In Another Life

By Kim_Holly_

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"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. M... More

Prologo.
1. Parker
2. Parker
4. Johnson
5. Parker
6. Parker
7. Parker
8. Parker
9. Johnson
10. Parker
11. Parker
12. Johnson
13. Parker
14. Parker
15. Johnson
16. Parker
17. Parker
18.Parker
19. Johnson
20. Parker
21. Parker
22. Johnson
23. Parker
24. Parker
25. Johnson
26. Parker
27. Parker
28. Parker
29.Johnson
30. Parker
31. Johnson
32. Parker
33. Johnson
34. Parker
35.Parker
36. Parker
37. Johnson
38. Parker
39. Parker
40. Johnson
41. Parker
42. Johnson
43. Parker
44. Parker
45. Parker
46. Parker
47. Parker
48. Johnson
49. Parker
50. Parker
51. Parker
52. Parker
53. Parker
54. Parker
55. Johnson
56. Parker
57. Parker
58. Johnson
59. Johnson
60. Parker
61. Johnson
62. Parker
63. Johnson
64. Parker
65. Parker
66. Parker
67. Parker
Epilogo
Sequel.
In This Life
Nuovo Libro ‼️

3. Parker

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By Kim_Holly_

Flashback

2 anni prima

Mi lascio cadere sul divano facendo sobbalzare mia sorella intenta a leggere una vecchia rivista di moda, era così assorta che aveva arricciato il naso e gli occhiali le si erano scivolati appena più giù, ma di questo lei non se ne era neanche accorta.
"Non dovevi saltare l'università per me" scuoto la testa canzonatoria
"Andiamo, da un paio di giorni stai poco bene e mamma e papà stamattina erano a lavoro. Non mi andava di lasciarti da sola con quella peste" indica con fare divertito il più piccolo che anche oggi aveva saltato scuola con la scusa del mal di pancia
"Ora sto meglio, domani tornerò a scuola, credo sia stato un calo di zuccheri" la tranquillizzo scrollando le spalle e lei mi guarda con fare canzonatorio, è così bella che a guardarla mi si scalda il cuore
"Cinque volte in meno di una settimana?" Alza un sopracciglio poco convinta

Il nostro discorso viene interrotto dalla porta d'ingresso che viene aperta. Ad entrare furono i nostri genitori completamente bagnati, fuori pioveva a dirotto e dai tuoni che si sentivamo da dentro casa intuivo che sarebbe solo peggiorato il tempo. Mamma e papà si sistemarono all'ingresso sfilando le scarpe e i cappotti bagnati
"Com'è andata il lavoro?" domando a gran voce guardando la televisione
"Non siete andati?" Domanda Jamiee voltandosi confusa
Mi soffermo a guardarli e noto che mio padre non indossava uno dei soliti maglioni e camicie che usava sotto il camice, e mia mamma non aveva il classico abito elegante a fasciarle il corpo, ma dei semplici jeans e una felpa rubata a Jamiee probabilmente.
"Tutto bene?" Domando curiosa "La pioggia deve avervi sconvolti" ridacchio
"Jason va in camera tua" ordina mio padre tranquillamente e il piccolo inizialmente sbuffa contrario, poi però afferra il suo libro e se ne torna in camera sua al piano di sopra
"Hey, tutto ok? Avete l'aria stanca" li osserva mia sorella attentamente raggiungendoli accanto l'ingresso
"Si tesoro, non siamo andati a lavoro. Questa mattina presto hanno chiamato tuo padre dicendo che i risultati di Olivia erano pronti così siamo passati a prenderli" inizia mia madre, ma aveva pianto? il suo bel viso era stanco, gli occhi lucidi e rossi e le labbra erano accompagnare da un tremore leggero
"E...?" Li incito a parlare "Se ti hanno prescritto delle vitamine posso prenderle all'arancia? Le preferisco" faccio una smorfia
"Hol" mio padre mi sorride debolmente e viene a sedersi accanto a me, adoravo la sua voce, era sempre calma e sicura, ma quella volte tremava appena ed era rauca "i risultati delle analisi sono usciti un po'.... diversi da come ci aspettavamo" mi informa e mi perdo nei suoi occhi che sono lo specchio dei miei
"Cos'ho?" domando tranquilla
"Piccola, vedi è come se il tuo sangue fosse caratterizzato dalla proliferazione neoplastica di una cellula staminale emopoietica che si traduce in un numero elevato di globuli bianchi anormali" prova a spiegarmi facendomi ridacchiare
"Che tradotto sarebbe signor Shepherd?"
Osservo la mamma portarsi una mano davanti la bocca e singhiozzare appena, mio padre continua a guardare me e questo non mi tranquillizza più, al contrario voglio solo sapere cosa frulla nella sua testa, e chi aveva ridotto la mamma in quello stato
"Mamma, hey" Jamie le poggia una mano dietro la schiena e l'accarezza, poi guarda mio padre al mio fianco e si acciglia "così ci spaventate, insomma, cos'ha?"
"Si tratta di leucemia Hol" sospira mio padre "è un cancro al sangue, per ora non è ancora in uno stadio avanzato, ma va curato. Ripeteremo le analisi più volte per esserne sicuri" avverto che tutto ciò che vuole trasmettermi mio padre è una grande sicurezza, ma per la prima volta, non ci riesce affatto, al contrario sento un forte dolore al petto.
Jamiee spalanca gli occhi incredula, si copre le labbra con una mano e guarda mia madre come per chiedere conferma, ma la donna era stata sopraffatta dalle lacrime che non riusciva a fermare, e dei singhiozzi che mi spezzarono il cuore.

