Hogwarts is under attack

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Daphne si guardò attorno con l'espressione di un topolino spaventato. Notò la bacchetta abbandonata sul suo comodino e si precipitò ad afferrarla per difendersi.

« No, aspetta! » la pregò Pansy, fiondandosi all'interno della stanza e richiudendo dietro di sé la porta. « Voglio solo parlare. »

Oh, era proprio quello il problema. 

Daphne non aveva la più pallida idea di che razza di follia avrebbe dovuto udire.

« Che cosa vuoi? » domandò di pessimo umore.

Teneva d'occhio l'ingresso, terrorizzata dall'idea che qualcun altro potesse entrare e vederla in quello stato.

Pansy aveva un'espressione devastata e le braccia tenute piegate all'altezza del petto in modo avvilito, come se fosse lì lì per comunicare qualcosa di straziante.

« Volevo ringraziarti ancora, sebbene sia stato tutto inutile. » riprese Pansy.

Nella mente della bionda trasandata c'erano così tante domande che nemmeno con tutto l'impegno del mondo sarebbe riuscita a metterle in ordine di priorità.
Grazie per cosa, per l'amor del cielo? Cosa era stato inutile? Che voleva Pansy da lei? Perché non l'aveva ancora schiantata? 

Rimase immobile a fissarla, sentendosi particolarmente a disagio. Malessere che aumentò ulteriormente davanti ai singhiozzi della ragazza, che non fece nulla per celarli o mascherarli.

« Hem hem... » si schiarì la gola Daphne, visibilmente incomoda. « Parkinson? Potresti, di grazia, piantarla? »

Pansy si asciugò una lacrima cercando di darsi un contegno.

« Scusami. » sussurrò voltando il capo per non farsi vedere in viso.

La Greengrass si domandò se non ci fosse stato un errore, sei anni addietro, e se non fosse stato più opportuno spedire Pansy tra i Tassorosso: stupida, piagnona, non esattamente furba. L'unica peculiarità che la legava alla nobile casa verde-argento era il sangue puro.

« Ho fallito sin dall'inizio, me ne rendo conto solo ora. » gemette la mora. « Sono stata così cieca. »

Si diresse verso il suo letto a baldacchino, dove si lasciò cadere teatralmente. Daphne non la perse di vista nemmeno per un instante.

« Così sciocca. » ululò di disperazione.

« Cosa? » domandò infastidita la bionda. « Vuoi sputare il rospo o hai solo intenzione di turbare la mia serata rigenerante? »

Pansy scoppiò a piangere ancora più sonoramente.

« Ecco, ho rovinato anche questo. Sono un disastro: prima la mia relazione, poi la mia reputazione, e infine la nostra amicizia. »

« La nostra amicizia?! Non è mai esistita! » le fece notare Daphne collerica.

Ora aveva finalmente trovato l'ordine esatto delle priorità e in cima alla lista dei grandi quesiti nella sua testa c'era: "perchè cavolo non l'ho ancora schiantata?".

« Sì, sì, certo, non esiste. » concordò senza convinzione Pansy, in una modalità che Daphne interpretò senza difficoltà come uno stratagemma per zittirla.

Prima ancora che lei potesse mettersi a urlare – senza alzare per davvero la voce, però; non voleva che qualcuno accorresse e la sorprendesse così conciata – la mora ricominciò a piagnucolare rotolandosi sulla trapunta.

« Il mio Draco. Il mio ricchissimo, aristocratico, di famiglia pura Draco. » vagì lei.

« Hem hem. »

PoisonedWhere stories live. Discover now