TMNT | You saved me

By adoharry

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Era già notte fonda, la piccola Kira stava saltando da un tetto all'altro, come era suo solito fare, quando v... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17

Capitolo 5

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By adoharry

«Sono contento, sai?», disse Jake con un sorrisetto, concentrato sulla strada e tenendo ben salde la mani attorno al volante. Sollevai un sopracciglio.

«E perchè saresti contento?», chiesi voltandomi verso di lui per guardarlo, seduta al posto del passeggero.

«Perchè alla fine ti sei convinta», rispose girandosi verso di me un momento per poi riportare l'attenzione davanti a sè.

«Chissà perchè...», mormorai piú a me stessa, ma a quanto pare lui sentí.

«Non sai resistermi, ecco perchè. Nessuno ci riesce», continuò facendo riemergere il suo lato egocentrico, accompagnato dal suo solito sorriso sfacciato che lasciava intravedere i suoi denti bianchissimi.

Avevo accettato il suo invito. Non volevo farlo all'inizio, ma Jake si era presentato davanti alla porta di casa mia con un mazzo di fiori: rose rosse, le mie preferite. Quel gesto lo trovai cosí adorabile che non potei far altro che accettare la sua proposta. D'altronde, nessuno aveva mai fatto qualcosa di così carino per me!

Ridacchiai vedendo la sua espressione. Lui, vedendomi ridere, si difese «Volevo provare a fare il seducente, ma con te non ci riesco e questa cosa mi infastidisce», disse capendo di aver fatto una specie di smorfia, invece del suo solito sorriso accattivante.

Eravamo diretti verso una meta a me sconosciuta, questo era tutto quello che sapevo, o comunque che dovevo sapere. Jake aveva detto che era una sorpresa e mi aveva anche detto di vestirmi con abiti comodi, quindi dedussi che non stavamo andando a cenare in uno di quei posti dove ti uscivano gli occhi fuori dalle orbite a causa dei prezzi troppo alti; questo era un punto a suo favore.

Ero una persona a cui piacevano le piccole cose, i piccoli gesti. Preferivo mille volte fare un picnic al chiaro di luna che andare in un ristorante di lusso, circondati da ricchi snob che non conoscevano il significato della parola ritegno.

Dopo venti minuti passati in silenzio, non uno di quelli imbarazzanti, grazie a Dio, Jake spense il motore dell'auto, scese e venne dalla mia parte per aprirmi lo sportello, porgendomi poi la sua mano.

Qualcuno gli avrà dato una botta in testa o fatto bere qualche liquido perchè non era da lui comportarsi in quel modo, non mi dispiaceva per niente però.
C'è bisogno di romanticismo in questo mondo!

Lo ringraziai con un sorriso timido, afferrando successivamente la sua mano che copriva interamente la mia.

Mi guardai intorno. Il sole stava scomparendo all'orizzonte, colorando il cielo con varie sfumature di rosso e di arancione: uno spettacolo da mozzare il fiato. Erano gli inizi di settembre, le giornate erano ancora lunghe.
Ci trovavamo su una collinetta, da dove si poteva vedere la città di New York in tutto il suo splendore. Era tutto meraviglioso.

Jake era andato ad aprire il portabagagli per poi tirare fuori una cesta di medie dimensioni.

Non ci potevo credere!

«Sorpresa! Ti conosco troppo bene so che questo è quello che preferisci», disse indicando il panorama e la cesta da picnic.

Mi aveva per caso letto nel pensiero?

«Si, è vero. Mi conosci troppo bene!», esclamai sorridendogli, non potendo trattenere la felicità.

Dentro il cestino c'era anche un grande telo verde a quadri che stendemmo sull'erba per poi sederci e vedere tutte le prelibatezze che Jake aveva preparato. Era un cuoco eccezionale!

Mangiammo con tranquillità e parlammo del piú e del meno, ridendo e scherzando, lontani dal caos della città, mettendo da parte i pensieri inutili e godendoci la pace che la natura ci stava offrendo.

Dopo aver sparecchiato e messo tutto nella cesta, ci sdraiammo sulla coperta, uno a fianco all'altra.

Non ero mai stata cosí bene in vita mia!

Jake aveva le mani dietro la testa, mettendo in evidenza i muscoli delle braccia che la maglia blu aderente che stava indossando lasciava intravedere.
Ci credevo che tutte le ragazze gli sbavavano dietro.

«Sei veramente carina questa sera», disse all'improvviso, rompendo il silenzio che si era creato e continuando a guardare il cielo stellato sopra di noi.

«Stai scherzando? Indosso dei leggins neri e una felpa grigia, se per carina intendi "sei orribile" allora si sono molto carina!», dissi facendo ridere entrambi, nascondendo con i capelli le guance arrossate.

«Le ragazze che non si mettono in mostra sono le piú belle», disse sempre con voce pacata, guardando la luna che illuminava il paesaggio.

Rimasi a guardarlo per qualche secondo, «Senti, voglio essere sincera. - dissi mettendomi su un fianco - Puoi avere tutte le ragazze di questo pianeta, perchè stai perdendo tempo con me?».

Avevo catturato la sua attenzione, tant'è che si girò verso di me, mettendosi anche lui nella mia stessa posizione. Pochi centimetri ci separavano, faceva caldo o ero io?

