Holmes Chapel

By Chia_Ct

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Una storia complicata, come quella di tutti e sei i ragazzi. Le loro vite verranno messe a rischio da una cos... More

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Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Capitolo 75
Capitolo 76
Capitolo 77
Capitolo 78
Capitolo 79
Capitolo 80
Capitolo 81
Capitolo 82
Capitolo 83
Capitolo 84
Capitolo 85
Capitolo 86
Capitolo 87

Capitolo 31

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By Chia_Ct

Ciao ragazzi! Inizio con il chiedervi come state. Vi scrivo qui perché ho notato che alcuni di voi leggono la storia senza premere la stelletta e mi farebbe davvero molto piacere se la premeste.
Spero di essere stata chiara e che il mio messaggio non sia arrivato con arroganza, dato che per scritto si può fraintendere, ma solamente per dirvi che vorrei che questa storia crescesse e per me, quella stelletta, significa che vi sta piacendo. Se vi ha emozionato almeno un po' spero che votiate i capitoli, un bacio enorme, scusate il disturbo e un grazie a tutti. Buona lettura❤

Erano già passate due ore da quando avevamo incominciato l'allenamento, che con tutta onestà, non stava andando niente male.

Sissie aveva incominciato ad insegnarmi gli attacchi base, ossia i semplici pugni e calci.
Aveva già notato la mia scarsa forza delle braccia, che però era racchiusa tutta nelle gambe. Dicendo che, anche se erano corte, avevano una forza nascosta che sarebbe uscita presto. Perciò le ho dato ascolto sentendomi più motivata di prima.

Più di una volta le avevo visto fare quella mossa veloce, ossia che intrappolava la testa dell'avversario tra le sue gambe, facendolo girare come una trottola per poi atterrarlo e, sinceramente, non vedevo l'ora di impararlo. Sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene ed eravamo solo all'inizio.

Anche se mi aveva informato che era una delle mosse più difficili da imparare e, soprattutto, da insegnare, ero determinata nel riuscirci.

L'allenamento finì verso l'ora di pranzo, uscendo da quella stanza completamente sudata.
Tamponai l'asciugamano sulla fronte e sul petto, inutilmente, dato che le goccioline ritornarono a farmi visita.

"Ti sei allenata?" La sagoma di Ryan si avvicinò a me, mostrandomi il suo petto scolpito e sudato, tanto quanto il mio.
"Mi tocca." Posai l'asciugamano sulla mia spalla, legandomi più accuratamente i capelli.

"La prossima lezione sarà con me." Alzai un sopracciglio, non capendo. "Alex è dovuta tornare al bar dove lavora per potersi lincenziare."disse, appoggiando una mano sul petto "data la situazione."

"Quindi quello che avrei dovuto fare con Alex lo farò con te." Lo anticipai, annuendo alle mie stesse parole.
"Ti va bene lo stesso?" Corrugò le sopracciglia, piegando la testa di lato.
"Certo!" Esclamai sperando che non avesse frainteso la mia espressione iniziale.

"Se preferisci andarti a rinfrescare un po' iniziamo tra qualche minuto." Indicò la porta accanto a se, facendomi capire che fosse il bagno.
"Ti aspetto nella stanza degli uomini." Entrò nella porta accanto a quello dove ero uscita io, mentre rinfrescavo la mia faccia fin troppo rossa.

Realizzai dopo le sue parole, constatando che mi sarei dovuta allenare assieme agli altri ragazzi. Pensai subito a quante figure non piacevoli avrei fatto, preparandomi mentalmente.

Appena entrai nella grande sala, ragazzi di ogni età mi accolsero con vari ansimi e un odore misto tra ragazzino e uomo mi fece storgere la bocca.

Con gli occhi cercai il ragazzo dai capelli mori che, però, si posarono su una figura del tutto diversa.
I suoi riccioli erano raccolti in una crocchia mentre mostrava a tutti i suoi numerosi tatuaggi neri.

Il petto sudato si muoveva a ritmo del respiro, un po' accellerato, mentre tirava calci e pugni all'avversario.
I suoi occhi si voltarono verso di me, forse sentendosi osservato.

Lo salutai nervosamente con la mano, ricambiando con una semplice e confusa mossa del capo.
La mia attenzione fu successivamente catturata dal braccio di Ryan che si muoveva in aria, facendomi capire di avvicinarmi a lui.

Posai l'acqua e l'asciugamano su una panchina vicino a noi, per poi posizionarmi davanti a lui.
"Sissie ti ha insegnato ad attaccare." Volò il suo asciugamano nella stessa panchina, per poi rivolgermi lo sguardo "io ti insegnerò a difenderti." Annuii, pur non capendo a pieno.

