Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

Mas que nunca - Capitolo 1
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Capitolo 3
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Capitolo 5
Capitolo 6
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Capitolo 9
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Capitolo 51
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Capitolo 53
Capitolo 54
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Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

3

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By DybalasPap810




"La smetti di farmi fare tutte queste foto? Sei un calciatore o un modello?", chiedo a Paulo, ridendo e passandogli il cellulare, mentre si siede di fianco a me in riva al mare, dopo una finta posa naturale con il mare alle spalle.

"No. Devo far sapere ai miei fans che sono vivo e vegeto e devo mettere like ai commenti hot delle ragazze"

Afferra il telefono, riguardandosi le foto con il sorriso compiaciuto e convinto di chi la sa lunga.

Che buffone.

"Non farti tanto il figo. Ho delle foto molto brutte di te che potrebbero rovinarti", lo avviso, spintonandolo con la spalla e facendolo ridere.

"Io non sono mai brutto", ribatte convinto.

"Meno male siamo all'aria aperta, così le stronzate volano via prima – confesso, mentre la sua risata si fa più forte e mi osserva alzarmi, proprio davanti a lui – "Ti lascio ai commenti delle tue fan, io vado a farmi un bagno", lo informo poi, dandogli le spalle e sentendo il suo sguardo addosso finché l'acqua non mi arriva fino in vita.


Quando mi raggiunge, poco dopo, il suo petto freddo e bagnato a contatto con la mia schiena ancora asciutta, mi fa sussultare, le sue labbra morbide sulla mia spalla sinistra, scottata da queste, più che dal sole caldo.

"Postata la foto?", gli chiedo, girandomi verso di lui che poggia le braccia sui miei fianchi, scuotendo la testa.

"Lo farò dopo. Ero troppo impegnato a guardare una bella ragazza tutta sola in acqua", confessa, stringendo la presa e sfiorando il suo naso con il mio.

"Ah sì? E perché non l'hai raggiunta?", scherzo, portando le mie braccia sulle sue spalle.

"L'ho fatto, ed ora è proprio davanti a me", dice, avvicinandosi di più per abbracciarmi, le sue braccia forti ad avvolgermi la schiena, la sua testa nell'incavo del mio collo.

"Sei un paraculo", confesso al suo orecchio, stringendolo allo stesso modo.

"Ti amo anch'io", sussurra a voce bassa, facendomi ridere dolcemente.

Si tira indietro per baciarmi con dolcezza, lentamente e incurante di chi possa vederci scambiarci effusioni.

Era la nostra prima vacanza insieme, da soli. Dopo mesi in cui non abbiamo fatto altro che venirci incontro, nonostante gli impegni e la distanza, sempre pronta a tenerci lontani nei momenti peggiori.

Eravamo finalmente liberi dai nostri impegni, e senza nessuno pronto ad interromperci, tranne gli impiegati dell'hotel, che la sera prima ci avevano fatto saltare il piano di chiuderci in stanza ad amarci tutta la notte, perché avevano organizzato una cena per il super ospite del posto, Paulo Dybala.

Rispondo al suo bacio, intrecciando le mani dietro il suo collo e avvicinandomi quanto più possibile al suo corpo.

Si stacca poco dopo con un sospiro, nascondendo di nuovo il viso tra i miei capelli.

"Bene. E ora come facciamo?", chiede, sussurrando sul mio collo.

Mi allontano per guardarlo interrogativa, capendo il motivo delle sue parole solo nel momento in cui avvicina il suo bacino al mio.

"Ah"

La mia risposta lo fa sorridere nervoso, mentre stringe la presa attorno ai miei fianchi e mi trascina di qualche passo più avanti.

"Lo vedi, cosa mi fai?" sussurra, prendendo a baciarmi disordinatamente il collo.

Rido, avvolgendo le gambe attorno ai suoi fianchi e sentendo maggiormente la sua eccitazione, facendolo sospirare ancora.

