Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

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Capitolo 54
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Capitolo 56
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Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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21 Marzo 2022
33
Nota
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35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

Capitolo 38

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By DybalasPap810




A volte la fortuna è dalla tua parte, e oggi è come se il tempo sapesse che avevamo chiesto il sole e ci ha accontentati alla grande, nonostante il giorno prima avesse quasi nevicato.

Casa di Claudio e Roby è qualcosa di indescrivibile, ma baciata da un caldo sole primaverile di metà marzo, che risalta il verde perfetto dell'erba del giardino, il colore acceso dei gonfiabili e gli addobbi di compleanno sparsi per tutta casa, è ancora più bella.

I bambini sono tutti seduti a mangiare panini e patatine intorno a un tavolo basso, in una stanza enorme che loro chiamano cantina, ma che a me sembra una ludoteca, con centinaia di giocattoli sparsi a terra, musica da festa per bambini e animatori giovani che intrattengono tutti.

Leo è meraviglioso, sorridente ed euforico, mentre parlotta con i suoi amici e compagni d'asilo, con addosso l'intero completino bianconero che, stranamente, porta sulle spalle il numero dieci e la scritta Dybala, il che mi fa sorridere, pensando ad un papà Claudio offeso per essere stato barattato per un suo compagno di squadra quasi dieci anni più giovane.

Osservo ammaliata tutti i bimbi che, euforici e divertiti, seguono l'animatrice con una maglia della Juve che li invita a raggiungere i gonfiabili in giardino per un nuovo gioco di squadra, e una volta tutti fuori aiuto Roby a liberare il tavolo dai piatti e bicchieri consumati dalle piccole pesti.

"Ma come siamo belle, questo pomeriggio... non te l'avevo detto?" mi dice Roby, squadrandomi dalla testa ai piedi e sorridendomi sincera.

Le sorrido di rimando, felice che abbia apprezzato il mio ultimo acquisto fatto proprio quella mattina.
Io e Simona eravamo in giro per la città, già pronte per la festa del pomeriggio, per poi renderci conto di essere vestite troppo pesanti, per la bella giornata che era venuta fuori.
Così avevo trovato questo vestitino leggero, chiaro e con dei disegni che ancora dovevo capire, stretto in vita subito sotto il seno con una cintura nera larga, così da cadere sulle gambe svasato, come piacciono a me.
Una collana lunga che accompagna il piccolo scollo sul seno, capelli sciolti che ricadono sulle spalle, converse nere alte ai piedi.
Solito trucco semplice sul viso, rossetto chiaro sulle labbra, voglia di essere trasparente, completamente trasparente e lontana da occhi indiscreti.

"Grazie, anche tu sei bellissima" le dico, ed è vero.
Indossa un semplice top bianco su un paio di pantaloncini di jeans chiari, e degli anfibi neri ed è così bella, con i capelli che le ricadono leggeri sulle spalle, arricciati leggermente sulle punte.

"Grazie, però sei dimagrita" mi dice poi, prendendomi dalle mani i piatti che avevo raccolto dal tavolo.

"Glielo abbiamo detto anche noi!" sentiamo dirci alle spalle, vedendo arrivare Simona, Maddalena e Federica, quest'ultima sempre con Mia tra le braccia, che le rubo immediatamente.

Mi era mancata così tanto, questa palla di pelo morbidissimo e bellissimo.

E no, non mi fa pensare per niente al fatto che proprio lei sia stata il primo argomento di conversazione tra me e Paulo, il giorno del compleanno di Roberta, sempre in questa casa.

"Ragazze, sto bene! - dico loro in un rumoroso sospiro.

"L'ho voluto io... e poi tra le lezioni, il lavoro, lo studio... a volte non ne ho nemmeno il tempo!" continuo, cercando di giustificarmi.

In realtà, non mi ero nemmeno accorta di aver perso chili, non guardandomi allo specchio da tanto e soprattutto non rendendomi conto di dimenticarmi a volte di mangiare.

O forse, semplicemente non ne avevo voglia.

"Però sei sempre bella" mi sussurra Maddi, accarezzandomi dolce il viso.

