Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

1M 22.2K 3.5K

La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

Mas que nunca - Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 💎
11
12
13
14
15
16
17
18
19
15 novembre 💎✨
20
21
22
23
24
25
26
Forza Italia
27
28
29
30
31
32
21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

Capitolo 45

11.4K 243 22
By DybalasPap810




La Champions, lo sappiamo tutti, è la competizione più bella di tutte.

E la più stronza, anche.

E con la Juve non riesce proprio ad andare d'accordo.

Lei è sempre lì, ad un passo dal prenderla tra le mani, ma poi quella coppa scappa via, e finisce tra le mani di altri.

L'ultima volta che è successo ancora non si digerisce del tutto. Pensavo che fosse così solo per i tifosi, ma qualche volta ne avevo parlato con Paulo. Mi disse che, a volte, anche loro ne riparlano tra compagni, mordendosi i gomiti con il desiderio di tornare indietro per cambiare le cose. E proprio per questo, questa sera non se la volevano far scappare, a maggior ragione perché si trattava della stessa avversaria dell'ultima finale persa.


Vivere una serata di Champions da tifoso è già bello, ma viverla da tifoso e familiare di un giocatore è indescrivibile. Perché non vivi soltanto le tue ansie, le tue emozioni, ma anche quelle di chi deve scendere in campo, e dare il massimo.

In giornata, avevo sentito Paulo solo la mattina per il buongiorno, e poi un breve messaggio nel pomeriggio.

Avevo aspettato che la mia famiglia mi raggiungesse a Torino con Roby, dalla quale avevo dormito dopo la pasquetta per non rimanere sola a casa di Paulo. Per pranzo, lei aveva insistito tanto ad andare nel suo locale, cosa che abbiamo accettato volentieri, io soprattutto, per vincere la scommessa con mio cugino, che era convinto che mai nessun ristorante sushi sarebbe stato all'altezza del suo preferito a Milano.

Ovviamente, ho vinto io.

"Mi arrendo. Questo sushi è sensazionale!" aveva detto a fine pranzo, quando anche Roby si era unita a noi, con i suoi bimbi, appena usciti da scuola.

***

Nonostante la pioggia incessante, lo Stadium era qualcosa di indescrivibile. La musica, i colori, il verde bagnato del campo che sembrava luccicare, la tensione di chi cammina e corre su quell'erba e di chi invece è più in alto ad osservare era talmente reale che quasi si poteva toccare.

Nonostante la possibilità, mi rendevo conto di quanto poco spesso avessi frequentato questo posto. Così bello.

Osservavo, come sempre, incantata ogni singolo angolo del posto, posando poi l'attenzione sulla mia famiglia, anch'essa totalmente affascinata da ciò che li circondava.

C'eravamo tutti, a eccezione di mia madre, che all'ultimo momento non si era sentita bene e aveva deciso di rimanere a Milano, e, con i tre immancabili amici di Paulo che si erano uniti a noi sarei stata l'unica donna, se non fosse stato per la presenza di Alicia.

"Sono così felice che tu sia qui, oggi, Beatrice...sono così felice che tra voi sia tornata la serenità" mi aveva confessato Alicia poco prima dell'inizio della partita, quando eravamo nel box e gli uomini mangiavano qualcosa.

Io avevo troppa ansia e presentimenti non proprio positivi, perciò non ero riuscita a toccare niente.

"Questo mese è stato davvero difficile. L'ho visto quasi nelle condizioni in cui era stato a ottobre. Sono spesso tornata da lui perché era solo, quando invece avrebbe dovuto esserci qualcun'altra, e perché sentivo il bisogno di vederlo, e di capire cosa gli mancasse. Ora l'ho rivisto come prima. E' felice, e quello che gli mancava eri semplicemente tu" aveva concluso, facendomi tremare il cuore.

"Anche a me è mancato tanto, Alicia... davvero tanto" è l'unica cosa che riesco a dire, per poi stringerle la mano veloce e spingerla fuori dal box, perché la squadra stava per entrare in campo.

Un sorriso istintivo mi parte sulle labbra nel vedere dallo schermo dello stadio lo sguardo di Paulo nella nostra direzione.
Sposto lo guardo su di lui e lo vedo guardarci, sorridere e salutare con la mano, per poi annuire al mio gesto della mano chiusa in un pugno.

Forza, amore mio.

Il brutto presentimento che avevo prima del fischio d'inizio trova il suo perché nei 90 minuti successivi, in cui la Juve esce da questa gara sconfitta fisicamente, emotivamente, e mentalmente.

