Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

Mas que nunca - Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
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Capitolo 20
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Capitolo 30
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Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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29
30
31
32
21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

10 💎

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By DybalasPap810

Non credo esista dipartimento scientifico più grande e dispersivo di quello dell'università degli studi di Torino.

In quelle prime due settimane mi ci ero persa già almeno tre, quattro volte.

Cambiavo aula per quasi tutte le lezioni che dovevo seguire, e spesso quelle che venivano una dopo l'altra si trovavano in edifici diversi, il che mi faceva correre come una dannata per arrivare in tempo.

Avevo conosciuto, oltre a Roberto, qualche nuovo collega, per la maggior parte studenti fuori sede del sud, siciliani e campani, come sempre.

Il più simpatico era Simone, napoletano doc e dalla fede azzurra, eternamente arrabbiato con la Juve che, però, quando avevo il telefono tra le mani per scambiare qualche messaggio con il mio ragazzo, sbriciava e chiedeva un saluto, sempre.

Ovviamente, a Paulo stava già sul cazzo.

Tornavo a casa la sera quasi stravolta, poiché mi rifiutavo di prendere la Jeep di Paulo per muovermi in città, il che mi faceva camminare molto e inseguire circolari per rientrare dopo le lezioni.

Quando mettevo piede all'ingresso di casa, mi veniva fuori sempre un sospiro di sollievo, accompagnato poi dal silenzio assordante che occupava la sua assenza.

Questa pausa nazionali non finiva più, era in mezzo agli arabi da oltre tre settimane, e dopo la discussione avuta la notte a Perugia non avevamo ancora chiarito del tutto, il che non ci permetteva di parlare, o di sentirci molto durante la giornata, come facevamo sempre.

I nostri messaggi vedevano qualche buongiorno o buonanotte, altri in cui insisteva sul prendere la sua auto tutte le volte che volessi, o chiedere al suo amico Nahuel di accompagnarmi ovunque, e lo scambio di qualche foto.

L'ultima che mi aveva mandato lo ritraeva in uno zoo che avevano visitato con la squadra, vicino ad una gabbia dietro la quale un piccolo scimpanzé gli teneva la mano.

Ero letteralmente impazzita, perché credo di provare un amore platonico e quasi folle, per quegli animali bellissimi.


<<No, mamma. Non mi serve un pacco pieno di cibo. Ho ancora le cose che mi hai preparato quando sono partita>> informo mia madre con un messaggio vocale, mentre esco dall'ascensore del palazzo e raggiungo il portone di casa, dopo l'ennesima, lunga giornata.

Tra le chat, un messaggio di Paulo, inviato da pochi minuti.

     Da: Paulo
<<Donde estas,
mi amor?>>

le sue parole, e sto per rispondergli con un altro messaggio vocale mentre apro la porta, ma un rumore di tv accesa dall'interno dell'appartamento mi fa bloccare.

Mancavano ancora cinque giorni al suo rientro a casa, ma se lo avessi trovato dietro la porta, sarei probabilmente scoppiata a piangere perché avrei voluto abbracciarlo dalla fine della videochiamata in cui avevamo litigato, e la distanza tra noi, anche se di poco tempo, non riuscivo più a viverla, né sopportarla, da quando mi ero trasferita da lui.

Perché Paulo era una persona facile da amare, e non averlo con me sempre, a volte arrivava a farmi impazzire.

Apro la porta titubante, con le chiavi in una mano e il telefono ancora aperto sulla sua chat nell'altra, trovando Nahuel e Florencia, la sua nuova ragazza, seduti sul divano di fronte alla tv accesa.

"Nahuel?", lo saluto, probabilmente con un sopracciglio alzato fino all'attaccatura dei capelli.

"Ciao Bea! Non abbiamo le chiavi di casa, tranquilla", esclama ridendo, alzandosi per salutarmi mentre gli vado incontro.

"Ciao! Tranquilli – dico, incurante e salutandoli entrambi – siete con Mariano? O è tornata Alicia?", chiedo, girandomi a lasciare la borsa sul tavolo del salotto.

Ed è li che lo vedo.

Poggiato allo stipite della porta che dà sul corridoio.

