Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

Mas que nunca - Capitolo 1
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Capitolo 3
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Capitolo 56
Capitolo 57
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Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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30
32
21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

31

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By DybalasPap810


"Sto facendo una cosa patetica", confesso al telefono a Mel, la ragazza di Rodrigo, mentre sono nel parcheggio del centro sportivo della Continassa.

"Stai facendo una cosa bellissima", ribatte lei, guardandomi dalla sua auto nel parcheggio interno.

"E' San Valentino. E per una volta fai tu la romantica", aggiunge poi, riferendosi alla mia situazione.

In realtà, stavamo entrambi aspettando i nostri uomini per lo stesso motivo.

Solo che lei poteva farlo benissimo dalla sua auto, mentre io dovevo aspettarlo in piedi, fuori, magari anche davanti ai suoi compagni, perché la mia macchina ce l'aveva lui, perché in realtà era la sua.

Quando, esattamente, avevo pensato che farsi trovare fuori dal suo luogo di lavoro pieno di uomini con una rosa tra le mani e un pacco di cioccolatini sarebbe stata una cosa carina?

Eppure lo sguardo che mi regala quando esce per raggiungere la sua auto, e si blocca per fissare lo sguardo sorpreso nel mio, ripaga ogni cosa.

E mi sento esattamente come un anno fa, quando a farsi trovare fuori dalla mia università era stato lui, la prima volta che era venuto a trovarmi a sorpresa.

Era San Valentino, uno dei più belli che abbia mai vissuto.

Alzo la schiena dalla portiera della Jeep e gli vado lentamente incontro, salutando con la mano Cristiano che aveva la macchina parcheggiata poco lontano da noi.

Poi faccio un respiro profondo, rendendomi conto di aver appena salutato Ronaldo come fosse un amico qualunque.

Il tutto non passa inosservato da Paulo, che alza gli occhi al cielo, rassegnato.

"Felice San Valentino", gli dico a bassa voce, fermandomi a pochi centimetri dal suo viso sorridente e un po' emozionato.

Abbassa lo sguardo sulle mie mani impegnate, senza smettere di sorridere un attimo.

"Solo la rosa è per te", aggiungo poi, prendendomi in anticipo la proprietà dei cioccolatini.

Scoppia a ridere, nel momento stesso in cui mi tira a sé in un abbraccio silenzioso, stringendomi tra le sue braccia forti e sicure.

Non era un periodo molto semplice. La stagione della Juventus sembrava perfetta, tutto era più magico con un compagno di squadra come Cristiano Ronaldo.

Però non era affatto semplice per lui.

Erano state più le partite vissute in panchina, che quelle giocate nel prato verde che tanto amava, e dopo quella di ieri sera, era la terza partita consecutiva in cui il mister lo lasciava fuori.

Erano tornati dalla trasferta quella stessa mattina e, poiché la Champions era fin troppo vicina, la squadra era rimasta direttamente ad allenarsi.

Non lo vedevo da tre giorni, ma l'espressione un po' corrucciata come tutte le volte in cui, ultimamente, tornava a casa dopo lavoro, era sempre la stessa di quando ci eravamo salutati l'ultima volta.

Paulo non amava sfogarsi, perché semplicemente odiava mostrarsi debole.

E perché era sempre convinto che i suoi problemi fossero meno di quelli degli altri, per i quali era sempre pronto ad ascoltare e tirare su.

Tipo me, in ogni periodo pre-esame o quando semplicemente mi mancava casa.

Ricambio la sua stretta, circondando la sua schiena con la mano impegnata a mantenere la rosa di cui mi ero innamorata non appena l'avevo vista.

Era nera e l'avevo palesemente sfilata dal quel centinaio di rose dello stesso colore che avevo fatto arrivare a casa da un sito chiamato "One Million Red Roses".

Avevo dato loro libertà di scelta e ciò che avevano portato a casa era stato un meraviglioso mazzo di rose bianche e nere in un vaso rettangolare, che componevano il nome di Paulo e il suo numero 10.

Sarebbe impazzito quando le avrebbe viste, una volta a casa.