"Questa volta non sarai tu ad attaccare, ma io." Disse, probabilmente dopo aver notato della confusione nella mia espressione "e tu dovrai difenderti dai miei colpi." Si indicò mettendosi difronte a me.

Iniziò a spiegarmi i vari modi per schivare i colpi dell'avversario o, semplicemente, come fermarli o pararli.
I suoi gesti erano particolarmente veloci, atterrandomi, in modo non troppo forte, ogni volta.

"Concentrati." Annuii mettendomi di nuovo in posizione. Continuando per non so quanto tempo e, dopo svariati fallimenti, tirai un grido di rabbia facendo voltare quasi tutti verso di me.

"Scusatemi." Esclamai imbarazzata, avvicinando la mia mano, chiusa in un pugno, alla mia bocca.
"Non devi scusarti." Disse il ragazzo difronte a me "devi sfogarti." Mi sorrise dolcemente, provando a farmi stare meglio.

Continuammo il nostro allenamento non appena una colpo, dato con troppa forza, mi fece sbattere prepotentemente per terra, sentendo già il dolore alla mia schiena.
"Merda." La sua figura si avvicinò a me, abbassandosi per controllare che fosse tutto ok.

"Scusa ho calcolato male le distanze." Con i denti serrati portai una mano nella parte dolorante, riuscendo a malapena ad alzarmi.
"Direi che può bastare." La voce roca del riccio si avvicinò a noi.

"Va bene." Annuì Ryan, con un'espressione di dispiacere sul viso. "Ti aiuto." Mise una mano dietro le mie spalle, provando a tirarmi su, ma le sue braccia furono ben presto sostituite da Harry.
"Faccio io." Disse solamente, tirandomi su a mo' di sposa.

Non riuscii neanche a ribattere o semplicemente a parlare, il dolore alla schiena era davvero insopportabile. Strinsi le labbra in un morso per non far preoccupare troppo Harry. Sapevo quanto potesse essere protettivo in certi casi.

"Sei proprio imbranata." Scherzò, sentendo il suo petto vibrare seguito da una leggera risatina.
"Io non ho fatto niente." Dissi tutto d'un fiato, cercando di raddrizzare la schiena.

"Stai ferma." Si lamentò.
"Sto cercando di riprendermi." Risposi un po' alterata, provando ad avvicinarmi al suo petto.

"Lasciami." Dissi decisa, guardando i suoi occhi. Ci pensò un po' per poi respirare e fare ciò che gli avevo detto.
Fortunatamente, con un po' di allungamenti e vari scricchiolii, la mia schiena tornò come prima.

In tutto questo Harry era rimasto ad osservarmi, mentre beveva dalla sua bottiglia di plastica.
Sospirai sollevata chiudendo gli occhi per qualche secondo.

"Dopo quel biscotto di merda ho vomitato anche l'anima." Mi indicò come per colpevolizzarmi. La sera prima, alla festa, lo avevo "obbligato" ad assaggiare un biscotto con dentro dei petali di qualche fiore o roba del genere. Inizialmente il sapore non era male, ma poi dovetti ammettere che il retrogusto non era davvero un granché.

"La ragazza mi aveva detto che faceva bene all'umore." Alzai le spalle, bevendo dalla mia acqua.
"Che significa?" Mi guardò divertito, premendo il tasto dell'ascensore per poter salire.

"Significa che magari saresti stato un po' meno..." pensai all'aggettivo adatto, provando a non farlo arrabbiare "antipatico." La mia sembrò più una domanda, mente alzavo le spalle guardandolo con un sorriso tirato.

"Faceva comunque cagare." Entrò nell'ascensore, seguito da me.
"Vedo che non è servito a molto." Sussurrai, facendogli uscire dalla bocca una simpatica risatina.
Quando l'ascensore si fermò, salutai il ragazzo con un "ci vediamo a pranzo." Per poi tornare nella mia stanza ed immergermi nel getto della doccia.

Mentre mi preparavo notai però che la stanza era priva del chiacchiericcio delle mie amiche, pensando che magari fossero già scese a pranzare.

Quando entrai nella sala andai subito da Ryan per dirgli che non si sarebbe dovuto preoccupare per quello che era successo durante l'allenamento, notando un certo rilassamento nella sua espressione dopo questo chiarimento.

Riempii il mio piatto con una semplice pasta all'olio, sentendomi particolarmente piena quel giorno.
"A dieta?" Chiese Niall appena mi sedetti al loro tavolo, mentre si gustava la sua piattata di pasta condita con non so cosa.
"Non ho molta fame." Spiegai prima che la sua testa si muovesse in segno di affermazione.