"Sei pronta a rivederlo?"

"Lo sai che verrà, si?" una sfilza di domande dalle donne che mi stanno di fronte mi fa alzare gli occhi al cielo, infastidita, ma sotto sotto forse anche divertita.

"Cos'è, un interrogatorio? Sì, so che verrà. E, in realtà, l'ho già visto ieri sera" comincio balbettando, per poi raccontare velocemente, con l'aiuto di Simo, gli eventi della sera precedente dopo il grande spavento.

Nel tragitto verso casa di Simona in macchina con Nahuel siamo stati per la maggior parte del tempo in silenzio, quando all'improvviso lui ha preso a parlare, avvisandomi che Antonella non era quasi mai con loro e che dormiva spesso a Milano.

Di solito Paulo parlava di qualsiasi cosa con lui, ma in quest'ultimo periodo nemmeno il suo migliore amico sapeva davvero cosa ci fosse tra loro, o cosa passasse per la testa di Paulo, tanto si fosse chiuso in sé e nei suoi pensieri. Non era più lo stesso, usciva solo per andare agli allenamenti, ed era arrivato addirittura a rifiutare di avere i suoi migliori amici a casa con lui, cosa che lui amava. Nahuel non sopportava il ritorno di Antonella, non ne sopportava la presenza quando i due amici fossero insieme, né il suo comportamento, nonostante, probabilmente, fossero tornati insieme.

"Paulo non è di certo felice. Ma questo non lo dirà mai. Non ammetterà mai di non aver avuto ragione. E di essere una testa di cazzo", aveva concluso, una volta sotto casa di Simona.

Poi mi aveva abbracciato stretta.

Quella sera eravamo stati tutti fin troppo scossi.
Poteva essersi rincoglionito completamente, ma avevamo perso tutti qualche anno di vita per lo spavento, quella sera.

Per lui.

"E tu non gli hai detto che ha fatto male a fare la scelta sbagliata?" mi chiede Federica, ironica.

"E certo che gliel'ho detto. E anche il suo migliore amico era d'accordo con me" rispondo subito, facendo ridere tutte e ridendo insieme a loro.

Beh, almeno ci ridi.

La nostra conversazione viene interrotta dalla voce al microfono dell'animatrice che rientra nella sala e richiama tutti i bimbi urlanti che la seguono, ma tra questi manca proprio il festeggiato.

"Oh oh, ma chi abbiamo qui, un piccolo Leo che è diventato improvvisamente altissimo!" urla la ragazza, costringendo tutti a girarci verso la porta, e avrei voluto non farlo.

Leo sta rientrando dal giardino con un sorriso a trentadue denti, o forse qualche dente mancante, seduto trionfante sulle spalle di Paulo, che gli stringe le mani tra le sue per tenerlo meglio.

Poi Leo si libera di una mano e raggiunge il centro della sala facendo la Dybala Mask, che fa sorridere tutti.

In un altro contesto, avrei ripreso questo momento, incantata e innamorata di quello che guardavo, sapendo che postandolo come storia, avrei fatto impazzire migliaia di tifosi, ma meno male ci sono Roby e Claudio che, da due prospettive diverse, riprendono tutto, sorridendo da dietro lo schermo.

Leo non smette di sorridere, urlando a sua madre di aver infranto la regola dell'aprire i regali dopo la torta, perché Paulo gli aveva fatto aprire il suo regalo appena arrivato e al centro del giardino, facendogli scartare la sua Ferrari rossa in miniatura, che avrebbe potuto finalmente guidare, poiché quella vera parcheggiata in garage, suo padre non gliela faceva neppure guardare.

Osservo Paulo mettere giù il piccolo Leo, per poi dargli un bacio sulla testa e lasciarlo andare, poi raggiunge Roberta per salutarla, e lei lo accoglie in un grande abbraccio, che lui ricambia sincero.

In fondo, ieri sera non sono stata l'unica a perdere la testa e la ragione per quello che gli è successo.

