Más que nunca - Paulo Dybala

By DybalasPap810

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La storia di un viaggio. Di un incontro casuale ed inaspettato. La storia di Beatrice, che realizza un sogno... More

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Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60 - Epilogo
Ringraziamenti
GRAZIE
Classifiche
II parte - Nada màs - Prologo
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15 novembre 💎✨
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Forza Italia
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29
30
31
32
21 Marzo 2022
33
Nota
34
35 - Epilogo
Ringraziamenti II
15 novembre 2022
18 dicembre 2022 Campione del Mondo 🇦🇷💎
Missing moments: 1
15 novembre 2023
Missing moments : 2

Capitolo 35

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By DybalasPap810




Continuo a guardarmi allo specchio della mia camera mentre stringo la cintura in vita per tener fermo un vestitino che improvvisamente mi sta più largo.

Devo aver sbagliato qualcosa nell'ultima lavatrice.

Il colore del mio outfit, fatto di un vestitino forse un po' troppo corto e leggero, accompagnato da stivali in camoscio che mi coprono fino a sopra le ginocchia, rispecchia il mio umore: nero.

Alessia, improvvisandosi parrucchiera e truccatrice di successo, si era impegnata nel piastrarmi i capelli, che ora mi ricadevano lisci come seta all'altezza del seno.
Dopo anni, oltre al mascara, il contorno dei miei occhi era ricoperto da una matita nera, che maggiormente metteva in risalto il marrone scuro attorno alle pupille nerissime.
Il pallore del mio viso, le mie solite occhiaie, sembravano sparite di colpo, sostituite da un fondotinta di quelli buoni, capaci di rendere bella anche chi non toccava trucchi ormai da settimane.
Le mie labbra erano ricoperte da un rossetto rosso scuro, un colore che non mi era mai piaciuto addosso, ma che adesso.. adesso mi stava così bene.

Questo mi fa pensare a Paulo e al fatto che lui amava il rossetto sulle labbra delle ragazze, quando messo in modo adeguato e non troppo volgare, ma odiava da morire baciare labbra ricoperte proprio da questo.

Ricordo quando, la sera del ritorno al gol a dicembre, che poi mi ha dedicato, gli sono letteralmente saltata addosso quando è venuto fuori dallo stadio con Claudio, baciandolo più volte a stampo e lasciandogli un po' di colore sulle sue labbra.
Si tirava leggermente indietro, come per allontanarsi, ma non resisteva al non baciarmi.

A distrarmi dai miei pensieri oscuri è Alessia che, messa di fianco a me allo specchio, mi porge un calice di vino rosso, di quelli scrausi, da studenti universitari e poveri, che però avrebbe fatto comunque il suo bel lavoro.
Lo prendo tra le mani, facendo tintinnare il mio bicchiere con il suo e bevendo poi un sorso non indifferente.
Con il mio telefono tra le mani, fa una foto davanti allo specchio e per la prima volta ci piace subito e la mette tra le storie.
Non era difficile per lei uscire male.
Ale è bellissima e lo è sempre, ancor di più quando si sistema con un po' di trucco e mostra le sue gambe.

Quella sera, grazie a lei, mi sentivo bella anch'io.

"Facciamogli vedere chi comanda qui" mi dice, senza aggiungere altro, ma avevo già capito.

Il numero dieci era tornato tra le braccia della sua ex, ma rimaneva sempre tra i primi a visualizzare le mie storie, almeno per quelle poche che avevo fatto in quelle settimane.

"Impazzirà, ne sono sicura" continua poi lei, mentre io decido di non commentare nessuna delle due affermazioni.

"Sei bellissima. In centro c'è la vita dello studente fuorisede. E tu devi godertela!" comincia a dire poi, poggiando entrambe le mani sulle mie spalle, dopo aver poggiato i nostri bicchieri sulla mia scrivania.

"Pronta?" mi chiede, e io mi limito semplicemente a fissarla, e quando sto per scuotere la testa lei mi riporge il bicchiere e mi invita ad annuire.

"Si... sì" rispondo, buttando giù il resto del contenuto velocemente e afferrando borsa e cappotto dal letto.

***

"Dai, smettetela di prendermi in giro!" dico ridendo alle mie coinquiline, mentre loro imitano le mie movenze e le mie frasi in preda all'ansia prima di essere chiamata per un esame. Sembro una pazza, non smetto di tremare con le gambe e scrocchiare le dita della mani, per poi stropicciarmi il viso e la bocca e dire tra me e me "Tanto mi boccia, non può essere altrimenti".

Ormai credo siano anche dei riti che faccio a ripetizione, perché tutte le volte in cui faccio sempre le stesse cose, mi va bene.

