Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

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Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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29
30
31
32
21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

23

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By DybalasPap810




Ormai, se mettevo piede in una chiesa, non poteva che trattarsi di funerali.

E quelli, quelli sono una delle cose più lunghe e stressanti che possano mai esistere.

Subire una perdita, ingoiare il colpo, non perdere la lucidità.

Attivarsi subito per "liberarsi" della persona venuta a mancare, che due giorni prima guardi sorridente, mentre ci parli, e due giorni dopo sei a seppellirla in un cimitero.

Quanto fa schifo, tutto questo?

Poi gli abbracci, i baci, i saluti, le strette di mano, le parole e le frasi fatte, i ringraziamenti finti.

Odiavo, con tutta me stessa, i funerali.

E non vivevo la perdita di un nonno dai tempi delle scuole elementari, quando venne a mancare il mio nonno materno.

Ero troppo piccola per capirne le dinamiche, per capire realmente che quella persona non avrei potuto vederla mai più, e che mi sarebbe mancata, negli anni a venire, senza la possibilità di riaverla mai indietro.

Eppure ricordo le lacrime, e il dolore che mi circondava, e circondava le mura di casa mia, in quei giorni così tristi.

Non capii mai il dolore di mia nonna che, forse troppo presto, perdeva l'uomo con cui aveva trascorso più della metà dei suoi anni di vita insieme.

Finché non lo provai, proprio sulla mia pelle, un dolore del genere.

E riprovare un dolore del genere, quello della perdita, era una cosa che proprio non mi era mancata.

Mia nonna ci aveva lasciati poco dopo che io fossi andata via da casa sua.

Poco dopo avermi dato l'ennesima lezione di vita, e d'amore.

Amore infinito, come quello che provavo per lei.

Mia mamma me l'aveva fatto capire con uno sguardo, ed io avevo annuito, abbassando la testa in silenzio, e con il groppo in gola.

Non avevo reagito, a differenza della mia migliore amica, che mi si era lanciata addosso per abbracciarmi forte, non ricevendo in cambio nemmeno le mie braccia attorno alla sua schiena, per sentirla più vicina.

Perché tendevo a non esternare nulla, in questi casi.

Perché tendevo a tenermi tutto dentro, in questo genere di situazioni.

Non mi piaceva piangere davanti agli altri, e non riuscivo a farlo di fronte a perdite del genere.

Paradossalmente, mi capitava di piangere e agitarmi per cose meno importanti.

Una lite, una discussione accesa, un esame non passato.

Il nulla, di fronte al dolore che si provava in questi casi.

Erano stati due giorni infiniti, fatti di chiamate, ringraziamenti, viaggi da casa mia a casa di mia nonna, sempre piena di gente, pagamenti, firme.

Tutto era cambiato nel giro di qualche ora, quando da fare la valigia per tornare dalla persona che amavo, ero passata a disfarla per dover stare vicina ad altre persone che amavo.

E a doverne salutare per sempre una.

Non avevo dormito molto, perché chiudere gli occhi una volta a letto significava ripensare a tutto.

Le parole sussurrate fino agli ultimi minuti, l'abbraccio tanto forte da poterlo quasi ancora sentire, lo sguardo intenso ricambiato fino all'ultimo saluto sulla soglia della porta d'ingresso di casa sua.

Avrei dovuto accorgermi di alcuni atteggiamenti strani.

Avrei dovuto capire, che qualcosa non andava.

Sarei potuta intervenire.

Fare qualcosa prima del tempo.

Senza dover ora guardarla scomparire dietro un muro di cemento.

Una mano leggera mi accarezza la spalla, e mi giro verso le mie amiche al mio fianco, che in quelle ore non mi avevano lasciata da sola nemmeno la notte.

"Sarebbe accaduto comunque. Queste cose non puoi prevederle", mi dice a bassa voce Ilaria, intrecciando poi una sua mano con la mia, come se sentisse i miei pensieri.