"Pensavo di venirti a prendere io in facoltà, munito di rose e cioccolatini", mi dice, staccandosi un po' dall'abbraccio per guardarmi in viso.

La voce un po' sconfitta per l'essere stato preceduto.

"Com'è andato l'esame?" chiede poi, cambiando espressione in quella tipica di chi si ricorda all'ultimo minuto di qualcosa.

Il mio sorriso in risposta lo fa sorridere di rimando, per poi darmi un bacio sulla fronte, l'unico modo che gli consentivo per complimentarsi con me, perché mi imbarazzava tanto.

Da quel momento mi mancavano ufficialmente due esami alla fine del mio percorso, e la cosa mi emozionava e allo stesso tempo mi riempiva di ansia, sentendomi un po' incapace di diventare davvero grande.

"Posso portarti a cena fuori, almeno?", mi chiede poi, girandosi e prendendo la mia mano per salire insieme in macchina.

"In realtà ti ci vorrei portare io, ma ci rinuncio in partenza. Già mi hai permesso di fare troppo", rispondo, affiancandolo nel posto del passeggero.

"Grazie", mi dice a bassa voce, prendendo il mio viso tra le mani e lasciandomi un lieve bacio sulle labbra.



Poco più di un paio d'ore più tardi entrambi stiamo gustando il nostro dolce, l'immancabile tortino al cioccolato con cuore caldo.

Aveva scelto un posto tranquillo, molto sofisticato, ma non a tal punto da andarci necessariamente vestiti eleganti.

Lui, infatti, indossava una semplice camicia blu sopra dei jeans scuri e un maglioncino chiaro poggiato sulle spalle, io un tutone nero, che usavo in occasioni a metà tra eleganti e casual.

Era stato il regalo di Natale di Roby, che per me continuava a non sbagliare nemmeno un colpo.

Non avevamo parlato molto, lo avevano fatto di più i nostri sguardi, e avevo visto pian piano il suo viso rilassarsi, dopo giorni un po' tormentati.

Mi aveva parlato dell'invito al compleanno di Bernardeschi, che avrebbe organizzato una festa a tema anni '20, e per entrambi aveva già deciso che ci saremmo vestiti da tipici personaggi di Peaky Blinders, d'accordo insieme ad altri compagni di squadra.

Avrei voluto ribadire che non ero né bionda, né bella come Grace, mentre lui poteva essere scambiato per Tommy Shelby, ma non ero nessuno per sottrarmi a rappresentare la compagna di uno dei personaggi migliori mai nati in una serie tv, e nemmeno volevo farlo.

"Che c'è?", mi chiede a un certo punto, risvegliandomi dai miei pensieri mentre butto giù l'ultimo pezzetto di tortino, che aveva gentilmente lasciato a me.

"In realtà devi dirmi tu cosa c'è", gli rispondo, posando lievemente la mia mano sulla sua, sul tavolo.

Sospira profondamente, abbassando lievemente lo sguardo sul tovagliolo usato durante la cena, poi torna a guardarmi dritto negli occhi.

Distoglie lo sguardo dal mio solo qualche attimo, giusto il tempo di incrociarlo con un cameriere vicino, che un secondo dopo porta via il piatto vuoto del dolce e un altro ragazzo posa al centro del tavolo un immenso mazzo di rose rosse, tenute perfettamente all'interno di un vasetto nero.

Avevamo contattato la stessa agenzia.

Erano meravigliosi, ed erano sicuramente più di un centinaio, dato che, oltre quello piazzato davanti a me e che mi copriva la visuale da lui, altri due o tre vasi venivano posizionati alla mia sinistra e alla mia destra, circondandoci completamente.

Alzo lievemente il busto, spostando di poco il mazzo che ci divideva per guardarlo interrogativa, e la sua dolce risata forse la dice lunga su quella che dovrebbe essere la mia espressione sorpresa.

Non sarei mai riuscita a superarlo, nelle sorprese.

Era una cosa certa, ormai.

"Ehm, in realtà pensavo volessi sfogarti di qualcosa sul tuo lavoro", gli confesso.

