Poisoned

By Lily_Bennet

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Hermione Granger e Draco Malfoy sono follemente innamorati. O almeno così sembra. Ai due è stata sbadatame... More

Prologo
Headgirls and headboys
Obesaince
Wizards Chess, Books and Pumpkin juice
One hundred gold-galleons
Lies, lies, lies
Draco Malfoy
Deeply in love
Mead
The third kind
Gossip in the hallway
It's (almost) over
A brand new friendship
Did you know...
New born in the Malfoy family
Behind the mask
Bad dreams pt.1
Bad dreams pt.2
Hogwarts is under attack
Think
The rebel one
Don't leave
In love, the winner is the one who flees
Of dream and desires pt. 1
Of dreams and desires pt.2
To be betrayed by your own family
Would you like to tell me something?
Ma insomma, che fine hai fatto?

Reverse Psychology

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By Lily_Bennet

I suoi capelli giacevano spettinati sul prato verde; un manto dal colore acceso, quasi innaturale, costellato da margherite da lunghi petali candidi. 

Stava bene, non era mai stata tanto rilassata. Una leggera brezza fresca le accarezzava le guance rosee. Si girò su un fianco e si soffermò ad osservare una coccinella arrampicarsi su un quadrifoglio. Raramente ne aveva trovato uno, mai le era capitato di sdraiarcisi accanto: doveva essere particolarmente fortunata.

Sorrise felice notando, un po' più in là, un ruscello che stava dando da bere ad un unicorno e una farfalla grande quanto il palmo di una mano svolazzare su dei girasoli.

« Eccomi, spero di non essermi fatto attendere troppo. »

Una voce indistinta. 

Si era rivolta a lei ma non sapeva associarla a qualcuno. La persona, che identificò come un ragazzo misterioso, le si adagiò accanto; una mano pallida le sfiorò la coscia, risalendo fino alla dolce curva del suo fianco, per poi scorrere fino al ventre e abbracciarla. Sentì il suo profumo, che sembrava essere parecchio costoso, e i capelli del giovane le solleticarono l'orecchio scoperto. Si voltò con lentezza per scoprire l'identità dell'interlocutore, e i suoi occhi ne incontrarono altri due, del colore del ghiaccio.

Hermione si scostò bruscamente, indietreggiando e trascinandosi sui gomiti.

« Hermione? » le domandò confuso Draco. 

Era nuovamente vestito come un principe e un mantello color cielo gli copriva le spalle.

« Va' via. » sibilò lei. 

Il ragazzo sembrò offendersi e la guardò affranto. Si portò una mano sotto il panciotto, decorato con una trama sottile d'argento, e estrasse una grossa rosa rossa, perfettamente conservata come se, fino a poco prima, fosse ancora stata attaccata al cespuglio. Gliela porse, ma Hermione strisciò via ancora.

« Mia amata, perché rifiuti il mio amore? »

Un brivido le percorse la schiena, raccapricciandola e facendole provare un senso di inquietudine. 

Era troppo. 

La caposcuola si ricompose, si sistemò la divisa scolastica e si affrettò ad allontanarsi. Ma il Serpeverde la raggiunse in fretta, senza che nemmeno udisse i suoi passi sull'erba. Le accarezzò le spalle da dietro, e avvicinò le labbra al suo orecchio per sussurrarle:

« Non scappare da me. » la pregò. 

Hermione lo scacciò posandogli una mano sul petto e spingendolo via malamente.

Draco la guardò con innocenza, rivolgendole il genere di sguardo che sarebbe più solito vedere ad un bambino indifeso, che alla serpe viziata di sempre.

« Qual è il problema, mia coraggiosa Grifondoro? » le domandò. 

Hermione cominciò a tastarsi le tasche, dove in circostanze ordinarie riponeva la bacchetta; sbiancò non appena capì di essere completamente disarmata.

« La mia... la mia bacchetta! » esclamò spaventata.