Era tipico, nel nostro rapporto, capirci, a volte, senza nemmeno avere il bisogno di parlare.

Probabilmente averla a Torino mi avrebbe reso la vita più facile, perché lei aveva quella capacità di assecondare i miei pensieri all'istante, e di farmi capire quando e dove stavo sbagliando.

Ero felice, nel pensare che, nonostante la distanza e i mesi lontana da casa, non fosse cambiato niente tra di noi.

Anche quando ci rivedevamo dopo mesi e mesi, il nostro era come un incontro quotidiano.

Ero felice, nel pensare di avere tutte queste persone anche e soprattutto qui, che sostituissero la mia Simona, così come lei era capace di fare per le mie amiche, nonostante ci conoscessimo da molto meno tempo, rispetto alle amiche di una vita.

Simona mi aveva chiamata immediatamente.

Non avevo idea di come avesse saputo la notizia, ma avevo dovuto bloccarla dal fare biglietti all'ultimo minuto, spendendo una fortuna, solo per essere con me in questo momento.

Simona era decisamente una delle migliori persone che potessi mai avere nella mia vita.

Erano parole che una volta Paulo mi aveva confessato, esprimendo forse nel modo migliore possibile cosa significasse Simona per me.

Ero totalmente d'accordo con lui.

Lui, però, non si era fatto vivo, a parte un messaggio della sera prima che mi aveva scatenato una grande emozione, dopo quelle prime ore di dolore.

Non ero stata capace di ribattere.

Non credo sapesse dell'accaduto, ma in ogni caso avevamo smesso di scriverci da qualche giorno, e di vederci da ancor prima.

Mancava anche a me, e mi innervosiva il fatto che io avessi deciso di mollare tutto e tornare da lui, mentre lui, fino a quel messaggio, aveva deciso di sparire come se non volesse condividere più il tempo con me.

Come se si fosse rassegnato, alla situazione tra di noi.

Mi infastidiva, la sua assenza in quel momento.

Nonostante me la fossi cercata proprio io.

"Sono davvero stanca. Credo che tornerò a casa a riposare un po', grazie lo stesso", informo le ragazze, sulla strada verso l'uscita del cimitero, che volevano portarmi in un bar per prendere qualcosa insieme.

La mia famiglia avrebbe raggiunto casa di mia nonna per mettere in ordine le ultime cose, salutare le ultime persone.

Io non avrei voluto entrarci ancora, in quella casa, senza di lei.

Forse mai più.

Le osservo guardarsi a vicenda, indecise sul da farsi.

Sorrido, rassegnata, e forse anche un po' divertita.

"Ragazze, sto bene. Voglio soltanto starmene un po' a casa, da sola", continuo.

"Va bene – dicono all'unisono – Ma per qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, chiama!", mi avvertono.

Le saluto velocemente, raggiungendo poi la macchina di mio padre e fiondandomici dentro per il freddo che non sopportavo più.

Già immaginavo il mio letto e quando mi ci metto dentro non mi sembra vero.

***

Sto quasi per prendere sonno, nonostante non possa essere più tardi delle cinque del pomeriggio, quando un rumore fuori dal giardino mi fa aprire gli occhi.

La coda del mio cane sbatte forte contro la porta d'ingresso, tipico di quando fa le feste a qualcuno che sta per entrare, non permettendogli di farlo con molta facilità.

Probabilmente sta impazzendo per il ritorno di mio fratello, che di lì a poco lo avrebbe fatto mangiare, e sorrido, alzandomi e avvertendo problemi nel girare la chiave nella toppa.

Poi, una voce.

"Ssh, hei, ciao. Va tutto bene. Sta' calmo!"

La sua voce.

Mi blocco nei miei passi, sentendo ovattato ogni rumore intorno eccetto quello del mio cuore che sta battendo frenetico.

Paulo.


