I Grandi 7

By GiulSma

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•Secondo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «Giulia, lui ti vuole morta» sibilò Shirley... More

Prologo
1|Chiamata improvvisa
2|Una vecchia conoscenza
3|Mistero
4|Drake e i suoi problemi di cuore
5|Chiacchierata con Athariel
6|Ametron e Tenebris
7|Una nuova compagna
8|La mia compagna di banco è odiosa
9|Pallottola nel petto o nella fronte?
10|Un lontano passato felice
11|I poteri del guardiano dell'Albero Dorato
12|È ufficiale: odio le caramelle viola
13|Cena con gli Slave
14|Racconto intorno al falò
15|Tre ragazzi e un vampiro
16|Una missione per la strega e il midvam
17|Richiesta di aiuto
19|Poteri vampireschi
20|Mi alleno con Marta
21|Il giorno in cui la persi...
22|Lacrime nel bosco
23|Federico Flores
24|Torneo
25|Isabelle e la boccetta di sangue
26|Salve... madre
27|Anche Shirley ha un cuore
28|Supercattiva
29|In mezzo alla neve
30|Coppia improbabile
31|Primo giorno da guardia del corpo
32|L'altra sponda
33|Noi... siamo ancora amici?
34|Battle of the Bands
35|Diamine, Isabelle!
36|Sangue, vampiri e castelli
37|Che ci fa lei qui?!
38|Dolci scuse
39|Mr. Slave
40|Stasera farai il cameriere
41|Incoronazione
42|Drake... russa
43|Guerra al Consiglio
44|Un po' di calma... forse
45|Guerra al Campo
46|I Grandi 7
Epilogo
⚜️Curiosità sul Mondo Nascosto⚜️
Ringraziamenti

18|Ti odio più di quanto odi me stessa

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By GiulSma

«Non hai fame, figlia mia?»

Shirley scosse la testa senza incontrare lo sguardo di suo padre.
L'uomo era finalmente uscito dal suo studio dopo che aveva saputo dell'incidente dei due ragazzi.
Per quanto fosse un padre orribile era sempre un padre e si era spaventato a morte per la sua povera piccola Shirley.

Non voleva che la sua più grande creazione fosse danneggiata.
Ma sì, cosa andavate a pensare? Che le volesse genuinamente bene come un padre normale? Ma va!
Stiamo parlando di Mister Slave, di colui che ha rapito e imprigionato centinaia di ragazzini e ha trasformato sua figlia in un mostro.

«Mangia qualcosa, ti sentirai meglio»
«Non me la sento ora, mi spiace»

Dopo aver rivelato a Lidia cosa aveva visto nel suo sogno, la strega le aveva raccontato delle sostanze che suo padre le somministrava quotidianamente per impedirle di ricordare e così aveva deciso di digiunare finché non si sarebbe ricordata almeno l'indirizzo della sua vecchia casa.

Il piano era di riuscire a ricordarselo, scriversi tutto in una lettera che solo lei avrebbe potuto leggere e ritornare a fare il gioco di suo padre.

Appena ne avrebbe avuto l'occasione se ne sarebbe andata immediatamente da lì.
Iniziava ad essere soffocata dall'aria che respirava insieme a suo padre. In parole povere si era stancata di lui e dei suoi modi di fare e finalmente aveva intenzione di reagire.

Lidia e Nicholas non l'avrebbero ostacolata di certo. Entrambi avrebbero compreso i suoi motivi e le avrebbero lasciato fare quel che voleva ma suo padre... lui le avrebbe dato la caccia in tutti i modi possibili se se ne fosse andata.

Quello rimaneva infatti la più grande falla del suo piano di fuga ma avrebbe presto trovato una soluzione.

«Hai ancora dolori intercostali? Ti posso somministrare un antidolorifico se vuoi»
«No no, va bene così»
«Come preferisci»

Suo padre sprofondò nella sua sedia con un sonoro sbuffo rassegnato.
Da quando l'aveva punita lei non gli parlava più come un tempo.
E ci credo! Aveva tutti i diritti e i motivi per farlo!
Ma questo Mr. Slave non riusciva proprio a capirlo.