« Perchè mai dovrebbe servirti, mia amata? » Draco avanzò, allungando una mano verso di lei, con la speranza che decidesse di afferrarla.

« VATTENE! » urlò istericamente la caposcuola. « Non avvicinarti! »

Ebbe quasi la sensazione di sentire un rumore metallico in lontananza. Ma i suoi occhi non persero di vista il ragazzo vestito in maniera principesca davanti a lei. Era pronta a graffiargli il viso, se mai costui avesse tentato di avvicinarsi troppo bruscamente.

« Non capisci? Mi vedrai per tutta la vita. » le spiegò lui. 

Hermione non aveva la più pallida idea di cosa stesse farneticando, ma era più che sicura che la copia sangue blu di Malfoy fosse ancora più fuori di testa dell'originale. Draco mosse ancora un passo.

« No! Va' via! » lo avvertì lei. 

Si guardò attorno per capire dove avrebbe potuto fuggire per chiedere soccorsi, ma non appena distolse lo sguardo accadde un fatto bizzarro: il paesaggio paradisiaco le sembrava aver perso solidità. Era come guardarlo attraverso un vetro appannato e il rumore del ruscello era improvvisamente scomparso.


« ...oh, santo cielo. »


Una voce, che non proveniva da sé, né da tanto meno dal ragazzo davanti a lei, rimbombò come urlata dalla cima di una montagna.

Draco Malfoy, che fino a poco fa era in carne e ossa davanti a lei, ora sembrava aver perso la normale consistenza. Quando le cadde l'occhio sulle sue mani trasparenti il suo respiro accelerò parecchio.

« Che cosa sta succedendo?! » strepitò nel panico.


« ...quantomeno chiudi quella boccaccia. »


Hermione si sentì sollevare dal suolo, leggera come una nuvola.

« Aiuto! » tentò di opporre resistenza, ma fu del tutto vano.


Fu questione di un attimo: quello prima stava ascendendo al cielo, quello dopo era nel suo letto, con la fronte sudata e il viso stizzito di Malfoy intento a incenerirla con lo sguardo.

« Quando dormi sei ancora più fastidiosa di quando sei sveglia. » le berciò contro.

La Grifondoro non controbattè nemmeno, turbata com'era dal suo sogno.

« Oh, per Salazaar, perchè a me tutto questo? » domandò Malfoy tra sé e sé. 

Si sdraiò nel letto e si tirò le coperte fino alle orecchie.

« Dovrebbero farmi una statua. »




Harry Potter aveva avuto decisamente giornate migliori di quella. Non che quelle precedenti fossero state effettivamente delle gitarelle in paradiso – da quanto la sua migliore amica aveva rischiato l'avvelenamento, non era particolarmente incline a spassarsela – ma quella mattina era parecchio di cattivo umore.

Ron Weasley, il giorno prima, gli aveva rivelato le sue intenzioni di troncare la sua relazione con Hermione, e per quanto confidasse nella maturità della caposcuola, temeva che ciò avrebbe potuto danneggiare lo storico trio.

La storia d'amore tra Ginny e Dean Thomas sembrava non voler terminare.

I Grifondoro, dopo aver perso tutti i loro preziosi punti, erano riusciti a riguadagnarne a sufficienza da pareggiare i Serpeverde, ma adesso che si trovavano nei sotterranei ad una lezione di Piton, vedeva sempre più lontana la possibilità di superarli.

« Paciock, vuoi intossicarci tutti? E che cos'è tutto questo disordine sul banco da lavoro? Cinque punti in meno. » 

Ecco, appunto.

Sarebbe stato un miracolo anche solo non farsi battere dai Corvonero, ultimi in classifica.

« Signorina Patil, questa è un'aula scolastica, non la tua personale postazione da trucco. Via altri cinque punti. »

Harry si voltò per guardare male Calì, che arrossì e ripose nella borsa il suo specchietto portatile. Già Piton si divertiva ad infierire su di loro in circostanze normali, figuriamoci quando qualcuno commetteva l'errore di fornirgli una scusa accettabile.