In questo periodo sentivo il mio corpo estremamente pesante, come la mia testa piena di pensieri.

La giornata passò velocemente a causa dei continui allenamenti con arco e pistole, sentendomi particolarmente sollevata dal fatto che avessi una mira impeccabile.
Piano piano stavo iniziando a fare progressi e mi sentivo fiera di me stessa, anche se non erano grosse cose ero comunque felice.

Completamente distrutta, a causa della giornata in generale, mi catapultai sul letto immergendo la faccia nel cuscino.
Respirai cautamente beandomi di quel poco tempo libero che mi era rimasto.

Il bussare alla porta, oltre che a farmi sbuffare, mi fece svogliatamente alzare per aprirla.
La sagoma di Ryan mi si presentò davanti. Indossava una semplice camicia azzurra e dei jeans scuri.

"Ryan?" Sorpresa dalla sua presenza lo feci entrare, volendo scoprirne il perché.
"Volevo chiederti se ti andava di uscire..." sembrò esitare un po' mentre passava una mano nei suoi capelli "per farmi perdonare."

Sorrisi al pensiero di quanto fosse dolce una cosa del genere e di quanto fosse gentile ed imbarazzato.

"Mi cambio e andiamo." Presi una tutina  amaranto abbinata con degli stivaletti scamosciati color nero, mi feci una treccia veloce, passai il mascara sulle ciglia ed uscii velocemente dal bagno, trovandolo seduto sul letto ad aspettarmi.

Rimase come incantato per poi ricomporsi appena notò la mia faccia imbarazzata.
"Scusami...stai bene." Il suo dito fece su e in giù, indicando il mio abbigliamento.
"Beh anche tu." Lo indicai velocemente, per poi toccarmi nevosamente la treccia.

"Ti porto nel mio posto preferito." Aprii la porta, lasciandola spalancata per me.

Appena arrivammo nella sala principale di quell'enorme sala, intravidi i miei amici parlottare beatamente sul divano, sorridendo a quell'immagine.

Finalmente potevano rimanere tranquilli e passare una semplice serata tra amici a parlare del più e del meno.
A interrompere quella visione furono le grandi spalle di Harry che si posizionarono davanti a me.

"Dove vai?" I suoi occhi mi squardarono da capo a piedi facendomi sentire un po' a disagio sotto al suo sguardo insistente.
"Fuori con Ryan." Indicai dietro le mie spalle, guardando il volto serio del ragazzo moro.

"Con lui?" Lo indicò vedendo la sua espressione quasi divertita.
"Smettila subito." Racchiusi il suo dito nella mia mano, abbassandolo.
"C'è qualche problema?" La voce di Ryan diventò più severa, facendomi voltare verso di lui.

"No!" Sorrisi falsamente ai due, appoggiando una mano sul petto.
"Allora andiamo." I suoi occhi non lasciarono mai quelli verdi del ragazzo difronte a noi, mentre uscivamo dalla villa.

Appena arrivammo una fila di candele ci accolse nel locale.
I tavoli erano tondi e sopra erano poste delle candele, le uniche fonti di luce del locale.

Rimasi a bocca aperta a quella meraviglia, la poca luce rifelleteva sul mare d'Irlanda creando un'atmosfera di pura tranquillità.
"Vieni." Sussurrò porgendomi la mano che presi subito dopo.
"Ti piace?" Come mio solito studiai l'ambiente intorno a me meravigliata.

"È bellissimo." Bisbigliai.
Un signore ci guidò al nostro tavolo e, appena ci sedemmo al tavolo, la visione dell'acqua fu la prima cosa che notai dato che era praticamente accanto a noi.

"Ora capisco perché è il tuo posto preferito." Annuii guardando i suoi occhi diventare un po' tristi.
"L'ultima volta ci ho portato la mia ragazza." Sospirò "lei è andata via." Disse solamente, indicando il cielo.

Inizialmente non capii a pieno il senso di quella frase, trovandola innocua, ma appena rivolsi lo sguardo verso le stelle spalancai leggermente gli occhi, sentendomi morire dentro.
"Oh mio Dio Ryan, mi dispiace." Avvicinai la mano alla sua.

"Aveva un tumore al seno." Questa volta la sua mano toccò la mia. Involontariamente il mio pensierò volò al giorno in cui Harry mi portò in quel fast food per raccontarmi del suo passato e, mentre parlava, le nostre mani si erano involontariamente toccate.