0-3.

Il Real trionfa.

Cristiano Ronaldo è un essere soprannaturale, si gode gli applausi meritati di tutto lo stadio per un gol che non si può descrivere, né spiegare a parole, e mette la sua squadra con un piede già in semifinale.

La Juve ci prova davvero, cerca di segnare, lotta già dal minuto successivo al primo gol, ma quando la palla non ha intenzione di entrare si può giocare anche per duecento minuti, non entrerà.

Ma a mio parere la Juve crolla davvero al minuto 66', quando un fallo involontario di Paulo gli costa la seconda ammonizione, ed è rosso, che significa anche un addio alla partita di ritorno.

Il colmo della sconfitta.

Lo Stadium applaude il suo numero 10, così come qualche minuto prima applaudiva il numero 7 avversario, ma Paulo continua a scuotere la testa bassa, mentre esce dal campo.

Si sente colpevole, non si sente all'altezza e non sente di meritarsi gli applausi e l'affetto dei suoi tifosi.

Lo so.

Lo conosco, fin troppo.

E si sbaglia, di grosso.

Perché tu, Paulo, meriti tutto l'amore dei tifosi, e quello di chi ti vuole bene, e quello della tua famiglia, e il mio.

Lo seguo con lo sguardo mentre raggiunge il bordo campo, in cui lo aspetta il suo mister, che gli dà una tenera pacca sulla spalla e lo manda via.

Ci sono serate in cui la palla non vuole entrare, e questa serata è purtroppo una di quelle in cui la palla non entra nemmeno per sbaglio, nemmeno a porta vuota, nemmeno se tutti gli avversari lasciano il campo e ci lasciano via libera, infatti non succede nemmeno nell'ultimo secondo, con l'ultimo tentativo di Cuadrado, in cui la palla va fuori di qualche centimetro.

Al fischio finale, nessuno di noi dice una parola, così come non dice una parola l'intero stadio, e l'inno risuona e canta per fatti suoi, però siamo tutti lì, a guardare i nostri ragazzi e gli avversari più forti.

Perché non si lascia lo stadio al 70' minuto della partita più bella dell'anno, solo perché tutto ci va storto.

Alicia, Nahuel e altri due amici di Paulo cominciano ad avviarsi verso l'uscita in cui aspettiamo sempre i ragazzi, mentre io rimango indietro con la mia famiglia.

"Forse è meglio se noi andiamo" mi dice Marco avvicinandosi a me, pensando sia la cosa migliore da fare.

So che le sconfitte Paulo non riesce mai a digerirle, diventa nervoso e irascibile, e spesso avevamo litigato per stupidaggini per messaggi o anche quando ero qui, proprio quando c'erano state questo genere di serate.

Ma questa sera forse era peggio.

Non so come si sarebbe comportato, ma so che avevo bisogno di vederlo.

"Aspetto che esca, poi magari ci vediamo", gli rispondo e lui annuisce, poi raggiunge gli altri che rimangono più indietro rispetto a noi, vicino all'entrata principale dello stadio.

Una ventina di minuti più tardi cominciano a uscire i primi ragazzi. Andrea, Giorgio, Gonzalo, e tutti ci salutano solo con un cenno del capo, raggiungendo le loro famiglie.

Saluto da lontano Maddalena, Carolina e la compagna di Gonzalo, con le quali stasera non avevo avuto modo di vedermi e con le quali, sicuramente, in questo momento, non sarei stata insieme, ma ognuno sarebbe tornato a casa propria.

Mi ritrovo Roby al mio fianco qualche minuto dopo e anche con lei c'è solo uno scambio di sguardi. Non oso dire nulla. Forse siamo le più amareggiate per questa partita, io per l'espulsione di Paulo, lei per l'ennesima panchina ingiusta del suo uomo.

Poi, il loro arrivo.

Claudio sta parlando con Paulo, tenendogli un braccio attorno alla spalla e lui annuisce, passandosi una mano tra i capelli e tenendo stretto in un pugno dell'altra mano il borsone del ritiro.

Dietro di loro, solo Douglas che raggiunge sua sorella.

I loro sguardi si posano su di noi, Paulo guarda prima sua madre, poco dietro di me e vicina ai suoi migliori amici, poi me, cominciando a venirmi incontro.

Ha uno sguardo serio, amareggiato, e stanco, molto stanco, e io non resisto ad andargli incontro a mia volta e avvolgerlo tra le mie braccia appena me lo ritrovo a pochi centimetri da me.