"Oh" furono le uniche parole che riesco a dire per poi calare nel più totale silenzio per qualche minuto "scusate vado-" indico il piano di sopra alzandomi dal divano
Sorrido forzatamente a mio padre che mi segue con lo sguardo distrutto, guardo Jamiee e la mamma per poi dirigermi in camera mia.
Chiudo il battente dietro di me e mi appoggio contro di esso facendomi scivolare sul pavimento, avrei voluto un po' di silenzio, ma subito il pianto di mia madre riempì la casa.
Non mi sembrava vero, insomma, io non posso essere malata, non ha senso, ho a malapena 15 anni.

Le parole tristi e senza speranza di mio padre mi arrivarono al cuore solo in quel secondo momento, avverto come il pavimento mancarmi da sotto i piedi, come se la stanza si stesse riempiendo di acqua che ormai mi arriva fin sopra la testa, spazzando via tutta l'aria presente. Socchiudo le labbra in un piccolo sorriso amaro, e senza rompere quel sorriso porto le mani sulle orecchie per non dover sentire i lamenti dal piano di sotto che sembravano trafiggermi il petto. Se potevo curarmi e stavo bene, perchè allora il pianto di mia madre era così doloroso?
Tento di asciugare le copiose lacrime che non volevano cessare di uscire, eppure piangere mi sembra così stupido e inutile.
Di sicuro stavo bene. I medici molte volte sbagliano, giusto?

Fine flashback

Ho imparato che molte volte i medici tendono a sbagliare diagnosi, quando Jamie aveva 14 anni accusava dolori allo stomaco molto forti, mia madre la portò al pronto soccorso e dissero che era una semplice indigestione, passarono altri tre giorni, poi si scoprì grazie a mio padre che era appendicite. Non mi sono mai fidata dei medici, molte volte poi tendono ad ingigantire i sintomi per preparare al peggio, e io speravo tanto fosse questo il mio caso. Ma dopo numerosi test, il risultato era sempre lo stesso, ero malata. 
I miei  lo dissero prima a mia sorella maggiore, dopo qualche giorno diedero la conferma a me e dopo l'ennesimo cedimento ne venne a conoscenza anche Jay, lui non la prese molto bene, pianse per giorni, è sempre stato un gran piagnucolone. 

