Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

Mas que nunca - Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
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Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

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By DybalasPap810







Perugia mi era mancata.

Un po' meno le urla delle persone sotto la mia vecchia casa universitaria a tutte le ore del giorno e della notte.

Ma mi era mancata.

Mi era mancata la sua tranquillità, il suo essere così semplice, nonostante la sua importanza a livello universitario, poiché accoglieva la maggiore percentuale di studenti stranieri d'Italia.

Ci avevo vissuto due lunghi anni, e mai avrei pensato di poterla abbandonare prima del tempo.

Ma, si sa, spesso la vita ti mette di fronte a scelte inaspettate e, tornando indietro, e nonostante le liti o la convivenza che non era affatto una cosa semplice, rifarei la stessa scelta altre mille volte.

Anche in una prossima vita.

Per lui.

Dopo mesi, avevo rivisto il mio ateneo, le aule nuove e allo stesso tempo consumate un po' dal tempo.

Avevo rivisto alcuni colleghi e ne avevo incontrati altri con i quali non mi ero mai trattata, ma che improvvisamente mi salutavano con calore.

Mi ero seduta, per l'ultima volta, di fronte ad un professore dall'accento umbro ed avevo esposto tutto quel che avevo imparato da quel libro che mi aveva consumata, in quell'ultimo, difficile mese.

La sensazione finale era sempre sublime, ed è sempre un immenso, unico piacere, provarla.


<<Quest'agonia è finita, finalmente>>, è l'esordio di Paulo in videochiamata, una volta tornata a casa con Alessia, che era pronta a preparare 200gr di pasta a testa per festeggiare l'esame passato.

Il suo viso, illuminato dal caldo sole dell'Arabia Saudita, in cui era in ritiro con la sua Nazionale, era ancora più dolce e bello.

O forse ero io, in quel momento, che vedevo tutto diversamente.

<<Ora conosci anche tu, la Bea insopportabile pre-esame, Paulo>> è il saluto di Alessia, mentre si affaccia sullo schermo del cellulare per salutarlo.

Lui scoppia a ridere, battendosi poi una mano sulla fronte.

<<Facciamo che te la spedisco indietro in quel periodo, va bene?>>

<<E' che non crede mai in se stessa, né nelle sue capacità. Non ce la farà mai a capire che è brava e alla fine ce la fa sempre>>

Le parole di Alessia mi risuonano nella testa, mentre io e Paulo ci scambiamo uno sguardo complice e consapevole di quanto, forse, sia vero quello che dice.

Lui annuisce, per poi guardarmi in una maniera così dolce da farmi venir voglia di baciare lo schermo.

Mi alzo, lasciando Alessia in cucina e chiudendomi nella sua camera, mentre Paulo, nello stesso tempo, raggiunge la sua, che condivide con Gonzalo.

<<Quanto rimani lì?>>, mi chiede, dato che in quei giorni non avevamo avuto modo di parlare molto, per gli impegni di entrambi e il fuso orario.

<<E' venerdì. Giusto questo fine settimana. A Torino non c'è praticamente nessuno e le lezioni cominceranno tra due settimane. Così qui rivedo anche qualche amico>>, lo informo.

<<Amico, come... ehm, Mattia?>>, chiede curioso, e sbagliando il suo nome per l'ennesima volta.

<<Di Mattia ne conosci solo uno, e quello è il tuo compagno di squadra. Non ce la fai proprio a dire Matteo?>>

<<Che fa, è lo stesso>>, ribatte, con un'alzata di spalle.

<<Non è vero, a te dà fastidio quando ti chiamano Paolo e non Paulo>>, dico, facendolo ridere.

<<Peccato che io non sia lì con te, mi avrebbe fatto piacere rivederlo>>, annuncia poi.

<<Non è vero>> ribatto, battendo una mano sulla fronte di fronte alla sua ennesima risata.

<<Però è vero che mi dispiace non essere lì con te. Solo per dirti quanto sia fiero, di te>>

Lo guardo, e il suo sorriso sincero e dolce potrebbe farmi scoppiare il cuore, in mille pezzi, soltanto per lui, e per quello che mi provocava con le sue parole improvvise.

Si avvicina di più alla fotocamera, i suoi occhi fissi nei miei, sulle labbra lo stesso sorriso.

<<Sono davvero fiero di te niña . Y te extraño, mucho>>, sussurra poi.