« Io non ho capito un accidenti... » borbottò Ron, lanciando un'occhiata alle vaghe spiegazioni annotate sulla lavagna su come distillare un perfetto Veritaserum.

« A chi lo dici. » replicò Harry, cercando di capire se il sangue di drago necessitasse di una fiamma bassa o una alta per sobbollire.

« Io ci rinuncio, farò a caso. » bofonchiò il "re", lasciando cadere sul tavolo da lavoro l'ampolla con dentro la sostanza scura. « Tanto non gli andrà bene in qualsiasi caso. »

Ron, lasciando al destino la riuscita della complicata pozione – ergo rischiando di creare un letalissimo infuso o, ancora più probabilmente, un potente acido che avrebbe corroso il calderone – puntò la bacchetta contro la base del pentolone e accese una fiamma intermedia; se nessuno dei due sapeva definire l'intensità ideale, allora perché non optare per una via di mezzo, tanto per non saper né leggere né scrivere?

Harry Potter cercò disperatamente di concentrarsi su ciò che stava leggendo, ma gli era pressoché impossibile. Aveva una pulce nell'orecchio che gli dava il tormento. Voltò istintivamente la testa in direzione di Dean Thomas, che gli restituì lo sguardo distrattamente; a quanto aveva sentito, il ragazzo non aveva la benché minima intenzione di andare a trovare la povera Hermione.
D'accordo, riconosceva che tutto quello scompiglio fosse stato causato dalla sua diligenza, ma il fatto che trovasse del tutto superflua la semplice cortesia di assicurarsi della buona salute di una sua compagna di casa, di studi, di un'amica e, come prima cosa, di una persona che si era sempre comportata lealmente nei suoi confronti, lo disgustava.

Ma oltre tutto ciò, Harry era felice perchè almeno avrebbe accompagnato lui Ginny. Era già andato a confortare la sua migliore amica quella mattina, quando l'aveva trovata alquanto alterata per le derisioni di Malfoy riguardanti la sua naufragante storiella d'amore, e si disse che, di certo, Hermione non avrebbe disdegnato una faccia amica in un momento così duro.

« Miseriaccia, sembra che qualcuno ci abbia scagliato contro una maledizione. » si lamentò Ron con voce grave. « Tutti i punti azzerati, le ronde stravolte, le feste bandite, e Hermione... come farò a lasciarla senza sentirmi in colpa, ora che è messa così male? »

« Hermione saprà affrontare la notizia con maturità. Ormai le hai già fatto capire come stanno le cose. » lo rassicurò Harry, mescolando il sangue di drago con la bacchetta.

« Sì, lo so... » mormorò il rosso. « È mille volte più in grado di noi di non portare a lungo rancori, ma ho comunque paura che, una volta lasciati, non sarà più come prima. »

Harry lo guardò a disagio. I problemi di cuore non rappresentavano esattamente il suo argomento di conversazione preferito, ma sapeva di dover fare uno sforzo per il suo migliore amico.

« Ecco, io penso che Hermione non ci abbandonerà. » dichiarò.

« Lo so, lo so. » lo interruppe Ron. « Ma ho come un cattivo presentimento, non tanto riguardo il nostro rapporto o la nostra amicizia, ma riguardo a ciò che accadrà dopo. »

Harry, che aveva preso a sfogliare il libro, si bloccò confuso. Quell'affermazione era troppo enigmatica, e non ne capiva né il significato, né la provenienza.

« Cosa vorresti dir-. »

« Vi disturbo, per caso? » Piton era alle loro spalle, e li guardava con un sorriso sgradevole. 

Con lentezza si portò di fronte al loro banco di lavoro e il suo sguardo si posò sul calderone dove, al suo interno, il sangue di drago aveva già cominciato a raggrumarsi e a bruciarsi.