«Sto davvero perdendo tempo?», sussurrò Jake, incatenando i miei occhi verdi a quelle iridi azzurre che tanto piacevano.

<<Io... Non lo so». Abbassai lo sguardo.

«Guardami», disse lui piano.
Con qualche esitazione, lo guardai di nuovo.
«È vero. Potrei avere tutte le ragazze, - fece un lungo respiro - ma io voglio te» .
I miei occhi si sgranarono per l'improvvisa dichiarazione.

Basta. Fermati.

«Sei diversa, non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno e questo mi piace. Sei una ragazza incredibile, che merita tutto l'amore di questo mondo ed io sono pronto a dartelo. - fece una pausa - Mi sono accorto di provare un sentimento forte nei tuoi confronti che non sono riuscito a reprimere o, semplicemente, non volevo.
Dammi una possibilità», disse tutto d'un fiato, prendendomi la mano.

Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata.

Quindi provava veramente qualcosa per me?

Ho sempre pensato che fosse tutto un gioco, un sua stupida sfida personale che doveva vincere ad ogni costo e invece...
Non avevo mai preso in considerazione l'idea di vedere Jake piú di un semplice amico. Questo pensiero non mi aveva sfiorato minimamente!
Potevo essere attratta fisicamente da lui, certo, ma nulla di piú. Tra noi non ci poteva essere niente. Eravamo troppo diversi, meritava di meglio.

Senza rendermene conto mi alzai in fretta e furia, andando verso la macchina.
«Voglio andare a casa, Jake», dissi senza guardarlo.

«Aspetta, ma hai sentito quello che ho detto?», chiese dopo essersi alzato ed essermi venuto incontro con aria confusa e preoccupata.
«Si e, mi dispiace. Ma io... Oh cavolo...».

Dai, datti coraggio Kira.

Feci un lungo respiro e «Non provo le stesse cose Jake. - cominciai, non riuscendo piú a trattenere quel peso nel petto che ormai mi opprimeva da troppo tempo - Sei un ragazzo straordinario e meriti sicuramente una ragazza migliore di me», dissi con tutta la sincerità di questo mondo, tenendo lo sguardo basso. In quel momento non riuscivo a guardarlo in faccia.

Non era colpa mia se non ricambiavo i suoi sentimenti, giusto? Eppure, perchè mi stavo sentendo tremendamente in colpa?

«Anche tu provi qualcosa, l'ho letto nei tuoi occhi, solo non vuoi ammetterlo a te stessa», disse Jake, che mi afferrò le braccia con un presa salda, quasi come per accertarsi che non sarei scappata da un momento all'altro, continuando a cercare il mio sguardo, fallendo però miseramente.

«Ti prego, non rendere tutto piú difficile...», lo supplicai.

«Senti, forse questo è tutto nuovo per te ma... Prenditi tutto il tempo che ti serve. - mi prese il volto tra le mani - Io saprò aspettare».

Ci guardammo negli occhi per alcuni secondi. Jake, con i pollici aveva cominciato ad accarezzarmi il viso delicatamente.
Per fortuna decise di mettere fine a quello scambio di sguardi.
«Dai, salta su. Ti riaccompagno a casa», disse andando dal lato del guidatore.

Sbattei piú volte le palpebre, ancora immobile.
Era un ragazzo d'oro ed io gli avevo spezzato il cuore. Nel suo sguardo, infatti, avevo letto dolore e l'artefice ero propro io.

Durante il tragitto non parlammo: io mi limitai a guardare fuori dal finestrino e lui decise di non rompere il silenzio.
Una volta arrivata a casa, salutai il mio amico e scesi dalla macchina. Prima di andare, Jake mi disse che non si sarebbe arreso ed io, senza voltarmi, gli risposi che era una guerra persa.
Se ne andò, sfrecciando per le strade di New York con la sua Volvo metallizzata.

Appena entrai nell'appartamento, mi appoggiai con la schiena alla porta , quella serata non poteva andare peggio. Mio padre non c'era, si trovava a cena con degli amici, almeno uno di noi due si stava divertendo.

Andai subito in camera mia, con l'intenzione di dormire il piú possibile. Accesi la luce e notai la portafinestra aperta, le tende viola svolazzavano a causa del vento.

«Uhm, che strano. Credevo di averla chiusa», mormorai andando a controllare.

Per poco non svenni a causa dello spavento.

«Oh mio Dio! Raph! Mi hai spaventata!», lo rimproverai ancora con la mano poggiata sul petto. Il mio cuore aveva cominciato a battere piú velocemente.

Per lo spavento o perchè a meno di un metro di distanza da te si trovava Raffaello?
Oh smettila, ti prego.

Sul balcone, appoggiato al muro, si trovava Raph che stava facendo roteare i suoi sai, probabilmente a causa della noia.

Finalmente si girò nella mia direzione. «Oh, ciao Kira. Ti stavo aspettando», disse in modo tranquillo, ma con uno sguardo che metteva i brividi.

****
Spazio autrice

Secondo voi, Kira dovrebbe lasciarsi andare e, quindi, finire per dare una possibilità a Jake? O cosí facendo, finirebbe per illuderlo soltanto? E cosa avrà cosí importante da dirle il nostro caro Raffaello?

P. S. Non vi preoccupate, ci saranno anche dei pov di Raph;)

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