Saluta anche Maddalena e Federica, poi si avvicina a Simona e infine posa lo sguardo su di me, ma io lo abbasso all'istante, girandomi verso Lucia, la piccola di casa Cuadrado, che si muove da sola per la sala facendo progressi nei suoi primi passi.

***

Il pomeriggio procede tranquillo, i bambini sono instancabili e Claudio e Roberta esausti, ma non smettono di sorridere.

Al momento della torta tutti i bambini sono intorno al festeggiato, che con gli occhi cerca suo fratello e lo chiama al suo fianco.

Bambini vicini al tavolo e adulti sparsi nei vari angoli della casa, tutti insieme cantiamo la canzoncina di auguri, mentre Roby è intenta a portare un enorme torta di compleanno con la scritta "Leo 6.. come gli scudetti", che fa ridere tutti, e io non resisto e riprendo il momento in cui Leo soffia sulle candeline che scoppiettano e poi esulta con l'ennesima Dybala Mask.

Sposto per un attimo gli occhi su Paulo, che in un angolo della stanza sorride timido e si scambia qualche parola con Claudio.

Poi quest'ultimo gli sussurra qualcosa e lui mette le mani in tasca, annuendo e alzando poi lo sguardo verso di me.

Mi guarda, per l'ennesima volta in queste ore, intensamente e senza vergogna, come se fossi ancora qualcosa di suo, come se mi conoscesse a fondo, come se conoscesse ogni piccolo particolare del mio corpo, e in fondo era così.
In quella enorme stanza piena di amici e conoscenti, lui era la persona che mi conosceva di più, sotto ogni punto di vista, e sapere di aver condiviso tanto con lui, ma che ora sembravamo due perfetti sconosciuti, mi mandava fuori di testa.

Stacco gli occhi da lui e mi dirigo fuori in giardino, non prima di aver afferrato una sigaretta dalla borsa e l'accendino.

Raggiungo una zona isolata del giardino, in cui non ci sono gonfiabili, né giocattoli, solo un piccolo muretto di marmo nascosto tra gli alberi che circondano l'intera casa.
Mi ci siedo sopra, accendendo la sigaretta, poi mi rialzo, nervosa e non riuscendo a rimanere ferma.

Perché non smette di fissarmi, perché è qui solo e senza la sua ragazza, perché continuo a non riuscire ad ignorarlo?

Cammino avanti e indietro, aspirando velocemente e intensamente.

"Bea" sento chiamarmi alle spalle e chiudo gli occhi.

Potrei riconoscere la sua voce tra mille voci urlanti.

Mi blocco con la sigaretta tra le mani e il braccio a mezz'aria, ma non mi giro.

"Sei meravigliosa, oggi" aggiunge, mentre sento i suoi passi sempre più vicini.

Si posiziona al mio fianco, puntando anche lui lo sguardo in un punto a caso oltre la siepe di fronte a noi.

"Posso fare un tiro?" mi chiede poi, spostando gli occhi sulla mia mano con la sigaretta tra le dita.

Faccio un rumoroso sospiro, portandomela alla bocca ancora una volta.

"Non ti faccio fumare, Dybala" gli rispondo, mentre butto fuori l'aria, continuando a guardare davanti a me.

"Ah no? Perché ne ho... ne ho davvero bisogno" confessa in un sospiro.

Io, invece, ho solo bisogno di te.


Faccio un ultimo tiro e gliela passo, posando lo sguardo sulle nostre mani che, dopo quasi un mese, si toccano di nuovo.

"Grazie".

"Guardami però, ti prego", dice poi, all'ennesima mia risposta a testa bassa e per lo più a monosillabi.

Alzo lo sguardo su di lui, pentendomene in pochi secondi.

I suoi occhi sono qualcosa di assurdo e magnetico, resi ancor più chiari dalla luce del sole che quel giorno aveva deciso che era improvvisamente estate.
Le sue labbra sono chiuse in un piccolo e timido sorriso, uno di quelli che adoro, uno di quelli che mi facevano impazzire e innamorami ancora di più, perché fatti dopo aver ricevuto un complimento, o un ti amo, che non gli dicevo spesso, ma solo quando riuscivo a farlo.

