzo accanto a me e scossi la testa, cercando di risultare convincente. Alice era già pronta a far partire i video sul cellulare e dopo qualche istante una serie di immagini iniziarono a scorrere.

La carta igienica nel parcheggio.

La macchina del preside Evans completamente ricoperta di post-it.

Il laboratorio di chimica pieno di fialette che eruttavano schiuma colorata.

Un grande arcobaleno di carta velina che bloccava l'ingresso principale.

La scritta "Webb è peggio delle fitte intercostali" con una bomboletta rossa.

«Ho sentito dire che hanno anche fatto entrare una mucca in palestra» cinguettò allegra Alice.

L'aria mi andò di traverso a quell'affermazione. Possibile che gli amici di Alex fossero riusciti a organizzare tutto in così poco tempo?

E mentre tossicchiavo e cercavo di riprendere un contegno, sentii Caleb chiedere ad Alex dove fossimo stati per tutto quel tempo. «È assurdo che non abbiate visto nulla» ci accusò.

Prima che uno di noi potesse rispondere però, Dean gli mise un braccio attorno alle spalle. «Tranquillo amico, avevano altro da fare.» Mi fece un occhiolino esagerato e io sentii improvvisamente l'esigenza di sparire in un buco nero.

Sarò muto come un pesce. L'aveva detto solamente qualche ora prima, vero? Non me l'ero immaginato.

Lo fulminai con lo sguardo, ma prima che qualcuno potesse aggiungere una sola parola, l'altoparlante sopra le nostre teste interruppe quel momento imbarazzante.

Forse però, avrei preferito continuare a farmi prendere in giro da Dean, piuttosto che sentire le parole che stridettero metalliche attorno a noi.

«Alexander Case e Caleb Evans sono pregati di presentarsi in presidenza al più presto.»

_______________
Buongiorno ☀️
Oggi non ho molto da dire se non che sto finendo di lavorare all'ultima parte di questo capitolo infinito🙊

Non sono sicura di aver reso bene l'ansia di Cassie per l'effrazione, quindi come al solito qualsiasi consiglio è ben accetto 🤗

Cosa pensate della convocazione di Alex e Caleb in presidenza? 🤔

Buon fine settimana 🐣 (<- io che cerco di apparire cucciolosa per non beccarmi gli insulti per come taglio sempre male i capitoli)

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