"Ma non parliamo di questo."  Scosse la testa come per scacciare via i pensieri, cosa che avrei dovuto fare anche io.
"Non so molto di te, Claire Agent." Sorrisi leggermente, alternando lo sguardo dai suoi occhi alla candela.

"Mi chiamo Claire Agent, ho diciannove anni e vengo dall'Italia, ma mi sono trasferita in Inghilterra per lavoro." Iniziai con tono un po' ironico, catturando ugualmente la sua attenzione "sarei voluta diventare una psicologa e finire gli studi con il massimo dei voti." Alzai le spalle, facendogli capire che tutto ciò non sarebbe mai potuto succedere.

Cambiai subito discorso, non avendo più molta voglia di parlare di me.
"Comunque non sapevo tu e Sissie foste fratelli." Pensai subito alla mia amica, corrugando le sopracciglia. "E io non sapevo che foste amiche da tempo." Continuò facendomi annuire, d'altronde uscivamo raramente insieme dati i vari problemi di famiglia che mi accompagnavano da quando ero piccola.

"Non ti avrei mai dato diciannove anni." La sua schiena aderì con la sedia, incrociando le muscolose braccia al petto.
"E quanti anni mi avresti dato, sentiamo." Lo sfidai con lo sguardo, appoggiando le braccia sul tavolo. "Ventuno." Assottigliò gli occhi, facendo uscire un sorrisetto dalle sue labbra.

"Di solito mi danno sedici anni." Risi pensando a quanto la mia altezza potesse compromettere il resto del mio corpo.
Appena arrivò la cameriera lessi velocemente il menù, optando per un semplice salmone con granella di pistacchio sopra.

"Adesso parlami di te Ryan Harris." Questa volta la mia testa si poggiò sulle mie mani per ascoltarlo con cautela.
Mi raccontò un po' della sua vita in generale e di come lui e Sissie avessero conosciuto Clayton.

Dopo un'ottima cena ed una bella chiacchierata notammo che fosse già arrivata mezzanotte, partendo verso casa.
Parcheggiata accuratamente l'auto a darci il ben tornato furono i mille colori che circondavano il giardino...e non solo.

"Eccoli arrivati!" Un ragazzo, a me praticolarmente familiare, ci accolse a braccia aperte, con una birra in una mano.
"Harry?" Chiese Ryan, avvicinandosi sempre di più a lui.

"Siete stati bene insieme?" Sbiascicò reggendosi alla ringhiera che poi portavano ai piccoli scalini.
"Non iniziare." Lo ammonii, conoscendolo ormai fin troppo bene da ubriaco.

Arrivati alla porta si sedette su uno dei primi scalini iniziando a fissarci.
"Adesso dovresti baciarla." Mi indicò, riferendosi anche a Ryan, per voltare lo sguardo verso di lui in un vero e proprio rimprovero. Mentre il ragazzo difronte a me non mi staccava gli occhi di dosso
"Ma non lo farai." Affermò duramente, anche se sembrò più un avvertimento, facendomi schiarire la voce per catturare l'attenzione su di me.

"Grazie mille per la serata, sono stata molto bene." Sorrisi sinceramente, indietreggiando un po' per avvicinarmi al ragazzo ubriaco.
"Anche io." Guardò i miei passi, forse chiedendosi il perché di questi miei movimento.

"Resto ad aiutarlo, tu va pure." Indicai la porta di ingresso, vedendolo annuire, anche se un po' titubante, per poi entrare dopo uno scambio di buonanotte.

Sentii un continuo tirare dalla parte bassa della tuta, incrociando il suo sguardo per farlo smettere.
"Che c'è?" Gli chiesi, guardando anche la porta di ingresso.
"Io sono qui." Alzai un sopracciglio confusa "le attenzioni devi darle a me, io sto male."
Alzai gli occhi al cielo, anche se non potei evitare che quelle strane emozioni scatenassero il putiferio dentro di me.

"Sono qui." Indicai verso il basso, sedendomi poi difronte a lui con le gambe incrociate.
"Sembri un bambino di due anni." Sorrisi, addolcendomi al solo pensiero di un piccolo Harry con i capelli ricci in cerca di attenzioni dalla sua mamma.

"Ho ventuno anni." Disse fiero, chiudendo gli occhi per poco.
"Allora..." sospirai pronta per qualche sua risposta sgarbata "questa volta perché hai bevuto?"

"Questa tuta ti sta bene." Cambiò discorso, facendomi alzare gli occhi al cielo anche se era un complimento.
"Ti fa delle belle tette." Poggiai subito una mano sulla scollatura, se così si poteva chiamare, facendogli uscire una forte risata.

