IGNI

By Valeroot

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[In riscrittura] Qual è il vostro posto nel mondo? Cassie non ne ha uno. Viene costantemente sballottata da u... More

Prima di iniziare
AVVISO
Prologo
1 - La festa (I)
2 - La festa (II)
3 - Comitato di accoglienza
4- La Churchill Accademy (I)
5 - La Churchill Accademy (II)
6 - Incontri (I)
7 - Incontri (II)
8 - Il medaglione
9 - Wenham Lake
10 - Sette shots in paradiso (I)
11 - Sette shots in paradiso (II)
12 - Leggende
13 - Questione di prospettiva
14 - L'invito
15 - I Parker
16 - In maschera (I)
17 - In maschera (II)
18 - Il Sole
19 - Il preside Evans
20 - Sogni
21 - Blackout
22 - Virgilio
23 - Stevow
24 - Ricerche
25 - I Case
26 - Pessime similitudini
27 - Trick or Treat (I)
28- Trick or Treat (II)
29 - Inferno e Paradiso
30 - I mille volti
31 - Collaborazione
32 - I medaglioni
33 - La calma prima della tempesta
34 - La partita
35 - Rivelazioni (I)
37 - Cassie (I)
38 - Cassie (II)
39 - Il piano
40 - L'effrazione (I)
41 - L'effrazione (II)
42 - L'effrazione (III)
43 - Fratellanza (I)
44 - Fratellanza (II)
45 - Robin Hill Road
46 - Wenham Lake (I)
47 - Wenham Lake (II)
Ringraziamenti e avvisi
Alex
Sequel
Extra - Alex
Avviso 🖤

36 - Rivelazioni (II)

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By Valeroot

Avevo incredibilmente caldo.

Un tonfo sordo rimbombò nel silenzio cristallizzato della casa.

Aprii gli occhi di scatto, faticando a riconoscere l'ambiente che mi circondava. Le pupille febbrili che non la smettevano di rimbalzare da una parte all'altra, tentando di mettere a fuoco un elemento familiare.

Ma...la mia camera non aveva le pareti azzurre.

Sbattei piano le palpebre, provando a muovere lentamente i muscoli. Perché mi sentivo così confusa? Registrai distrattamente che mi trovavo in una posizione scomoda, e qualcosa impediva i miei movimenti.

Voltai il capo e le mie iridi lentamente misero a fuoco il profilo di Alex, profondamente addormentato accanto a me. Il suo braccio rilassato bloccava il mio busto, mentre i miei capelli erano sparsi a ventaglio sopra la sua maglietta bianca.

Sbarrai gli occhi. La mia testa vorticava, tentando faticosamente di ordinare i frammenti di immagini della sera precedente.

La partita di football. La festa dai Case. Le ricerche sui medaglioni. Alex che aveva provato a distrarmi quando il panico si era impossessato di me. Erano però solamente lampi indefiniti che si insinuavano nella mia mente, fantasmi di una giornata che nella confusione del momento sembravano solamente un sogno.

Un movimento accanto a me mi fece trattenere il respiro. Alex si agitò come se qualcosa lo tormentasse nel sonno. Vidi i suoi tendini contrarsi per un istante, le dita stringersi attorno a un lembo della mia felpa. Poi, con un sospiro, l'espressione corrucciata lo abbandonò.

Rimasi immobile per qualche secondo, finché non fui certa che si fosse addormentato nuovamente, poi spostai delicatamente il suo braccio e scivolai giù dal letto. Non avevo bevuto la sera precedente, ma mi sentivo in subbuglio, come se ogni parte del mio corpo fosse incastrata in maniera sbagliata. 

Non avevo tempo per pensare però. Sapevo di dover fare solamente una cosa. Dovevo andarmene da lì. 

Posai le mie dita sulla maniglia della porta, dosando delicatamente la pressione per non fare rumore. Un istante dopo ero fuori, e i miei piedi stavano scendendo con ritmo veloce le scale che portavano al pianterreno.