Sono sempre stata una ragazza molto vivace, adoravo passare intere giornate con i miei amici, uscire e passare pomeriggi interi a riempire il campo da basket insieme a mio padre, e ogni volta che ne avevo l'opportunità con mio nonno, ma la notizia della mia malattia aveva segnato per me la mia fine, non ho mai creduto in una possibile guarigione. I miei dicono ogni volta che sono cambiata da allora, ho chiuso i rapporti con tutti i miei vecchi compagni, ormai esco di casa solo per andare a scuola o in ospedale, e questo li rattrista molto, ma non mi sento più la Holly di un tempo, ma questo era anche colpa loro. Da quel giorno la mia intera famiglia cambiò come me, sempre in pensiero, vivevo con la loro ombra, continui messaggi mentre ero a lezione, chiamate interminabili e avevano accortezza su tutto, anche se dovevo chinarmi per prendere qualcosa.
Non volevo essere tratta così, non mi piaceva, mi faceva sentire malata. 
Non fraintendetemi, non sono mai stata il tipo da negare la realtà, ma questo peso era diventato troppo grande, il peso di non poter giocare più a basket, o di poter fare quello che volevo. Fu un vero incubo all'inizio, troppo grande per essere raccontato, non esistono parole per descriverlo, ma il mondo mi crollò addosso, la mia vita finì quel giorno, da allora non fui più la stessa e non credo che la ridiventerò più ormai.

Sono cambiata, non ho più la stessa fretta, ho perso tutte le mie paure. Un po' mi sono rassegnata al tempo che continua a scorrere, non sento neanche più tanto il dolore, non sento nulla, tutto si è spento e la cosa buffa è che nessuno ci ha mai fatto caso.
Appena tornai a scuola decisi che nessuno doveva saperlo, venivo già trattata diversamente a casa, almeno fuori queste mura volevo essere normale.

****

Mi è sempre piaciuto studiare, lo trovavo noioso il più delle volte, ma ero anche molto curiosa e le lezioni hanno sempre stimolato questa mia voglia di imparare le cose, fin da piccola. Adesso la vivo in un modo un po' diverso, senza ambizione, senza gran voglia, ma i miei mi obbligavano ad andarci quindi eccomi qui, davanti il mio armadietto disordinato in cerca del libro di fisica.  
"Vedo che l'ordine non è il tuo forte" sento sorridere da dietro l'anta dell'armadietto aperto
"Vai via" esclamo annoiata 
"Buongiorno anche a te" sorride lui in tono dolce
"Cosa vuoi?" Sbuffo
"Nulla, ieri mi hai aiutato così-" lo fermo prima che potesse continuare con la sua storiella 
"Lucas, non ti voglio tra i piedi, il fatto che ti abbia aiutato non significa che adesso siamo amici" metto in chiaro per poi, con una forte spinta, chiudere l'armadietto colmo di roba che faceva fatica a chiudersi.
Lucas ha sempre avuto uno stile un po' bizzarro, oggi indossa pantaloni marroni e un maglione a scacchi olivastro con scarpe nere e calzini bianchi doppi, i capelli sempre sistemati su un lato in ordine e gli occhiali che tirava su continuamente. 
"Ci si vede in mensa" sorride senza spegnere il sorriso per poi andare via, sorriso falso dato che era pieno di tristezza

"Ciao Holly" squilla pimpante Margaret appena metto piede in aula
Non le rispondo, mi limito ad un cenno con il mento per poi prendere posto. 
Dopo la mensa poso lo zaino nell'armadietto per andare in palestra, quando avevamo educazione fisica era mia abitudine indossare la tuta già da casa, odiavo gli spogliatoi di questo posto, pieno i ragazze che parlavano di come era inutile questa materia e che potevano perdere un unghia o che i capelli si sarebbero arricciati sudando. 

Come potete capire, odio molte cose; era una delle mie tante qualità.

"Parker sei in ritardo" grida il coach continuando a fischiare con quel fischietto rosso che portava sempre con se, peggio del coach Finstock di Teen Wolf, e lui si che dava i nervi
"Mi scusi" sbuffai mettendomi in riga accanto agli altri
"Oggi si gioca a pallavolo" annunciò "Madison e le gemelle di shining, filate in campo, ora" la sua voce era alta di suo, ma caspita quando urlava faceva davvero paura
"Se mi si rompo un'unghia gli faccio causa" sbottò Anita contro sua sorella
"Vedi di non dar fastidio piccola Olivia" ridacchia Madison passandomi accanto

La ignoro e aspetto il fischio del professore per dare inizio alla partita. Si formarono due squadre, il professore spiegò la rotazione dei giocatori e dopo averlo ripetuto tre volte ad una scocciata Anita, la partita iniziò. 
Oggi la palestra era chiusa per una ristrutturazione, quindi ci eravamo spostate temporaneamente nel campo di basket, il più grande in questo liceo dato che spendevano più soldi per lo sport in questa scuola che nella mensa o per il materiale didattico. Durante educazione fisica l'aula si divideva, c'era chi si esentava, tipo Lucas, e quindi restava a studiare in aula, oppure i giocatori di basket che invece di allenarsi con noi seguivano il loro coach e si allenavano in palestra. Non fui sorpresa di vederli giocare dall'altra parte del campo, ci eravamo divisi la palestra e a loro era toccata la parte più grande. 

