I Grandi 7

Par GiulSma

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•Secondo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «Giulia, lui ti vuole morta» sibilò Shirley... Plus

Prologo
1|Chiamata improvvisa
2|Una vecchia conoscenza
3|Mistero
4|Drake e i suoi problemi di cuore
5|Chiacchierata con Athariel
6|Ametron e Tenebris
7|Una nuova compagna
8|La mia compagna di banco è odiosa
9|Pallottola nel petto o nella fronte?
10|Un lontano passato felice
11|I poteri del guardiano dell'Albero Dorato
12|È ufficiale: odio le caramelle viola
13|Cena con gli Slave
14|Racconto intorno al falò
15|Tre ragazzi e un vampiro
16|Una missione per la strega e il midvam
17|Richiesta di aiuto
18|Ti odio più di quanto odi me stessa
19|Poteri vampireschi
20|Mi alleno con Marta
21|Il giorno in cui la persi...
22|Lacrime nel bosco
23|Federico Flores
24|Torneo
25|Isabelle e la boccetta di sangue
26|Salve... madre
27|Anche Shirley ha un cuore
28|Supercattiva
29|In mezzo alla neve
30|Coppia improbabile
31|Primo giorno da guardia del corpo
32|L'altra sponda
33|Noi... siamo ancora amici?
34|Battle of the Bands
35|Diamine, Isabelle!
36|Sangue, vampiri e castelli
37|Che ci fa lei qui?!
39|Mr. Slave
40|Stasera farai il cameriere
41|Incoronazione
42|Drake... russa
43|Guerra al Consiglio
44|Un po' di calma... forse
45|Guerra al Campo
46|I Grandi 7
Epilogo
⚜️Curiosità sul Mondo Nascosto⚜️
Ringraziamenti

38|Dolci scuse

160 8 70
Par GiulSma

Drake tirò fuori dal forno la seconda teglia di muffin al cioccolato, lasciando che il calore e il profumo dei dolci si propagasse per tutta la cucina.

Si era messo d'accordo con i cuochi della mensa per usare la cucina del campo per prepararsi dei muffin con la scusa che li avrebbe dati da mangiare ai guardiani.

Così si era messo a fare chili d'impasto e a metterli in numerose teglie. Era un suo modo di sfogarsi che a quanto pare piaceva ai guardiani che ne potevano beneficiare.

Una volta, agli inizi di novembre, quando doveva ancora processare il fatto che Shirley lo avesse ucciso, si era messo a sfornare una grande torta al cioccolato e con essa si era fatto amico tutti i bambini del campo.

Be' almeno sapeva trasformare la sua tristezza in qualcosa che rendesse felice gli altri.

Non c'era nessuno in cucina a parte lui.
La stanza era ampia e rettangolare, studiata per tenerci dentro una ventina di persone lavoranti.
Chissà se li pagavano i cuochi e con quale valuta.
Sapeva che erano abitanti della Città Aurea, luogo dove potevano accedervi solo i guardiani adulti e le sette famiglie più importanti. Era come un paradiso per viventi, costruita in mezzo a una radura, attorno al gigantesco Albero Dorato che era circondato da un giardino recintato dove spesso si radunavano i membri del Consiglio per meditare.

Un giorno anche Drake sarebbe andato alla Città Aurea e avrebbe visto con i suoi occhi ciò che affascinava tanto le persone che ci vivevano.

Si sciacquò le mani nel lavabo e sospirò soddisfatto. Aveva finito tutto l'impasto che ora stava finendo di cuocersi.

Prese un muffin da una delle due teglie che aveva tirato fuori e lo morse. Sorrise gongolando. Erano buonissimi e non vedeva l'ora che anche gli altri guardiani li mangiassero.

Lo finì e si pulì le mani sul grembiule.
Il timer suonò: era tempo di tirar fuori la terza teglia. In tutto erano una decina, per un totale di circa duecento muffin. Di solito erano una cinquantina i guardiani che si fermavano a mangiare, molti di loro era perché erano orfani o senzatetto, tutti gli altri tornavano dalle loro famiglie finiti gli allenamenti giornalieri.

Con la coda dell'occhio vide un'ombra sgusciare dietro al frigorifero, nascondendosi da lui.
Sospirò deluso. Pensava fosse qualche bambino curioso.