La parte razionale del mio cervello mi diceva di fermarmi un attimo e di prendere fiato, perché neppure io stessa riuscivo a capire perché fossi così agitata. Un'altra vocina invece, mi spingeva continuamente a muovermi, perché ero consapevole che dopo avrei potuto fare tutti i ragionamenti del mondo. Ma a casa mia, nel mio letto, e con la consapevolezza di aver messo una certa distanza da tutto il resto. 

Quando i miei occhi si scontrarono con l'ammasso caotico che componeva il salotto però, fui costretta a bloccarmi.

Tappeti stropicciati, cuscini abbandonati a terra, bicchieri rossi che sembravano essere cresciuti come funghi durante la notte... La villa dei Case era irriconoscibile. Ogni traccia dell'elegante fascino che la caratterizzava era sparito.

«Merda!»

Un'imprecazione preannunciò uno schianto secco. E realizzai che poco prima un suono fastidiosamente simile mi aveva svegliata.

Voltai il capo in direzione della cucina, dove rumori smorzati segnalavano la presenza di qualcuno. Mi morsi il labbro inferiore. Scappare a casa, o andare a controllare?

La curiosità ebbe la meglio. Con passo esitante raggiunsi il moderno open space che componeva la cucina dei Case.

Una bellissima ragazza mora con indosso solamente una t-shirt era accucciata di fronte al frigorifero, mentre con una mano si reggeva a uno dei fusti di birra che dovevano essere stati lasciati dagli amici di Christian.

Quando i nostri occhi si incrociarono, sul suo viso spuntò un sorriso genuino. «Finalmente!» enunciò raddrizzandosi, «tu vivi qui? Mi puoi dire dove posso trovare qualcosa di...non alcolico?» Agitò la lattina di birra che teneva tra le mani, facendo una smorfia esagerata.

Prima che potessi rispondere però una voce alle nostre spalle ci sovrastò.

«Ah, sei ancora qui?» Christian entrò nella stanza con indosso solamente un paio di pantaloncini della tuta, mentre con una salvietta strofinava i capelli biondi imperlati di tante piccole goccioline d'acqua.

Il suo arrivo inaspettato mi mandò in confusione. Ero sul punto di rispondere, ma mi morsicai la lingua: era ovvio che non lo stesse dicendo a me.

La ragazza mora incrociò le braccia al petto. «Stronzo» commentò, alzando il dito medio, prima di uscire dalla stanza ancheggiando.

Quello era un buon momento per andarmene. Un ottimo momento, anzi, ma rimasi immobile, nascondendo le mani nella pesante felpa nera di Alex che ancora indossavo. Continuavo a sentirmi un'intrusa e non muovermi mi sembrava una buona alternativa per non far pesare la mia presenza. 

A ogni modo, Christian non sembrava particolarmente interessato a me o impressionato dall'appellativo che la ragazza gli aveva appena rivolto. Superò il bancone della cucina e si avvicinò alla macchinetta del caffè ignorandomi deliberatamente.

Adesso che mi dava le spalle, mi sentivo meno in soggezione per quella situazione assurda nella quale mi ero infilata. 

Mi voltai lentamente con l'intenzione di andarmene, quando la sua voce mi richiamò. «Prendi sempre così tanti appunti a lezione?»

La sua domanda mi inchiodò sul posto e maledissi nuovamente la curiosità che mi aveva spinta a entrare nella cucina dei Case. Ruotai il busto nella sua direzione con poca convinzione. «Uhm, di solito sì» ammisi a disagio. Non capivo dove volesse andare a parare. Qualcosa mi diceva che non fosse uno interessato a fare conversazione. Specialmente con una persona che non conosceva. 

Christian era appoggiato con la schiena al bancone e mi fissava da sopra la tazza fumante. Non sembrava intenzionato ad aggiungere altro, ma per qualche strano motivo era comunque in grado di mettermi agitazione solamente guardandomi. 

«Dovrei proprio andare ora» dissi nervosamente. Non volevo neppure immaginare quanto sarebbe stato preoccupato James visto che ero rimasta a dormire fuori senza neanche avvisarlo. Ma la realtà era che volevo mettere più distanza possibile tra me e Christian. Lui... lui non mi piaceva. Non avrei trovato altro modo per esprimere il senso di disagio che stavo provando.