"Mi sa che dovrò farmi una nuotata da solo – dice poi, facendo per allontanarmi da lui – Ti raggiungo tra poco e..." blocco le sue parole posando un dito sulle sue labbra, e posando le mie sul suo collo, guardandomi intorno per rendermi effettivamente conto di essere soli e lontani da occhi indiscreti.

Scendo con la mano sul ventre, per poi spostare il suo costume scuro; nel frattempo, la mia lingua segue la linea del suo labbro superiore, facendolo sospirare piano.

"Bea, non..."

"Fidati di me", lo tranquillizzo, prendendo a baciarlo piano e zittendolo cominciando a muovere la mia mano su di lui.

Trattiene il fiato qualche attimo, poi stringe forte le mie cosce attorno ai suoi fianchi e nasconde il viso nel mio collo. Va incontro alla mia mano, poi mi lascia fare, e i suoi respiri corti sono l'unica cosa che avverto finché, lasciandosi andare, non si abbassa del tutto in acqua, portandomi giù con lui.

"Sei pazza. Cazzo, se ti amo", dice poi quasi euforico, prendendo a baciarmi il viso e la bocca e bloccando le mie risate quando lo sento infilare una mano negli slip.

Stringo forte i suoi capelli tra le mani, chiudendo gli occhi e abbandonandomi a lui.

***

Mi risveglio sbavando per questi ricordi dell'ultima vacanza trascorsa per un suono tonfo del mio cellulare che cade a terra dal mio posto a sedere nel treno su cui sto viaggiando. Un leggero strato di sudore si forma sulla parte alta della mia fronte, mentre la mia mano destra stringe i lembi della mia maglia chiara e stropicciata. Nelle orecchie, Gazzelle canta "Sopra", stordendomi ancor di più dal sogno che sarebbe meglio non raccontare a nessuno.

Ormai ci ero talmente tanto dentro, che arrivavo addirittura a sognarlo.

Ero diventata anche, ormai, una di quelle fidanzate che, presa dalla nostalgia o dall'amore incondizionato, postava storie o foto dal nulla elogiando il proprio uomo.

Che patetica.

L'uomo seduto di fronte a me alza gli occhi dalla lettura del suo libro, guardandomi interrogativamente.

Spero di non aver detto né fatto nulla di strano.

Recupero il mio cellulare da terra, regalandogli poi un sorriso di assenso, dopo aver letto il nome del libro.

Leggeva uno dei miei scrittori preferiti.

Poi torno con l'attenzione sul cellulare, sorridendo spontaneamente alla schermata di blocco che ritrae ancora me e lui, in uno dei tanti scatti fatti in quei giorni insieme.

Si, ero diventata davvero patetica.

Dopo la Grecia, Paulo aveva ripreso gli allenamenti subito ed io ne avevo approfittato per tornare un po' a casa mia, anche se quella vacanza ci aveva resi ancora più uniti, e stabili, insieme, a tal punto che già soltanto dopo qualche giorno lontana da lui, sentivo il bisogno di averlo con me.

Inutile dirlo, ma le videochiamate tra di noi diventavano sempre un affare di stato, perché si mettevano in mezzo i miei amici, la mia famiglia, e in qualcuna anche i suoi compagni di squadra, Cristiano Ronaldo compreso che, in un italiano stentato, si era presentato a me dolcemente, chiedendomi il perché avessi scelto un ragazzo tanto stupido, che quel pomeriggio durante l'allenamento si divertiva a fare gavettoni.

Solo la sera, quando decidevo di non uscire con gli amici di una vita, potevamo dedicarci un po' a noi, parlando per un tempo indefinito di tutte quelle cose che avevamo modo di fare per noi, quando non eravamo insieme.

Il rientro a Torino sarebbe stato il vero e proprio inizio della nostra convivenza.

Il momento in cui tornavo da lui a Torino, ma definitivamente.