Le braccia conserte sul petto.

"Paulo", lo chiamo, quasi a bassa voce e incapace di dire altro, mentre lo osservo dalla testa ai piedi.

Indossa un jeans scuro, delle scarpette chiare ai piedi, la felpa della Saint Laurent bianca.

Ha i capelli un po' spettinati, il viso tirato dal lungo viaggio di ritorno probabilmente conclusosi da non più di un'ora o due, per essere di fronte a me in questo momento e ancora vestito.

Ha tagliato i capelli, ancora una volta.

E' bello, anche oggi.

"Amore mio", mi dice lui, sorridendo dolce, mentre getto la borsa sul divano e gli vado incontro veloce.

Il suo forte profumo di pulito, mischiato al semplice suo odore spazzano via tutta la rabbia e l'angoscia di quei giorni senza di lui, e mi spingono a stringerlo forte a tal punto che lui si lamenta per qualche secondo, per poi scoppiare a ridere e alzarmi dal pavimento per fare un giro.

Allontano il viso dal suo collo caldo solo per guardarlo in faccia, e poi mi attacco alle sue labbra, lasciandogli baci a stampo sparsi su di esse e sul viso.

"L'ultima partita da giocare è saltata e ci hanno mandati tutti a casa prima", mi informa, chiudendo gli occhi sempre con lo stesso sorriso, mentre nella stanza risuona solo il rumore delle mie labbra su di lui, sotto le risate dei nostri amici.

"Che bello. Non mi dispiace per niente", gli dico, facendolo ridere ancora, mentre mi stringe più forte e mi alza ancora dal pavimento.

Mi mette giù pochi secondi dopo, e porta le mani sul mio viso.

Sta per dire qualcosa, poi si ricorda dei suoi amici dall'altra parte della stanza e si gira a guardarli.

Corruga la fronte, come se fosse improvvisamente infastidito, poi sbuffa, prendendomi di nuovo tra le braccia e trascinandomi in cucina, mentre le mie risate accompagnano quelle dell'altra coppia che avevamo abbandonato in salotto.

"Sei un gran maleducato" gli dico, mentre le sue labbra si posano sulle mie nel più dolce e lento dei baci.

Rispondo al contatto allo stesso modo, schiudendo le mie labbra quasi all'istante per permettergli di baciarmi come più voleva, e come più volevo anch'io.

"Mi sei mancata. Questa volta di più", dice a bassa voce, prendendo ad accarezzarmi il viso e spostandomi i capelli lontano dalle guance e dagli occhi.

"Anche tu. Mi dispiace, io..." faccio per dire qualcosa, ma mi interrompe scuotendo la testa.

"Dobbiamo parlare, ma lo faremo dopo. Io ti amo, e questa cosa non cambierà mai. Voglio cenare con te, sapere come sono state le prime lezioni, come ti trovi, come stai, cosa hai fatto senza di me in questi giorni. E poi voglio fare l'amore con te. Abbiamo tutto il tempo. Lo abbiamo sempre", conclude, non aspettando nemmeno una risposta e riprendendo a baciarmi lentamente.

Lo abbraccio, forte.

***


"Perché hai detto a tua madre di non mandarti altre provviste? Che problemi hai?", chiede Nahuel, riempiendosi la bocca con l'ultimo pezzo di pasta al pesto preparato da mia mamma e chiudendo gli occhi, totalmente in estasi.

"Perché Paulo può mangiare meno della metà delle cose che mi manda e io sono a dieta", ribatto io, guardando con pena il piatto di 80 grammi di pasta in bianco di Paulo, che il giorno dopo avrebbe ripreso gli allenamenti con la Juve.

E ingerire carboidrati dopo le 19 era già un reato.

"Allora dalle il mio indirizzo di casa", continua Nahuel, scatenando una risata generale, mentre Paulo gli lancia addosso un tovagliolo accartocciato.

"Quando mi porterai in giro per Torino?", chiede poi dolcemente Florencia, con la quale mi ero promessa di passare del tempo insieme, senza poi essere riuscite a farlo davvero.

"Quando la conoscerò meglio anch'io", scherzo, facendola ridere.

