IGNI

By Valeroot

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[In riscrittura] Qual è il vostro posto nel mondo? Cassie non ne ha uno. Viene costantemente sballottata da u... More

Prima di iniziare
AVVISO
Prologo
1 - La festa (I)
2 - La festa (II)
3 - Comitato di accoglienza
4- La Churchill Accademy (I)
5 - La Churchill Accademy (II)
6 - Incontri (I)
7 - Incontri (II)
8 - Il medaglione
9 - Wenham Lake
10 - Sette shots in paradiso (I)
11 - Sette shots in paradiso (II)
12 - Leggende
13 - Questione di prospettiva
14 - L'invito
15 - I Parker
16 - In maschera (I)
17 - In maschera (II)
18 - Il Sole
19 - Il preside Evans
20 - Sogni
21 - Blackout
22 - Virgilio
23 - Stevow
24 - Ricerche
25 - I Case
26 - Pessime similitudini
27 - Trick or Treat (I)
28- Trick or Treat (II)
30 - I mille volti
31 - Collaborazione
32 - I medaglioni
33 - La calma prima della tempesta
34 - La partita
35 - Rivelazioni (I)
36 - Rivelazioni (II)
37 - Cassie (I)
38 - Cassie (II)
39 - Il piano
40 - L'effrazione (I)
41 - L'effrazione (II)
42 - L'effrazione (III)
43 - Fratellanza (I)
44 - Fratellanza (II)
45 - Robin Hill Road
46 - Wenham Lake (I)
47 - Wenham Lake (II)
Ringraziamenti e avvisi
Alex
Sequel
Extra - Alex
Avviso 🖤

29 - Inferno e Paradiso

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By Valeroot

Alex non si fece sentire per il resto del week-end.

Mi sarebbe bastato un semplice messaggio, per farmi capire che era ancora intenzionato ad andare avanti con le nostre ricerche, ma in realtà ero consapevole che sarebbe sparito di nuovo.

L'avevo capito nell'esatto momento in cui mi aveva salutata quella sera. Certo, speravo che si sarebbe comportato diversamente, ma ogni volta che tra di noi qualcosa cambiava, lui utilizzava il silenzio come scudo.

Le parole di Caleb poi, erano rimaste incastrate nel mio cervello come una radio sintonizzata su un'unica frequenza. "Ti ha raccontato solo di Christian?"

Mi sentivo incredibilmente sciocca per aver creduto di aver fatto un passo in avanti con Alex. Forse a causa della febbre, forse perché un pezzettino di me per qualche assurda ragione lo voleva intensamente, ma quel pomeriggio avevo davvero creduto di potermi fidare.

Ma la verità era che dovevo solamente lasciar perdere quei pensieri e impegnarmi a scoprire di più sui medaglioni. Ne avevo bisogno per chiarire la situazione con Caleb e con Matt. E, soprattutto, ne avevo bisogno per capire che ruolo avesse mia madre in tutto ciò.

Nonostante i miei buoni propositi, passai la domenica a casa, ad annoiarmi tra una serie tv e una confezione di gelato. A un certo punto, avevo deciso di iniziare a controllare da sola il materiale che ero riuscita a prendere dall'armadietto di Matt, ma senza troppo successo.

Gli appunti in latino infatti sembravano semplici scarabocchi, ed ero riuscita a copiare solamente una porzione di pagina, prima che la fotografia con Philip mi distraesse.

Il libro di astronomia invece, era tutt'altra storia. Avevo scaricato una versione simile sul portatile di James e avevo passato un paio d'ore documentandomi sulle costellazioni visibili nel Nord America.

Non sapevo se l'interesse di Matt fosse personale o legato in qualche modo alla storia della Fondazione, ma dopo poche righe fui completamente assorbita dalla sua lettura.

Avevo scoperto infatti, che le popolazioni indigene che abitavano queste zone, avevano una forte tradizione nell'orientarsi attraverso le costellazioni. Nei loro racconti, stelle e vita si intrecciavano, fondendo basi scientifiche a significati spirituali.

Quel lunedì mattina il mio cervello era ancora completamente focalizzato su quelle informazioni, e in parte concentrato sul comportamento di Alex.

Lo avevo intravisto prima dell'inizio delle lezioni, ma aveva palesemente finto di non essersi accorto della mia presenza. Era tornato a circondarsi delle stesse persone che lo attorniavano durante i primi giorni di scuola e, come allora, non avevo la minima intenzione di avvicinarmi a lui con tutti loro attorno.