Christian però sembrò non sentire la seconda parte del mio discorso. Fece qualche passo verso di me e si accomodò mollemente su uno sgabello.

«Quindi tu e mio fratello...» iniziò fissandomi con quello stesso sguardo indagatore che vedevo sempre su Alex.

«...siamo amici» chiarii ferrea, prima che potesse aggiungere altro. 

Lui piegò le labbra in un sorrisino irriverente. «E dormi qui spesso, amica

Un senso di disagio mi pizzicò le guance. Perché doveva rendere tutto così imbarazzante?

«Mi sono solo addormentata, ma non credo che siano affari tuoi.» Spalancai appena gli occhi nel sentire la mia voce. Lo avevo detto sul serio?

In tutta risposta Christian scoppiò a ridere. «Mi piaci» decretò avvicinando la tazza alle labbra e continuando a osservarmi con occhi famelici.

"Tu no" avrei voluto rispondere. Ma restituii un sorriso falso quanto i soldi del monopoly.

Rimanemmo per una manciata di secondi a fissarci. Sentivo le mani indolenzite per la forza con la quale le avevo serrate attorno al tessuto della felpa. Alla fine, mossi qualche passo in direzione dell'ingresso, intenzionata ad andarmene, quando la sua voce mi fermò ancora una volta.

«Aspetta... ti ha chiesto lui di rimanere?» Una strana inflessione nella sua voce mi convinse a voltarmi nuovamente nella sua direzione.

I suoi occhi si erano fatti più cupi. «Che problema c'è?» pizzicai.

Continuavo a non capire il senso di quel discorso. Evidentemente qualcosa mi stava sfuggendo, e quella sensazione mi faceva sentire ancora più stupida del solito. 

«No... nulla.» Il suo tono tutt'altro che deciso non mi convinse, ma prima che potessi replicare sentii alcuni passi dietro di me.

«Buongiorno.» Alex entrò nella stanza passando le dita tra i ciuffi scomposti che contornavano il suo volto. Una mano infilata dietro la nuca e la maglietta bianca spiegazzata a evidenziare il punto dove la mia testa si era posata.

Arrossii violentemente e mi nascosi sotto gli strati di capelli che lasciai scivolare sulle mie guance. 

Imitai Christian nel salutarlo e continuai a rimanere ferma, spostando il peso da una gamba all'altra. Non sapevo bene cosa fare. 

«Beh, vuoi rimanere lì impalata, o vuoi un caffè?» mi chiese, piegando di lato il capo.

«Sì...cioè no, dovrei andare...quindi...» mi incagliai tra le mie incertezze, arrossendo sempre di più a ogni parola. Poteva essere più imbarazzante di così?

Alex cercò di nascondere un sorriso. «Siediti, Reed» ordinò, voltandosi a recuperare due tazze per noi. «E, Christian, pulisci tutto prima che papà torni» aggiunse, continuando a dare le spalle al fratello.

Lui si limitò a sbuffare contrariato. «Non rompere, manderò qualcuno oggi pomeriggio.» Si alzò di scatto, facendo graffiare la sedia contro il pavimento e uscì a grandi passi dalla stanza, borbottando qualcosa tra sé.

Non mi aveva più guardata neppure per sbaglio e quando si allontanò mi ritrovai a seguire i suoi movimenti mentre nella mia testa continuavo a chiedermi cosa avesse spinto Christian a farmi tutte quelle domande. 

Il rumore della ceramica che urtava la superficie di marmo di fronte a me mi fece sobbalzare.

Alex mi scrutò con sguardo interrogativo. «Tutto bene, Cassie?»

Probabilmente dovevo sembrargli ancora più strana del solito, per come mi stavo comportando quella mattina, ma mi sembrava di far davvero fatica a ordinare i miei pensieri. 

Avvolsi la mia mano attorno alla tazza indecisa se dar voce alle mie domande, ma alla fine cedetti. «Perché Christian era così sorpreso che fossi rimasta qui?» chiesi evitando con cura di incrociare i suoi occhi.

Lo sentii irrigidirsi accanto a me, mentre le sue mani si stringevano a pugno, come a voler controllare il nervosismo. «Non lo so. Christian dice spesso cose senza senso.» Vidi i muscoli delle sue braccia rilassarsi un poco, dopo aver pronunciato quelle parole, ma si accomodò accanto a me continuando a mantenere quella posa contratta, ben attento a non avvicinarsi troppo.

