Anime Affini

By Mikki2298

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(COMPLETA) Inghilterra, 1880. Vincent Jenkins è un giovane borghese tormentato da un oscuro passato. Freddo e... More

Capitolo primo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
Capitolo decimo
Capitolo undicesimo
Capitolo dodicesimo
Capitolo tredicesimo
Capitolo quattordicesimo
Capitolo quindicesimo
Capitolo sedicesimo
Capitolo diciassettesimo
HAIKU di @DeliLahLou89
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciannovesimo
Capitolo ventesimo
Capitolo ventunesimo
Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventitreesimo
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo venticinquesimo
Capitolo ventiseiesimo
Capitolo ventisettesimo
Capitolo ventottesimo
Capitolo ventinovesimo
Capitolo trentesimo
Capitolo trentunesimo
Capitolo trentaduesimo
Capitolo trentatreesimo
Capitolo trentaquattresimo
Capitolo trentacinquesimo
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

Capitolo secondo

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By Mikki2298

Non appena mise piede nel locale fu sommerso da un’ondata di fumo e la prima cosa che pensò fu che quelle sigarette fossero davvero di bassa qualità. Il fumo faceva da sfondo all’intera stanza come una nebbia grigiastra ma a poco a poco che si stava lì gli occhi ci facevano l’abitudine e cominciavano a vedere più nitidamente. L’uomo con la sua solita curiosità roteò lo sguardo per farsi un’idea di ciò che lo circondava: la stanza era molto affollata, per di più da uomini, e i tavoli in legno grezzo erano collocati strettamente uno accanto all’altro per mancanza di spazio, questo faceva sì che muoversi fosse davvero complicato. A sinistra si trovava il lungo bancone anch’esso in legno, leggermente graffiato qua e là sulla facciata e particolarmente rovinato nei lati. Dietro ad esso c’erano degli scaffali pieni di alcolici di vario tipo mentre in alto era collocata un’insegna col nome del locale uguale a quella che aveva visto poco prima sulla porta d’ingresso, ma più piccola. Vicino all’insegna c’era la figura di un leone rosso, semplice e scontata. A gestire gli ordini e i pagamenti dietro al bancone c’era una signora di mezza età dall’importante stazza e truccata pesantemente per nascondere i segni della visibile età. La donna, che con alte probabilità era anche la proprietaria della birreria, oltre che a occuparsi del proprio lavoro dava anche ordini, in modo arrogante e con diverse minacce, gridando come una matta alle cameriere che giravano a fatica tra i tavoli. Vincent si mise seduto a un tavolo in fondo al locale e chiese ad una cameriera di portagli la birra migliore che avessero, lei gli portò una birra che aveva l’omonimo nome del locale e che a sentire lei ne era la specialità. In effetti non era male. Il giovane rimase a gustare la propria birra mentre teneva d’occhio gli avvenimenti che accadevano attorno a lui, da una parte poteva notare quella che da lì a poco si sarebbe trasformata in una rissa mentre dall’altro c’era tutt’altro spettacolo con due giovani, all’incirca della sua età, che amoreggiavano allegramente. La sua tranquillità fu però interrotta da un uomo che era seduto nel tavolo vicino al suo, infatti quest’ultimo, chiaramente ubriaco, cominciò a battergli la mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. Vincent si voltò verso quella nuova figura.

«Vedi quella donna laggiù, sbarbatello?» gli disse l’uomo in piena confidenza abbozzando un sorriso storto, «Quella per pochi soldi te la puoi saltare un’intera notte! Fidati di me!»

Vincent voltò lo sguardo sulla donna in questione, una fanciulla dai capelli scuri e in carne, con un seno davvero grande che strabordava dallo stretto corsetto. Era in compagnia di altre due donne e parlavano e ridevano tra loro. L’uomo vicino a lui gli diede un’altra pacca sulla spalla, più forte, dicendogli: «Non hai mai visto delle tette come quelle vero?»

«No, mai.» rispose Vincent allontanandosi di poco da quell’uomo, aveva un odore davvero sgradevole di alcol e sudore.

«Sono davvero le migliori che puoi trovare sul mercato!» esclamò l’uomo avvicinandosi col suo grosso viso rosso e sporco, «Ascolta, sbarbatello, non è che mi potresti prestare dei soldi per un giro con lei? Puoi stare tranquillo, non sono un ladro, te li riporterò domani!» aggiunse.

«Non ci sarò domani.» rispose Vincent. In quel momento sentì qualcosa passare sotto la sua sedia, abbassò lo sguardo e vide una ragazzina dai capelli neri arruffati in una coda bassa gattonare di soppiatto sotto al tavolo, nella tasca aveva alcuni soldi spiegazzati e istintivamente Vincent si mise una mano in tasca per controllare di avere ancora il portafoglio, quella zona era piena di piccoli ladri.