La luce del sole caldo del pomeriggio riflette sulla sua collana col numero dieci, che spicca sulla sua maglietta scura.

"Come stai?" mi chiede, dolcemente, tirando per l'ultima volta alla sigaretta, per poi spegnerla e schiacciarla sotto le sue scarpe.

Tiene lo sguardo basso su queste.

"Tu come stai..." gli ripeto seria.

"Ora bene. In questo momento... davvero bene" è la sua risposta, girando la testa e facendo un passo verso di me.

"Grazie ancora per ieri, per essere venuta... e scusa per le chiamate perse. La mia famiglia non ha capito più nulla e..."

"Ti prego, smettila, smettila" lo interrompo subito, stufa di sentirlo parlare dolcemente, scusarsi e giustificarsi con me.

Blocca le sue parole e i suoi passi, interdetto.
Poi prende a guardarmi confuso.

"Cosa?" mi chiede subito, corrugando la fronte.

"Smettila di fare così! Smettila di essere gentile e mortificato, smettila di chiedere scusa, e devi smetterla, devi smetterla di guardarmi... di guardarmi in quel modo", comincio a buttare fuori, tutto d'un fiato.

Sospira, infastidito.

"In quale modo?" ribatte, sfidandomi e facendo un ulteriore passo verso di me, ma io mi allontano, facendo qualche passo indietro.

"Come se mi conoscessi bene! Come se mi avessi vista nuda, come se conoscessi ogni parte di me!" continuo, mentre lui fa un sorriso beffardo, per poi scuotere il capo e coprirsi gli occhi con le mani, strizzandoli appena, in un gesto nervoso.

"E devi smetterla... perché io non riesco a fare niente se sento i tuoi occhi addosso, e non riesco a respirare... non riesco a respirare, se continui a guardarmi così, quindi smettila!" gli urlo, in preda a una crisi di pianto che sarebbe potuta scoppiare di lì a pochi secondi.

Lui toglie le mani dal viso, riprendendo a guardarmi nello stesso modo di sempre, ma ora i suoi occhi sono diversi, la mascella serrata e gli si forma qualche ruga sulla fronte.

Un altro sospiro, mentre scuote la testa.

Poi prende a parlare.

"Tu pensi davvero che io lo faccia apposta? Che mi piaccia fissarti o vederti star male? Tu, cazzo, pensi che mi piaccia non riuscire a smettere di guardarti, senza poterti toccare, senza poter stare con te? - fa un altro passo mentre mi punta un dito contro - Tu pensi che lo voglia fare davvero? E pensi che mi piaccia impazzire al solo pensiero che un altro ragazzo possa toccarti davanti a me? Pensi che mi piaccia guardare un altro ragazzo metterti un braccio intorno alle spalle e avere voglia di alzargli le mani, soltanto per averti sfiorata?" è la sua risposta, aumentando il tono di voce ad ogni frase, con respiro affannoso.

Lo sguardo fisso nel mio, con i suoi occhi stanchi e pieni. Poi si sposta sulle mie labbra schiuse e deglutisce, sospirando ancora.

"Mi hai lasciato, c'è un'altra persona. E non sai cosa darei, tu davvero non sai cosa darei per non guardarti più... e perdere la testa in questo modo... ma non riesco!" aggiunge alla fine.

Io mi limito a guardarlo, agitato, con le mani che si muovono da sole, la lingua nella bocca che si muove velocemente e con grazia, nonostante la difficoltà di esprimere questi pensieri in italiano, ma lo ha fatto alla perfezione.

Una vena gli pulsa sul collo, mentre smette di guardarmi e a testa bassa sospira rumorosamente, passandosi nervoso una mano tra i capelli.

"Paulo..." lo chiamo, invitandolo a riportare lo sguardo su di me.

Alza gli occhi e quasi perdo un battito.

Sono pieni, lucidi, e bellissimi, e mi spingono, da soli, a fare un passo avanti.

Ed è una questione di secondi.


I suoi passi pesanti e veloci verso di me, le sue mani sul mio viso, veloci parole sussurrate in spagnolo e non capite, e le sue labbra sulle mie.