Non potevo ritenermi soddisfatta di quella mezza risposta. Mi sembravano esattamente le stesse identiche scuse che accampava Caleb quando gli avevo chiesto qualche informazione in più sul suo rapporto con Alex. 

Qualcosa nel suo tono di voce poi mi aveva colpito. Aveva parlato come se avesse voluto troncare qualsiasi discorso sul nascere. Come se avesse qualcosa da nascondere. 

«Abbiamo smesso con i segreti, giusto?» Mi voltai a cercare il suo sguardo per la prima volta quella mattina, sperando di trovare un'espressione rassicurante che avrebbe spazzato via i miei dubbi.

Trovai però due occhi assottigliati da animale selvatico che restituirono diffidenti quell'occhiata. «Si» rispose strisciando quelle lettere come se non volessero uscire dalla sua bocca.

Un "sì" che aveva tutta l'aria di essere in realtà una risposta negativa, e sentii il mio cuore fare un tuffo a quel pensiero. 

«Alex...» lo ripresi incerta. Una parte di me voleva lasciar perdere, ma sapevo che non l'avrei fatto. Non arrivati a quel punto. Potevo fidarmi o no? 

Lui sbatté la tazza sul ripiano, facendomi sobbalzare. «Coglione» mormorò alzando il volto al soffitto in un gesto di irritazione.

Non sembrava totalmente arrabbiato, se dovevo essere sincera. Più... frustrato, forse.

«Alex» ripetei nuovamente. «Cosa succede?»

Stavo tentando di mantenere un tono di voce fermo, nonostante sentissi l'irritazione germogliare dentro di me. Perché avevo la sensazione che mi stesse mentendo di nuovo?

Rimase fermo, senza degnarmi di uno sguardo.

«Perché Christian era così sorpreso che fossi qui?» Continuavo con le mie domande perché lo vedevo nell'espressione tesa sul suo volto che stava lentamente cedendo. 

«Non ti riguarda, Cassie» sbottò senza guardarmi. 

Incrociai le braccia al petto. Era così, quindi? Prima mi assicurava che non ci sarebbero stati altri segreti tra di noi e poi rimangiava tutto? 

«Se non mi dici cosa succede, questa volta me ne vado» dichiarai. Ero stufa di lasciarmi andare con lui per poi scoprire di non potermi fidare. 

Mi sentivo... tradita, anche se ancora non aveva detto una singola parola. Ed era qualcosa a cui non ero abituata, perché generalmente non lasciavo mai che le persone si avvicinassero così tanto a me da influenzarmi in quel modo. 

La sua testa scattò nella mia direzione. «Faccio dei maledetti incubi ogni notte. Sei contenta ora?» Mi vomitò addosso quella confessione, soffiando le parole con lentezza sprezzante.

Faceva incubi ogni notte? Quel pensiero si incastrò nella mia testa, offuscando per un attimo il suo volto tirato. Cosa significava? 

La sua confessione mi aveva destabilizzata. «I-io...» balbettai, incapace di formulare una frase di senso compiuto.

«Sì, tu! Tu non riesci mai a lasciar perdere, vero?» Allontanò la tazza con un gesto di fastidio. 

Le sue parole mi colpirono come uno schiaffo. Adesso ero io il problema? Lui si comportava in quel modo e la colpa era mia? Sgranai gli occhi, trattenendo il respiro.

Era arrabbiato. Lo vedevo dal modo in cui il suo petto si muoveva veloce, come se non riuscisse a controllare la collera. Ma era troppo arrabbiato.

«Perché fai così?» mormorai, sentendo quel bruciore fastidiosamente conosciuto all'altezza degli occhi. Odiavo piangere. Non lo facevo mai, fin da piccola avevo sempre imitato James, reagendo in maniera insolitamente matura quando qualcosa mi faceva soffrire.

Eppure in quel momento, il mio corpo sembrava sopraffatto. Incapace di rispondere in altro modo, aveva concentrato nei miei occhi tutto quel vortice di emozioni che avevo cercato di seppellire nel corso delle ultime settimane.