"Domani ho allenamento solo al mattino. Potremmo fare un giro tutti insieme nel pomeriggio", propone Paulo, strattonando il braccio del suo amico, senza però calcolare che potrei avere degli impegni.

"Domani ho lezione fino al pomeriggio, io. Poi, con Simona...", comincio a dire, ma la sua voce mi interrompe.

"Allora vorrà dire che verrò a prenderti all'università, e raggiungeremo loro in centro", continua lui, con un tono che non ammette repliche, e guardandomi negli occhi con attenzione.

Voleva dimostrarmi che voleva passare tutto il tempo che poteva avere a disposizione insieme, in qualsiasi modo, e in qualsiasi posto.

Io, invece, ero pronta a dirgli che dopo lezione avrei raggiunto Simona, per studiare da lei, ma non mi sembra più il caso.

"Potrebbe raggiungerci Simona, se vuole", tenta poi, con tono più dolce.

"Va bene, va bene", mi arrendo, sorridendo al segno di vittoria di Florencia e alzandomi per togliere qualcosa dalla tavola apparecchiata.

"Devi troppo vedere il monte dei Cappuccini. Nahuel mi ha detto che ancora non ti ci ha portata. Che razza di fidanzato ti sei scelta?", ascolto distrattamente il discorso tra Paulo e Florencia, la musica latino americana in sottofondo che ci aveva accompagnati per tutta la cena, mentre lavo i piatti e pulisco la cucina, cosa che va avanti finché i nostri amici non vanno via e Paulo li accompagna fino alla porta.

Lo vedo avvicinarsi allo schermo della tv e cambiare musica con il suo cellulare, e pochi secondi dopo la voce di Jovanotti riempie le mura di salotto e cucina.

Lo vedo girarsi verso di me, e cominciare ad avvicinarsi sorridendo, facendo il giro della penisola e mettendosi dietro le mie spalle, mentre sono intenta ad asciugare le ultime posate con uno straccio umido.

Un secondo dopo le sue mani mi avvolgono i fianchi, e il suo profumo, così forte e familiare, mi invade le narici.

La sua guancia accarezza la mia, mentre la stretta delle braccia si fa più forte, poi il suo viso si abbassa sul collo a lasciare un solo, singolo bacio, tra il collo e la spalla, mentre "Chiaro di Luna" comincia a risuonare nella stanza.

"Balla con me", sussurra, togliendomi dolcemente lo straccio dalle mani e tirandomi indietro, nello spazio tra la penisola e il resto della cucina.

Mi gira verso di lui, mentre le mie labbra si alzano istintivamente all'insù perché sta cominciando a cantare, e diciamo che il canto non fa molto per lui.

Ricambia il mio sorriso, portando le mie braccia sulle sue spalle e posando le sue sui miei fianchi, e comincia a muoversi a ritmo di musica, senza mai, nemmeno per un secondo, mettere fine al contatto con i miei occhi.

"Non c'è niente al mondo che mi deconcentri, non c'è cosa bella dove tu non c'entri", canta ancora, avvicinandosi al mio viso a lasciare un bacio sulla punta del naso.

Porta la bocca al mio orecchio, avvicinandomi ancora a lui, respirando forte sui miei capelli.

"Ma di aver ragione non mi frega niente. Voglio avere torto mentre tu mi baci, respirare l'aria delle tue narici", sento la sua voce ovattata, totalmente sconfitta dal sentimento che mi lega a lui, che non mi permette di restarci arrabbiata per molto.

Lo stringo più forte, consapevole di averlo di nuovo con me dopo settimane in cui mi è mancato come l'aria.

Mi allontano dal suo corpo per poterlo osservare.

Così bello, e sincero.

"Che insieme si può andare lontanissimo. Guardami negli occhi come fossimo, complici di un piano rivoluzionario. Un amore straordinario", sussurra infine, lasciandosi andare alle mie labbra che cercano le sue, fameliche.

Alle mie mani che lo toccano, lo spogliano.

Al mio corpo che lo desidera, come sempre, bisognoso di averlo.

E risponde, trascinandoci in camera, a dimostrare quanto ci fossimo mancati.