« Bene, bene. »

In fondo alla classe, Nott sorrise compiaciuto e si mise comodo per godersi al meglio la scena.

« Come al solito non avete capito niente. La fiamma deve essere bassa, non dovete cucinare un pessimo stufato. » e con un gesto veloce ridusse le fiammelle dorate sotto al pentolone. « È necessario che il sangue non si cuocia, o altrimenti avvelenerete lo sventurato che dovrà bersi il vostro Veritaserum. » continuò sfoggiando uno sguardo di disgusto. « Via, ricominciate dall'inizio. » terminò il professore, facendo evanescere il liquido con un gesto del braccio.

Poi, le sue labbra si piegarono in un sorriso che non lasciava presagire nulla di buono.

« Tra un mese testeremo i vostri infusi su voi stessi, e vediamo, chi tra voi, finirà per confessare i suoi più reconditi segreti o si accascerà al suolo, salivando come un cane rabbioso. »




Il profumo di carne impregnava la sala grande e gli studenti affamati si riempivano il piatto di leccornie.

Padma Patil, seduta accanto a Anthony Goldstein e Terry Steeval, stava raccontando agli altri Corvonero più vicini quanto fosse mutato il clima delle ronde notturne. Proprio come accade ad ogni episodio tramandato a voce, la notizia venne ingigantita: a sentire la caposcuola e il prefetto Corvonero, la Mcgranitt aveva annotato tutte le coppie con un'elegante piuma di aquila nella mano destra, e la sua bacchetta – pronta per venir utilizzata sugli studenti – nella sinistra. Lisa Turpin, che ascoltava rapita, si portò la mano alla bocca per lo stupore.


A fine pasto, Ginny Weasley, dopo averne discusso a lungo con suo fratello e Harry Potter, e dopo aver deciso che – almeno per gli ultimi due – quello sarebbe stato il loro ultimo anno ad Hogwarts, e che quindi lo si dovesse vivere al meglio, si diresse, cercando di non dare troppo a vedere di star covando qualcosa di illecito, verso i corvi.

Vestiva i panni di un'ambasciatrice, in pratica.

Raggiunse la tavolata bronzo e blu senza attirare troppe attenzioni, e si fece posto di fronte a Padma – che stringeva tra le dita scure una coppa di gelato alla crema con lo sguardo pensieroso perso nel nulla.

« Uno zellino per i tuoi pensieri. »

La caposcuola sembrò destarsi da un sogno, e i suoi occhi scuri si posarono sulla piccola di casa Weasley.

« Oh, niente, Ginny. Pensavo solo al programma della mia giornata. »

Ginny mise una mano in tasca, estrasse una monetina di bronzo, e la lanciò alla caposcuola, formando un parabola perfetta e venendo presa al volo dalla ragazza.

« Qual buon vento ti porta qui? » le domandò Anthony solenne.

« Sono qui, caro Anthony, per parlare della prossima festa. » rispose Ginny, sfoggiando un'espressione fiera. 

La bocca di Padma si schiuse per l'incredulità, e cominciò a negare con il capo, per preparare la ragazza a ciò che stava per dirle; ma Terry, come sempre con un mucchio di domande in testa, la precedette.

« Una festa? Qui? Ad Hogwarts? »

« E' una follia, Ginny! » concordò Anthony.

« Lo so, infatti non-. »

« E quando, poi? Come faremmo? »

« Oh, santo cielo, Terry, sta' un po' zitto. » lo zittì Ginny seccamente. 

Il ragazzo si schiarì la gola e si mise composto sulla panca, con l'espressione di un bambino rimproverato da un genitore.

« Ginny, sai benissimo che vorremmo tutti festeggiare, invece che stare chiusi in una polverosa sala comune tutte le sere, ma sai anche che non è più permesso. » spiegò Anthony.

« So benissimo cosa è stato detto. » replicò la rossa.