"Sei troppo divertente, però" dice uno dei colleghi, Matteo, con cui avevamo deciso di trascorrere la serata, toccandomi gentilmente il braccio.

Matteo lo conosco da un anno, è stata una delle prime persone che ho incontrato nelle prime settimane del primo anno fuori sede.
Io, lui e Alessia ci siamo conosciuti quasi contemporaneamente e spesso siamo usciti insieme o abbiamo cenato insieme a casa nostra.
E' sempre stato molto gentile e simpatico, anche se secondo Alessia non ha mai smesso di provarci più volte con me.
Io, al contrario, l'ho sempre visto come un ottimo amico e collega, e un'ottima compagnia durante le partite, nonostante la fede e l'amore per un'altra squadra.

Era tra i pochi ad aver saputo forse da subito della mia relazione con Paulo, senza però sapere com'è finita.

Al nostro tavolo nel locale arrivano altri drink e io ho perso il conto dei miei.

Sorrido nel momento in cui Matteo mi porge il mio, un Gin Tonic, ricordando che è il preferito di Paulo, e quello con cui mi sono ubriacata la sera del compleanno di Claudio, e il resto di quella strana serata sono solo dolci e piacevoli ricordi, che mi fanno venire un colpo nel basso ventre.

Dio, quanto cazzo mi manca.

Anche se è uno stronzo, bastardo, megalomane ed egoista.

"Grazie" sussurro a Matteo, prendendo il bicchiere tra le mani.

Mi sorride, facendo tintinnare il mio bicchiere con il suo, che contiene probabilmente lo stesso cocktail.

"A cosa brindiamo? Al tuo Dybala che ti ha fatto vincere oggi?" mi chiede, facendomi l'occhiolino, ed è un colpo al cuore bello e buono.

Alessia, al mio fianco, mi stringe la mano da sotto il tavolo, facendo un paio di colpi di tosse e cominciando a parlare di qualcosa che non riesco nemmeno a sentire.

Ma stasera mi voglio divertire, e l'ultima cosa a cui devo pensare è il ragazzo che mi sta facendo star male da settimane.

Anzi no, io non ci devo pensare, ma lui lo deve sapere come sto io.

"Sai una cosa? Sì, brindiamo proprio a lui" affermo, frugando nella borsa alla ricerca del telefono, per poi fare un piccolo video in cui riprendo il drink e chi mi sta intorno, compresi Matteo e Alessia.

<<92'... ed è solo Joya>> è la mia didascalia, per poi farlo finire subito nelle storie.

Non sei l'unico che sta bene, caro Paulo.

Ormai presa dal momento, e probabilmente dalla sbronza che mi sta salendo al cervello e che mi fa fare cose che da sobria non penso nemmeno, trascino al bancone dei chupiti Alessia ed Elisa, dopo aver buttato giù velocemente il mio drink.

Ale ordina subito tre tequila sale e limone, mentre io comincio a muovermi, seguendo la musica che inonda la stanza.

"A te, e a questa serata insieme, perché meriti solo cose belle" mi dice Elisa, accompagnata da un sorriso di Alessia, prima di far sbattere i nostri bicchieri e buttare giù anche quelli.

Chiudo gli occhi dopo aver succhiato il limone.

Dopo essermi alzata dal divanetto sembra che la stanza abbia un po' cominciato a girare, o sono io che non ricordo bene come si cammini dritta, ma non me ne curo.

Almeno così, non pensi a niente.

Riprendo il telefono dalla borsa per controllarmi con la fotocamera interna, ma prima di sbloccare trovo una notifica.

[Instagram: @paulodybala ha risposto alla tua storia:]

<<Mi hai guardato?>>

<<Partita incredibile,
spero ti sia piaciuta>>

<<Chi è quello?>>

Rimango interdetta, continuando a fissare come un ebete il suo nome e le sue parole. E nonostante lo odi al momento, nonostante vorrei essere con lui soltanto per picchiarlo a sangue, nonostante dovrei ignorare la sua esistenza, le mie dita sono più veloci del mio buon senso, mandato a farsi benedire anche per quell'alcool che già scorreva nelle mie vene, e in pochi secondi sono già pronta a ribattere.


<<Cosa ti importa?>>

<<Non si risponde
     a una domanda
     con un'altra
     domanda>>

Mi stai prendendo in giro?

<<Rispondimi>>

<<Mi manchi>>

Smettila, devi smetterla. Mi uccidi.


Visualizzo, cominciando a sentire gli occhi bruciare, e sto per mettere via tutto, quando il telefono comincia a vibrare costantemente.