«Questi soldi non sono vostri, li ho guadagnati onestamente», disse la ragazzina voltandosi verso di lui con un sorriso sornione. Vincent tolse la mano dalla tasca, in effetti il portafoglio era ancora al suo posto.

«Sbarbatello! Allora me li presti? O non credi che te li riporterò?» interruppe ancora l’uomo accanto a lui e aggiunse: «Sono una persona onesta, non mi credi?»

Vincent osservò ancora la ragazzina che dopo avergli rivolto un altro sorriso col suo viso malato gattonò via. Osservandola notò che aveva una caviglia molto gonfia e probabilmente era per quello che faticava a camminare preferendo così gattonare. In quel quartiere era pieno di bambini ridotti male, arrivare all’età adulta era un privilegio di pochi.

«No, affatto. Credo che voi siate onesto quanto di gradevole aspetto.» rispose all’uomo alzandosi in piedi.

«Eh? Che significa?» domandò l’uomo senza capire.

«Ottima risposta!» sbottò un altro uomo seduto poco lontano da loro, ridacchiando. Vincent si voltò a guardare quest’ultimo: era un giovane con all’incirca la sua età, coi capelli corvini e gli occhi azzurri. Era un tipo ben vestito, doveva provenire dai quartieri alti. «Fate bene a non dare nulla a quell’uomo. Se gli avessero dato tutti i soldi che richiedeva a quest’ora avrebbe debiti così alti che non li potrebbe ripagare nemmeno la nostra regina Victoria!» aggiunse.

«Immagino che sia così.» rispose Vincent.

«Siete un volto nuovo, è la prima volta che venite qui?» domandò il giovane spostando la sedia vicino a lui in segno di invito.

Vincent si sedette accanto a lui, almeno non emanava un cattivo odore, e rispose: «Sì, è la prima volta che entro in questa birreria.»

«A giudicare dal vostro abbigliamento deduco che siete un borghese se non un nobile, cosa vi ha portato a scoprire un posto come questo?» domandò l’uomo squadrandolo, dopodiché fece segno a una cameriera di portargli altre due birre, una ciascuno.

«Vi potrei fare la stessa domanda.» rispose Vincent.

«Mi prendete per pazzo se vi dicessi che vengo qui per fuggire dalla realtà?» disse l’uomo guardandosi attorno e continuò: «Voglio dire che questo è un ottimo posto per dimenticarsi dei problemi reali e per svagarsi un po', non credete? Qui non siamo ciò che davvero siamo. Siamo solo uno dei tanti uomini senza nome e senza una storia, per questo qui possiamo sentirci liberi dalla nostra vita quotidiana, mi seguite?» Vincent annuì col capo. «Bene. Vi stavo dicendo di come siamo in grado di diventare nessuno davanti alle persone che non conosciamo. Voi non conoscete me e io non conosco voi, per questo posso parlarvi liberamente, trovo che gli sconosciuti siano molto più veri e onesti dei conoscenti. Quindi è questo il succo del discorso: penso che fuggire in una realtà diversa ci consenta di dimenticare la propria immergendoci in una libertà nuova. Ora mi domando se anche voi la pensiate come me. Quindi vi chiedo se voi pensate che sia possibile fuggire, anche solo per un attimo, dalla realtà?»

«Penso che non sia possibile, ma credo che sia possibile ingannare sé stessi di poterlo fare» rispose Vincent allontanando il bicchiere di birra offertogli dal ragazzo, per quanto fosse buona non era un gran bevitore ma al contrario era un gran fumatore, così estrasse un’altra sigaretta dal pacchetto e se l’accese.

«Anche questo è un punto di vista interessante» affermò l’uomo sorridendo con le labbra molto fini strette tra loro, e aggiunse: «E voi avete mai provato ad ingannare voi stesso sotto questo punto di vista?»

«Certamente. Il desiderio di fuga fa parte della natura umana, tendiamo a sentirci sempre legati a qualcosa come se fossimo in gabbia, non appena questa gabbia si fa sentire troppo stretta desideriamo uscirne e fuggire. Ma se questa gabbia fosse la nostra stessa vita come potremmo sfuggirle? Possiamo chiudere gli occhi e sognare, immaginare di essere lontani, pensare di poter dimenticare i problemi, ma quando riapriremo gli occhi saremo sempre nella stessa gabbia.» rispose Vincent inspirando del fumo, «Insomma, non possiamo scappare dalla realtà, bella o brutta che sia, ci rincorrerà sempre. È facile rifugiarsi in una qualsiasi menzogna ma dobbiamo tenere a mente che la realtà è sempre dietro l’angolo pronta a colpirci.»