***

"Diciamo che, per fortuna, sei nato calciatore e non cantante", lo prendo in giro, mentre lo osservo, sdraiato di lato verso di me, un braccio a tenersi la testa, l'altro posato sulla mia pancia.

Scoppia a ridere, scuotendo la testa e abbassandola sul mio seno ancora scoperto.

"Tu non sai nemmeno dove stia di casa il romanticismo, o la dolcezza", risponde, toccandola piano sulla totale inesistenza della tenerezza nel mio carattere, e nel mio cuore di ghiaccio.

Che però era capace di sciogliere soltanto lui, com'era capitato esattamente poco prima.

Lascia un bacio sul mio seno, mentre gli passo una mano tra i capelli morbidi.

"Non dovevamo parlare noi?", chiede poi, alzando la testa a guardarmi, sulle labbra quel sorriso di chi sa che non serve a molto, farlo ora.

"Sei ancora arrabbiato con me?", gli chiedo, portando una mano sul suo zigomo sinistro.

"E tu?" chiede lui, ignorando la mia domanda.

"Io non ero arrabbiata con te. Ho detto cose che non pensavo, e non ero abbastanza lucida da fermarmi in tempo" gli confesso.

"Lo so. Non è la prima volta che lo fai, perché ultimamente, quando ti senti accusata, ti metti sulla difensiva, e hai bisogno di accusare qualcun altro che non sia tu", analizza attentamente, smettendo di guardarmi e buttandosi di schiena sul letto di fianco a me.

"Ah, e sei diventata permalosa, quando hai sempre detto che odi le persone permalose, eppure te la prendi allo stesso modo quando ti si dice qualcosa che non ti piace", continua, con lo sguardo fisso sul soffitto, mentre butta fuori tutto quello che forse avrebbe voluto dirmi quella sera al telefono, mentre a dividerci c'era anche un continente.

"Hai finito?", gli chiedo, infastidita, girandomi a guardarlo.

"Lo vedi? – chiede – Lo hai fatto di nuovo. No, non ho finito", dice, alzandosi velocemente e mettendosi seduto dal suo lato del letto.

"Da quando pensi a quello che faccio quando sono fuori con i miei amici? Da quando ti fai problemi del genere, e ti preoccupi di controllarmi?" chiede, gesticolando animatamente da vero italiano.

"Io non ti farei mai una cosa del genere. Non lo farei mai", dice, facendosi avanti di qualche centimetro, per sfiorarmi in qualche modo.

Per farmi capire che il suo era un modo per spiegarmi.

Per farmi capire e basta.

Per togliermi ogni dubbio.

"Non sono più il ragazzino arricchito che sa di poter avere tutto quello che vuole - continua, prendendo le mie mani tra le sue e avvicinandosi ancora.

"Non sono più quella persona lì. E non ti farei mai niente di quello che hai, purtroppo, pensato di me quella sera -  conclude, con lo sguardo fisso nel mio e la lingua ad inumidirsi le labbra rosee.

"E di te sono geloso, sì, mucho. Perché so come possono comportarsi gli altri nei tuoi confronti, o come possono guardarti, e la cosa mi fa impazzire. Perché l'ho fatto anch'io", dice poi, sdraiandosi di nuovo al mio fianco, avvicinando il suo viso per sfiorare il naso con il mio.

"Non mi interessa di nessun'altro al mondo. Non guarderei con occhi diversi nessun altra persona al mondo, se non te", gli confesso, completamente in colpa per averlo fatto sentire come si è potuto sentire in questi giorni.

Come se non mi fidassi di lui che, invece, non aveva mai fatto in modo che potessi pensar male di un suo comportamento.

"Nemmeno io", sussurra lui, sorridendo timido e rompendo i nostri sguardi nascondendo il viso nell'incavo del mio collo, improvvisamente intimidito dall'intimità del nostro discorso.

"Ti amo, e mi dispiace se la mia dolcezza fa schifo", confesso colpevole, facendolo scoppiare a ridere, mentre le sue labbra si posano lievemente sulla mia pelle, a lasciare una scia di baci leggeri.

"Mas que nunca"





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Grazie davvero.

M.

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