Senza una scadenza di giorni dopo i quali ci saremmo divisi, ma in maniera permanente.

E per quanto la cosa potesse eccitarmi e spaventarmi allo stesso tempo, partire e lasciare casa, mettendo fine alle vacanze, era una cosa che ogni volta mi distruggeva emotivamente.

I rientri peggiori erano quelli sul finire dell'estate, e quelli dopo le vacanze natalizie.

Più volte era successo che, messo piede in casa dopo un lungo viaggio di rientro, scoppiassi in un pianto liberatorio. Di stanchezza, nostalgia e disperazione per lo studio matto e disperatissimo che mi aspettava.

Ma niente era paragonabile a quello che provavo ogni volta in cui arrivava il momento, come era successo in tutti quei mesi precedenti, in cui dovevo separarmi da Paulo.

Era la parte peggiore di una relazione a distanza.

E questa parte peggiore, oggi, era finalmente finita.


     Da: Paulo
<<Non potrò esserci
in stazione quando
arriverai. Ci sarà
un'autista per te
ad aspettarti.
Una volta nel
palazzo, Maurizio
ti aiuterà con la valigia.
A dopo amore mio>>

il messaggio di Paulo mi fa sbuffare, certa che ritrovarmi a casa sua da sola nel mio primo arrivo definitivo non sarebbe stata una cosa tanto entusiasmante.

<<Mi fai portare a
casa da un auto
blu come un politico?
Va bene, poi però
la valigia piena
del tuo cibo
preferito preparato
da mia madre
te la svuoti tu,
amore mio>>

Mia madre non aveva ancora ben capito che due ragazzi che vanno a convivere non hanno più bisogno del cibo preparato dalla mamma e conservato in appositi barattoli sterilizzati. A maggior ragione se il ragazzo della coppia era un calciatore, e che viveva da solo ormai da anni, con la madre in un altro continente.
Ma, come già detto, lei e Paulo si adoravano a vicenda, e Paulo aveva sorriso come un bambino felice di fronte alla sua frase in cui lo informava di tutte le cose che aveva preparato, per lui.

     Da: Paulo
<<Che bello,
stasera la chiamo
per ringraziarla>>

Ecco, appunto.

Ad aspettarmi sotto casa di Paulo, come promesso, c'è Maurizio, il portinaio, che mi accoglie con un sorriso enorme, togliendomi dalle mani la valigia, la borsa, e che per poco non mi porta di fronte la porta di casa in braccio.

"Bentornata, Beatrice – mi dice dolcemente – il signor Dybala questa mattina era emozionatissimo, non vedeva l'ora di rivederla", conclude poi, sorridendo ancora e porgendomi le chiavi di casa.

Tiro fuori dalla borsa uno dei primi regali portati da casa, un vassoio pieni di dolci fatti da mia madre per lui e la sua famiglia, e lo ringrazio, emozionata.


Quando metto piede in casa, trovo Paulo in fondo al salotto, alzato quasi sulle punte e impegnato a sistemare un palloncino bianco sul muro, unendolo ad altri per circondare la scritta "Benvenuta a casa" a caratteri cubitali in rosso di quegli articoli da festa.

Al centro del salotto, la tavola è apparecchiata con una tovaglia bianca, due piatti accompagnati dalle posate poggiate accuratamente di fianco, due calici trasparenti, due flut, del vino rosso e dello champagne, entrambi ancora chiusi. Un piccolo girasole, posato di fianco ad uno dei due piatti posti uno di fronte all'altro.

Per terra, quasi accartocciata, un'altra scritta come quella attaccata al muro, questa volta sul rosso spicca "Welcome Back".

Il rumore della mia valigia lo fa bloccare, facendo cadere il palloncino che proprio non ne vuole sapere di mantenersi al muro, e lo osservo girarsi velocemente, sistemandosi la maglietta scura sulle spalle, che si era inevitabilmente alzata.