Raggiungo il salotto, adiacente alla mia stanza, rizzando le orecchie per accertarmi si tratti davvero di lui.

"Mierda, come si fa?", continua.

Paulo.


Mi fiondo all'ingresso, poggiando la mano tremante sulla maniglia della porta.

Faccio un respiro profondo, cercando inutilmente di calmare il mio respiro accelerato, consapevole che la situazione non cambierà, ma che potrebbe soltanto peggiorare.

Perciò apro.

Il movimento improvviso fa cadere le chiavi incastrate tra le sue mani e la serratura, e Paulo alza lo sguardo di scatto, un attimo dopo aver cercato di prenderle.

Mi guarda.

Lo guardo.

Incredula, di averlo davvero a pochi centimetri dal mio corpo.

In pochi secondi il suo profumo mi invade le narici, mentre entrambi siamo ancora immobili, incapaci di smettere di fissarci.

Solo Bruno non smette di muoversi come un forsennato, girando intorno a Paulo con una disperata ricerca delle sue attenzioni.

Mi dispiaceva per lui, perché in quel momento non l'avrebbe guardato neppure per sbaglio.

"Se è ancora con te, ci tiene davvero. E tu ne meriti ogni briciola, di questo folle amore"

Le parole di mia nonna risuonano forti nella mia testa, mentre lo fisso portando una mano alla bocca.

Era lì.

Era davvero lì per me, quando pensavo fosse stanco della nostra situazione di merda, e non ne volesse sapere più nulla.

Ma era lì.

Era lì per me.

E non so cosa faccia scatenare il tutto, ma in pochi attimi la mia vista si annebbia, il mio viso è ricolmo di un fiume di lacrime e il mio petto scosso da singhiozzi rumorosi, ovattati dalle braccia di Paulo che in pochi secondi mi circondano forti, forti come lo ricordavo sempre.

Capaci di proteggermi da qualsiasi cosa.

Paulo.

Continuo a ripetere il suo nome, incapace di fermarmi, nonostante la voce quasi straziata e ovattata dalla bocca sul suo petto coperto da un maglione scuro.

"Sono qui. Estoy aquí, Bea – dice, stringendomi ancora più forte – Sono qui", ripete ancora, trascinandoci dentro casa e cercando invano di spingere fuori il mio cane e imprecando qualcosa nel non riuscirci.

Rido, tra le lacrime, staccandomi un attimo soltanto per guardarlo in faccia.

Come se volessi rendermi conto che fosse davvero davanti a me.

Come se volessi constatare che potessi davvero toccarlo.

Annusarlo.

Ed era bastato quello per farmi crollare, e buttare fuori tutte le lacrime trattenute in quelle ore infinite, che non avevo perso davanti a nessuno.

E non c'era alcuna persona al mondo, con la quale avrei voluto succedesse.

Se non lui.

Paulo.

Ricambia il mio sguardo, accarezzandomi dolcemente il viso, mentre torno a nascondermi nel suo collo.

"Mi dispiace... l'ho saputo soltanto ieri e sono partito appena ho potuto", mi avverte, ma lo fermo prima del tempo, portando una mano sulla sua bocca e bloccando le sue parole.

Non mi servivano giustificazioni.

Non mi servivano spiegazioni.

Mi serviva lui.

Ed era lì.

Davanti a me.

Con me. Per me.

Con delle occhiaie scure ad invecchiargli un po' il viso così infantile.

Occhi rossi, probabilmente per il poco sonno vissuto.

Eppure così bello.

Il mio cuore potrebbe scoppiare per te, ne sono certa.

Rimaniamo abbracciati all'ingresso per un tempo indefinito, finché poi Paulo non si stacca, cominciando a muoversi tra le mura di quella casa che aveva imparato a conoscere, nonostante l'avesse vista davvero poche volte.

Probabilmente lo faceva soltanto perché eravamo soli, perché quando c'era anche la mia famiglia non si permetteva neppure di aprire un cassetto della cucina.

