IGNI

By Valeroot

628K 28.8K 44.6K

[In riscrittura] Qual è il vostro posto nel mondo? Cassie non ne ha uno. Viene costantemente sballottata da u... More

Prima di iniziare
AVVISO
Prologo
1 - La festa (I)
2 - La festa (II)
3 - Comitato di accoglienza
4- La Churchill Accademy (I)
5 - La Churchill Accademy (II)
6 - Incontri (I)
7 - Incontri (II)
8 - Il medaglione
9 - Wenham Lake
10 - Sette shots in paradiso (I)
11 - Sette shots in paradiso (II)
12 - Leggende
13 - Questione di prospettiva
14 - L'invito
15 - I Parker
16 - In maschera (I)
17 - In maschera (II)
18 - Il Sole
19 - Il preside Evans
20 - Sogni
21 - Blackout
22 - Virgilio
23 - Stevow
24 - Ricerche
25 - I Case
26 - Pessime similitudini
27 - Trick or Treat (I)
28- Trick or Treat (II)
29 - Inferno e Paradiso
31 - Collaborazione
32 - I medaglioni
33 - La calma prima della tempesta
34 - La partita
35 - Rivelazioni (I)
36 - Rivelazioni (II)
37 - Cassie (I)
38 - Cassie (II)
39 - Il piano
40 - L'effrazione (I)
41 - L'effrazione (II)
42 - L'effrazione (III)
43 - Fratellanza (I)
44 - Fratellanza (II)
45 - Robin Hill Road
46 - Wenham Lake (I)
47 - Wenham Lake (II)
Ringraziamenti e avvisi
Alex
Sequel
Extra - Alex
Avviso 🖤

30 - I mille volti

7.6K 455 1.1K
By Valeroot


«Dai, Cassie, facciamo solo un tentativo. Prova a fare un salto all'indietro.»

Alice era di fronte a me con le mani unite e gli occhi supplicanti.

Le cheerleader avevano intensificato gli allenamenti in vista dell'imminente partita contro i Lupi di Beverly e, per me, ciò significava una considerevole riduzione delle ore di matematica, e un incessante aumento dei lividi sulle mie gambe.

Sì, perché Alice, mi aveva scambiata per una sottospecie di Barbie ginnasta e cercava in tutti i modi di insegnarmi le coreografie più complesse, per mettermi alla pari con il resto del gruppo.

«Sai già che finirò per terra» mi lagnai a denti stretti, posizionandomi mio malgrado sul tappetino elastico.

Lei batté le mani entusiasta, saltellando nel suo completino blu e argento. «Ti tengo io, promesso.»

Ah beh, sono apposto allora.

Feci pressione sulle punte dei piedi, cercando di darmi lo slancio necessario per fare un'intera giravolta. Le braccia di Alice posizionate sotto la mia schiena però non bastarono a evitare i numerosi incontri che le mie ginocchia fecero con il pavimento.

«Ko tecnico» dichiarai dopo l'ennesimo volo contro la plastica morbida.

Rimasi sdraiata a occhi chiusi, inspirando lentamente per regolarizzare il mio battito e massaggiandomi le spalle tese. Iniziavo a rimpiangere le care e vecchie scuole pubbliche, dove il massimo sforzo richiesto era partecipare all'annuale corsa campestre.

Sentii il soffice materassino piegarsi sotto di me, segno che anche Alice aveva ormai desistito.

«Così, si sta decisamente meglio» assentì, sdraiandosi a stella.

Ridacchiai, tornando a chiudere gli occhi. «Passa al lato oscuro. Il divano batte lo sport.»

Lei si unì alla risata, ma c'era qualcosa di strano nei suoi modi. Sembrava ingessata, la sua risata forzata, quasi come se quelle azioni schermassero i suoi veri pensieri.

«Posso farti una domanda?» chiese dopo qualche istante di silenzio.

Io mi voltai sul fianco, a dimostrazione che la stavo a sentire. Aveva l'aria combattuta, come se si sentisse a disagio per qualcosa, e continuava a far scorrere ritmicamente l'anellino che portava sulla mano sinistra. 