Ovviamente c'era lui, il 'Dio', con indosso solo un paio di pantaloncini neri e rossi con una canottiera bianca semplice, Dopo l'ennesimo canestro, compiaciuto si accorge di me e mi rivolge un sorriso beffardo, con lo sguardo di chi la sapeva lunga
"Prendila" la voce di una ragazza mi richiama e mi volto in tempo per vedere Blair che stava per essere colpita da una pallonata lanciata dal capitano della squadra di pallavolo che era nell'altra squadra. Aveva sopravvalutato la situazione, battendo con troppa forza contro una Blair che si era distratta a parlare con sua sorella.
"Blair" gridò il coach stufo del suo continuare a parlare 
"Mia" prendo la rincorsa e blocco la palla saltando e schiacciando contro l'altra squadra, ma lo stupore di quella mossa fece restare ferme le avversarie, e noi facemmo punto.
"Sarah, non sei a una partita di basket, le altre non hanno mai toccato palla" la rimprovera il professore, e io mi sentii gli occhi delle altre addosso. Ma come biasimarle, mi limitavo a schivare sempre la palla pur di non giocare. 

"Che c'è?" sputo acida, non avevano mai visto una schiacciata? 
"Hai capito la piccola Olivia" ridacchia Madison avanzando verso di me facendo ondeggiare la sua coda di cavallo sempre perfetta 
"Ti risulta tanto difficile chiudere quella bocca per un breve e piccolo determinato lasso di tempo? Sei esilarante" mormoro stufa
"Come hai detto?" Domanda accennando un sorriso inquietante
"Ragazze basta" ci richiama una ragazza dall'altro lato del campo che aspettava noi per battere, mentre il coach si era allontanato un attimo "Ora mi ascolti ragazzina, sei solo una povera sfigata e non ti permetto di parlarmi con quel tono da saputella" si avvicina pericolosamente ma non mi scompongo dal mio posto così da non mostrarle timore "devo ancora fartela pagare per l'altra volta, nessuno mi parla in quel modo" sorride e si sposta lateralmente. Mi acciglio e non noto in tempo le sue amiche alle sue spalle che stringevano tra le mani delle bottigliette con dentro sostanze colorate che mi gettarono addosso. Chiudo gli occhi e la bocca di getto e sento mezza palestra gridare incredula.

"Sei impazzita" la sgrida Margaret
Sento il colore liquido colarmi addosso, è freddo e mi fa quasi il solletico, ma puzza terribilmente di pittura e arriccio il naso nauseata. Passo le mani sugli occhi e li riapro appena, noto che anche i ragazzi che si allenavano dall'altro lato della palestra si erano avvicinati per assistere all'esilarante scena
Le uniche a ridere in tutta la palestra sono Madison con le sue due galline del cavolo. Avrei dovuto lasciare che quella palla colpisse la bruna.
"Cazzo" ringhio tra i denti
Mi sono stancata, ieri con Lucas, oggi con me, quand'è che capiranno che la scuola non è di loro proprietà e che non posso comportarsi così con gli altri? 

"Madison" tuonò una voce alle mie spalle, e sono quasi certa di riconoscerla, era calda e profonda e non si scomponeva mai 
"Dylan" sorride lei, come se avesse cambiato personalità e la cosa un po' mi inquietava 
Mi volto e noto Dylan Johnson, con un cipiglio sul volto, lo stesso che aveva quel giorno all'ospedale quando gli rovesciai la cioccolata addosso.
"Sei impazzita? Qui noi ci giochiamo" indica il pavimento sporco di pittura, che era schizzata anche sul muro al mio fianco sporcando alcuni attrezzi appoggianti ad esso.
Dylan aveva un'espressione arrabbiata e molto seria, si avvicina alle ragazze e gli strappa le bottiglie dalle mani per chiuderle ed evitare altri danni  