Ma in quel momento ero troppo scossa, e stanca, e distrutta, per occuparmi di tutto, e mi godo le sue attenzioni.

Il suo portarmi a letto, dopo aver afferrato una tuta a caso dal mio armadio e avermi spogliato degli abiti scuri indossati fino a quel momento.

Non mi aveva toccata, se non dove poteva.

Non mi aveva guardata, se non negli occhi.

Fissi nei miei, accarezzandomi il viso e le guance infinite volte.

Sorridendomi dolce.

Lo osservo tornare nella mia stanza con una tazza piena di un liquido dorato fumante e dei biscotti al cioccolato, la mia cura nei giorni tristi e in quelli del ciclo.

Me la passa, sistemandosi seduto di fronte a me semi sdraiata, e continua ad osservarmi attento.

"Come l'hai saputo?", gli chiedo, sorseggiando velocemente la camomilla calda.

"Mi ha scritto Ilaria", mi informa, pronunciando male la parola con la doppia, come faceva sempre.

Mi era mancato.

Annuisco, abbassando lo sguardo, un po' imbarazzata dal suo sguardo costante su di me.

"Mangia qualcosa", mi incita, prendendo dalla scrivania i biscotti.

"Non mi va, voglio solo dormire. Davvero", lo informo, posando la tazza mezza vuota sul comodino al mio fianco e mettendomi sdraiata.

Annuisce, decidendo di non insistere, e portando una mano ad accarezzarmi i capelli.

"Allora dormi, niña. Io sono qui, magari faccio mangiare Bruno, preparo qualcosa per i tuoi, dopo. Mi rendo utile. Fammi fare qualcosa", dice veloce, facendo per alzarsi, ma lo blocco.

"Tu – balbetto – Tu stai qui. Stai semplicemente qui con me", chiedo a bassa voce, tirandolo verso di me.

Intreccio una mano con la sua, e lui ricambia la stretta, portando il dorso davanti alla sua bocca per lasciarmi un leggero bacio.

"Certo, Bea. Sono qui, non vado da nessuna parte", mi avverte.

Annuisco, trattenendo un nuovo groppo in gola e incapace di fermarmi dal piangere di nuovo.

Difficilmente sarei riuscita a fermarmi presto.

Mi era capitato, un'altra volta, una cosa del genere.

E per lo stesso motivo.

Quando, dopo un mese dalla perdita di Andrea, ero rientrata in casa sua, e nella sua stanza, assieme alla sua mamma.

In un qualche strano modo, avevo sentito di nuovo il suo profumo, nonostante lui non avesse neppure vissuto gli ultimi mesi nella sua casa.

Ero crollata, tirando fuori tutte le lacrime che per mesi avevo trattenuto, cercando di essere la più forte di tutti, in mezzo a tutte quelle persone distrutte dal dolore.

E probabilmente lo ero stata.

Soffrii tanto, proprio come stava accadendo di nuovo in quel momento, ma poi mi sentii libera.

E parlare di lui non mi faceva più male.

Stava succedendo lo stesso.

E al mio fianco c'era l'unica persona che avrei mai voluto con me, l'unica in grado di vedermi in quello stato.

La mia persona.

Paulo.

Anche se vedermi così lo distruggeva, lo vedevo.

Mi era mancato.

Lo sento avvicinarsi ancora, per poi sdraiarsi con me, che mi giro verso di lui e stringendomi al suo petto, come forse non avevo mai fatto.

Ma lo volevo con me.

Così tanto.

Mi era mancato.

Mi addormento, cullata dalle sue carezze e le sue parole dolci, i baci sui capelli e sulla fronte.

Riscaldata dal calore del suo corpo protettivo contro il mio.

Dal suo amore, di cui per problemi che avrei dovuto imparare a risolvere, mi ero privata.





Come promesso.

Vostra M.

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