L’uomo lo osservò un po' contrariato: non era certo ciò che voleva sentirsi dire. «Se vi sentite libero in un’illusione niente vi vieta di continuare a farlo, anche la ricerca di una qualsiasi forma di felicità, concreta o astratta che sia, fa parte della natura umana.» aggiunse il giovane Vincent notando l’espressione di disappunto del suo interlocutore. Tra i due ci furono alcuni minuti di silenzio e Vincent terminò di fumare la sua sigaretta. «Allora, da cosa state scappando? Qual è questa vostra terribile realtà che vi fa desiderare la fuga?» domandò spegnendo il mozzicone.

«Se ve ne parlassi dovrei tornare ad essere me stesso.»

«Allora parlatemene come se non foste voi.» replicò Vincent.

«Non avrebbe alcun senso», affermò l’uomo abbozzando un sorriso, poi sospirò con rassegnazione e disse: «Il signor Thomas Winspeare, come accordato da suo padre, per il bene della propria famiglia e di quella della sposa dovrà prendere in moglie una donna che non conosce tra un paio di giorni. Thomas è consapevole che questa è la soluzione migliore e che non è nemmeno cosa rara nella nostra società, eppure non riesce a fare a meno di chiedersi quanto potrà essere terrificante un matrimonio senza amore. Non sarà più solo responsabile di sé stesso ma dovrà prendersi cura anche del cuore di un’altra persona, ma come potrà mai avvenire in un’unione non scelta dai sentimenti? Teme che questo matrimonio finirà per distruggere il cuore di entrambi. È davvero spaventoso, non credete? Voi siete sposato?»

«No.» rispose Vincent. «Il matrimonio è un vincolo che di per sé è spaventoso.» aggiunse.

«Siete giovane, è possibile che vostro padre sceglierà per voi», affermò l’altro. Vincent non diede alcuna risposta. «Verreste al matrimonio del signor Thomas Winspeare, un uomo che si ritroverà circondato da nuovi parenti e nessun amico?» domandò l’uomo.

«Mi invitate senza conoscermi?» rispose Vincent.

«Mi sembrate un uomo onesto, la presenza di una persona come voi sarebbe ben gradita.»

Vincent sorrise, «Giudicate le persone in modo troppo precipitoso.» rispose.

«Non importa, io vi lascio comunque il mio indirizzo e spererò che accettiate l’invito», rispose l’uomo tirando fuori carta e penna dal taschino, scrisse l’indirizzo e glielo porse, dopodiché allungò la mano e disse: «Mi scuso per non essermi ancora presentato, sono Thomas Winspeare, piacere di conoscervi».

Vincent gli strinse la mano, «Vincent Jenkins, il piacere è mio.»

«Signor Vincent, abbiamo parlato solo di me, dunque ora ditemi qualcosa di voi, non mi avete ancora detto cosa siete venuto a fare in questo quartiere.» disse Thomas andando indietro con la schiena contro la sedia.

«Niente in particolare, sono passato a salutare una persona, a breve lascerò Londra.» rispose Vincent.

«Capisco, capisco. Vi state godendo per un’ultima volta la vita londinese. Questa è una città che ha molto da offrire.» ribatté Thomas.

«Era ciò che speravo, in realtà ne sono rimasto un po' deluso», rispose Vincent alzandosi in piedi e osservando nuovamente il suo orologio, e aggiunse: «Quasi tutto ciò che ho trovato era dotato di una sola bellezza effimera. La vita non è altro che un susseguirsi di minuti perfettamente uguali tra loro, sta a noi cercare qualcosa che li riempia per renderli diversi, eppure è davvero difficile trovare qualcosa di abbastanza significativo. Non trovare nulla di interessante rende la vita un percorso vuoto, semplicemente del tempo che scorre in attesa della morte.»

«Aspettate! Non abbiate fretta, non andatevene! Fatemi ancora compagnia!» sbottò Thomas alzandosi anche lui in piedi, «Se cercate qualcosa di interessante c’è una persona che sono sicuro faccia al caso vostro!» aggiunse sorridendo. Vincent lo osservò senza rispondere. «Oh, state tranquillo, non vi porterà via molto tempo! Ma è davvero strabiliante, soprattutto se vi piace il gioco! Vi piace il gioco? Vi interessa?»

Vincent annuì, «Solo se i giocatori ne valgono la pena.» disse.

«Ne vale la pena, fidatevi di me che sono un vostro nuovo amico! Mi sembrate un tipo che di solito non perde, dunque… preparatevi a perdere questa sera! Seguitemi, seguitemi!» disse con entusiasmo l’uomo incamminandosi verso l’uscita. Vincent si chiese di quale tipo di gioco si trattasse e chi potesse essere la persona che lo avrebbe dovuto battere, in ogni caso il signor Thomas era riuscito a stuzzicare momentaneamente il suo interesse.

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