In Another Life

By Kim_Holly_

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"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. M... More

Prologo.
1. Parker
3. Parker
4. Johnson
5. Parker
6. Parker
7. Parker
8. Parker
9. Johnson
10. Parker
11. Parker
12. Johnson
13. Parker
14. Parker
15. Johnson
16. Parker
17. Parker
18.Parker
19. Johnson
20. Parker
21. Parker
22. Johnson
23. Parker
24. Parker
25. Johnson
26. Parker
27. Parker
28. Parker
29.Johnson
30. Parker
31. Johnson
32. Parker
33. Johnson
34. Parker
35.Parker
36. Parker
37. Johnson
38. Parker
39. Parker
40. Johnson
41. Parker
42. Johnson
43. Parker
44. Parker
45. Parker
46. Parker
47. Parker
48. Johnson
49. Parker
50. Parker
51. Parker
52. Parker
53. Parker
54. Parker
55. Johnson
56. Parker
57. Parker
58. Johnson
59. Johnson
60. Parker
61. Johnson
62. Parker
63. Johnson
64. Parker
65. Parker
66. Parker
67. Parker
Epilogo
Sequel.
In This Life
Nuovo Libro ‼️

2. Parker

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By Kim_Holly_

La mattina seguente mi sveglio tardi, troppo tardi a dire il vero. La sveglia aveva suonato più volte, ma avevo continuato a stopparla in continuazione fino a quando Marcus non è venuto a svegliarmi, alla fine mi sono vestita in fretta e adesso ero nella sua auto diretti verso scuola, mentre alla radio in sottofondo passano delle vecchie canzoni jazz, che lui tanto adora.
Quando arrivo attraverso i vari corridoi deserti e dopo aver preso il libro dal mio armadietto mi affretto a raggiungere l'aula.
La porta è chiusa ed esito un secondo prima di aprirla, quando lo faccio resto immobile con sguardo confuso davanti a tutto quel casino. La classe regna nel più totale caos grazie agli alunni e all'assenza del professore
"Scommetto che Peterson manca" sospiro andando a sedermi al mio posto accanto alla finestra
"Esatto" ridacchia leggermente Margareth sedendosi sul mio banco
"Ciao" sussurro cercando di nascondere il fastidio 
"Ciao bellissima. Lascia che ti tenga aggiornata: metà del corpo docenti è in viaggio con gli alunni in Giappone" mi ricorda con sguardo compiaciuto "Abbiamo la giornata libera, e questo significa che passeremo il tempo nei corridoi ad adocchiare qualche ragazzo carino" sorride come una bambina euforica alzandosi e provando a convincermi 
"Passo, ho troppe ore di sonno da recuperare" sbadiglio per poi poggiare la testa sul banco
"Possibile che dormi sempre" sbuffa delusa
Margareth è l'unica ragazza della mia classe che riesco a tollerare, anche se i nostri rapporti non si sono mai estesi al di fuori dalle mura scolastiche. A me sinceramente va benissimo così, nessuno sa della mia vita e nessuno deve saperlo oltre la mia famiglia.

Già, in questa scuola, la New York Psicology Academy, nessuno sa della mia vita al di fuori di queste mura, qui sono una comune studentessa come tutte le altre, ma mantengo comunque un profilo basso volendo evitare di attirare attenzioni indesiderate. Sono convinta che una volta che sarebbe saltata fuori della mia malattia, tutti avrebbero smesso di guardare me, e avrebbero visto solo il cancro, e la cosa non mi piaceva per niente. Ero più di questo e non volevo essere etichettata con la cosa che odiavo di più al mondo.

Quando suona la campanella della seconda ora arriva una supplente procurando schiamazzi di disapprovazione da parte degli alunni. La giornata passa tranquillamente, la professoressa ha circa una sessantina d'anni e sembra molto rimbambita, infatti i ragazzi passano tutto il tempo a parlare con lei e a farle domande con doppi fini per riderle contro, anche se lei non capiva nulla.
All'ora di pranzo le aule si svuotarono e tutti andarono in mensa. Quest'ultima è sempre affollata, di solito la cerchia di ragazzi è sempre uguale, da un lato i giocatori di basket insieme alle cheerleader, dall'altro noi comuni mortali.
A me piace sedermi in disparte senza dare troppo nell'occhio, non mi piace parlare con gli altri ragazzi e molte, e ripeto molte poche volte entravo in mensa, di solito saltavo il pranzo oppure mangiavo in qualche aula vuota.  