Mi copro gli occhi, scuotendo la testa piano, e totalmente sconfitta dalla timidezza che non riuscivo a nascondere di fronte ad ogni suo complimento.

Perché aveva l'abilità di farmeli in maniera inaspettata e senza preavviso, ma sempre, sempre, nel momento in cui più ne avevo bisogno.

E perché era capace di sciogliere in pochi attimi il mio cuore di ghiaccio, la maggior parte delle volte freddo e privo di emozioni.

A eccezione di quando si trattasse di lui.

Che me lo gonfiava d'amore, il cuore.

<<Ti avvicini a sussurrare per non farti sentire dal tuo compagno di stanza?>>, gli chiedo, stringendo gli occhi per nascondere l'emozione visibile su di essi.

<<Pues – ammette, allontanandosi e sdraiandosi sul suo letto – Io non faccio queste cose>>, aggiunge con un finto tono indifferente.

Sento Alessia chiamarmi dalla cucina, avvisandomi che per la troppa pasta sulla pentola ha bisogno di una mano, ed io e Paulo ridiamo insieme.

Anche lei mi era mancata.

<<Te amo>>, gli sussurro, alzandomi velocemente per raggiungere la mia ex coinquilina, e chiudo la chiamata solo dopo la sua solita risposta.

<<Yo mas>>.

***

"Vi prego, vi prego, basta", esclamo ridendo all'ennesimo shot buttato giù nel locale in cui avevamo deciso di festeggiare, più per esserci ritrovati, che per l'esame in sé.

"Non esiste. Hai troppe cose da raccontarci, e da ubriaca parli molto di più, miss. Dybala", è la risposta di Matteo.

"Non ho niente da raccontare, e tu sei una cazzo di checca", lo strattono con una spalla, ridendo ancora, mentre mi guardo intorno.

Erano mesi, che non vivevo serate del genere.

Sparare cavolate, ribellare un semplice locale riempiendolo delle nostre risate, fino alle lacrime, bere, ricordando i momenti tristi e belli vissuti insieme, nello stesso posto, per gli stessi motivi, provare nostalgia e bere ancora brindando a essa.

Guardo tutti i miei ex colleghi, le mie ex coinquiline, gli amici di qui, rendendomi conto che, nonostante siano cambiate tante cose, insieme siamo sempre gli stessi.

Folli, ma sempre gli stessi.

"Come va la vita a Torino? Cosa si dice?" chiede Katia, passandomi del fumo.

Aspiro, lentamente, attenta a non tossire perché non lo facevo da un anno, quasi.

Però volevo così tanto godermi quell'unica, e forse ultima serata, che potevo vivere con loro, che non mi ero posta limiti.

"Non è ancora cominciata, in realtà. Mi sono goduta così poco la città, tra i miei impegni e quelli di Paulo, che non posso ancora dire di conoscerla davvero", li informo, buttando fuori il primo, lungo tiro.

Il suo odore forte non rientrerà mai tra i miei preferiti.

"Mia sorella ha fatto la tua stessa pazzia, qualche anno fa – continua lei – aveva perso la testa per un riccone polentone ed era scappata da lui pochi mesi dopo l'inizio della loro relazione. E' stato un incubo".

Parla lentamente, e con quella voce melodiosa e da racconto, come se dovesse raccontarla lunga a chi non sa quel che gli aspetta.

La guardo con la fronte corrugata, chiedendole indirettamente dove voglia andare a parare.

"Non guardarmi così – annuncia poi, alzando le mani in segno di innocenza – voglio soltanto avvisarti. Non è tutto oro quello che luccica. Dopo pochi mesi è scappata via, umiliata dalle abitudini del ragazzo", continua il suo racconto, riprendendosi il suo fumo e passandomi un altro shot.

"Ai ricconi polentoni", brinda poi, sbattendo il suo piccolo bicchiere contro il mio.

"Paulo non è un riccone polentone. E mi dispiace per come sia andata a tua sorella", rispondo a tono, ricambiando il brindisi e buttandolo giù.

"Era un calciatore. E la notte faceva tardi per i festini organizzati a casa del tuo Dybala, mentre la sua ragazza tornava per un po' in Argentina".

Quasi mi strozzo con l'ultimo sorso, mentre Alessia scatta in piedi, prendendomi la mano per farmi alzare come lei.

"Bene, è stata una bella serata. Era un po' che non accadeva, e non mi aspettavo di ritrovare le stesse persone di sempre... o forse quasi tutte", punta lo sguardo verso Katia, chiedendole in un silenzio assordante il perché di quelle parole.