"Tu cosa fai quando stai male?" Chiese all'improvviso, prendendomi un po' alla sprovvista. "Piango." Risposi sincera, ricordandomi alcuni accaduti di qualche sera fa'.

"Credi che io non ti abbia vista piangere vero?" Alzai di scatto la testa, incontrando i suoi bellissimi occhi.
"Ti ho vista appoggiata su quell'albero." I suoi occhi erano persi nel nulla, come se si stesse rimmaginando le scene che avrei voluto dimenticare.

"E sono andato via sai perché?" Scossi la testa in segno di negazione aspettando una sua domanda, credendo che mi rispondesse con una frase riguardante il sesso. "Perché mi ricordavi mia madre." Il mio cuore accellerò di colpo, togliendo la mano dal mio petto.

"Quasi tutte le sere beveva e piangeva seduta vicina ad un albero, al posto di sistemare la situazione con mio padre." Poggiai la mano sulla sua gamba coperta dai jeans.

"Perché eri triste?" Continuava a farmi domande, come se i ruoli, per questa sera, si fossero scambiati.
"Per la situazione in generale." Risposi un po' vagamente, sperando che capisse cosa intendessi per quella risposta appena data.

"Siete stati più di tre ore insieme." Cambiò nuovamente discorso, facendomi riprendere dal piccolo stato di trance.
"Stai bene con lui?" La sua sembrò più una domanda che un'affermazione.

"Perché tutte queste domande?" Sorrisi beffarda, notando però nessun ricambio nella sua espressione.
"Rispondi alla mia domanda." Mi impose, facendomi però rispondere subito dopo "Si."

"È perché ti tratta bene e ti dice che sei bella?" La sua faccia diventò un po' triste, facendomi sentire leggermente in colpa a  sentire il suo tono addolcirsi.
"Perché è una brava persona." Affermai sicura, scuotendo leggermente il capo.

Sulla sua faccia si fece spazio un'espressione di disgusto, dovuta a non so cosa.

Si morse il labbro inferiore mentre studiava i miei lineamenti.
"L'altra sera mi sono fatto fare solo un pompino per colpa tua." Questa volta fui io ad avere una faccia disgustata, sentendo il mio cuore infrangersi, nuovamente in mille pezzi

"Colpa mia?" Azzardai a chiedere un po' divertita dalla sua affermazione precedente.
"Lascia stare." Scosse la mano come per scansare qualcosa, alzando gli occhi al cielo.

"Che ne dici se rientriamo?" Guardai la porta, pronta per rientrare, ma la sua grande mano mi fermò facendomi corrugare la fronte.
"Voglio stare qui fuori." Fissò i miei occhi mentre io cercavo di non perdermi nei suoi "con te." il mio cuore rischiava di uscirmi dalla cassa toracica mentre l'ormai familiare brivido dietro la schiena si fece spazio anche sulle mie braccia.

"Cosa cazzo mi stai facendo." Si mise le mani nei capelli, guardando il basso.
Non seppi cosa rispondere, non capendo più niente.
"Mi fotti la mente." Spiegò, continuavo però a non capire dove volesse arrivare "e non so se sia una cosa positiva o negativa." Continuò mentre io rimasi paralizzata ad ascoltarlo.

"Tu non immagini neanche cosa ti farei adesso." Sussurrò, facendomi mordere istintivamente il labbro inferiore.
"Cosa mi faresti?" Non so con quale coraggio questa domanda uscì dalla mia bocca, ma era comunque uscita.

"Ti strapparei questa fottuta tuta e bacerei ogni parte del tuo corpo." Il suo volto si avvicinò al mio non lasciando mai i miei occhi.
"Stuzzicherei il tuo corpo con dei trucchetti che solo io riesco a fare." Bisbigliò sulle mie labbra sorridendo, sentendo la sua mano invitarmi ad inginocchiarmi, ossia da togliermi da quella postura con le gambe incrociate.

"Bacerei queste fottute labbra che non immagini neanche cosa vorrei che mi facessero." Questa volta fu lui a mordersi il labbro, mentre i nostri respiri si scontravano.
"E poi ti farei mia. Come ogni donna desidererebbe, come io vorrei che fosse." Sentii l'eccitazione farsi spazio dentro di me e la sua stretta sul mio fianco intensificarsi, trovando quelle parole per niente sporche, ma, bensì, fin troppo naturali.

"Vuoi che io sia tua?" Chiesi, aspettando una sua risposta sincera. "Non sai quanto." Disse con desiderio, mandando i tilt ogni singola parte del mio corpo.

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