«Non c'è bisogno di nascondersi, Shirley, ti vedo comunque...»

La ragazza uscì dal suo nascondiglio diventando rossa dalla vergogna. «Pensavo di essere molto più brava a nascondermi»

«Mi dispiace ma non lo sei» La voce di Drake era fredda e tagliente. L'ultima persona che voleva vedere era proprio lei. Non riusciva a guardarla senza sentirsi un nodo in gola e le lacrime agli occhi.

«Ti ho visto entrare qua dentro poche ore fa. Ho cercato di resistere alla tentazione, ma... volevo vederti» ammise Shirley.

«Okay, figo, ora mi hai visto» rispose secco.

Shirley mise il broncio. «E ti devo anche parlare»

Drake deglutì a fatica mentre si concentrava sulle teglie che tirava fuori. Quando le mise tutte sul tavolo al centro della stanza, iniziò a togliere i muffin e a disporli su dei vassoi.

«Tu stesso mi hai detto che non mi conosci più» incominciò Shirley, avvicinandosi. «E hai ragione. Non ti ho dato alcun motivo per fidarmi di me, non ti ho nemmeno spiegato come stanno veramente le cose. Sono diversa, hai ragione, ma in senso buono. Non sono più la Shirley tossica e irascibile di un tempo. Sto provando a cambiare, lo sto facendo per poter vivere meglio con la mia famiglia. Perché voglio essere felice» Prese un grosso respiro facendosi forza. «Ma non posso esserlo del tutto senza di te. Ci tengo a te, Drake, come tengo alla nostra amicizia. Quindi te lo chiederò un'altra volta: noi siamo ancora amici?»

Drake finì di mettere i muffin sui vassoi e alzò lo sguardo verso Shirley.

I suoi occhi di ghiaccio sembravano essersi sciolti, delle lacrime si erano addensate ai bordi.
Si era legata i capelli in una treccia non troppo stretta che si era appoggiata alla spalla sinistra, e per marcare il cambiamento si era messa dei vestiti normali come un maglioncino bianco e dei jeans chiari che la facevano apparire totalmente innocente.

Il cuore di Drake fece un balzo e le sue gote si infiammarono. Aveva quasi dimenticato la sensazione delle farfalle nello stomaco.

«Prima di rispondere alla tua domanda voglio esserne certo al cento percento» rispose, con la voce tremante ed emozionata. «Quindi dovrai...» Arrossì. «...passare più tempo con me. Ma solo perché devo esserne sicur-»

Shirley lo abbracciò. Era strano che fosse lei a fare il primo passo, ma piacevole. La strinse e le accarezzò la schiena sentendo la morbidezza del suo maglione.
Non era mai stato così felice di un abbraccio in vita sua.

«M-muffin?» chiese infine, rompendo l'abbraccio.

Lo sguardo della ragazza si accese e ne prese uno sorridendo. Era abituata ai dolci glassati e sofisticati che mangiava a cena a Villa Slave, si era dimenticata quanto fossero buoni quelli casalinghi, specialmente quelli di Drake.

Sapeva bene della sua passione.
Una volta all'Accademia erano riusciti di nascosto a fare dei biscotti e se li erano mangiati ridendo in camera loro. Adesso erano cresciuti e cambiati, ma la bontà dei dolci di Drake non era cambiata di una virgola.

Si sorrisero a vicenda, come se stessero pensando alla stessa cosa e rimasero in cucina tutta la sera, a chiacchierare come due vecchi amici, pronti a riscoprirsi e ricominciare.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Entrai nello studio di Gregorio dove l'anziano direttore mi stava aspettando seduto sulla sua scrivania. Di fianco c'era Athariel, con le braccia conserte e lo sguardo celato dietro l'elmo.

Strinsi i pugni, non sopportavo la sua vista. Era passato un giorno da quando mi aveva sgridata e avevo cercato in tutti i modi di evitarlo. Sperai solo che non si mettesse a sgridarmi pure lì.

«Siediti pure» Gregorio mi indicò una sedia davanti alla sua scrivania.

Non sapevo dire se l'atmosfera era calma o tesa. Il direttore mi trasmetteva calma e sicurezza col suo sguardo gentile e saggio, ma la presenza di Athariel mi metteva in soggezione e mi faceva sentire uno straccio. Come al solito, anche senza parole, riusciva a farmi stare male. Ottimo lavoro, Athariel.