"E' quello che sto per fare, in realtà, solo che devo dirti anche altre cose", comincia, sistemandosi di poco la sedia e avvicinandosi di più al tavolo, e a me.

Lo osservo passarsi velocemente una mano tra i capelli, poi entrambe le mani sul viso, lasciando le dita della mano sinistra a tirarsi il labbro inferiore per qualche secondo.

Un sospiro, come per calmarsi un po'.

"Pensavo che facendoti trovare fuori dal centro sportivo sarebbe saltato tutto, ma meno male essere romantica ti fa schifo quindi ti sei ridotta a poco – comincia, facendomi ridere lievemente – Ma grazie, per quello che hai fatto. Nessuno lo aveva mai fatto per me, prima di oggi", mi confessa, sorridendomi dolcemente, tra i rami del mazzo di rose che non ci permetteva di vederci completamente.

Lo sposta di poco a lato, sospirando soddisfatto quando di nuovo riusciamo a guardarci.

"Nessuno ha mai fatto un sacco di cose per me, come hai sempre fatto tu – ricomincia poi, facendomi tremare un po' il cuore – E ti ringrazio anche per questo. Vorrei sfogarmi con te, di tutto quello che non va bene in questi mesi, con il mio lavoro, con il fare quello che amo, che forse non riesco più a fare bene come vorrei. Vorrei urlare e sbattere cose per casa mentre regalo qualche insulto al mister solo davanti a te. Vorrei smettere di scappare dai giornalisti a fine partita per non farmi fare le stesse domande sul mio scarso rendimento, che a volte non riesco a spiegarmi nemmeno io. Vorrei davvero liberarmi di tutti i pensieri che spesso mi tengono sveglio la notte, perché mi innervosiscono e non riesco a rilassarmi. Eppure non riesco, perché quando sono con te va tutto via, il buio, il grigio delle giornate. Le partite non giocate, i brutti pensieri delle persone su di me. E non mi serve sfogarmi, parlarne, perché fare qualsiasi cosa con te mi distrae, e mi fa stare bene. E anche dormire poco la notte non mi pesa, se posso guardarti senza che tu ti senta intimidita".

Questa cosa che aveva imparato ad esprimersi alla perfezione in italiano doveva finire.

Anche se dietro poteva esserci l'aiuto del prof. Barza.

Perché doveva smetterla, di farmi esplodere il cuore.

Abbasso lo sguardo, mordendomi il labbro inferiore, mentre riprende a parlare.

"Ho capito che sei l'unica persona con cui vorrei scappare lontano da tutti se ce ne fosse l'occasione o la possibilità. L'unica persona con cui vorrei parlare di qualsiasi cosa. L'unica persona con cui vorrò sempre stare. Sei la mia migliore amica, la mia compagna, e la persona grazie alla quale sarei capace di ritrovare qualsiasi cosa non penso di avere più davanti. Tipo adesso – cambia tono, lasciando la mia mano intrecciata alla sua sulla tovaglia bianca per metterla in tasca, alla ricerca di qualcosa – Donde estas...", sussurra tra sé e sé.

Lo guardo interrogativa, completamente confusa dai suoi strani comportamenti, e anche un po' divertita, mentre osservo i suoi movimenti alla ricerca di qualcosa che non so.

Torna a guardarmi, sospirando poi quando gli viene in mente dove l'abbia messa.

"Ecco vedi, aiutami a cercarla", mi incita poi, muovendo piano le mani tra le rose e i rami.

Scoppio a ridere, seguendolo a ruota e pensando agli sguardi che potrebbero riservarci le persone vicine e sedute agli altri tavoli, mentre guardavano due deficienti intenti a cercare qualcosa tra un mazzo di fiori.

"Perdi qualcosa in un mazzo di rose... ma puoi essere così cret..." blocco il flusso delle mie parole nel momento in cui l'oggetto da lui cercato finisce sotto il mio sguardo.

A confondersi tra i vari strass conficcati al centro di ogni rosa, una attira la mia attenzione, con il suo oggetto posato sopra, esattamente al centro.

Un anello.

Brillava leggermente di più rispetto al resto.