« La Mcgranitt è sempre vicino alla stanza delle necessità, tra poco ci si trasferisce dentro, e Piton tiene d'occhio chiunque non porti i colori verde-argento. Gli unici a non starci col fiato sul collo sono la Sprite e Vitious, ma fanno sempre in tempo ad unirsi alla causa. »

« Infatti Hogwarts non è più sicuro, dovremmo uscire. »

I tre Corvonero la guardarono come se fosse pazza. Era un'assurdità, Ginny lo riconosceva, ma da perfetta Grifondoro, il brivido dell'adrenalina la eccitava.

« Non vorrei fare l'Hermione della situazione, ma così ci faremo buttare fuori tutti quanti. » commentò Terry Steeval.

« Uscire e festeggiare è ancora peggio che rimanere qui e farlo. » valutò Padma.

« No, se si sfruttano in maniera discreta i passaggi segreti. » replicò Ginny, allungando una mano verso un cesto di frutta secca per prendersi delle nocciole.

« Non esistono dei pass... »

« Sì, invece. » insistette lei, sgranocchiando. « Harry e Ron ne hanno trovati un paio, al terzo anno. »

A quel punto, i tre corvi erano tutti orecchie; si strinsero tra loro, per assicurarsi che la grifona non dovesse alzare troppo la voce.

« Harry ha detto, che Fred e George gli hanno detto, che ne esistono sette in tutto. Si pensa che Gazza ne conosca circa quattro. Uno è dietro lo specchio del quarto piano, ma è franato; uno è al terzo piano, dietro la statua della vecchia orba, e porta nella cantina di Mielandia – quindi direi che, a meno che non vogliamo rubare dolci e ingrassare, si possa tranquillamente scartare; uno è dietro la statua di Gregory il viscido, ma i miei fratelli non hanno mai rivelato dove portasse, ergo resta un'incognita; l'ultimo conosciuto, almeno da noi, è allo stesso tempo il migliore: passa sotto al platano picchiatore e porta alla Stamberga Strillante, e-. »

« Sotto al platano picchiatore?! Non verremo espulsi solo perchè saremo già morti. » commentò Terry. 

Ginny gli lanciò un'occhiataccia, e lui si rimise composto.

« Stavo dicendo, che esiste un modo per usare il passaggio senza finire al creatore: Harry ha detto che se si preme una sorta di bottone alle sue radici, i rami smettono di tentare di accopparti. »

Padma aveva lo sguardo fisso sulla sua coppa di gelato, con la mente concentrata sulla proposta della piccola Weasley.

« Con un po' di lavoro si potrebbe mettere in sicurezza la Stamberga Strillante, e con un po' di organizzazione tutto il settimo anno potrebbe partecipare. »

« E voi del sesto? » domandò Anthony.

« Beh, non tutti potrebbero venire, quasi nessuno, per dirla tutta. Però... » replicò Ginny, disegnando cerchi invisibili con l'indice sul tavolo e alzando la voce mentre pronunciava l'ultima parola. « Alcuni invece potrebbero. Ad esempio, tanto per dirne una, io vi ho dato l'idea, quindi un posticino per me si potrebbe trovare... » continuò vaga.

« Ma questo era ovvio. » chiarì Padma. « Però, prima di mettere in giro questa voce sarebbe il caso di valutare bene i danni della Stamberga e ricercare in biblioteca che sia effettivamente possibile darle una sistemata. »

Ginny sorrise.

« Certo. Quando vorrete, rivolgetevi direttamente a Harry. E ora, se è tutto, dovrei lasciarvi: vado a trovare Hermione. » disse alzandosi.

« Oh, Ginny! » la chiamò Terry. 

La rossa si voltò lentamente, e le sue labbra si piegarono nuovamente verso l'alto.