Non avevo quindi ancora deciso quale fosse il modo migliore per uscire da quella situazione di stallo, così passai le ore di tedesco scarabocchiando appunti incomprensibili, mentre la professoressa Immerstarr si districava tra trattati letterari.

Verso la fine della quarta ora un bigliettino planò sul mio tavolo facendomi trasalire.

Lo presi tra le mani, guardandomi attorno per capire chi lo avesse mandato. Alice stava fissando distrattamente i suoi capelli, alla ricerca di doppie punte sopravvissute al taglio settimanale, mentre Dean la guardava come sempre con occhi sognanti.

Un leggero rumore di tosse alle mie spalle rivelò però il mittente. Caleb sollevò il sopracciglio e mi indicò con il mento il foglietto appallottolato.

Lo scartai lentamente.

- Ho scoperto la nostra punizione -

Presi la biro e scarabocchiai con foga una risposta.

- Parla! -

Sentii Caleb ridacchiare e, dopo essermi nascosta dietro la schiena del ragazzo di fronte a me, mi voltai.

«Dico sul serio, voglio sapere» sussurrai.

Lui si sporse in avanti avvicinandosi alla mia sedia. «Dobbiamo sistemare la palestra dopo la festa di Halloween.» Finse di rabbrividire, ma io ero piuttosto schifata.

Potevo già immaginare il classico repertorio post festa studentesca: residui di cibo ovunque, pavimenti appiccicosi e oggetti di vario genere disseminati nei posti più improbabili.

Questo, ovviamente, se fossimo stati fortunati.

«Reed! Evans! Immagino che uno di voi voglia rispondere alla mia domanda.» La professoressa Immerstarr stava battendo con impazienza i polpastrelli contro il legno della cattedra.

Se le occhiate avessero potuto incenerire, io e Caleb saremmo stati un grazioso cumulo di polvere sui banchi verdi della Churchill Accademy.

Prima che potessi replicare, Alice si alzò dalla sedia. «Unabhaengigkeitserklaerungen» rispose con un sorriso a trentadue denti.

La professoressa pressò le labbra tra di loro.

«Ah, per Evans, intendeva forse mio cugino?» aggiunse Alice con finto tono dispiaciuto, «che sbadata.»

***

Quando la campanella suonò, mi avviai a grandi passi in palestra. Non ero impaziente di iniziare a pulire, ma volevo finire presto, in modo da non sollevare domande da parte di James.

Certo, mio padre ormai passava più tempo da Lauren che a casa, quindi forse avrei potuto sentirmi relativamente al sicuro, ma ero consapevole che tra lui e Jenna ero sottoposta a un doppio controllo al quale non ero abituata.

Quando entrai nella grande sala giallo pallido, i ricordi della serata tornarono prepotentemente nella mia testa. Arrossii involontariamente, realizzando che mi sentivo quasi imbarazzata ripensando a quello che era successo con Alex.

Forse però, stavo confondendo l'imbarazzo con il nervosismo. Dopotutto sapevo di non essere brava a gestire le situazioni che a me risultavano irrisolte. Riuscivo a gestire un confronto, riuscivo a sopportare i litigi, ma non tolleravo l'incertezza.

E questa condizione di attesa forzata con Alex non faceva altro che rallentare le nostre ricerche, rendendomi ancora più impaziente.

Chiusi con cautela la porta alle mie spalle e mi avvicinai a Caleb, che si stava già destreggiando tra i numerosi sacchetti colorati.

«Dai qui» proposi, tendendo la mano per aiutarlo.

Lui mi assecondò, passandomi alcuni rotoli.

«Dovremmo finire in un paio d'ore» esordì, «credo che più tardi ci daranno il cambio Philip e Jessica. Sai, anche loro sono stati beccati con il punch della Davis.»

Sembrava leggermente impacciato, forse perché essere qui, ricordava anche a lui la nostra ultima chiacchierata su Alex e Christian.

Annuii piano e continuai a gettare i rimasugli della festa, mentre cercavo il modo di sottoporre a Caleb i miei pensieri.

«Posso farti una domanda che mi frulla per la testa da sabato sera?» chiesi, concentrandomi con immotivata accortezza su un biscotto a forma di pipistrello.

Probabilmente lui percepì una strana nota nella mia voce perché interruppe i lavori di pulizia e si voltò verso di me, in attesa che continuassi.

Io giocherellai con alcuni bicchieri vuoti, evitando con cura di guardarlo.

«Cosa intendevi, quando mi hai chiesto se Alex mi avesse raccontato "solo" di Christian? C'è altro che dovrei sapere?»