Mi guarda, fermandosi un attimo sui suoi passi e osservandomi all'ingresso.

"Ciao", esordisce felice, prendendo poi a guardarmi dalla testa ai piedi.

La mia valigia in bilico poggiata sulla mia gamba destra, la mia borsa nera che mi stava scavando una spalla, la mia – sua – maglietta bianca sporcata poco sotto il seno perché non sarei mai stata capace di mangiare panini in treno e i jeans chiari quasi bagnati dal sudore.

Il mio viso era probabilmente devastato dal lungo viaggio affrontato in quelle ore, i capelli lavati il giorno prima mandati a farsi fottere, assieme al poco trucco per rendermi presentabile.

Non avrei mai potuto essere più brutta che in quel momento, nonostante i miei inutili tentativi di sistemare qualcosa durante il viaggio in auto verso casa sua, una volta arrivata in città.


Guarda che cessa ti ritrovi come fidanzata.


"Sei bellissima", aggiunge poi, venendomi incontro e spingendo via la valigia che mi sarebbe caduta addosso da un momento all'altro.

Butto via anche la borsa, lasciandola cadere dalle mie spalle e faccio un singolo passo verso di lui, sospirando di sollievo solo una volta tra le sue braccia forti, a circondarmi la schiena, che era una delle cose che più amavo, di lui.

"Ciao – ripete, lasciandomi lievi baci sulla spalla, sulla clavicola, poi sul collo – ciao, ciao", continua, fino ad arrivare alle mie labbra, che bacia sorridendo, come un bambino.

Lo bacio, staccandomi da lui solo per poter guardare il suo viso, emozionato, le guance leggermente arrossite per le mie attenzioni e le mie mani sui suoi zigomi spigolosi ad accarezzarlo piano.

"Mi sei mancato", sussurro, accarezzando il suo neo sulla guancia destra e vedendolo sorridere timido.

"Anche tu. Todos los días", risponde, prendendo poi la mia mano e facendomi fare un giro su me stessa per guardarmi bene e interamente.

Sposta lo sguardo sulla valigia, caduta di faccia sul pavimento e sbarra gli occhi, ricordandosi improvvisamente di una cosa fondamentale.

"Cazzo, i sughetti di tua madre!", esclama, correndo ad alzarla e facendomi ridere quasi in maniera sguaiata, ma ero troppo stanca, e felice, e totalmente sconfitta dall'emozione, per trattenermi come avrei voluto.

Faccio qualche passo in salotto, mentre lui si impegna ad aprire la mia valigia e portare le prime cose in cucina, poi mi raggiunge, osservandomi mentre tutta la mia attenzione è su quello che ha preparato, per me.

"¿Te gusta?" chiede, curioso, facendo qualche passo verso di me – volevo fare qualcosa di speciale, ma senza cuori né rose, sapendo che me li avresti ributtati indietro", ammette poi, alzando le mani per distogliersi da ogni colpa.

"Da morire", sussurro, prendendo la sua mano e avvicinandolo di nuovo a me per abbracciarlo ancora.

Mi era mancato.

I nostri sguardi finiscono contemporaneamente sulla scritta accartocciata a terra, e dopo uno sguardo interrogativo, entrambi scoppiamo a ridere.

"Ero indeciso, non sapevo se avevi bisogno di un bentornato o di un benvenuto. Però poi ho pensato che è la prima volta che vieni qui senza sapere quando andrai via, e mi è sembrato l'inizio de todo", dice tutto d'un fiato, sempre attento ad esporre le parole in un italiano attento e perfetto.

Prende la mia mano, guidandomi verso la cucina e mostrandomi altri cambiamenti.

Una nuova macchinetta del caffè, che bevevo solo io. Al suo fianco, un kit infinito di cialde di ogni tipo ed ogni gusto.

In un mobile, in alto a sinistra e di fianco alle sue barrette proteiche, un infinito numero di confezioni di pasta, che non avremmo consumato nemmeno entro Natale.