« Forse sarebbe meglio non dirle niente; sai, non vorremmo che per evitare di farci uscire demolisse il passaggio. »




Harry osservava la figura snella davanti sé con ammirazione, facendo scorrere gli occhi verdi dai suoi lunghi capelli lisci, alla vita sottile, alle gambe slanciate. Gli stava parlando, ma non l'aveva ascoltata. La sua attenzione era tutta focalizzata sul modo ipnotizzante in cui i suoi fianchi ondeggiavano ad ogni passo. Se solo Ginny si fosse girata all'improvviso e l'avesse visto l'avrebbe ammazzato, Harry ne era sicuro.

La gonna della divisa saltellava mentre la ragazza scendeva i gradini, ma non abbastanza da permettergli di vedere qualcosa di più. Guardava morbosamente l'indumento scuro, strabuzzando gli occhi ogni qual volta lo illudesse di premiarlo. Ma poi, accadde quanto temuto: Ginny si voltò senza preavviso.

« Intesi? »

Harry sentì le viscere attorcigliarsi, e la bocca inardirsi per il nervoso. La ragazza lo guardava severa, ma nulla lasciava presagire un'imminente sfuriata; deglutì per far inumidire la gola, che gli sembrava fatta di cartone per la secchezza.

« Certamente. »

Non aveva la benché minima idea per che cosa avesse acconsentito. Per quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto accettare un accordo che l'avrebbe costretto a fare aria a Dean da lì fino ai M.A.G.O.

Ma la cacciatrice di Grifondoro, invece che sorridere gioiosa – reazione che una simile approvazione avrebbe senz'altro causato – si voltò e continuò il suo cammino senza mostrare alcuna emozione.

No, Dean Thomas avrebbe continuato a sventolare i propri ventagli da solo.




Le news non erano poi così interessanti, doveva riconoscerlo. Stava raccontando con voce limpida tutto ciò che aveva attirato la sua attenzione, ignorando i borbottii indistinti dall'altra parte della tenda bianca e le espressioni vuote di Tiger e Goyle, guardando solo il suo amico degente. La sua pelle aveva un aspetto migliore rispetto a quando l'aveva abbandonato davanti all'infermeria come un orfanello, ne era sollevato.

« Quella ragazza di Tassorosso, quella con cui ci provava Theo alla festa, non so se te la ricordi... » continuò Blaise meditabondo. 

Draco si irrigidì nel letto: per carità, meglio dimenticarsi di quella dannata notte, pensò gettando occhiate casuali al divisore di lino accanto al suo letto, si ricordava già fin troppi particolari.

« Continua. » ordinò lui duramente.

Blaise, resosi conto del malessere creato, si schiarì la gola e arrivò al punto:

« Sì, ecco, l'ha sorpreso a fare la corte ad un'altra Tassorosso più piccola ed è corsa via in preda alle lacrime; pensa, era andata da lui per portargli una peonia trasfigurata a lezione, poveretta. » concluse guardando di sottecchi Tiger, mentre si infilava un dito nel naso. 

Ancora si domandava perché mai avesse acconsentito a portarseli dietro.

« Cos'ha Theo con le Tassorosso? » domandò Draco.

« Sono stupide, ecco cos'ha, credono ad ogni fesseria che lui gli rifila. » replicò Zabini senza peli sulla lingua.

Vincent Tiger, dopo un'approfondita ricerca all'interno di una delle sue due narici, guardò vittorioso quanto estratto, e alla sua destra, Goyle rise stupidamente.

« Oh, che schifo! » strepitò Malfoy, saltando sul letto per il disgusto. « Via! Andate via di qui! Madama Chips! Madama Chips! »

L'infermiera, sentendosi così chiamata e temendo che il ragazzo stesse tirando le cuoia per un qualche misterioso effetto collaterale non curato, si precipitò dinnanzi al capezzale del giovane Malfoy tutta trafelata; se davvero si fosse rivelato necessario mandarlo al San Mungo o, peggio ancora, far preparare in tutta fretta una costosissima bara, suo padre Lucius le avrebbe fatto patire le pene dell'inferno per non essere stata in grado di curarlo.
Ma quando travolse Blaise, facendolo quasi cadere dallo sgabello che lui aveva spostato per parlare più comodamente all'amico, e dopo aver appurato che Draco non stesse manifestando gravi malori, si domandò se non avesse fatto qualche errore di calcolo. La cuffietta bianca le era caduta a terra per la corsa, e una perla di sudore per la breve ma intensa fatica bagnava la sua fronte.