Lui poggia il borsone a terra di fianco a lui e ricambia l'abbraccio, stringendo e avvolgendo le braccia attorno ai miei fianchi, mentre le mie lo avvolgono al collo e sotto il braccio sinistro.

Poggio il mento sulla sua spalla, chiudendo gli occhi per godermi questo nostro momento, mentre lui mi stringe più forte, abbassando la testa sulla mia spalla, poi sul collo.

Mi allontana pochi secondi dopo, e prende a guardarmi negli occhi.

E' serio, inespressivo e mi guarda, ma non sono sicura stia guardando me, forse ha solo lo sguardo fisso in un punto.

Prendo il suo viso tra le mani e gli lascio un piccolo, casto e veloce bacio a stampo.

"Vieni a casa con me..?" mi chiede, con una voce che non mi permette di capire se si tratti di una domanda, o di un'affermazione, ma soprattutto con una voce roca, bassa, e il suo accento straniero è quasi sparito.

Mi giro un attimo a guardare la mia famiglia, poco lontana da noi, mentre è intenta a parlare animatamente, ma per fortuna li vedo solo gesticolare, staranno gestendo i toni di voce.

Non posso lasciarlo solo a casa dopo una serata del genere, e non voglio neppure.

Anche lui sposta lo sguardo su di loro, per poi sciogliere l'abbraccio e avvicinarsi a sua madre.
Alicia lo stringe in un abbraccio di quelli che tolgono il respiro, mentre gli accarezza la schiena con una mano e i capelli con l'altra. Gli sussurra parole in spagnolo che riescono a sentire solo loro due e alla fine delle quali vedo le braccia di Paulo stringerla più forte.

Potrebbe scoppiarmi il cuore, e decido di raggiungere i miei, e lasciare Paulo solo con i suoi connazionali.

Roby e Claudio sembrano essere spariti, e mi chiedo se sono stata maleducata per non aver guardato Claudio nemmeno per sbaglio, tanto fossi presa dal mio ragazzo.

Scambio qualche parola con mio padre e mio zio, avvisandoli che molto probabilmente sarei rimasta a Torino, ma loro non mi rispondono, intenti a guardare Paulo venire verso di noi, con sua madre e i suoi amici.

"Mi dispiace per quello che avete visto... davvero", è la prima cosa che dice Paulo, una volta di fronte a tutta la mia famiglia.

"Scherzi? Paulo, da milanista, è stata una delle partite più belle che abbia mai visto. Una lotta continua, fino all'ultimo istante, contro chi di solito è abituato a giocare da solo, tanto è forte. E tu sei stato solo sfortunato, a volte ci sono serate che ti vanno contro. Dio, ho visto il gol più bello della storia del calcio, grazie a te!", dice tutto d'un fiato, lasciando spiazzati tutti noi, mentre io stringo il maglione di mio fratello, invitandolo a intervenire.

Paulo lo guarda e accenna un sorriso, grato e, forse, anche un po' divertito dalle ultime parole.

Poi mio padre gli si avvicina, facendogli una veloce carezza e dandogli una pacca sulla spalla.

"Grazie per la serata, Paulino... Sei una bella persona, e serate del genere non ci fanno dimenticare chi sei"

"Grazie, signore... - dice serio, beccandosi un'occhiataccia - ehm, Antonio" si corregge subito, beccandosi un'altra carezza, che lo imbarazza e non poco.

Poi posa lo sguardo su di me.

"Vi dispiace se ve la rubo per stasera, e la porto con me?" osa chiedere, grattandosi la nuca, ma so che non è riuscito a trattenersi.

Mi vuole con lui, tanto quanto con lui ci voglio stare io.

"E' tutta tua" dice mio fratello, facendo ridere tutti, mentre io mi avvicino al mio ragazzo, che ricambia il mio sorriso, facendo un sospiro di sollievo.

Salutiamo la mia famiglia, che sarebbe tornata a Milano la sera stessa, poi raggiungiamo la sua macchina, che il suo migliore amico si era preoccupato di portare allo stadio, così da permettergli di tornare.

Salutiamo Nahuel e sua madre, che non avrebbe dormito da lui, ma avrebbe raggiunto Mariano che, per la febbre, non era potuto essere presente alla partita e, da buona mamma, voleva andare a vedere di persona come se la cavava e poi "Saperti a casa con lei mi fa stare andare via tranquilla", gli aveva confessato, nell'abbraccio del saluto.


Il viaggio verso casa è silenzioso, e la prima cosa che ho fatto è stata spegnere la radio, che di solito è sempre accesa nel momento in cui Paulo mette in moto l'auto.