«Certo» la invitai a continuare.

«Credo di aver bisogno di un consiglio» dichiarò con poca convinzione.

Sotto un certo punto di vista, sembrava già pentita ancora prima di aver parlato, perché continuava a sistemarsi nervosamente i capelli, senza guardarmi.

Alzai un sopracciglio. Ero disastrosa nel dare consigli. Faceva tutto parte del pacchetto "ho forti carenze relazionali, grazie allo stile di vita di James" ovviamente. Eppure, le feci un sorriso incoraggiante. «Spara.»

Lei si mise a gambe incrociate, raddrizzando la schiena e assumendo un cipiglio professionale. «Mettiamo, per ipotesi, che tra due amici sia successo qualcosa, un po' di tempo fa, ma solo perché erano entrambi molto, molto, ubriachi e poi non ne abbiano più parlato. Tu cosa faresti? Continueresti a fare finta di nulla?»

Io spalancai la bocca, fissandola incredula. Mi servì qualche istante per capire che Alice probabilmente stava parlando di Dean, e non si stava riferendo a ciò che era successo tra me e Alex.

«Credo... credo che dipenda dalla situazione» balbettai incerta.

Lei sollevò un sopracciglio, evidentemente insoddisfatta della mia spiegazione.

Feci un lungo sospiro, cercando di riordinare le idee. «Intendo dire, dipende da quanto tempo è passato e da quello che queste due persone potrebbero volere.» Era davvero complicato parlare in linea generale, senza far riferimento alla loro situazione specifica. E soprattutto, era davvero difficile tenere me e il mio rapporto con Alex fuori da quel discorso.

Lei sbuffò irrequieta. «Ma lei non sa cosa possa volere lui» cantilenò, sottolineando l'ovvietà del problema.

Mi servì una buona dose di autocontrollo per non alzare gli occhi al cielo. «Ma tu sai che Dean è cotto di te» replicai. Era inutile girarci intorno.

Lei si coprì il volto con un braccio, iniziando a emettere una serie di suoni senza senso. «Stavamo parlando per ipotesi, Cassie» mi riprese, lamentandosi.

«Sì, certo, e io sono la Regina d'Inghilterra.»

Alice mugugnò ancora qualche parola incomprensibile sotto gli strati di braccia e di mani.

«Senti» iniziai, cercando di spostarle le dita dal volto, «sai come la penso in fatto di relazioni, quindi faccio schifo a dare consigli. Ma non puoi pretendere che le cose cambino, se tu per prima non fai in modo che ciò accada» continuai cercando di tirare le somme di quel discorso. «Poi, se sei contenta di questa situazione, okay, non fare altro. Ma io ho visto la tua faccia quando Dean ti ha lanciato la fascia da capitano.»

Le mie ultime parole furono coperte da una serie di imprecazioni da parte di Alice, la quale iniziò a lanciarmi addosso tutto ciò che trovava attorno. In poco tempo, fui sommersa da una quantità indicibile di pompon, elastici e nastri.

Approfittò della mia confusione per alzarsi di scatto. «Adesso, per punizione, riporti tutto tu in magazzino» mi ordinò, quando riuscii a riaffiorare da quella montagna di tessuti luccicanti.

«Fammi capire» replicai sconvolta, «io ti offro i miei consigli e tu mi punisci?» Non potevo credere alle mie orecchie.

Lei annuì con foga, prima di dirigersi verso le altre ragazze che stavano terminando di provare la coreografia.

Sbuffai sonoramente. Alice era un tornado. Riusciva a essere la ragazza più dolce e stressante del mondo allo stesso tempo.

Riposi tutta la strumentazione all'interno del traballante cesto di plastica che utilizzavamo come deposito e mi avviai in direzione del corridoio.

Fortunatamente, il resto delle ragazze stava ancora finendo gli esercizi e lo spogliatoio era insolitamente tranquillo. Mi infilai nel piccolo magazzino che avevamo ormai monopolizzato per la gioia del Coach Russell, e provai a inserire la scatola sull'unico ripiano disponibile, ma neppure mettendomi sulle punte ero in grado di arrivare in cima.