Di fianco al microonde, e tra i vari attrezzi per preparare il mate, una semplice caffettiera, sapendo quanto ami preparare il caffè tradizionale.

"E' anche casa tua, ahora", dice, richiudendo la dispensa con la pasta e poggiandosi con la schiena al marmo, le mani allacciate ai bordi, gli occhi fissi nei miei, sorpresi.

"Ti amo", gli sussurro, avvicinandomi a lui a baciarlo come fosse la prima volta.

E sentendomi, esattamente, come la prima volta, al monte dei cappuccini, con quegli sguardi dolci e curiosi di conoscersi, desiderosi di lasciarsi andare all'altra persona, totalmente inconsapevoli di poter avere così tanto in cambio.





Dopo una bella doccia e la cena ordinata e riscaldata da Paulo, la videochiamata con Simona mi tiene impegnata per un po', mentre Paulo toglie le ultime cose dalla tavola sparecchiata.

<<Hai una faccia stravolta. Hai affrontato un viaggio o una lotta?>> mi chiede, dopo essersi assicurata che tutta la roba di mia madre, che lei amava tanto quanto Paulo, sia stata sistemata in cucina e che niente si sia rotto o sia andato perduto durante il lungo viaggio.

<<Che bello, anch'io non vedo l'ora di rivederti. Mi sei mancata>>, scherzo io, facendola ridere.

<<E dopo un viaggio sei ancora più antipatica del solito>>, continua, infastidita dalla mia ironia.

La mia risposta è un semplice sospiro, troppo stanca per ribattere a tono quando vuole prendermi in giro, ma la risata di Paulo le dà soddisfazione, e continua a sorridere come una totale deficiente quando lo vede abbassarsi sulla mia sedia e avvolgermi le spalle con le sue braccia.

<<Tu invece perché non sei con Carlo, invece di tenere impegnata la mia fidanzata?>>, le chiede Paulo, stringendo la presa e posando il mento sulla mia spalla.

<<Sta guardando l'Inter perdere la sua prima partita della stagione. Mi sembra giusto lasciarlo solo nella sua tristezza. E comunque tienitela stretta per ora, che domani la tua fidanzata è tutta mia>> ribatte lei, stringendo gli occhi in una finta minaccia e facendo ridere me questa volta.

<<Oh, no. Non penso proprio – sussurra, immergendo il viso nei miei capelli e posando le labbra sul mio collo – Ciao Simo, buenas noches anche a te>> annuncia poi, allungando una mano a chiudere la chiamata senza smettere di baciarmi lentamente il collo.

Io continuo a sorridere, sospirando piano per il contatto con lui, con lo sguardo fisso sul cellulare, cercando di catturare il momento con una di quelle foto che alle persone famose vengono sempre bene, ma che quando voglio farlo io vengono uno schifo.

Un suo morso al lobo dell'orecchio mi fa sospirare, facendomi girare sconfitta verso di lui, desiderosa di toccarlo, e averlo.

Mi prende dai fianchi, alzandomi dalla sedia al tavolo sul quale da poco avevamo consumato la nostra cena, e sospira sulle mie labbra quando mi sente con le mani sui suoi pantaloni di tuta a slacciarne i lacci.

"Vai di fretta? Devo esserti mancato davvero tanto", sussurra, mentre con la mia stessa velocità mi libera della maglietta e dei pantaloncini che usavo per dormire, spingendomi indietro e aprendomi dolcemente le gambe per farsi spazio.

Rido, in quelle risate un po' nervose, impaziente di sentirlo di nuovo completamente mio, e quando si unisce a me, lentamente, nessuno dei due riesce a trattenere quel sospiro di sollievo, mentre siamo impegnati a guardarci negli occhi.

Era davvero l'inizio di tutto.








Così, all'improvviso, perchè è stata una gran bella giornata di merda, allora niente, ho postato.

A presto.

M.

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