Shirley si alzò da tavola senza avere toccato nulla e se ne andò nella sua stanza sotto gli occhi stupiti di suo padre, Lidia e Nicholas.

Quest'ultimo decise di abbandonare la sua adorata gelatina alla fragola ormai a metà per andare a controllare che fosse tutto a posto.

Ma non lo era, non lo sarebbe mai stato finché la piccola strega sarebbe rimasta dentro le quattro mura di casa Slave.

«Posso entrare?» chiese Nicholas bussando alla porta con un dito.
«Fa' come vuoi» rispose la ragazza sistemandosi la camicia bianca allo specchio.

Fece spallucce ed entrò chiudendo la porta dietro di sé. Non era raro vedere di malumore la sua ragazza e ormai aveva imparato qualche trucchetto per rallegrarla almeno quanto bastava per farla uscire dalla sua stanza.

La cinse per la vita e appoggiò il mento sulla sua spalla sorridendo spigliato. «Cosa posso fare per lei, mia regina

La ragazza sussultò e si allontanò immediatamente da Nicholas.
Essere chiamata così le faceva riemergere il senso di colpa per aver ucciso Drake, l'unica persona che l'aveva amata per davvero senza secondi fini.

Era un amore giovane, quasi ridicolo, ma era pur sempre qualcosa e sapere che lei stessa lo aveva distrutto la faceva stare male.
Dopo tutto quel che lui aveva fatto per farla stare bene e sentire amata, per migliorarla, lei lo aveva tradito in quel modo e si sentiva uno schifo.

Ecco perché odiava pensare a lui ed essere chiamata "regina". Quella ferita era ancora aperta e in quel momento stava sanguinando facendola stare peggio di quanto non lo fosse già.

«Che succede?» le chiese abbassando lo sguardo, ferito.
«Nulla. Voglio stare sola» rispose apatica.

Nicholas provò ad accarezzarla ma la sua mano venne afferrata dalla ragazza che gliela strinse nella speranza di fargli male ma non ebbe alcuna sua reazione, nemmeno una smorfia.

«Ho detto che voglio stare sola. Sei sordo per caso?»
Il ragazzo si fece improvvisamente serio. «Non mi vuoi più? Fino a qualche giorno fa ti confidavi e tutto e ora non mi degni più nemmeno di uno sguardo. Ma cosa è successo tra noi?»

«Nulla, Nick. Non è successo nulla perché non c'è mai stato nulla. Lo sai anche tu» Si mise le mani tra i capelli. «Oddio quanto mi sento infantile. Questo discorso, questa situazione, tutto quanto è assurdamente infantile»

«A me non lo sembra. Dimmi perché credi che non ci sia mai stato nulla»

«Perché ti ho usato, Nicholas, come ho usato Drake, Bryn, Oliver e tante altre persone in passato. Non faccio altro che sfruttare gli altri e ferirli»

«Ma non mi hai ferito»

«Non è questo il punto!» Passeggiò per la stanza mordicchiandosi le unghie. Poi smise e continuò: «Ti ho usato per avere un po' di consolazione. Ho perso l'unica persona che mi amava veramente nonostante sapesse com'ero fatta e per colmare questo vuoto ho cercato te, ma ho sbagliato. Tu non sei Drake, tu non sei quello che mi serve e ti ho illuso di essere innamorata...» Si fermò di fronte allo specchio e vide la sua immagine riflessa. «E ora mi odierai per questo. Perché sono una maledetta manipolatrice e... e mi odio

Chiuse la mano destra in un pugno e lo scagliò contro il vetro che si infranse frammentando la sua immagine in cento parti.

Allontanò il pugno sanguinante da lì e non ebbe il coraggio di voltarsi verso il ragazzo che la stava ascoltando.