Non doveva sentire né leggere nessun commento.

Non lo avrebbe sopportato.

Nel tragitto poggia un paio di volte la sua mano destra sul mio ginocchio, senza però togliere gli occhi dalla strada, anche se sono convinta che davanti a sé lui avesse tutt'altro che la strada che stavamo attraversando velocemente.

Sorrido all'arrivo sotto casa sua, in cui troviamo una coppia di argentini che avevano corso fuori dallo stadio dopo la partita, per riuscire a beccarlo prima di tornare a casa. Volevano farlo a prescindere di come sarebbe andata la partita, ma dopo quello che era successo nei 90 minuti, lo desideravano ancor di più.
Faccio io una foto a loro, poi si scambiano qualche parola nella loro lingua madre, che mi tiene fuori dalla discussione, e poi lui li ringrazia, grato ancora una volta.

Una volta chiusi in ascensore, lo fisso dallo specchio di fronte a noi, ma lui non sta guardando me. Gli occhi sono fissi su di lui, e lo sguardo è serio, impassibile, inespressivo, e forse disgustato e arrabbiato. Fa un respiro troppo profondo, per poi buttare fuori l'aria con la testa bassa e gli occhi spostati sulle sue scarpe, e all'apertura delle porte, tira su col naso e si catapulta fuori velocemente. Non riesce a trovare le chiavi tra le tasche del borsone, e comincia a imprecare qualcosa in spagnolo che non capisco, ma con calma gli tolgo tutto tra le mani, prendo le chiavi e apro velocemente la porta.

Lui si fionda in salotto, diretto al divano, sul quale si siede, poggiando per qualche attimo i gomiti sulle ginocchia larghe e posando lo sguardo nel vuoto. Poi un'altra imprecazione e un calcio al puffo che utilizza, con i suoi amici, per sedersi quando gioca alla play station.

Si poggia con la schiena e la testa allo schienale del divano, chiudendo gli occhi e posando una mano su di essi per coprirli. Con l'altra, prende ad allargarsi il nodo della cravatta e sbottonare i primi bottoni della camicia.

Mi ero immaginata questo rientro a casa sua, dopo un mese, in maniera un po' differente, ma si sa che le cose non vanno sempre come desideri.
Lui stasera desiderava segnare, far sognare i tifosi, correre sotto la nostra tribuna a festeggiare con me, per dimostrarmi, anche se non serve, ancora una volta i suoi sentimenti, ma la serata era andata ben oltre qualsiasi nostra aspettativa, e assolutamente in negativo.

Mi faccio avanti, raggiungendolo piano sul divano, mentre lui continua a strizzarsi gli occhi, facendo dei respiri profondi. Sta per scoppiare, lo conosco, così lo affianco, sedendomi vicino a lui e mettendomi nella sua stessa posizione.
Sente la mia vicinanza e smette di muovere le mani sugli occhi, spostando lo sguardo su di me, ma continuando a tenere gli occhi coperti.

Mi giro a guardarlo, sposto le mani dal suo viso e quasi perdo un battito.

Ha uno sguardo penetrante, degli occhi profondi e capaci di parlare da soli. E' afflitto, arrabbiato, confuso e non ancora in grado di metabolizzare.

Potremmo rimanere a guardarci per ore, e sarei in grado di farlo se lui avesse bisogno soltanto di questo, ma so anche che ha bisogno di sentirsi dire qualcosa.

"Io ti sceglierei altre mille volte", gli dico piano, passando una mano sul viso ad accarezzarlo.

Chiude gli occhi, gustandosi le mie parole e deglutisce rumorosamente, ingoiando forse un singhiozzo strozzato, mentre mi si avvicina.

"...Te amo" le sue uniche parole strozzate, prima di nascondersi di nuovo il viso con le mani e lasciarsi andare.

Lo abbraccio di slancio, avvolgendo le braccia intorno a lui e stringendolo forte, mentre lui nasconde il viso tra il mio collo e il petto. Prendo ad accarezzargli i capelli, posandogli lievi baci sulla nuca e dietro l'orecchio, mentre lo sento singhiozzare su di me, sempre più forte.

"Butta tutto fuori... sfogati, sfogati con me" continuo a ripetergli, e lui ricambia l'abbraccio, chiudendo le braccia attorno ai miei fianchi ed inspirando forte sul mio collo.

Vederlo così mi spezza in due.

So cosa vuol dire questo. Da tifosa, so quali saranno le conseguenze, le parole dette in tv, sui giornali e sui social, così come so anche quanto ci starà male lui nel leggere tutto.