Il suo nome, affiancato dal simbolo di un gioiello si illumina sullo schermo, ricordandomi che devo modificare il nome salvato, o forse proprio eliminare il numero.
O forse no, in fondo, avrei potuto cominciare a vantarmi di avere il numero di Paulo Dybala.
E di averlo conosciuto, averci parlato, averlo baciato, averci fatto l'amore, e scopato anche, continuo a sentirmi dire nella testa.

"E' lui?" sento gridarmi all'orecchio da Alessia, rendendomi conto di non aver fatto in tempo a nascondere tutto in borsa per ritornare alla mia serata. 

Nel frattempo aveva smesso di vibrare.
Annuisco e abbasso lo sguardo, mentre in pochi secondi riprende a dare segni di vita, mostrandomi sempre lo stesso nome a caratteri cubitali, e aumentando sempre di più i battiti del mio cuore.

"Devi rispondergli. Devi farlo, Bea" mi dice poi, tirandomi verso il bagno del locale, verso il quale c'è una lunga fila di ragazze ubriache che aspettano di liberare la loro vescica per sentirsi un po' meglio.

"E cosa gli dico?! E perché mi chiama?" comincio a chiedere, pienamente nel panico.

"Perché lo hai voluto tu! Hai messo quella storia, starà impazzendo" mi dice, mentre il cellulare smette di vibrare per la seconda volta, e un sospiro di sollievo mi viene fuori spontaneo.

    Da: P.
<<Bea, cazzo...
      rispondi!>>

le sue parole, in un messaggio, pochi secondi dopo.

Alessia mi toglie il telefono di mano, sbloccandolo con il mio codice che ovviamente conosceva e facendo partire subito la chiamata.
Mi mette il telefono all'orecchio, per poi portare la mia mano a mantenerlo e togliendo la sua.
Non faccio in tempo a fermarla, insultarla o chiederle aiuto su cosa dire, perché la sua risposta è quasi immediata.

<<Pronto, Bea! Dove sei? Perché non mi rispondi?>>

Chiudo gli occhi.

Dio, la sua voce.
La sua voce che dice il mio nome.

Le sue domande veloci e il suo tono preoccupato e infastidito allo stesso tempo.

Quasi mi viene da piangere e ridere nello stesso tempo.

<<Paulito... Paulo che cosa vuoi?>> biascico, sicuramente corrugando la fronte e cercando di porre attenzione alle sue parole.

<<Ciao, ehm... Hai visto la part - comincia a chiedere, poi si blocca, trovando un po' strano il mio modo di parlare - Hai bevuto?>>  indaga, facendomi rendere conto che con lui non riesco a mascherare nemmeno una fottuta emozione.

<<Un po', sì>> gli rispondo, per poi fare una piccola risata da deficiente.

Sento un sospiro sul microfono, e già me lo immagino passarsi la mano tra i capelli, resi un po' duri per il gel.

Sarai bello anche da disperato.

<<Che cosa vuoi, Paulo?>> gli ripeto, mentre la fila per il bagno comincia a diminuire e mi ci aggiungo anch'io, sentendo un leggero fastidio alla vescica.

<<Chi sono quelle persone con te? Chi è quel ragazzo...>> continua a chiedere.

<<Non si domanda a una risposta con un'altra... cioè... volevo dire non si risp...>> Dio, sono proprio andata, ma meno male mi interrompe subito.

<<Smettila Bea... torna a casa, subito>> sento dirmi, con tono serio, ma a me scappa un'altra risata, e scommetto oro che, per il fastidio e il nervoso, avrà cominciato a camminare avanti e indietro per il salone di casa sua.

<<Ma chi - Ma chi sei, mia madre?>> comincio a dire, cominciando a fare movimenti verso destra e sinistra, in fila.

Dio, devo proprio andare in bagno.

<<Dico davvero, Bea... devi tornare a casa - continua lui, sempre più serio - Ti prego...>>, conclude, in tono più dolce, ma allo stesso tempo disperato.

<<Mi preghi? Da quando ti preoccupi per me? Da quando pensi a me? Non capisco perché tu mi abbia chiamata>> gli rispondo, sperando di aver parlato bene per farmi capire.

Un sospiro rumoroso risuona sul microfono, seguito da un silenzio assordante.

<<Io mi preoccupo sempre per te... Io penso sempre a te, Bea>> sono le sue parole, più forti e dolorose di un pugno in pieno stomaco.

Chiudo gli occhi, assaporandole tutte, maledicendomi per averlo richiamato, per avergli dedicato la storia, per averlo indirettamente cercato.

Ma non posso farne a meno, di te.