A volte il fumo e l'alcool ti fanno parlare troppo.

Matteo ci segue a ruota, alzandosi e afferrando le nostre borse dai divanetti, per poi passarcele.

Afferra il suo fumo dal tavolo, scavalcandolo poco dopo e affiancandoci.

"Noi andiamo, domani Bea deve partire presto e tornare dal suo ragazzo. Non riescono a stare lontani per più di qualche giorno, che carini", continua poi, mentre il mio sguardo non si muove di un millimetro da Katia.

"Alla prossima, Bea. Spero di rivederti, e magari, sempre di passaggio", mi augura, alzandosi per salutarmi per bene.

"Le persone, però, non cambiano mai", sussurra, nel momento in cui scioglie l'abbraccio, guardandomi dritta negli occhi.

***

Quando metto piede nel letto della mia amica, sospiro di sollievo.

Devo smetterla di esagerare, quando posso permettermelo.

Sono sollevata al fatto che sia notte fonda, così da non dovermi far vedere da Paulo completamente brilla e con due pupille un po' più grandi del solito.

E devo comprare un nuovo cellulare, dato che il mio mi abbandona all'improvviso per batteria scarica, anche quando non lo è.

Quando riprende vita, lo schermo si riempie di notifiche da parte dello stesso destinatario, il quale, rassegnato, era arrivato ad un monologo solitario in cui si spiegava le mie mancate risposte.

     Da: Paulo
<<Appena torno
ti compro un
telefono nuovo>>

<<E se ti azzardi
a opporti
mi senti!>>

il suo ultimo messaggio di due ore fa, che mi fa ridere, immaginandolo infastidito.

Decido di rispondergli, consapevole che, per l'ora tarda e le due ore di fuso orario con l'Arabia Saudita, lo avrebbe letto la mattina, che lì sarebbe arrivata tra poco.

<<Hai ragione,
vado a comprarlo
appena rientro
a Torino>>

<<Buonanotte,
o buongiorno.
Ti amo>>

Non faccio in tempo a chiudere la chat che il cellulare comincia a vibrare, mostrandomi il suo nome.

Cosa ci fai sveglio?

<<Dios, me estaba volviendo loco. ¿Dónde diablos estabas?>>, esordisce, cercando di mantenere un tono di voce basso, ma fallendo miseramente.

Me lo immagino, scattare in piedi e raggiungere il bagno, per potersi arrabbiare come voleva, e la cosa, non so perché, mi fa ridere, rischiando di svegliare anche Alessia, che era crollata non appena aveva poggiato la testa sul suo cuscino.

<<Eh?>>, rispondo d'istinto, incapace in quel momento di comprendere la sua lingua.

Mi stai davvero parlando in spagnolo alle 3 del mattino dopo aver perso il conto delle cose che ho bevuto?

Lo trovavo solo estremamente eccitante.

<<Riesci a parlare, almeno? Quanto hai bevuto? E dove cazzo sei stata fino a ora?>>, comincia Paulo.

Il suo tono serio mi fa scattare in piedi, mentre raggiungo il salotto per poter parlare con lui tranquillamente.

O almeno provarci.

<<Certo che riesco a parlare. E che cosa ci fai sveglio tu?>>

<<Scusa se perdo notizie della mia ragazza per ore e le ultime storie in cui l'ho vista mi sembrava molto euforica>>

<<Mi stai seriamente facendo la ramanzina?>>, gli chiedo, cercando di trattenermi dallo scoppiare a ridere.

Se lo facessi, mi chiuderebbe in faccia.

<<Non ce la fai proprio a capire che mi preoccupo quando non sono con te in serate del genere?>>, chiede retorico.

<<Ti preoccupi perché bevo, o perché non ci sei tu a controllarmi con altri ragazzi? Vuoi sapere se sono stata con Matteo? Se c'erano altri uomini? Volevi videochiamarmi mentre ero fuori per verificare con chi fossi?>>, parto con le domande a raffica, infastidita dal suo tono e dal suo comportamento da padrone che deve avere tutto sotto controllo.

La sua risata amara in risposta aumenta ancor di più la mia rabbia.

<<No, pero bueno, aspetta. Sei arrabbiata con me? Tu esci a bere con i tuoi amici, sparisci per ore e io non so dove sei né quello che fai, ti ubriachi, mentre io sono in un altro Paese a cui si aggiunge anche del cazzo di fuso orario, e tu sei arrabbiata con me?>>, chiede infastidito.