E' il suo lavoro. E' la sua vita. E fallire non è nei suoi obiettivi e non lo sarà mai.

"Perché stai con me... voglio dire... perché credi così tanto in me? Yo soy esto, e faccio questo nelle partite più importanti... deludo tutti, deludo te, deludo anche me... - comincia a dire, e sento nella sua voce dell'amaro, della rabbia, della delusione nei confronti di se stesso, che mi fa venire voglia di stringerlo più forte.

"Ho sbagliato tutto... proprio stasera... poi davanti alla tua famiglia e..."

"Smettila.. non posso sentirti dire queste cose. Non posso sentirti buttarti giù in questo modo e distruggerti da solo. Non lo meriti. Ci sono serate che vanno così e che ti giocano contro. Ma io so quanto vali, così come lo sanno milioni di persone che credono in te, e non sono di certo questi 90 minuti che permettono di giudicarti male" gli dico, allontanandomi da lui per guardarlo in faccia, avendolo di fronte e a qualche centimetro di distanza.

Lui scuote la testa, ma non smette di fissarmi.

"Davvero non mi credi? Io lo so, e l'ho sentito, l'amore di tutte le persone presenti stasera verso di te. Hai lottato, e tanto, ci hai creduto, ma a volte ci sta anche la partita che ti va male, e forse qualche giocata seria in più e qualche protesta in meno, avrebbero reso le cose diverse, ma io non so cosa si sente su quel prato, lo sai soltanto tu, e reagisci come credi. Ma devi smetterla, e non devi buttarti giù in questo modo. Perché tu sei straordinario, e non meriti questo" concludo, prima di avvicinarmi di nuovo a lui a sedermi sulle sue gambe.

Lo avvolgo con le braccia al collo e gli poso un bacio sulla fronte, mentre lui respira profondamente e poggia la guancia destra tra il petto e il seno, chiudendo gli occhi.

"E non ti dico questo perché ti amo, ma perché lo penso davvero, e ti parlo da tifosa, che segue e ama il miglior giocatore della squadra dal primo momento in cui è arrivato a Torino", dico, al suo ennesimo sospiro, mentre mi stringe forte.

 
"Sei la migliore delle terapie... solo tu" mi sussurra poi, dopo un po' di silenzio.

"Promettimi che non toccherai tv, telefono e giornali almeno per due giorni" lo prego, staccandomi per guardarlo in volto.

Lui scruta il mio sguardo e arriccia il naso, come se si fosse ricordato improvvisamente cosa gli sarebbe aspettato la mattina seguente.

"Non posso prometterlo, ma ci provo" mi dice poi, prima di lasciarmi un bacio a stampo.

"Fallo per me, perché io lo faccio per te... e ora andiamo a letto, sei stanco" gli dico poi, facendo per alzarmi, ma lui mi trattiene.

"Non ancora... sto così bene, qui con te" mi dice, abbassandosi piano fino a toccare con la schiena il divano e portandomi con sé.

Ci culliamo dolcemente, nel silenzio della sconfitta, di quelle fisiche e mentali, di quelle che fanno male, anche si sa di avere di fronte un avversario imbattibile.

Ci culliamo, nel silenzio di questa stanza, di queste mura, di questa casa che ci rivede insieme, e uniti più che mai. 

Ero felice, di essere di nuovo lì.


Spazio autrice:
Lo so, è una bastardata colossale riaprire ferite amare come quella dello scorso aprile, o peggio ancora quella di Cardiff. In compenso, basti pensare che chi ci ha sempre sbattuti fuori, ora indossa i nostri colori ed è già migliore amico del nostro numero 10. Perciò, sopportate, e sarete ripagati ;)
Alla prossima, e grazie, perchè siete sempre di più.

Continue Reading

You'll Also Like

129K 4.4K 63
"L'amore è come una partita di calcio: ci sono momenti di gioia e trionfo, ma anche momenti di tensione e sconfitta. Ma con Kenan al mio fianco, sape...
12.9K 459 30
Avete mai provato la sensazione di essersi innamorati per la prima volta?beh io l'ho appena fatto
254K 9.2K 70
Chiara e Kumo li osservavano da lontano "Quei due si completano" parlò il ragazzo "Hanno uno un pezzo di anima dell'altro" continuò la bionda "già...
141K 4.6K 33
In un piccolo paesino dell'Argentina, Laguna Larga, vivono due bambini, Paulo e Rosie, che condividono la stessa passione: il calcio. Ogni giorno i d...