A risvegliarmi dai miei pensieri fu un rumore proveniente alle mie spalle, giro lo sguardo e noto Lucas Gilbert a pochi passi di distanza dal mio tavolo, disteso sul pavimento con tutto il suo pranzo sparso ovunque e il suo orrendo maglione a scacchi che mi sta facendo perdere la vista.
Lucas Gilbert, il ragazzo strambo della scuola: aveva due grossi occhiali rotondi che coprivano gli occhi azzurri, il fisico magrolino nascosto sotto dei maglioni costantemente marroni e a scacchi, i lineamenti del viso dolci e morbidi e i capelli color miele.
Lui è conosciuto in tutta la scuola come il nerd sfigato che tutti si divertono a prendere in giro.
Tutti in questo posto si divertivano a fargli piccoli scherzi, farlo cadere in mensa, spingerlo, nascondergli gli abiti durante educazione fisica, rompergli gli occhiali, ma non ho mai capito perchè non ha mai reagito a neanche una di queste provocazioni. Se io odiavo questa scuola, Lucas doveva considerarlo il suo inferno personale. 

"Ops" sorride Madison portandosi teatralmente una mano davanti la bocca.
Madison Davis, solito cliché della ragazza ricca e popolare, la solita stronza che se la prendeva con tutti quelli che considerava sotto al suo livello, cioè l'intera scuola se non l'intero mondo. è il capitano della squadra delle cheerleader, e insieme a lei ci sono sempre A e B, due gemelle che le fanno da tirapiedi, i loro veri nomi dovrebbero essere Anita e Blaire ma si fanno chiamare solo per le loro iniziali, originale no? Ve l'avevo detto che era un clichè.
"Fa attenzione la prossima volta" ringhia Andrew con espressione divertita, lui per me non ha neanche bisogno di una presentazione 
"Scusate" Lucas si mette a sedere sul pavimento raccogliendo i residui di cibo per poi rimetterli nel vassoio
"Ma come, lo facciamo cadere e chiede scusa?" ridacchia A e la sorella le fa segno di smetterla, aveva un'espressione annoiata tuttavia non avrebbe mai detto nulla contro Madison o sua sorella
"M-mi dispiace" si scusa lui nuovamente con voce flebile e gli occhi lucidi
"La prossima volta ti faccio cadere di faccia, femminuccia" inizia a ridere anche Andrew avvicinandosi pericolosamente a lui
Ricordo di come due settimane fa, lo stesso Andrew, gli ha spaccato gli occhiali e che nell'alzarsi lo aveva spinto contro il tavolo facendolo sanguinare dal naso per la botta, ricordo anche di come dopo, Lucas, pianse nascosto nel laboratorio di chimica, mi trovavo a passare di lì per caso e lo sentii piangere sommessamente.

Al ricordo di quella scena allontano la sedia dal tavolo e mi alzo tranquillamente mettendomi tra i due troppo vicini per i miei gusti. Non sono mai stata una alla quale piace fare l'eroina, ma quel ragazzo è in lacrime accerchiato da persone che ridono di lui pronte a fargli del male e a me questa situazione fa letteralmente ribollire il sangue nelle vene.
Le risate si placano e sento dei bisbiglii che durano poco, Lucas per poco non scoppia a piangere e la cosa mi innervosisce. Faccio per tornare in classe e allontanarmi da quella situazione ma Madison e le due gemelle mi sbarrano la strada
"Parker, mi ricordo di te, sei nel mio corso di letteratura" esclama con quella sua faccia da schiaffi
"Che ne dici se la prossima volta li facciamo cadere entrambi?" Propone Andrew a voce bassa, credendo di non essere sentito
"Se ti avvicini a me sei morto" esclamo fermamente
"Mio Dio, non capisco se sei coraggiosa o solo stupida" mormora Madison alzando un sopracciglio sorpresa
"Perché non te la prendi con chi sa difendersi?" domando retorica "Ti fa sentire uomo prenderti gioco di un ragazzo di 17 anni davanti a tutti?"  
"Non farmi arrabbiare Parker, non ti conviene metterti contro di me" mi avverte con sguardo acido e scontroso
"Sono lusingata che ricordi il mio nome" affermo sarcastica "peccato io non ricordi il tuo" scrollo le spalle
"Credi di far paura?" abbassa il tono della voce divertito
"Dai ragazzi basta, lasciateli stare" Margareth gesticola nervosa cercando di alleggerire la situazione
"Perchè non chiamiamo Dylan? Il capitano saprà certamente come farle passare la voglia di parlare" ringhia Madison
Gli sguardi di tutti i ragazzi della mensa sono fissi su di noi, io invece guardo solo Madison che appena entrano alcuni professori nella mensa alza gli occhi al cielo per poi guardarmi con fare divertito.
"Salvata per un pelo" sorride falsamente accarezzandomi i capelli, per poi fare segno alle altre due di andare via
Alzo gli occhi al cielo e sposto l'attenzione su Lucas che è ancora seduto sul pavimento con gli occhi lucidi e il viso rosso.
"Dai vieni" gli afferro la mano e lo aiutai ad alzarsi, lo accompagno a buttare il vassoio per poi prendere la mia roba e dirigermi in bagno con lui. 