« Cosa c'è? » domandò con il fiato che iniziava a mancarle.

« Li porti via di qui! Disturbano il mio ricovero. »

A quel punto alla donna, seppur in cuor suo desiderasse schiaffeggiare il ricco ereditiere, non le rimase altro che scortare fuori i due Serpeverde, confusi su ciò che avesse potuto causare tutto quel trambusto.

Solo quando i due troll furono allontanati e Madama Chips poté tornare alle sue faccende, Malfoy si rimise tranquillo. Sospirò profondamente, si sprimacciò il cuscino e si mise comodo.

« Va' avanti. » disse quasi con stanchezza.

« Dunque... » pensò Blaise. « Pansy è devastata »

« Me ne rallegro. »

« Deambula per i corridoi come uno zombie, non ricordo nemmeno di averla sentita parlare oggi, neanche quando Daphne l'ha urtata. »

« Peccato che io sia qui su questa branda, con questa qua affianco... » e qui Hermione preferì far finta di non avere udito. « ...E non là fuori a godermi questa catapecchia ora che la mia ex ha deciso di tenere la bocca chiusa. » constatò tristemente Draco.

« Già, una vera pacchia. » concordò Blaise. « Ma guarda il lato positivo: tornerai in tempo per vedere Paciock, Weasley e Potter intossicarsi con delle pessime fatture di Veritaserum; Piton ha buttato lì l'idea di fargliele bere dopo aver visto il casino che stavano combinando. »

Hermione divenne rossa – sebbene il colore lilla del suo viso rendesse difficile vederlo – offesa da quanto appena ascoltato. Non era la prima volta che Piton ricorreva a certe minacce, il suo repertorio di insulti era abbastanza limitato, ma ogni volta che ne usava uno andava in bestia. Fece un respiro profondo, per far entrare nei suoi polmoni aria sufficiente per permetterle di sbraitare contro i due Serpeverde e, se mai Piton avesse portato lì il suo fondo schiena da disgustoso uomo di mezza età, avrebbe fatto convocare la Mcgranitt e avrebbe cantato come un uccellino a proposito dei metodi di insegnamento del collega. Già c'era tensione tra i due insegnanti da dopo il bisticcio per l'assegnazione dei castighi, tutte quelle confessioni l'avrebbero solo fatta aumentare.

Ma poi, un'affermazione di Malfoy la zittì.

« Guarda, guarda chi c'è: quando parli del diavolo, spuntano le corna. » disse mellifluo. « Siete qui per compiangere la disastrosa relazione della Granger? »

« Fottiti, Malfoy. »

Era la voce di Ginny, era inconfondibile.

La rossa accelerò il passo, correndo dall'amica e abbracciandola strettamente. Harry, al suo seguito, si fermò a guardarle con affetto.




Pansy era distesa sul suo letto, con lo sguardo fisso al tetto del baldacchino. Aveva le dita incrociate all'altezza dello stomaco, i capelli sparsi sul materasso e le gambe a penzoloni dal letto. Non aveva aperto bocca per un giorno intero.
Le sue iridi scure erano immobili, come se fosse deceduta all'improvviso. Era distante, tutti i rumori le sembravano lontani, quasi provenissero da un'altra stanza.