"Cazzo", sussurro, facendolo scoppiare a ridere.

Alzo lo sguardo su di lui, poi torno sull'anello, poi di nuovo su di lui.

La bocca aperta dalla sorpresa.

"Cazzo", ripeto, portandomi una mano a coprire il labbro tremante dall'emozione.

"Ecco, l'hai trovato. Vedi che con te trovo sempre tutto?" ribadisce scherzoso, come se stesse parlando della cosa più normale del mondo.

Si sporge di più sulle rose, prendendo l'anello tra le dita della mano destra, poi se lo osserva, rigirandoselo tra le mani, come per accertarsi che sia davvero quello che cercava.

Io lo guardo in silenzio, fermando immediatamente una lacrima venuta improvvisamente fuori dal mio occhio sinistro.

Di pura, immensa emozione.

Tanto piena di amore, che a volte mi faceva male il petto, per quello che provavo per lui.

"Bea", mi chiama, facendomi alzare lo sguardo dalle sue mani ai suoi occhi verdi, chiari, come la luce che aveva portato nella mia vita sin dal primo momento in cui ci siamo visti, totalmente per caso.

E per destino.

"Si?", gli chiedo, tremante.

"Posso..." continua

"Si".

"Aspetta ti dico prima il mio programma. Lo facciamo in estate, dopo la tua laurea, dopo la mia Copa America, in qualsiasi posto tu voglia, con chiunque tu voglia. Facciamo una..." parla a raffica, come per paura che possa bloccarlo e scappare via.

Ma non ho alcuna intenzione di farlo.

Non più.

E mai.

Perché non volevo niente.

Nada màs.

Se non lui.

"Chiedimelo e basta", lo incito, interrompendo le sue parole.

Sospira, fermandosi di botto e tenendo l'anello tra l'indice e il pollice della mano.

Gli occhi nei miei, il suo meraviglioso sorriso coperto un po' dalla sua mano all'altezza del mento.

"¿Quieres casarte conmigo?", chiede a bassa voce, rendendo la richiesta un po' più sua, sussurrandola in spagnolo.

Chiudo gli occhi, sorridendo emozionata.

"Eh?", chiedo poi, non riuscendo a trattenermi.

Sbuffa, ridendo con me, mentre qualche lacrima abbandonava i nostri occhi.

Volevo sentirglielo dire di nuovo.

"Mi vuoi sposare?", chiede ancora.

"Si", ripeto per l'ennesima volta.

Osservandolo poi afferrare la mia mano e allungarsi con il busto per infilarmi l'anello al dito.

Guardandolo poi baciare la mia mano, e allungarsi ancora ad accarezzarmi una guancia.

Ridendo al suo sorriso e saluto con la mano per chi ci stava guardando, un po' incuriosito dalla scena.

Mi sarei ricordata dei visi sorridenti di tutti in quella sala, dei sorrisi emozionati delle ragazze, colpite dal modo e dalla scena, nonostante Paulo avesse cercato di parlare a bassa voce, conoscendo la mia spaventosa timidezza.

Ma probabilmente ci guardavano dall'arrivo delle rose.

Mi sarei impressa a fuoco nella mente e nel cuore il suo sorriso regalatomi dopo l'ultimo "si", il "Ti amo" mimato sulle labbra pochi istanti dopo, la mano a nascondere via una piccola lacrima sfuggita, il suo sorriso dietro il suo cellulare, mentre si impegna a scattarmi una foto per immortalare un raro momento dolce, tra di noi.

E avrei conservato tutto, per sempre, nel mio cuore, che ormai, apparteneva completamente a lui. 



Ciao. 
Scusate per la mia scomparsa.
E scusate se riappaio così, con una cosa del genere. 
E' stato un periodo un po' complicato, tra la quarantena e l'università a distanza. 
Ma a fine mese mi laureo, ho da sbrigare davvero un sacco di cose all'ultimo e spero che subito dopo, con un po' di tempo libero, possa dare più attenzione ad una cosa che amo.
Spero di continuare presto.
Vi abbraccio, virtualmente parlando, forte forte. 
Vostra M
.

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