"Ma è il bagno delle ragazze" sussurra imbarazzato fermandosi in mezzo al corridoio  
"È vuoto, non ci viene mai nessuno a ora di pranzo" lo rassicuro
"Perché?" Si acciglia
"Mirtilla Malcontenta" esclamo retorica
"C-come?" Mi guarda come se fossi pazza
"Lascia perdere" sbuffo scocciata 

Una volta entrati noto che come sempre ho ragione, il bagno è deserto e infatti Lucas sospira di sollievo facendomi ridacchiare. Poso le mie cose accanto al lavandino e inizio a frugare nel mio zaino per trovare qualcosa per aiutarlo a darsi una sistemata
"Perché hai tutti questi medicinali?" Domanda ingenuamente
"Soffro d'asma" mento non distogliendo lo sguardo dallo zaino
Nessuno sa mentire meglio di me, lo faccio talmente tante di quelle volte che mi risulta più difficile dire la verità.
"Tieni" gli passo delle salviette per pulirsi, bagno della carta igienica che lo aiuta con i pantaloni, ma quando lo guardo meglio noto che era impossibile recuperare quel maglione.
"Toglilo" gli faccio segno per poi sfilarmi la felpa
"Ma..."
"È maschile tranquillo" sussurro sistemando la maglietta
"Perché hai felpe maschili?" domanda curioso  
"Fai troppe domande" lo guardo male
Mima uno 'scusa' e si infila la mia felpa, si pulisce la faccia e per un attimo stretto nella mia felpa sembra quasi un figo.
"Mi piacciono gli abiti maschili" rispondo dopo un po' "sempre se quegli abiti non sono i tuoi maglioni" esclamo facendolo scoppiare in una fragorosa risata
Ammetto che è proprio carino, ha dei tratti ben marcati ma dava l'idea di un bambino.
"Sei carino quando ridi, dovresti farlo più spesso" suggerisco mettendo lo zaino in spalla
Lo vedo arrossire e non riesco a trattenermi dal ridacchiare
"Sei l'unica fino ad adesso che mi abbia difeso, ma perché l'hai fatto? Lo sai che ora prenderanno di mira anche te?" domanda cauto sistemandosi gli occhiali sul naso
"Non mi importa, non resterò qui per molto" mormoro poggiando la schiena contro il muro
"Cambi scuola?"
Lo guardo impassibile per qualche secondo per poi annuire. Faccio per uscire ma vengo bloccata dalla sua voce
"Grazie" sorride dolcemente, scrollo le spalle in sua direzione per tornare in aula

Suonata la campanella dell'ultima ora esco da quel caos ed entro nella macchina di Marcus che mi accoglie con un sorriso smagliante 
"Siamo in pieno inverno e tu indossi una semplice t-shirt?" Mi rimprovera passandomi la felpa di riserva che aveva sempre nella sua auto
"La mia si è sporcata" mento indossando la sua felpa blu 
"Hol, ti va di accompagnarmi in ospedale? Devo finire una cosa prima di andare a casa tua, ci metto poco" propone 
"Per me va bene, ne approfitto per vedere cosa combina mio padre" scrollo le spalle.
Marcus parcheggia l'auto nel parcheggio riservato ai lavoratori dell'ospedale, si dirige al terzo piano mentre io salgo le scale velocemente per arrivare al secondo, ovvero il reparto pediatrico dove adoravo tanto andare.
"Ciao piccola Parker" mi saluta la dottoressa Sidia, le sorrido per poi farle un cenno con la mano.
In questo ospedale conosco tutti oramai.
"Ci sono nuovi arrivati?" domando avvicinandomi al vetro che lascia intravedere i bambini appena nati nelle loro culle bianche con etichette rosa o azzurre
"Vedi quel bambino in fondo con il bracciale rosso? È nato stanotte" sorride leggermente indicando il piccolo
"Bracciale rosso? Cos'ha?" Guardo un bellissimo e minuscolo bambino stretto nella sua coperta azzurra
"Crediamo abbia una malformazione polmonare" mi spiega
Resto in silenzio a fissare quel bambino così piccolo che dormiva tranquillamente in quella culla che sembra troppo grande per lui.
"Tu come stai?" Mi guarda poi poggiando una mano sulla mia spalla
"Non sono stata ricoverata nelle ultime 74 ore, 53 minuti e 29 secondi il che mi sembra un record" esclamo retorica
"Tuo padre mi ha detto che dalle ultime analisi sembri stare meglio" sorride fiera
"Non mi illudo come lui, dovresti saperlo" 