Sbuffai e mi guardai attorno, cercando qualche appiglio che mi potesse aiutare. Presi uno sgabello e mi arrampicai.

E proprio mentre ero lì, con i muscoli tesi nel tentativo di allungarmi verso l'ultimo ripiano, sentii la porta degli spogliatoi sbattere. Pochi passi, accompagnati dal solito chiacchiericcio di fine allenamento.

«Io dico, ma avete visto i suoi capelli? Si pettinerà ogni tanto?»

Una voce che non riconobbi si impose sopra le altre. Nel frattempo, io stavo cercando di spostare la moltitudine di palle da calcio che occupava il penultimo ripiano.

«Dio, è così insopportabile. Guardatemi sono la povera nuova arrivata senza amici. Ma ti prego, quella è una brava manipolatrice, te lo dico io.»

Il respiro mi si mozzò in gola nel sentire quelle parole. Il braccio ancora teso nel tentativo di crearmi un varco tra gli attrezzi sportivi.

Una povera nuova arrivata senza amici? No, il mio cervello si rifiutava di concretizzare ciò che il mio subconscio aveva ipotizzato.

Una risatina acuta mi fece rabbrividire. «Sì, poverina. Casualmente sta sempre appiccicata ad Alex e agli Evans. Povere sceme noi, semmai.»

«Non sapete che incubo dover sopportare lei e Alice, solo per avere una scusa per stare con Caleb. Mi faranno santa» commentò un'altra voce.

Questa però, l'avrei riconosciuta tra mille. Stridula e tremula. Esattamente come quella di Jessica.

Il sangue mi ribolliva nelle vene. Con un colpo secco spinsi la scatola sul ripiano e saltai giù dallo sgabello. Dovevo aver fatto parecchio rumore, ma le ragazze sembravano così prese dai loro discorsi, da non essersi rese conto di nulla.

«Cielo, Alice si crede la principessa di questa scuola. Solo perché è una Evans non significa che...»

Non lasciai neppure che terminassero la frase, e aprii la porta del magazzino con uno scatto.

Tre paia di occhi mi guardavano increduli, quasi come se fossi una spiacevole allucinazione.

Jessica, Rachel del comitato studentesco e una terza ragazza che non conoscevo, Abigail forse, mi fissavano con occhi sgranati.

«La prossima volta che volete insultare qualcuno, assicuratevi che il diretto interessato non sia nella stanza, prima di parlare.» Spinsi le sillabe tra i denti con lentezza, facendo passare i miei occhi su tutte e tre. Nessuna di loro però sembrava intenzionata a controbattere.

Presi velocemente il mio zaino dall'armadietto e uscii sbattendo la porta dello spogliatoio.

Questo era esattamente quello che odiavo ogni volta che mi iscrivevo in una nuova scuola. Persone che fingevano di essere gentili, e poi si rivelavano false come i saldi di fine stagione.

Non ero sicura di voler riferire ad Alice quello che avevo sentito in quella stanza. Certo, non volevo neppure che fosse circondata da tutta quella cattiveria, ma era troppo buona, e sicuramente ci sarebbe rimasta male.

Girovagai senza meta per un po'. Non avevo voglia di tornare a lezione, soprattutto perché, avendo due ore di francese, mi sarebbe risultato impossibile evitare Jessica.

Senza che mi accorgessi, i piedi mi avevano portato di fronte all'imponente biblioteca della Churchill Accademy.

Mi guardai attorno con circospezione, ma gli esami erano lontani, e i pochi studenti presenti erano concentrati in dibattiti e lavori di gruppo. Meglio così, non avevo proprio voglia di stare in mezzo alla gente.

Sgattaiolai in una delle numerose sale e feci scorrere l'indice su alcuni libri, mentre decidevo sul da farsi. Mi sentivo sempre eccessivamente in colpa, quando decidevo di saltare una lezione.

Proprio mentre ero sul punto di fare la cosa giusta e ritornare in direzione delle aule, un titolo catturò la mia attenzione. Madame Bovary.