Presi posto davanti a lui, stringendomi nervosamente le maniche della felpa.

«Ci è arrivata una richiesta di aiuto. È da parte di un giovane midvam che avvisa di una possibile minaccia del Mondo Nascosto. Una nuova erede al trono di Incubia è apparsa e minaccia la stabilità dei quattro regni e della nostra alleanza con essi. Manderemo te, Paul e Viola a raccogliere informazioni. Quando gli altri due torneranno dalla loro missione vi illustrerò meglio il piano»

Sorrisi. «Con i tuoi disegnini?»
Il volto di Gregorio si illuminò di gioia. Era buffo. «Ovvio! Che spiegazione sarebbe, senza?»

Ridacchiammo.
Athariel rimase lì, immobile, a fissare Gregorio con quella che credetti fosse gelosia. Ma perché essere geloso del mago?
Se voleva che io ridessi con lui doveva semplicemente trattarmi meglio.

«Ora puoi andare, cara. Girano voci che Drake abbia preparato dei muffin. Prima che vengano mangiati tutti ti conviene sbrigarti» disse sorridendo. Le rughe sul bordo degli occhi lo facevano apparire più simpatico.

Mi dava l'impressione di essere un nonnino simpatico con tanti nipotini.
Pensate che per Natale si era messo un costume da Babbo Natale e aveva fatto felici tutti i bambini del campo portando loro dei regali esotici presi dal Mondo Nascosto. Fred si era vestito da elfo e lo aveva accompagnato.

Athariel invece si era rifiutato di mettersi un vestitino verde con delle orecchie a punta, come di suo solito doveva fare il burbero della situazione.
Mi alzai dalla sedia e andai a passo spedito verso l'uscita ma venni fermata da Athariel.
Cosa voleva ancora quello stupido cavaliere?

«Noi due dobbiamo parlare» disse scocciato, togliendosi l'elmo. Poi rivolse uno sguardo a Gregorio come a dire "sei contento ora?"
Rimasi ferma in ascolto, appoggiandomi allo stipite della porta.
«Volevo dirti che...» Athariel esitò. Non mi stava guardando nemmeno in faccia. «Questa sera non ci andrò piano con te. Mi hai risposto male e non tollero atteggiamenti d'insubordinazione. Non ritiro nemmeno quel che ho detto perché ogni cosa che è uscita dalla mia bocca la penso veramente. Quindi preparati, stasera dovrai faticare il triplo del solito»

Gregorio, in fondo, si mise una mano in fronte, deluso dall'amico. Avevano avuto una lunga discussione apposta e lui ancora non aveva capito che ero solo una ragazzina che non meritava di essere trattata così severamente.

Feci di tutto per cacciare indietro le lacrime. «Perché sei così cattivo con me? Io non ti ho fatto nulla...»

Athariel indietreggiò, colpevole. Rivolse un'occhiata disperata a Gregorio che lo incitò ad andare avanti. Gli fece persino segno di abbracciarmi, ma era impossibile che lo facesse.
Da quel che sapevo Athariel non aveva mai abbracciato nessuno dei suoi allievi e non credo che avesse intenzione di farlo, specialmente con me.

Quando tornò a guardarmi il suo sguardo era più duro e minaccioso. Indietreggiai facendomi piccola piccola.

«Io non sono affatto cattivo con te. Ti tratto come meglio credo e ti ordino di smetterla di lamentarti. Fallo ancora e ti farò faticare il quadruplo stasera!»

Gregorio si lasciò scappare un lamento esasperato. Il guerriero non aveva proprio capito nulla.

Sentii le lacrime lottare per uscire, ma le ricacciai indietro. «Io...» un nodo in gola mi rendeva difficile parlare. «Ti odio!»

Presa da uno scatto d'ira afferrai la porta e la sbattei forte. Me ne andai dalla Domus di fretta, senza mai voltarmi indietro.
Odiavo Athariel, non vedevo l'ora di potermi liberare di lui.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

«Athariel...» lo rimproverò Gregorio massaggiandosi le tempie. «Ma perché è così difficile per te essere buono con lei?»