Qualcuno chiama la dottoressa per un'emergenza e io ne approfitto per entrare nel piccolo reparto dove trovo Rosa e Tiny, due delle infermiere del piano che ho conosciuto circa un anno prima
"Ciao ragazze" sorrido sedendomi su uno sgabello accanto alla scrivania
"Heila bellezza, tutto bene?" Sorride Tiny
"Si, sono qui in gita con Marcus" affermo giocando con un carillon per neonati
"Ottimo posto da visitare direi" scherza Rosa
"Ragazze, dovete venire subito, una donna non si è sentita bene in sala d'attesa, credo che le si siano rotte le acque" afferma il mio bellissimo Travis entrando nella stanza
"Ci si vede dopo Holly" mi salutano le due infermiere precipitandosi fuori
"Ciao piccola" Travis mi da un bacio volante sulla guancia per poi seguire le ragazze fuori
Conosco molto bene gli infermieri di questo posto, Rosa e Tiny sono due cugine molto simpatiche, Travis invece è il mio preferito insieme a Marcus. Ho sempre odiato gli ospedali e gli infermieri, così gli unici che lascio avvicinare sono loro due, e mio padre ovviamente.

Vado verso l'ascensore che mi avrebbe portato al piano di sopra, nel reparto di mio padre. Lo intravedo parlare con dei medici nel corridoio ma appena mi vede li liquida affrettandosi a venire verso di me
"Olivia, ti senti bene? Che hai? Perché sei qui?" Parla velocemente 
"Dottor Shepherd, sto bene" ridacchio portando le mani in avanti "sono qui con Marcus, deve firmare delle carte poi andiamo a casa, tranquillo"
"Mi hai fatto prendere un colpo" sospira guardandomi male "Vai nel mio ufficio, prendi le chiavi di casa e portale con te, risparmierai un lavoro a Marcus" dice per poi tornare al suo lavoro  
Annuisco annoiata e faccio come mi ha detto, entro nella sua stanza e trovo tutto in perfetto ordine come sempre, mio padre è un maniaco su questo. Poso le chiavi nel retro dei jeans e torno al piano inferiore dirigendomi verso i distributori automatici .

"Perché non mettono un fottuto bar in questo ospedale" sbuffo facendo una smorfia per quanto fosse penosa quella cioccolata calda  
Giro l'angolo per andare verso l'ascensore ma qualcuno mi viene addosso facendomi rovesciare la bevanda ancora bollente sulla felpa
"Cazzo" impreco
"E guarda dove vai" sento sbuffare dal ragazzo davanti a me
"Come scusa?" Alzo lo sguardo per vederlo in viso e noto che effettivamente ha un volto familiare "sei tu che mi sei venuto addosso" sbuffo a mia volta indicando la macchia sul mio petto
"Se non sai camminare non è mica colpa mia" sbuffa sistemandosi la giacca 
Certo, lui è Dylan Johnson, frequentiamo la stessa scuola. Johnson è come una divinità del basket, tutti conoscono il suo nome, è merito suo se la nostra scuola è imbattibile in questo sport, lo reputano una sorta di 'Dio' 

Mi avvicino al cestino e getto quella roba con faccia disgustata. Vado verso l'ascensore ignorando il fatto che Dylan fosse al mio fianco, mentre aspettavamo, così con la coda dell'occhio mi soffermai a guardarlo più da vicino, non l'avevo mai notato attentamente prima d'ora. A chimica è seduto dietro di me e a psicologia tre file dopo la mia, quindi non l'ho mai guardato attentamente, neanche nei corridoi o a mensa. Non mi interessano certi tipi di persone. I suoi occhi sono di una moltitudine di sfumature di verde, i suoi capelli nocciola invece li portava sempre spettinati, il che gli davano un'area da ribelle. Era alto, con un fisico ben scolpito, o almeno così intravedevo dalla t-shirt che indossava. 
"Al primo piano fanno le radiografie, potrei richiederne una per te con tanto di autografo se ti piace così tanto quello che vedi" scrolla le spalle tuttavia senza guardarmi
"Simpatico" scimmiotto cercando di non arrossire, i tipi così proprio non li sopporto 

"A che piano ti fermi?" domanda entrando per primo nell'ascensore  
"Quarto" sussurro e le porte si chiudono alle mie spalle 
L'ascensore si ferma prima al terzo dove lui scende senza aggiungere altro mentre io mi fermo al quarto dove trovo Marcus che mi stava aspettando.
Mi faccio accompagnare a casa dopo essermi scusata per aver sporcato anche la sua felpa.
Cavoli quel ragazzo mi ha proprio dato sui nervi, ma gli costava tanto guardare davanti a sé ed essere meno stronzo?

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"C'è questa sorta di cordone ombelicale che ci lega.."❤