"Ma siete impazziti" il coach si precipitò verso di noi e iniziò a gridare come un pazzo
"Tu" mi punta un dito contro e sbuffo scocciata "e tu" guarda Dylan "con me dal preside, ora" esclamò indicando me e Dylan
Un attimo, perché noi due?
"Ma io non c'entro nulla" si difende subito il ragazzo
"Non voglio sentire obiezioni" afferma ancora il coach "Sarah tornate in classe, la lezione finisce qui oggi" guarda la ragazza lasciandole il comando mentre trascinava me e Dylan dal preside 

Sentii lo sguardo addosso di tutti nel corridoio, ma come biasimarli, ero imbrattata di colore e probabilmente stavo sporcando il pavimento lasciando la scia.  
"Fermi qui, vedo se può ricevervi" Il coach ci lascia accanto alla segreteria bussando ed entrando subito dopo nella stanza del preside 
"Che rottura di coglioni" sbuffò il ragazzo al mio fianco portandosi le mani dietro la testa annoiato. Il suo telefono vibra e lui lo afferra dalla tasca dei pantaloncini, legge al volo un messaggio per poi sospirare e socchiudere appena gli occhi, riuscii solo a vedere che era da parte di Madison. Dopo pochi minuti passati in silenzio, il professore ci fece entrare e ci fermammo in piedi davanti la scrivania del preside Covinich. 

"Spiegatemi cos'è successo" ridacchia appena osservandomi 
Il professor Covinich era un tipo molto simpatico, prendeva tutto molto sul ridere ma quando si arrabbiava era dura davvero sopravvivergli.
Io e Dylan iniziammo a parlare allo stesso tempo uno sull'altro così da procurare confusione nella stanza e nella mente dei due professori che non riuscirono a capire le nostre parole.
"Riuscite a parlare uno alla volta? Prima le signore" esclamò facendolo stare zitto
"È stato solo uno scherzo, non è colpa mia se lei non sa schivare un po' di colore" spiegò frettolosamente Johnson al mio posto
Ah bene, era per caso una signora e non lo sapevo?
"Non è colpa mia se il tuo cervello è piccolo come una nocciolina, come avrei potuto schivarlo, me lo spieghi?" Lo guardai furiosa
"Spostandoti mia cara, Dio ti ha creata con due gambe, usale ogni tanto" mi fece il verso, probabilmente alludendo anche all'incidente in ospedale
"Ti arrabbi anche? Sono io quella che dovrebbe arrabbiarsi, sono ricoperta di colore e non ho neanche il cambio per tornare a casa" esclamai con un pizzico di esaurimento nella voce
"Olivia, chi è stato a ricoprirti di colore?" Chiese il preside spazientito
"Sono stato io, ma lei mi ha stuzzicato" intervenne lui
"Ma-" mi accigliai ma Dylan mi zittì stringendomi il polso senza farsi vedere
"Signor Johnson le consiglio il corso di pittura al basket" suggerisce sarcastico il preside
"Farebbe sicuramente meglio di come quando gioca a basket" affermo incrociando le braccia al petto e lui mi guarda scioccato, come ferito nell'orgoglio
"Ti sfido a prendere una palla, razza di-" inizia ma il preside lo blocca prima che potesse finire la frase
"È chiaro che tra voi due non scorra buon sangue" sospira "Bene, vi ritroverete insieme a passare qui il pomeriggio per pulire la palestra, dopodiché dopo questa bella e sana esperienza passate nuovamente qui nel mio ufficio dove vi assegnerò un compito" afferma fermamente il preside per poi chiudere la questione

Esco da quell'ufficio più arrabbiata che mai e di pessimo umore. Vado in bagno per cercare di darmi una pulita, riuscii a pulirmi il viso e legai a stento i capelli che erano diventati di un bluastro con aloni viola, per i vestiti fu tutto vano, la pittura non andava via quindi lasciai perdere. 

La giornata passò molto velocemente, gli occhi di tutti erano fissi su di me e li sentivo ridacchiare, ma poco mi importava sinceramente. Ciò che mi innervosiva era non avere risposte, Madison l'aveva passata liscia e davvero non ne capivo il motivo, perché quell'idiota non aveva detto nulla, e cosa c'era scritto su quel messaggio che l'aveva spinto a proteggerla?

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