<<Nemmeno io so quello che fai>>

Tiro fuori le parole ancor prima di pensarle davvero.

Mai avrei voluto dirle davvero, perché è forse uno dei pochi ragazzi che avvisano su ogni cosa che fanno.

Al contrario di quanto si pensi.

Lui lo aveva sempre fatto, soprattutto quando vivevo ancora qui, e abbandonava il telefono solo in quelle serate tra amici che si permetteva poche volte.

Ma le parole di Katia mi risuonano forti nella festa, e un senso di angoscia nell'immaginare lui in una casa con amici e qualche ventenne intorno a loro mi fa parlare senza accorgermene, e avercela con lui senza un motivo in particolare.

<<Che vuoi dire?>>, chiede serio.

E' normale avere conversazioni del genere a quest'ora della notte?

<<Nemmeno io so quello che fai quando sei con i tuoi amici, le feste private, chi c'è lì con te>>

Scoppia a ridere ancora, ed io sto per dargli un pugno dal cellulare.

<<Dio, hai bevuto davvero tanto, Beatrice>>

<<E tu devi smetterla di comportarti in questo modo, e di pretendere di controllarmi così>>

<<Tu però puoi uscire con chi vuoi, bere con chi vuoi, fumare erba e poi tornare a casa e parlare delle mie rare uscite con gli amici, tra un allenamento e l'altro che non mi permette nemmeno di bere una cazzo di RedBull – aumenta il tono di voce man mano che va avanti con il suo monologo, poi si ferma un attimo, per sbuffare rumorosamente, stanco – Scusa se mi preoccupo che possa succederti qualcosa, visto che conosco i tuoi limiti e so che ti piace superarli e puntualmente, lo fai sempre quando non ci sono io. Non è te che voglio controllare, ma chi ti sta intorno, perché so che possono guardarti come ti guardavo io quando volevo conoscerti>> butta fuori tutto d'un fiato.

Resto interdetta, riconoscendo quanto, purtroppo, abbia ragione in tutto quello che dice.

<<Paulo, io – cerco di formulare una frase di senso compiuto, ma mi interrompe ancora.

<<Escucha, vai a dormire, che è meglio per tutti. Magari ne riparliamo quando siamo lucidi entrambi, e in questo momento penso di non esserlo più nemmeno io, perché non ho dormito, e in questo cazzo di posto è quasi mattina. Ci sentiamo>>, comunica, staccando la chiamata ancor prima che possa almeno salutarlo.

Potrei richiamarlo, e dire che sì, ne riparleremo con calma, di persona e come due adulti, ascoltando l'uno le lamentele e le riflessioni dell'altro, ma non sono sicura di riuscire a dire cose sensate, dopo che lui mi abbia smontato in questo modo.

Ritorno a letto, in silenzio e con una strana preoccupazione che non smette di starmi addosso dalle ultime parole sussurrate da Katia.

E le mie dita si muovono da sole sullo schermo del cellulare, aprendo Instagram e cominciando a controllare commenti sotto i miei post delle foto con Paulo, sotto le sue, foto in cui viene menzionato, come se delle semplici parole possano sfatare i miei dubbi, o i cattivi pensieri che si sono costruiti nella mia testa e che, ora come ora, lui non merita affatto.

"Katia è una stronza. Non darle retta", nella stanza risuona la voce di Alessia, che probabilmente era stata svegliata dalla mia voce alta in salotto e aveva seguito le mie mosse dopo.

"Dormi, adesso. E poi ne parlerai con lui quando sarete insieme", continua, prendendo il mio telefono dalle mani e posandolo sul suo comodino.

Si gira poi a guardarmi, infondendomi il suo solito sguardo rassicurante che tanto mi aveva aiutato in tutti i miei momenti di sconforto e che tanto mi era mancato, da quando non vivevo più con lei.

Così come mi era mancato tutto quello che, in quei pochi giorni, avevo vissuto di nuovo in quella città.

Indipendenza compresa.

"Non hai nulla da temere", sussurra, e vorrei esserne così sicura anch'io.

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@paulodybala ha iniziato a seguire @sarahmarchisio @sarahmarchisio ha iniziato a seguire @paulodybala
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Le sue labbra erano una tentazione, e lui le bramava più di ogni altra cosa. (paulo dybala)