RACCONTI A PIACERE

بواسطة barbara_f71

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Raccolta di one Shot di vario genere. A piacere :) Contiene testi partecipanti a vari concorsi, tra i quali:... المزيد

Accordi per un amore immaginario (storia d'amore)
Le penne del corvo nero (Noir)
Storia di un minatore (storico-drammatico)
L'uomo che coltivava orchidee (drammatico)
NARCISO (introspettivo)
Erica viola (storia d'amore)
1,2,3... Stella (romantico)
Lina (Biografia - storico)
lettere dal fronte (lettera d'amore)
Costruttori di Pace (storico )
Nina (NaWriSnaMo)
Pagine segrete (diario )
La protettrice (Fantasy)
Una notte di tempesta(romantico)
battaglia d'amore (storia d'amore)
Battaglia d'amore 2.0
HAIKU (poesia)
Riflessioni di un cuore solitario (introspettivo)
Viaggio tra confini (racconto di viaggio)
Il Mare e la Città (Storia d'amore)
Domani (Drammatico)
Il profumo (fantasy)
C'era una volta un mugnaio (Fantasy)
Superheroes (commedia)
Alfa e Omega (storia d'amore)
Like a rolling stones (storico - biografie)
...dal letame nascono i fior drammatico - introspettivo)
Entrate a vostro rischio (fantasy)
Il Principe di Ghiaccio (storia d'amore)
Sbronza triste
Amore (poesie Haiku)
Dorian

Il morso del ragno (storico- drammatico)

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بواسطة barbara_f71


Il tarantismo o tarantolismo è una sindrome culturale di tipo isterico riscontrata nel sud Italia, che nella tradizione popolare è collegata ad una patologia che si riteneva essere causata dal morso di ragni (, un ragno diffuso in zone mediterranee). Il termine tarantismo indica propriamente la patologia stessa, che però, in quanto presente solo in quel contesto culturale, è stata considerata una forma di isteria. Il tarantismo, che si manifestava soprattutto nei mesi estivi (il periodo della mietitura del grano in Puglia) era costituito da sintomi di malessere generale, quali stati di prostrazione, , malinconia, quadri neuropsicologici come catatonia o deliri, dolori addominali, muscolari o affaticamento, e la maggior parte dei soggetti che ne denunciavano i sintomi erano donne. Il quadro poteva includere sintomatologie psichiatriche, come turbe emotive e offuscamenti dello stato di coscienza, e poteva includere elementi che in passato sono stati associati alle nozioni di epilessia e isteria. La "cura" tradizionale è una terapia di tipo musicale coreutico, durante la quale il soggetto viene portato ad uno stato di trance nel corso di sessioni di danza frenetica, dando luogo a un fenomeno che è stato definito un "esorcismo musicale".

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Il mare lambiva i suoi piedi nudi, mentre passeggiava lungo la piccola spiaggia sabbiosa costeggiata, quasi come un arco, da alte scogliere; la primavera era iniziata da poco, ma faceva già caldo. Si tirò su la pesante gonna, guardandosi attorno con circospezione, non voleva attirare l'attenzione sulle sue gambe nude, ma nello stesso tempo non voleva bagnarsela, non voleva sentire sua madre sgridarla per non essere stata abbastanza attenta. Non avevano molti soldi, e non potevano permettersi di comprarne un'altra a breve.

Un altro passo la condusse un poco più avanti, con l'acqua ad accarezzarle i polpacci torniti dal lavoro nei campi. Era una contadina, la sua, era una famiglia di mezzadri, e il padrone non li pagava mai il giusto per il lavoro svolto, ma avevano abbastanza da vivere, anche se non potevano definirsi benestanti.

La ragazza non amava il lavoro nei campi, avrebbe voluto fare altro, andare a scuola, come alcune sue compagne più facoltose, imparare a scrivere in modo forbito, comprarsi libri da leggere, sognare mondi immaginari dove poteva essere chiunque, ma si era dovuta fermare. La sua famiglia non poteva permettersi di mandare a scuola una "femmina", non potevano sprecare così i pochi averi che riuscivano faticosamente a mettere da parte. Il suo compito era un altro: sposarsi, probabilmente con qualcuno che elevasse il loro ceto di un gradino più in alto, o almeno, che li aiutasse nel lavoro alla masseria.

Già c'era qualcuno che aveva chiesto ai suoi genitori il permesso di conoscerla...

Continuò a passeggiare, immersa nei suoi pensieri.

L'aveva visto il ragazzo che si era presentato da loro assieme a suo padre. L'aveva visto, e non le erano piaciuti il suo aspetto, la grande differenza di età, quella tendenza alla pinguedine e il fatto che non guardasse mai nessuno negli occhi. Suo padre aveva sorriso al suo amico e aveva promesso che li avrebbe fatti incontrare.

La ragazza attendeva questo momento con ansia e rabbia crescente.

Cosa gli avrebbe detto? Lui avrebbe provato ad approcciarsi a lei?

E se le avesse chiesto di fidanzarsi?

Rabbrividì al solo pensiero.