Presi il volume e superai a grandi passi la sezione di letteratura inglese.

Due rampe di scale, terza porta a destra.

Pochi minuti dopo, mi stavo cautamente infilando nella stanza che Alex mi aveva mostrato qualche giorno prima. Come previsto, era completamente vuota. I cuscini erano ordinatamente impilati alla destra di una grossa libreria che pullulava di copertine colorate.

Ne presi uno e lanciai uno sguardo di sfida alla figura del re leone che sembrava giudicarmi dalla parete. Scalciai le scarpe, e rotolai a pancia in giù, sfogliando le pagine fino al capitolo sei.

Quello che volevo in quel momento, era semplicemente stare un po' per conto mio. Era infantile voler evitare tutti fino al termine delle lezioni? Forse. Ma se fossi rimasta in quella stanza nessuno mi avrebbe scoperta e nessuno mi avrebbe giudicata per quello.

«Mi hai rubato il rifugio, Reed?»

Alex mi stava osservando con il capo chino e un'espressione divertita.

Aveva una larga maglietta da basket e una fascia nera sull'avambraccio, segno che anche lui doveva aver appena terminato le ore di ginnastica. Il rossore sulle sue guance, probabilmente a causa dell'attività fisica, gli dava un'aria più rilassata rispetto al suo solito cipiglio serio.

Alzai un po' il volto per guardarlo meglio. Non avevo sentito una singola parola di ciò che aveva appena detto. I miei occhi continuavano a scrutare i lineamenti del suo volto, forse semplicemente perché volevo assicurarmi che non fosse più arrabbiato dopo il nostro ultimo incontro.

La sua espressione improvvisamente contrita mi fece tornare alla realtà. «Tutto bene?» chiese corrugando la fronte e facendo qualche passo nella mia direzione.

Realizzai solo in quel momento che ero rimasta a fissarlo senza rispondere.

Arrossii involontariamente e mi spostai un poco, per fargli spazio. «Certo, tutto bene» confermai abbassando gli occhi e giocherellando con le frange del cuscino, «non avevo voglia di seguire francese» continuai con un'alzata di spalle. Non sapevo neppure io perché avessi sentito il bisogno di giustificarmi.

Alex si accomodò accanto a me. «Ma tu non salti mai le lezioni.»

Non sapevo cosa rispondere a quell'affermazione. Continuava a fissarmi così intensamente da non permettermi di restituire lo sguardo. Non capivo neppure io perché mi sentissi improvvisamente così a disagio, così insicura.

Lui però non sembrava voler accettare di buon grado il mio silenzio. Mise il pollice sotto al mio mento e mi costrinse ad alzare il viso.

«Reed, tutto bene?» Sembrava...amareggiato.

Io continuavo a non riuscire a sostenere il suo sguardo indagatore. «Certo, ero solo un po' stanca. Alice mi sta facendo impazzire con le cheerleader» spiegai indicando il mio abbigliamento e abbozzando un gran sorriso a scanso di equivoci.

Lui si passò una mano sul viso. «Senti, Reed...»

Non so cosa scattò in me in quel momento. Forse fu il suo tono desolato, ma improvvisamente sentivo di non voler ascoltare ciò che aveva da dire. «...E poi la professoressa Immerstarr mi ha dato un compito infinito su un argomento assurdo, mi pare si chiami Sehnsucht» continuai a farfugliare.

«Reed...»

«... cioè rendiamoci conto, non riesco neanche a pronunciarlo. Sehnsu...»

«Cassie, mi dispiace, okay?» sbottò.

Mi bloccai di colpo. Probabilmente, quelle erano le ultime parole che mi sarei aspettata di sentire in quel momento.

Rimasi a guardarlo imbambolata con la bocca socchiusa.

«Sì, davvero, mi dispiace.» Fece un sorrisino, forse a causa della mia reazione o forse perché neanche lui riusciva a credere alle sue parole. Scosse il capo, guardando un punto indefinito alle mie spalle. «Mi sono comportato da stronzo, l'altro giorno negli spogliatoi.»