Ricacciai indietro le lacrime con forza, sbattendo velocemente le palpebre. «Perché fai così?» ripetei piano.

Vidi il suo atteggiamento di ghiaccio sgretolarsi al suono delle mie parole, e un'improvvisa espressione colpevole dipingersi sul suo volto livido.

«C'è altro che non mi stai dicendo?» Ormai le parole lasciavano le mie labbra senza neppure che riuscissi a controllarle. Era come se l'istinto avesse avuto la meglio sulla ragione.

Il respiro gli si mozzò in gola. Il suo corpo sembrò rimanere sospeso, incastrato nell'attimo che aveva preceduto le mie parole, come a non volerlo lasciare.

Ora però mi guardava come se fossi io quella ad aver colpito, tra i due. In un attimo gli equilibri della nostra relazione si erano capovolti. Abbassò lo sguardo, come a sottrarsi a quel confronto.

«Dimmelo» ordinai in un sussurro.

L'accettazione delle mie parole lo portò a incastrare nuovamente le sue iridi nelle mie. «Sogno brevi istanti della mia infanzia e... ho sognato di prendere i documenti dall'ufficio del sindaco. Per quello sapevo già dove trovarli.»

Quell'ammissione graffiò i miei timpani, ammutolendo tutto il resto.

"Sogno brevi istanti della mia infanzia."

Annuii meccanicamente, mentre il mio cervello cercava di razionalizzare quelle parole.

"Ho sognato di prendere i documenti dall'ufficio del sindaco".

Quindi mi aveva mentito. Non aveva affatto afferrato una cartelletta a caso. Sapeva con precisione dove trovare quei fogli. 

Quante altre bugie mi aveva raccontato? Ero stata così sciocca da credere che entrambi volessimo la stessa cosa. E invece lui non aveva fatto altro che prendersi gioco di me. Mi prendeva in giro da mesi

Non potevo pensarci. Dovevo solamente tagliarlo fuori. Escludere tutto. Ero brava in quello. 

E, all'improvviso, semplicemente non sentivo più nulla. Gli occhi intorpiditi dallo smarrimento mi impedivano di mettere a fuoco ciò che avevo di fronte, ma sapevo di dovermene andare.

«Cassie...» Sentii Alex chiamarmi e vidi la sua ombra fare un passo nella mia direzione.

Mi alzai dalla sedia di scatto, andando a sbattere il fianco contro il bancone della cucina. Istintivamente i miei piedi si erano mossi verso il muro alle mie spalle.

"Per quello sapevo già dove trovarli." Quelle parole non la smettevano di rimbombare nella mia testa, ma mi sembrava di non rendermi più conto di ciò che significavano. 

«Cassie...» Lo udii mormorare nuovamente il mio nome, ma era un suono ovattato, come se le sue parole non arrivassero davvero alle mie orecchie.

Mi voltai. Dovevo andarmene da quella casa.

«Cassie!» Questa volta Alex alzò la voce, e quel suono sembrò eliminare qualsiasi blocco impedisse al mio corpo di reagire.

Mi voltai di scatto. I capelli a frustarmi le braccia per l'intensità di quel movimento. Sentivo le gambe irrigidite dalla tensione che attraversava il mio corpo, ma con una forza che non sapevo di avere, corsi fuori dalla stanza. I miei piedi che battevano furiosi sul legno scuro del parquet.

E l'ultimo rumore che sentii furono i cocci di una ceramica che impattava il suolo.

________________

Buongiorno belle ☀️

E chi si ricordava dell'inquietante sogno di Alex dove gli veniva insegnato come introdursi nell'ufficio del sindaco?
Io nooo 😂🙋🏻‍♀️
Comunque Cassie prima o poi doveva scoprirlo e ovviamente è stato un duro colpo visti i suoi evidenti problemi di fiducia!

Vi anticipo però che tra poco ci sarà qualcosa di ancora più sconvolgente. Qualcosa che riuscirà a mettere in secondo piano persino questa situazione con Alex 🤫

Come sempre, grazie per essere arrivate fino a qui ❣️

Buona domenica

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