Ero e sono totalmente dipendente da questo ragazzo che mi ha stravolto la vita, i piani, i pensieri, il cuore.

E lo odio, lo odio, lo odio per quello che provo per lui.

Ti odio per amarti così tanto.

<<Sei sempre bravo con le parole, Dybala. Ma solo con quelle, poi... poi sei solo bravo a fare lo stronzo>>

Vorrei essere più fredda, arrabbiata, dire qualcosa di più forte, sensato e maturo, ma tutto quel che mi viene fuori è la banalità, con un tono di voce rotto e infantile.

Le parole mi vengono fuori da sole, e forse un po' troppo a voce alta, perché in pochi secondi Alessia ed Elisa sono di fianco a me e mi guardano interrogative.

Io le fisso, ma in realtà quel che vedo è solo l'immagine di Paulo, che ora sta ascoltando le mie parole piene di rabbia, sapendo di meritarle tutte, ma non per questo deve sorbirsele in silenzio.

<<Non sei in grado nemmeno di ragionare, adesso... ho bisogno di parlarti, perciò torna a casa e va' a dormire. Domani dobbiamo sentirci... ma torna a casa, ora... passami Alessia, sei con lei?>> una raffica di parole e domande mi risuonano nella testa, mentre io cerco di seguirle passo passo e nel frattempo entro in bagno con le ragazze, dato che è arrivato il mio turno e dietro di me non c'era più nessun'altra.

<<E smettila di darmi ordini, smettila di trattarmi come una bambina, come hai sempre fatto prendendoti gioco di me fin dall'inizio. Smettila di chiamarmi, smettila di dire che dobbiamo parlare perché non abbiamo niente da dirci. Hai una ragazza, hai scelto lei, cosa vuoi ancora da me, devi lasciarmi in pace!>> gli dico urlando e piena di rabbia, ormai.

Quello che sento è solo un lungo e rumoroso sospiro, poi parte in quinta.

<<Cristo, sai una cosa? Sì, sei proprio una bambina che non vuole più parlare con chi le fa un dispetto! Sei una bambina perché scappi al primo ostacolo y sabes que? Sono proprio stanco di starti dietro, di spiegarti, di estar preocupado por vos e di pensarti... ancora di più se non è quello che vuoi e te ne esci a divertirti con altri!>>

Sputa queste parole nel giro di pochi secondi, riprendendo fiato alla fine e sbuffando rumorosamente.

Tu non sai, tu non hai idea di come io sia stata in queste settimane a causa tua.

<<Dio, tu non sai proprio un cazzo di me, non mi conosci per niente e non hai mai capito niente di me... Tu non sai neanche come sto... e bravo, finalmente sai quello che devi fare. No davvero, vaffanculo, Paulo>> le mie ultime parole, prima di chiudere la chiamata.

Tengo fermo lo sguardo per qualche attimo sullo schermo, che come sfondo mi presenta ancora quello del nostro bacio al monte dei cappuccini.

E non resisto più.

Mi accascio a terra, strisciando con la schiena sul muro e poggiando a terra borsa e cellulare.
Alzo lo sguardo verso le mie amiche, che mi fissano in silenzio, perché, per le nostre urla, avranno ascoltato ogni parola della nostra conversazione.
Mi guardano intensamente, aspettando che i miei respiri affannosi si trasformino presto in singhiozzi di un pianto liberatorio.

Quello che con loro non avevo ancora avuto, quello che mi tenevo dentro da quando ho messo piede fuori da casa di Roberta, per tornare a casa mia e per andare via definitivamente da lui.
Quel pianto che continuavo a far crescere dentro di me e che, se avessi continuato a trattenere, mi avrebbe fatto impazzire.
Quel pianto che adesso mi fa perdere la dignità, mentre, con la testa tra le mani, mi sento così stupida e indifesa.

Le ragazze sospirano, probabilmente sollevate dal fatto che finalmente sia riuscita a liberarmi, e non si azzardano ad avvicinarsi, sapendo che le respingerei, come faccio sempre in questi casi.

Con quelle lacrime cercavo di buttare fuori tutto il risentimento, la rabbia,la nostalgia, ma soprattutto la consapevolezza.

La consapevolezza del mio sentimento nei suoi confronti.
La consapevolezza che, nonostante la rabbia e il dolore al cuore per quello che aveva fatto, mi mancava come l'aria nei polmoni.
La consapevolezza che da questa storia non ne sarei uscita inerme, ma completamente distrutta, fisicamente ed emotivamente.
La consapevolezza che, però, dopo le ultime parole che ci eravamo buttati addosso a vicenda, questa volta, era finita davvero.

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