Io sbattei le palpebre un paio di volte. «Non...non serve, davvero» incespicai nelle mie stesse parole, «non dobbiamo parlarne per forza.»

Mi stavo comportando da codarda, lo sapevo, ma non avevo intenzione di starlo a sentire. Non dopo il modo con il quale mi aveva cacciata dallo spogliatoio.

Lui sospirò passandosi ripetutamente le mani sul viso. Sembrava esasperato. «Ma io voglio parlarne» mi riprese, spostando finalmente l'attenzione su di me. «Ti avevo fatto una promessa la sera che ci siamo visti da Roby, quindi mi dispiace di essere sparito di nuovo.»

Io continuai a guardare in basso, fissando le mie mani. Ero combattuta, ma arrivati a questo punto, forse avrei dovuto mettere tutte le carte in tavola.

«Per me è importante scoprire se c'è qualcosa dietro ai medaglioni» sussurrai piano, dopo qualche secondo.

Alex rimase in silenzio, aspettando probabilmente che andassi avanti.

Feci un profondo sospiro e alzai lo sguardo, fino a scontrarmi con i suoi occhi chiari. «Per me è importante, e credo che tu abbia capito il perché» continuai, esibendo una sicurezza che in realtà non sentivo, «quindi se per te non è lo stesso, va bene, non è un problema, ma devo saperlo.» Le ultime parole sembravano quasi una supplica, ma non mi importava. Potevo sembrare patetica, ma ero stufa di nascondermi.

Lui si torturò il labbro inferiore per qualche secondo. Per tutto il mio discorso non aveva staccato i suoi occhi dai miei. E ora nelle sue iridi riuscivo a leggere qualcosa di diverso dal solito. Un'indecisione, quasi un'incertezza, che mai avevo letto sul volto di Alex.

«Lo so, ed è importante anche per me... per lo stesso motivo» disse infine.

Per lo stesso motivo? Aggrottai la fonte. Alex aveva capito che il mio interesse fosse legato a mia madre?

Mi morsi l'interno della guancia per non tartassarlo con le mille domande che mi accusava sempre di formulare. Non volevo forzarlo nuovamente. Volevo che sapesse che potevo rispettare il suo silenzio.

«Siamo di nuovo in gioco?» mi chiese con un sorrisino, dopo qualche istante.

Mi fissava da sotto le ciglia scure con un'intensità tale da far crollare tutte le mie barriere.

Avrei tanto voluto che quello sguardo mi fosse indifferente. Avrei tanto voluto che fosse tutto più semplice.

Eppure, nonostante la sua fosse una domanda, io sentivo di non avere scelta, perché qualcosa dentro di me, sembrava aver deciso ancora prima del mio cervello.

«Sì» sussurrai.

_____________________________

Buongiorno ☀️

Siamo ufficialmente entrati nel pacchettino di capitoli che chiamo "Dora l'esploratrice" aka i due disagiati hanno finalmente trovato un modo per collaborare e già dal prossimo capitolo inizieremo a scoprire di più 🎉

Comunque entro un attimo in modalità #ValeriaPerIlSociale e vi faccio una domanda: vi stanno piacendo di più i capitoli legati al mistero dei medaglioni o quelli più concentrati su Alex-Cassie-Caleb? (Potete anche dirmi che vi fanno schifo tutti e non mi offendo, giuro 😂)

Grazie come sempre per essere qui ❣️

Continue Reading

You'll Also Like

Because Of Her By

Teen Fiction

27.8K 2.2K 40
Elizabeth West ha passato tre anni a cercare di essere invisibile alla Weston High. Mentre le sue amiche si affannavano per conquistarsi un posto d'é...
2.3M 88.6K 86
Morgan ha tutto ciò che vuole nella vita: ha buoni voti a scuola, una famiglia unita ed è una delle ragazze più popolari a scuola. È gentile e sempre...
246K 4.8K 38
COMPLETATA Maddison, 16 anni, torna nella sua città natale dopo 4 anni di trasferimenti con la madre. rincontrerà le vecchie conoscenze e conoscerà...
451K 21.5K 43
Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozzo senza fine. Incutevano quasi timore. ...