L'uomo si strinse nella sua armatura, guardando in basso. «Non ci riesco. Ogni volta che la guardo mi ricordo del mio più grande fallimento»

Gregorio sospirò e si alzò per dare una pacca di consolazione all'amico. «Giulia non è come lei e lo sai. Ti è stata data un'altra opportunità, non permettere che i tuoi demoni del passato la rovinino»

Lo sguardo del guerriero vagò per lo studio illuminato da una lampada stretta e lunga posta sul pavimento vicino alla porta.

«Come fai a farlo?» chiese sedendosi su una delle sedie dello studio.
Gregorio sembrò confuso. «A fare cosa?»
«A piacerle così tanto. Con te ride sempre»

Il mago sbuffò. «Te l'ho già detto, spero che questa volta tu capisca. È così perché la tratto con gentilezza e mi associa a una figura paterna, o forse più ad un nonno simpatico»

«Sai bene che non so essere simpatico» borbottò Athariel.

«Ma puoi essere gentile. Provaci, e questa volta per davvero»

Il guerriero si alzò in piedi, rigirandosi l'elmo tra le mani con espressione incerta. «Ci proverò domani»

«No. Ora»

Athariel lo guardò come se fosse ammattito. «Ora?!»
«Sì, ora. Vai a consolarla, razza di cavaliere burbero che non sei altro! È una ragazzina, non un mostro, ficcatelo in testa» sbottò. Persino quando si arrabbiava pareva simpatico e ispirava fiducia e rispetto.

Athariel abbassò la testa, sconfitto. «Come vuoi...» E andò a cercarmi.

Mi trovò nascosta dietro una grossa radice della Grande Quercia. Ricordo che in quel momento stavo giocherellando con un bastoncino trovato lì. Assomigliava vagamente a una pistola e mi stavo immaginando di sparare a degli zombie, proprio come facevano i bambini piccoli.

Non giudicatemi, avevo tredici anni e poi conosco anche dei ventenni che tutt'ora fanno queste cose. Anzi, persino voi forse lo fate!

Mi immaginai che tra questi ci fosse Athariel. Gli puntai la finta pistola contro.

"Non ho mai avuto un'allieva più incapace di te! Sei un fallimento!"

Continuai a puntarlo. Mi umettai le labbra prendendo la mira e... BAM! Centrato in pieno.

«Che cosa stai facendo?»

La voce di Athariel mi fece saltare dalla paura. Mi sfuggì persino un gridolino.
Mi voltai verso il guerriero, la luce delle torce illuminava la sua lucente armatura dorata.

«N-nulla» gettai il legnetto per terra e feci di tutto per non incontrare il suo solito sguardo di disapprovazione.

Lo sentii sospirare e tentare di avvicinarsi. Del vento soffiò tra di noi, scuotendo le foglie della quercia e mettendo a dura prova le fiamme delle torce. Cosa voleva fare? Non mi aveva già sgridata abbastanza?

Si avvicinò ancora, finché non vidi la sua armatura a pochi centimetri dalla mia faccia. Alzai lo sguardo. I suoi occhi d'oro mi fissavano tristi.

Mi sentii improvvisamente in colpa per aver desiderato che morisse. Era umano, proprio come me, e aveva sofferto così tanto che il suo cuore era diventato più duro della pietra. Ma perché, tra tutti, doveva sgridare pesantemente solo me? Non riuscivo a comprenderlo.

Athariel era un mistero. Un guerriero millenario burbero e severo che cercava di allenare una povera ragazzina che non era tagliata per fare la prescelta e non aveva la minima intenzione di morire per mano di una decina di ragazzi indemoniati.

Alzò la mano.
Chiusi gli occhi abbassando la testa, pensando che volesse colpirmi, ma non ricevetti alcuna botta.

La mano mi si posò sulla testa.

Non mi accarezzò, non fece nient'altro. Era solo una mano sulla mia testa, tutto qui. «Mi dispiace» disse, poi tolse la mano.
Quando alzai il mio sguardo lui era già scomparso.

Pensava davvero che un paio di parole potessero farmi cambiare idea su di lui?

Ero troppo arrabbiata per perdonarlo e non avevo la minima intenzione di abbandonare il mio desiderio di farlo scomparire.

Quanto ero stupida... Se avessi potuto sapere la verità, non avrei mai pensato quelle cattiverie su di lui.

Dopo lo strano avvenimento la mia pancia brontolò, ricordandomi dei muffin di Drake.
Così corsi alla mensa, pregando che ne fossero rimasti un po'.

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