«Ora che conosci la verità... puoi anche andartene e lasciarmi sola come hanno fatto tutti quelli che credevo miei amici»

Si aspettò di sentire la porta aprirsi e richiudersi con un tonfo, invece venne avvolta dalle braccia allenate del ragazzo.
Riusciva a sentire il suo respiro caldo che sapeva di gelatina alla fragola e le scappò un sorriso rincuorato.

«Ormai mi conosci, non faccio mai quello che mi si dice» La ruotò lentamente in modo che lo guardasse negli occhi. «Shirley... smettila di odiarti. Ognuno di noi ha delle imperfezioni fisiche o morali ma è proprio questo a renderci unici. Tu sei Shirley Slave, e che tu lo voglia o meno questa è la tua vita e se vuoi cambiarla rimboccati le maniche e fallo, ma non ti lascerò pensare nemmeno per un istante che dovrai cavartela da sola» Le sistemò una ciocca di capelli che era sfuggita alla sua coda alta perfettamente stretta. «Io sarò sempre al tuo fianco, nella buona e nella cattiva sorte, come tuo ragazzo e migliore amico. Non ti abbandonerò mai... mai»

Shirley sorrise sentendo le lacrime scenderle lungo le guance. Non era riuscita a trattenerle, ma non si vergognava di mostrare le sue emozioni di fronte al ragazzo.

Tum. Tum. Tum.

Se le asciugò con la manica e provò a ricomporsi velocemente. Aveva sentito dal corridoio i passi decisi e frettolosi di suo padre che presto avrebbe varcato la soglia della sua stanza.

La maniglia circolare girò e si aprì con uno scatto rivelando la figura snella e slanciata di Mr. Slave.
Una ciocca era sfuggita alla sua acconciatura perfetta mentre si era precipitato dalla figlia dopo aver sentito il rumore dello specchio infranto.

La prima cosa che vide non furono le lacrime della figlia, non fu lo specchio rotto e nemmeno lo sguardo spaventato di Nicholas ma solo il pugno ferito.
Provò subito un'istintiva necessità di ripararglielo al più presto e andò da lei camminando a grandi falcate.

Sembrava un cobra pronto a mangiare il povero topolino di campagna che di dimenava nella sua coda, ma i suoi intenti erano completamente opposti.

Le afferrò la mano stringendola in modo che potesse far uscire le schegge di vetro più piccole e sentì sua figlia gemere e provare a ritrarla senza successo.

«Perché lo hai fatto?» le chiese stringendo sempre di più la presa. «Perché stai deturpando il tuo corpo di tua spontanea volontà? Non hai idea di cosa io abbia dovuto sacrificare per renderti così, una creatura quasi perfetta, e non ho di certo intenzione che tu rovini tutto»

«E che ti importa di me!» gli ringhiò contro la ragazzina. «Smettila di fare il finto premuroso, mi fai solo schifo quando fai così. Fingi di fare il padre e di volermi bene quando invece mi guardi come se fossi una creatura ripugnante. Io non ricordo nemmeno una volta, nemmeno una, che tu ti sei comportato da vero papà...» Non riuscì più a trattenersi e lo spinse indietro liberando la sua mano. «Ti odio. Ti odio più di quanto odi me stessa! Ti odio per quel che mi hai fatto e per quello che stai continuando a fare! Ti odio per tutte le vite che hai distrutto, compresa la mia! E ti odio perché... perché non sei l'uomo che pensavo che fossi... non sei il mio papà... non sei nessuno per me... non più»

L'espressione di Slave era un misto fra lo stupore e la furia di un uomo che si sentiva tradito dalla sua stessa figlia.

Senza riflettere alzò la mano sinistra, che un tempo conteneva la fede matrimoniale, e gliela mollò dritta in faccia a Shirley facendola cadere a terra per la potenza del colpo.

Pazzo di rabbia si voltò verso Nicholas che indietreggiò impaurito abbassando lo sguardo come un cagnolino ubbidiente.

«E così che mi ringrazi dopo tutti i sacrifici che ho fatto per te? Ingrata

Le diede un calcio in pancia provocandole uno spasmo di dolore e infine rimase immobile a fissarla tremare sul pavimento.