Probabilmente si aspettava quella domanda, perché lasciò il sacchetto nero e andrò a sedersi sulla panca vicina.

«Vieni, facciamo una pausa» propose, battendo la mano sul legno accanto a lui.

Lo seguii senza parlare. Non ero più sicura delle mie intenzioni, ma Caleb non mi diede modo di crogiolarmi nei miei pensieri a lungo.

«Sai nulla della famiglia di Alex?» mi chiese con un sospiro.

Ragionai velocemente sulle sue parole. Sapeva già che conoscevo la storia di Christian, quindi doveva sicuramente riferirsi ad altro, e a questo punto, mi sembrava sciocco fingere.

«So solamente che ha un fratello e una sorella, e che, qualche anno fa, sua madre è venuta a mancare» sussurrai un po' a disagio.

Probabilmente, la situazione era ancora più complessa, considerando che sembrava non avere un rapporto neppure con il padre, ma non volevo sbilanciarmi troppo.

Lui annuì come se si aspettasse quella risposta. «Non credo di essere la persona giusta per dirti altro, ma ti basti sapere che a casa sua la situazione è ben più complicata» borbottò.

Sembrava parlare controvoglia, come se si trovasse in una situazione dalla quale non poteva scappare, ma che avrebbe preferito evitare.

Io rimasi zitta. Forse Caleb si riferiva proprio al rapporto tra Alex e il padre, ma qualcosa mi diceva che c'era di più sotto.

«Dopo la morte della madre, erano tutti allo sbando. Christian era incazzato con il mondo per... per una serie di motivi, mentre Alex doveva occuparsi di alcune cose che andavano ben oltre le sue possibilità» abbozzò con un gesto distratto della mano.

Si interruppe per un attimo. «Dio, quanto è difficile» sbottò dopo qualche istante, «comunque, tutto ciò per spiegarti perché quando ho scoperto delle scommesse non ho detto nulla ad Alex. Credevo di poter gestire Christian da solo e so di aver sbagliato, visto che l'ho messo in una situazione ancora peggiore, ma pensavo davvero di aiutarlo.»

Osservai Caleb. Sembrava davvero sincero. Forse un po' a disagio, per il suo ruolo in quella questione, o forse perché sentiva che stavamo percorrendo alcuni limiti che non avrebbe voluto varcare, ma non vedevo tracce di menzogna nei suoi occhi.

«Quindi tu non facevi parte di quel giro?» chiesi piano, in cerca di conferma.

Lui scosse nuovamente la testa. «Davvero, Cassie, non lo avrei mai fatto... e neanche Christian se non fosse stato così incasinato in quel periodo.»

Continuai a fissare le mie mani per un po', indecisa se aggiungere altro.

Da una parte, credevo che Caleb fosse davvero sincero e mi sembrava di aver scorto anche un'emozione strana mentre mi raccontava la sua versione. Sembrava quasi, lealtà. Come se non volesse lasciarsi sfuggire troppo, mentre provava a giustificarsi.

D'altro canto, mi chiedevo perché sostenesse che la situazione a casa di Alex fosse peggiore di quello che potevo pensare. Era a causa del padre? O forse sentivano la mancanza della sorella trasferita a New York?
Non potevo esserne sicura.

«Dai, finiamo di sistemare prima che il professor Webb trovi una scusa per metterci in punizione di nuovo» disse dopo qualche istante, interrompendo i miei pensieri.

Lo seguii meccanicamente, agguantando un sacchetto, e tornando a rimuginare sulle sue parole. Non potevo non chiedermi se fosse davvero una buona idea continuare a fidarmi di Alex per scoprire di più sui medaglioni. Dopotutto non ero mai stata una persona bisognosa dell'aiuto degli altri.

Certo, per un po' era stato bello poter condividere le ricerche con lui, sentire che poteva essere un fardello che non avrei dovuto portare da sola, ma mi sembrava che le relazioni umane mi rendessero...debole.

«Merda, scusa Cassie.»

Le parole di Caleb mi fecero sobbalzare. Aveva appena rovesciato un bicchiere ancora pieno nella mia direzione. Il liquido gelido mi bagnò lo stomaco, espandendosi in una grande macchia su tutto il mio addome.

Presi un tovagliolino cercando di tamponare l'eccesso, ma con scarsi risultati.

«Scusami davvero, credevo fosse vuoto» si giustificò nuovamente, «ti do la mia felpa.»

Io scossi la testa. «Ho un ricambio nell'armadietto delle cheerleader, dammi un attimo» lo tranquillizzai, allontanandomi verso la porta che conduceva all'ingresso degli spogliatoi.