Ricambio all'istante e dio, dio, le sue labbra mi erano mancate da morire, da impazzire.

Le sue mani su di me, il suo respiro addosso, la sua bocca che cerca la mia, che cerca proprio me.

Porto anch'io le mie mani su di lui, sul collo e nei capelli, aprendo maggiormente la bocca per accoglierlo bene, e godendomi dopo tanto, di nuovo il suo sapore.

Geme nella mia bocca nel momento in cui gli tiro leggermente i capelli, mentre comincia a spingermi piano verso il muretto di marmo davanti a noi.

Sposta le mani sui miei fianchi, avvolgendomi poi per la schiena e alzandomi per farmi sedere sulle mattonelle ruvide e fredde che entrano in contatto con le mie gambe.

Continuiamo a baciarci con foga, quasi selvaggiamente, come se cercassimo aria l'uno nell'altra, come se le nostre bocche fossero l'unica fonte di ossigeno.

Ed era esattamente così, perché io sentivo di aver ripreso davvero a respirare dal momento in cui l'ho invitato a guardarmi.

Non ragioniamo, non pensiamo al luogo in cui ci troviamo, non esiste nessuno a parte noi e vogliamo esistere solo noi.

Mi alza leggermente il vestitino, accarezzandomi le gambe subito sotto i glutei, e nasconde il viso nell'incavo del mio collo, baciandolo e gemendo ancora, nel momento in cui goffamente e con velocità con le mani raggiungo l'attaccatura dei suoi pantaloni, cominciando ad armeggiare con la cintura.

Mi abbassa una spallina e torna con le labbra sulle mie e una mano a tenermi ferma dietro la nuca, ma io non vado da nessuna parte, volendo esattamente quel che vuole lui.

La sua mano destra sposta con forza la mia biancheria da sotto il vestito e mi sfiora, e chiudo gli occhi, sospirando rumorosamente in un gemito.

"Cazzo", sospira con voce rotta, per poi baciarmi ancora.

Ci stiamo letteralmente lasciando andare, incoscienti, finché la voce di una bambina non ci fa staccare all'istante.

I suoi passi sono sempre più vicini, e io scendo immediatamente dal muretto, sistemandomi ritmicamente la spallina scesa e la parte di sotto del vestito, mentre Paulo si gira a risistemarsi i pantaloni, che ero riuscita ad aprire ed abbassare quanto bastava.

Impreca qualcosa, con palesi difficoltà nel rialzare la cerniera.

Io ho una mano tra i capelli e l'altra sulla bocca, come a pulirla per nascondere le labbra gonfie, quasi stuprate dall'assalto violento di qualche secondo prima, quando accolgo Camilla, la piccola di casa Barzagli, che ci raggiunge correndo, nella tipica euforia di chi sta cercando un nascondiglio perfetto per nascondino.

Cosa cazzo è appena successo?

"Giocate anche voi?" mi chiede con il suo meraviglioso sorriso, una volta scelto e raggiunto il posto in cui si sarebbe nascosta, ma entrambi siamo intenti a riprendere fiato, e Paulo continua a darci le spalle, i suoi movimenti quasi tremanti.

"C-certo, piccolina, ma tu non dirlo a nessuno eh" le sussurro, mettendo un dito davanti alla bocca e facendole un occhiolino.

"Tana per Bea e Cami!!" sentiamo urlare da lontano, così incito lei a correre per fare salva tutti e faccio per seguirla.

"Bea" mi sento chiamare alle spalle, e riconosco ancora un respiro affannato nella sua voce.

Mi fermo, ma non riesco a girarmi, non riuscirei a guardarlo ancora negli occhi.

"Bea" ripete, raggiungendomi e girandomi velocemente verso di lui.

"Che cosa significa... che cosa è stato?" chiede, confuso quanto me, impegnato ancora a sistemarsi la maglia.

Poi mi passa una mano tra i capelli, sistemando istintivamente una ciocca scombinata.