«Dato che ti diverte fare la ribelle proibirò che ti vengano concesse cure per la tua mano e non pensare che sia tutto qui. Verrai rinchiusa nella tua camera per tre giorni. Ti verrà dato solo un pasto al giorno e due bottiglie d'acqua» Guardò torvo Nicholas e si avvicinò al vampiro che lentamente indietreggiò impaurito. «E tu non osare parlarle durante la sua punizione, men che meno portarle del cibo. Mi sono spiegato bene?»

Il ragazzo abbassò lo sguardo. «Sì, Mr. Slave»

«Bene. Ora esci da questa stanza»
«Ma»
«ESCI!»

Se ne andò con la coda tra le gambe dopo aver rivolto uno sguardo dispiaciuto alla povera Shirley che se ne stava rannicchiata per terra ad agonizzare in silenzio.

Avrebbe voluto rimanere con lei fino alla fine ma quell'uomo, per quanto fosse un mortale, lo terrorizzava.

Slave rimase nella stanza ad osservare disgustato sua figlia tremare e piangere per terra.
"Non ricordo di aver cresciuto una debole e sciocca frignona" pensò serrando la mascella.

«Spero che questo periodo di reclusione ti aiuti a riflettere e a tornare sulla retta via. Niente più ribellioni o la prossima volta non mi limiterò a questo»

Detto ciò uscì dalla stanza sbattendo forte la porta e con un click si bloccò rendendole impossibile uscire da lì.

E se pensate che se ne sarebbe potuta andare sgattaiolando fuori dalla finestra o con un portale... vi sbagliate.
Essendo a un piano superiore il salto dalla finestra sarebbe stato di cinque metri e, per quanto riguardava la magia, lei non riusciva a fare portali che la portassero molto lontana così in un modo o nell'altro sarebbe stata catturata e avrebbe solo irritato ulteriormente suo padre.

La povera Shirley si rialzò da terra e andò nel bagno attaccato alla sua camera dando di stomaco una volta arrivata.
Il colpo che le aveva inflitto quell'uomo che si rifiutava ormai di chiamare "padre" era stato così forte e carico d'ira che l'aveva distrutta in tutti i sensi.

Si rialzò lentamente e si sciacquò la faccia cercando il più possibile di non guardarsi allo specchio.
Non voleva vedere come si era ridotta.
Non voleva vedere cosa era diventata.

Si tamponò l'asciugamano sul viso arrossato dal pianto. La morbidezza di quell'oggetto fu l'unica sua consolazione, poi lo afferrò, se lo avvolse attorno alla testa e urlò a pieni polmoni.
Da esso non uscì alcun suono.

Avrebbe voluto morire così, soffocata, per vendicarsi di suo padre.
Voleva che soffrisse, che si rendesse conto dell'enorme errore che aveva fatto, ma i suoi pensieri corsero subito a Nicholas.

Per quanto fosse arrabbiata con Slave non poteva lasciare solo quel povero ragazzo.
Non aveva nessuno a parte lei.
Orfano, senza amici, senza casa, senza futuro.
Questo era Nicholas Casanova e avrei tanto voluto capirlo prima di considerarlo il citrullo più idiota del mondo, tuttavia si era meritato questo soprannome per i suoi modi -appunto- da citrullo e ormai gli sarebbe rimasto attaccato per sempre.

L'asciugamano le scivolò tra le mani cadendo per terra con un morbido tonfo.
Non sarebbe morta, non quel giorno.

Barcollò verso il suo letto con sguardo cupo e spento e ci si buttò sopra sperando di trovare conforto nell'abbracciare un cuscino.

Fu una magra consolazione stringere quel morbido oggetto inanimato ma riuscì comunque a farla addormentare.

Shirley, a volte il sonno può portare consiglio, spero che tu abbia trovato nei tuoi sogni, o meglio, nei tuoi ricordi perduti, almeno un briciolo della tua gioia perduta.
Non perdere la speranza, riuscirai presto a tornare a casa...

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