Continuai a tamponare la macchia, mentre con la spalla spingevo la porta d'ingresso, che sembrava particolarmente pesante rispetto al solito.

Alzai lo sguardo dalla maglietta per cercare il mio armadietto, quando i miei occhi si scontrarono con una figura familiare.

«Oh, ciao.»

Alex mi fissò per un istante con uno sguardo cupo, ma poco dopo il suo volto si aprì nel solito sorrisino divertito.

«Posso aiutarti, Reed?»

Si era bloccato con la maglia tra le mani, mentre attorno alle nocche spuntava uno strano scotch colorato.

In quel momento però, i miei occhi saettarono sul tatuaggio disegnato all'interno del suo braccio. Quel tatuaggio che gli avevo visto nascondere in più di un'occasione.

"Better to reign in Hell than serve in Heaven."

Meglio regnare all'Inferno che servire in Paradiso.

Quando si rese conto di dove i miei occhi si erano andati a posare, si affrettò a infilare la maglietta nera.

Passò le mani tra i capelli bagnati, prima di incrociare le braccia in una posa rigida. Riuscivo a percepire il suo nervosismo dall'intensità con la quale aveva serrato i muscoli.

«Te ne dovresti andare.»

Le parole traboccarono dalle sue labbra con un tono perentorio che mi inchiodò al suolo. I suoi occhi erano vuoti, e sembrava che ogni fibra del suo corpo volesse inviarmi un unico messaggio: Alex non mi voleva lì.

Eppure, nonostante la mia buona educazione mi imponesse di giustificarmi in qualche modo, sembravo come pietrificata.

Guardavo il suo volto alla ricerca di un piccolo segnale che mi facesse capire che l'Alex che conoscevo io era ancora lì, ma non riuscivo a trovare alcun dettaglio familiare in quella maschera priva di emozioni.

«È la frase di Milton» sussurrai senza neppure rendermene conto.

Lui rimase per un secondo impassibile, come ad assorbire quelle parole. Poi, lentamente, i suoi occhi si chiusero in due fessure.

Era arrabbiato. Era arrabbiato sul serio. E io mi resi conto che probabilmente ero riuscita a dire l'unica cosa sbagliata.

Non gli lasciai il tempo di replicare, forse perché temevo la sua reazione, così feci qualche passo in direzione dell'uscita.

«Caleb mi ha rovesciato un bicchiere addosso, vado a cambiarmi» farfugliai.

Lui rimase fermo a guardarmi con un'inquietante espressione neutra, finché la porta non si richiuse, e io mi precipitai nello spogliatoio accanto, sedendomi sulla panchina al centro della stanza.

Avevo il respiro corto. Forse perché l'incontro con Alex mi era sembrato l'ennesimo scontro tra la sua resistenza e la mia pazienza. Forse perché quel suo ignorarmi, di cui tanto mi ero lamentata, era niente in confronto allo sguardo carico di odio che mi aveva appena rivolto. Forse perché era la prima volta che parlavamo dopo quel bacio, ed era stato un completo disastro.

Non riuscivo però a dar forma a questi pensieri perché l'unica cosa che continuava a frullare nella mia mente, erano le parole che avevo appena letto. Avevo riconosciuto subito quella frase tratta dal Paradise Lost di Milton.

La disobbedienza dell'angelo ribelle che decide di insorgere contro Dio e per questo viene bandito dal Paradiso. Il suo orgoglio che lo porta a radunare gli altri angeli caduti e a donare loro una nuova dimora, consentendogli di non sentirsi più inferiori a nessuno, trasformando l'Inferno nel Cielo.

Forse erano stati i racconti di Caleb, o forse le parole che Alex si era lasciato sfuggire durante le lezioni di filosofia della Davis, ma invece dell'arroganza che quelle parole potevano esprimere, mi sembrava di percepire qualcosa di diverso. Di più...doloroso.

E in quel momento, mi chiesi se ci fosse stato qualcosa nella sua vita, che lo avesse spinto a sentirsi davvero così.

Abbandonato, cacciato, dal suo Paradiso Perduto.

_____________________________

Buongiorno ☀️
Praticamente, mentre noi cerchiamo di scoprire di più sui medaglioni, Cassie ormai vuole solo saperne di più della vita di Alex. Che fatica 😩

Questo può sembrare un capitolo di passaggio, ma ci sono tanti piccoli indizi che ci serviranno per capire meglio Alex.

Secondo voi cosa significa "la situazione a casa sua è ben più complicata"? 🤔

Comunque giuro che tutto avrà un senso alla fine ❣️ buona settimana

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