Nemmeno udì Daphne entrare e richiudersi rumorosamente la porta alle sue spalle. Ma la bionda, purtroppo, la vide e, per un attimo, valutò bene l'idea di mettere mano alla bacchetta – lei era pur sempre una cara amica di Draco, il quale aveva pubblicamente amoreggiato con la Granger davanti ad un pubblico famelico, non poteva mai sapere quel che passasse per la mente deviata di Pansy Parkinson.
Ma il corpo adagiato sul letto non si mosse, nemmeno un guizzo, un riflesso involontario dovuto alla posizione assunta da chissà quanto tempo. Che fosse... morta?

Non si sarebbe troppo sorpresa se un giorno, guardando dentro la sua palla di cristallo o leggendo le foglie di the, avesse visto la ragazza comprare sottobanco un distillato della morte liquida e berlo tutto in sol sorso come un delizioso succo di mirtilli. Daphne cominciò a sudare e sentì il bisogno di cercare nella borsa costosa il suo prezioso ventaglio di famiglia.

Prima Draco si innamorava della Granger, poi diventava orribile, e infine la Parkinson si suicidava; la settimana più intensa della sua vita.

Si avvicinò con il cuore che palpitava forte in petto alla salma, per accertarsi che fosse effettivamente trapassata – e se davvero così fosse stato, si sarebbe chiesta cosa farne e avrebbe valutato bene se dirlo a qualcuno o a limitarsi a svanire e crearsi un alibi, per evitare ogni genere di coinvolgimento – sospirò sia di sollievo, che di delusione, nell'accertare che la non sopportata compagna fosse ancora viva e vegeta.

« Oh, santo cielo, Parkinson, che diavolo stai facendo?! » le domandò acidamente.

Pansy sembrò non udirla. Daphne rimase a fissarla con gli occhi blu ridotti a fessure per un po', prima di appurare che non le avrebbe rivolto la parola.

« Ignoro il tipo di educazione che ti è stata impartita, se ti è stata impartita, in casa tua, ma a Villa Greengrass è buon uso rispondere quando qualcuno ti pone una domanda. » la riprese Daphne, cogliendo l'attimo per sfoggiare il suo forbito vocabolario cortese e sottolineare la superiorità della sua famiglia. « Perciò la riformulo: che accidenti stai facendo, Parkinson? » ripetè con la voce più acuta per il fastidio crescente.

Niente, ancora nessun segno. 

Daphne avrebbe voluto saltarle addosso e schiaffeggiarla con forza. Le sue guance si stavano colorando per l'indignazione e i respiri si stavano facendo sempre più profondi e rumorosi.

« Oh, al diavolo! Non mi sorprende che Malfoy si goda un mondo il ricovero senza che tu vada a trovarlo! »

Se non fosse uscita sarebbe esplosa, se lo sentiva. Così si diresse verso la porta, che si premurò di far sbattere violentemente.

Rimasta sola con i suoi pensieri, Pansy sentì come un pizzicotto sul braccio. Sbattè le palpebre un paio di volte e, istintivamente, le sue labbra si schiusero. Mosse i piedi addormentati, che formicolavano fastidiosamente a causa della prolungata posizione.

Draco era sveglio.

Si mise a sedere sul materasso, sentendo la testa vorticarle per un lieve calo di pressione.

Ed era tornato in sé.

Lo sapeva già, ma in quei giorni non si era mai soffermata a pensare a ciò che volesse dire. Pansy pensò intensamente ancora un po', prima di sbarrare gli occhi lucidi.

"Non mi sorprende che Malfoy si goda un mondo il ricovero senza che tu vada a trovarlo"

Ora sì, che aveva capito.

Era un messaggio, un modo criptico di farle capire il contrario. Era psicologia inversa, non le era mai sembrato tanto ovvio, e Daphne – colei che in precedenza aveva tanto odiato, a causa della vicinanza al suo Draco – le aveva voluto dire qualcosa. 

Allora non era una nemica, meditò Pansy.

No, lei le aveva suggerito di andarlo a trovare e riprenderselo; ed era proprio quello che avrebbe fatto l'indomani, dopo pranzo, per trovarlo con la pancia piena e felice. 

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