Significa che ci vogliamo, e che ci amiamo da morire, ma io non voglio essere d'intralcio tra te e la tua fidanzata, o qualsiasi cosa siate voi due.


"Rispondimi", mi implora.

"Io... non lo so. Io devo andare. Devi starmi lontano - balbetto, per niente convinta di quello che dico, perché sono io a dover stare lontana dal saltargli addosso ancora.

"E' stato uno sbaglio... non doveva succedere... tu hai una... tu sei..." continuo a dire, incapace di mettere insieme due frasi.

"Noi siamo uno sbaglio? Vuoi dire questo? Pensi davvero questo?" mi chiede, con voce disperata ma allo stesso tempo alterata, e io non so davvero cosa rispondere.

Sospira rumorosamente, riportando, come qualche minuto prima, una mano sugli occhi a strizzarli, accompagnati da una smorfia nervosa del viso.

"Devi solo dirmelo..." dice poi, dopo qualche secondo di silenzio assordante, lasciando di nuovo liberi i suoi occhi e permettendomi di guardarli ancora.

"Dirti cosa, Paulo?"

"Di lasciarla. Devi soltanto dirmelo. Lo faccio. Lo juro. Ma devi dirmelo, perché devi volerlo anche tu", mi chiede in una preghiera.

Eccolo lì, il rumore del mio cuore che si frantuma in miliardi di pezzi, piccolissimi pezzi di un puzzle impossibile da costruire.

La mia reazione è una risata nervosa, stanca e infastidita, il che gli fa corrugare la fronte.


Stai scherzando?


"Non sarò io a dirti cosa devi fare. E' una follia" gli dico, cominciando ad allontanarmi.

"Folle ci sto diventando io così. E' tutto... è tutto così sbagliato" continua poi, e sembra quasi un soliloquio, come se stesse parlando più a se stesso, che a me.

"Non- non doveva succedere... tienes razòn" dice infine, ed è un colpo fortissimo al cuore, che mi cade nello stomaco, per la seconda volta, per colpa sua.

Ci guardiamo, senza più parole l'uno per l'altra, come due soldati esausti dopo un duello con le armi, ma senza nessun vincitore.

Poi fa un ulteriore passo avanti, e alza una mano verso di me, diretta al mio viso, che la accoglie, totalmente, fottutamente, ancora dipendente dal suo tocco.
Chiudo gli occhi, andando incontro al tatto, e li riapro avvertendo un suo sospiro, incrociando di nuovo il suo sguardo.
I suoi occhi sono cupi, e pieni, lontani anni luce da quelli di cui mi sono innamorata.

I suoi brillano sempre di curiosità, fanciullezza, felicità.


Cosa ti sta succedendo, Paulo?

Lo guardo afferrare la sua collana dal collo, per poi sfilarla via e passarla a me, tirando indietro i capelli  per metterla a contatto con la mia pelle.

Sento, ancora una volta, le sue mani su di me e il mio corpo risponde sempre allo stesso modo, rabbrividendo, e questo lo spinge a distogliere lo sguardo dalle mie labbra e fare un passo indietro, e le mie mani perdono il contatto con la stoffa della sua maglietta.

Alzo un'ultima volta lo sguardo su di lui, mantenendo gli occhi nei suoi, tristi e pieni come non li avevo mai visti.

Mi stai dicendo addio.

Mi stai dicendo addio e chi deve andare via sono io.

Decido di muovermi per prima, allontanandomi per tornare alla realtà in mezzo agli altri, che ci avranno dati per dispersi.

Il mio aspetto farà pensare loro qualcosa, sicuramente, ma non mi importa.

Voglio solo andare via, lontano da lui e da tutte le persone che riguardano anche lui.

Raggiungo Simona e la avviso che sto andando via, pregandola di rimanere e lasciarmi stare.

Avrei preso un taxi e avrei camminato, una volta in città, da sola e solo con i miei pensieri confusi in testa.

Saluto velocemente Roby e Claudio, poi vado ad abbracciare forte i loro bambini.

Mi sarebbero mancati.

Tutto mi sarebbe mancato di quelle persone, di quel posto e di quella città.

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