Sperò di non piacergli, ma ne dubitava, era una bella ragazza: la pelle rosata, non rovinata dal troppo sole, gli occhi verdi come i prati in primavera e i capelli neri e ondulati come quelli di sua madre; invecchiata troppo in fretta.

Il suo cuore già fremeva di disappunto, sentiva che non le era concessa nessuna scelta, ma nello stesso tempo, le mancava il coraggio di ribellarsi al volere della sua famiglia.

Aveva accettato che il suo destino sarebbe stato come quello di sua sorella, sposata troppo presto e già madre, ma non riusciva a sopportare l'idea che qualcuno scegliesse il suo futuro marito.

Lei voleva innamorarsi, sposare qualcuno che ricambiasse i suoi sentimenti, qualcuno da poter amare e rispettare, non un marito che potesse essere utile alla sua famiglia.

Sua sorella l'aveva avvisata: "Solo con i sogni non si va molto lontano. Guarda me, guarda la fine che ho fatto per inseguire il miraggio dell'amore!".

Anna, sua sorella, aveva quindici anni quando si era fidanzata segretamente con Antonio, il figlio dei braccianti stagionali che lavoravano nel podere vicino alla masseria dove vivevano. Si era innamorata perdutamente dei suoi occhi scuri e di quei capelli ramati e ricci che le facevano sognare di tuffarci le dita. Suo padre l'aveva scoperta, mentre si baciavano dietro un covone di fieno e l'aveva punita severamente, e allora Anna era scappata con lui. Una "fuitina, " a tutti gli effetti e dopo poco aveva scoperto di essere incinta. Si erano sposati, ma lui l'aveva presto lasciata sola per cercare lavoro nei paesi vicini. La sua famiglia l'aveva rifiutata e in paese, tutti la guardavano con compassione e con malcelata soddisfazione: perché le donne ribelli meritano di essere punite. Anna aveva perso molti amici da allora e viveva sola con la sua bambina, in due piccole stanzette poco fuori dal centro del paese; solo lei, andava ancora a trovarla per giocare con la nipotina.

Il mare si era fatto più agitato, mentre il vento sollevava i suoi riccioli neri.

Persa nei suoi pensieri, la ragazza non si era resa conto del tempo passato. Fu inerpicandosi sugli scogli, che lo vide per la prima volta. Il suo corpo era disteso tra le rocce in una posizione strana, una macchia di sangue chiazzava la camicia candida e parte del volto. La ragazza, allarmata, chiamò gli zii, ma, prima che loro arrivassero, il corpo si mosse e una voce di uomo emise un rantolo di dolore.

"E' vivo!" sospirò sollevata.

Il ragazzo cercò di alzarsi e lei si scontrò con due occhi di un intenso azzurro cielo, un volto sporco di sabbia e sangue e una bocca morbida che avrebbe voluto disperatamente baciare.

Il ragazzo si chiamava Lorenzo, ed era scivolato mentre stava scendendo a mare: si era rotta una gamba e aveva il volto segnato dai graffi della caduta, ma era bello, di una bellezza pura, quasi angelica.

Anche lui l'aveva notata, quando aveva aperto gli occhi aveva incontrato quelli di lei, belli e preoccupati. Era per raggiungerla e conoscerla che era sceso di fretta e non aveva fatto attenzione; aveva paura che fosse uno spirito, che se non l'avesse raggiunta in tempo, sarebbe sparita, dissolta tra la spuma del mare.

Giugno era iniziato, la ragazza si apprestava ad aiutare i genitori nella mietitura del grano, il cuore era leggero come quello di una farfalla e rosso come un papavero in fiore; la giovane aspettava con ansia la festa che si sarebbe tenuta alla fine della settimana, un'occasione speciale, in cui ci si poteva riunire con gli amici e festeggiare la fine della mietitura. Si poteva rimanere alzati fino a tardi, ascoltare la musica di fisarmoniche, tamburelli e violini; si poteva ballare. Sperava di rivedere Lorenzo, il ragazzo che le aveva rubato il cuore; sperava di poter ballare con lui, e che lui le rubasse un bacio sotto le stelle di quel meraviglioso giugno dei suoi sedici anni.

Si preparò con cura, indossando il suo vestito più bello, quello che metteva in risalto la rotondità del suo seno acerbo e dei fianchi morbidi e invitanti, s'intrecciò i capelli con spighe di grano e roselline e si mordicchiò le labbra affinché sembrassero rosse e attraenti e scese nell'aia della masseria. I suoi genitori erano lì, assieme agli altri braccianti, agli amici e agli zii; la ragazza li vide e sorrise sbarazzina, avviandosi verso le sue amiche. Molti si voltarono al suo passaggio, anche il ragazzo dall'aria pingue e dallo sguardo timido che i genitori volevano farle conoscere. La sua rabbia salì, rapida come un temporale estivo, ecco perché non avevano detto nulla quando l'avevano vista uscire da casa vestita nel suo abito migliore, erano felici di avere una figlia tanto bella, erano convinti che quella sera avrebbero annunciato il fidanzamento, che lei lo volesse o no. Era tutto programmato.

Si guardò intorno, cercava il bel ragazzo dai capelli neri e dagli occhi azzurri; nei mesi che erano seguiti al loro primo incontro, si erano visti di sfuggita, lui ancora con la gamba rotta, e lei, sempre scortata da madre o zia. Si era informata, sapeva che era guarito e sperava, che insieme con la sua famiglia, avrebbe partecipato alla festa di fine raccolto.

Il ragazzo dall'aria grassoccia si avvicinò a lei, chiedendole di ballare, le sue amiche ridacchiarono spingendola tra le sue braccia: la invidiavano segretamente, speravano di essere loro le prescelte, il ragazzo era benestante, e sposandosi con lui, avrebbero potuto cambiare vita, andare a vivere in paese, in una bella casa con il bagno interno e una vasca con i piedi di leone.

La ragazza riluttante accettò il suo invito, sotto gli occhi sorridenti e benevoli di sua madre, ma si staccò da lui non appena incrociò gli occhi di Lorenzo.

Era venuto alla festa, ma non era solo: una bellezza dai capelli rossi e dall'aria delicata si stringeva al suo braccio e lui la guardava con dolcezza. La ragazza si sentì gelare, per mesi aveva fantasticato sul loro incontro e ora, ora era tutto finito.

Un grande dolore esplose al centro del suo petto, una ferita sanguinante, che temeva non si sarebbe mai più rimarginata.

E allora lei prese la mano del ragazzo grassoccio, lasciò che lui la stringesse a sé, espirò il suo profumo forte, misto a sudore e iniziò a ballare.

I suoi piedi si muovevano leggeri al ritmo della musica, e presto il suo corteggiatore non riuscì a starle dietro; qualcuno la guardò, mentre ondeggiava i fianchi, muoveva lo scialle che aveva sulle spalle, ruotava su se stessa, scoprendo le gambe nude e tornite. Allentò i nastri che tenevano stretta la camicetta al collo scoprendo le spalle. Il seno ondeggiava, la pelle s'imperlava di sudore, i capelli sfuggivano all'elaborata acconciatura. Qualcuno tentò ti fermarla, ma lei lo spinse via in preda ad una rabbia cieca e ad un dolore folle. Il ritmo aumentò, mentre la camicetta scivolava sulle spalle scoprendo il solco tra i seni e la pelle accaldata. I capelli frustavano la pelle e i vestiti sembravano renderla sempre più pesante.

Lei voleva volare.

La musica cessò e la ragazza cadde a terra stremata. Il volto in fiamme, la testa ciondoloni, il cuore prossimo a scoppiarle nel petto.

"L'ha pizzicata la taranta!" gridò qualcuno. Qualche vecchia si fece il segno della croce; qualcun'altra invocò "lu santu Paulu de le tarante".

"Lassatila ballà che è tatantata... " disse ancora qualche altro partecipante alla festa.

La ragazza sorrise, ma sul suo volto apparve un ghigno che indusse altri presenti a segnarsi.

Sciocchi paesani, sciocche superstizioni.

Nessuno capiva, nessuno si accorgeva di quanto liberatoria fosse la condizione di tarantata, come era bello ballare senza freni, insultare chi ci faceva soffrire, muovere il proprio corpo sentendolo vivo.

Mentre le sue gambe volavano al ritmo dei tamburelli, si era avvicinata a Lorenzo e aveva visto i suoi occhi accendersi di desideri inconfessabili.

"Non mi avrai mai" pensò la ragazza, mentre il suo corpo continuava a muoversi senza sosta nella frenesia del ballo; "nessuno mi avrà, nessuno imprigionerà il mio spirito, perché sono libera come una farfalla, come una rondine.

Sarò libera, continuerò a ballare finché avrò piedi per farlo".

Tarantata

E Santu Paulu miu de le tarante
famme na grazia a mie
e a tutte quante.

E Santu Paulu miu de Galatina
fammela cuntentà sta signorina.

E te precu Santu Paulu falla guarire
e ca l'ave pizzicata la tarantella.

E addhu te pizzicau la tarantella
sutt'allu giru giru de la gunnella.

E se viti ca se cotula lu pede
quiddhu è lu segnu ca vole ballare.

Lassatila ballare, ca è tarantata
e ca porta la taranta sutta 'llu pede.

E balla beddha mia ca sai ballare
ca lu tu ballu sai move lu pede.

E Santu Paulu miu de le tarante
ca pizzichi le caruse e le fai sante.

Tarantata

E San Paolo mio delle tarantole
fai una grazia a me
e a tutte.

E San Paolo mio di Galatina
fammi accontentare questa signorina.

E ti prego San Paolo falla guarire
perchè l'ha pizzicata la tarantella.

E dove ti pizzicò la tarantella
sotto il giro della gonna.

Se vedi che muove il piede
quello è il segno che vuole ballare.

Lasciatela ballare perchè è tarantata
ché porta la taranta sotto il piede.

Balla bella mia che sai ballare
che il tuo ballo sa muovere il piede.

San Paolo mio delle tarantole
pizzichi le ragazze e le fai sante.


@Giulia21432



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