Quel ragazzo con la chitarra...

By lettrice_incognita

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#Wattys2018 (incrociamo le dita!) SEQUEL DE "QUEL RAGAZZO CON LA CHITARRA IN MANO // SHAWN MENDES ". "- Non... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Instagram
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
#Ask
Capitolo 40
Risposte!
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Epilogo
Come la pece

Capitolo 31

996 65 16
By lettrice_incognita

Capitolo alquanto strano e buffo, sotto alcuni punti di vista. Spero che vi piaccia perché lo avevo programmato già da un po'.

Spero che passerete delle belle vacanze. Buona Pasqua! ✨

Mia madre e i suoi mega pranzi della domenica erano già qualcosa di stressante e opprimente, soprattutto quando si innervosiva se qualcosa non andava per il verso giusto. Ed era proprio per questo che, quando misi piede dentro quella grande casa, mi pentii di essere andata.

Cosa poteva esserci di peggio di un noioso pranzo domenicale accompagnato dall'isteria di una madre?

Una cena domenicale -forse non più tanto noiosa- accompagnata dall'isteria di una madre e due intere famiglie come ospiti. Mia madre organizzava tutto per filo e per segno e aveva progettato quella cena con i Mendes e i James proprio per l'ultimo giorno di permanenza di Luke e David a Toronto.

L'intera famiglia era in subbuglio per l'arrivo dei numerosi ospiti. Mancava solo mezz'ora al loro arrivo e mia madre era ancora in cucina.
- Preparerò tutto all'ultimo secondo per evitare che si freddi troppo - aveva detto, e in quel momento capii che intendeva letteralmente "all'ultimo secondo". Carter era dentro la doccia del piano inferiore da quasi un'ora ormai, suo padre era al piano di sopra alla ricerca della cravatta adatta da indossare e i due ventiquattrenni si erano completamente volatilizzati, forse troppo presi dalla loro immagine riflessa nello specchio, narcisisti com'erano.

Chiusi il flaconcino di eye-liner, guardando la mia immagine riflessa allo specchio dalla cornice bianca. Mia madre aveva fatto aggiungere uno specchio abbastanza grande sopra il comò color avorio. Pensava che in quel modo avrei sentito più mia quella casa, ma non uno specchio non avrebbe fatto la differenza.

- Toc toc! - esordì Luke, sporgendo la testa oltre la porta per vedere cosa stessi combinando. Mi voltai nella sua direzione, sorridendo.

- Ehi, ehi! Non puoi scendere così - disse, indicando il mio abbigliamento. Mi guardai confusa, indossavo una maglioncino bianco panna e una gonna blu lunga fino alle caviglie, davvero nulla di particolare.

- Dici che è troppo corta? - ironizzai roteando gli occhi. La copia maschile di mia madre ammiccò nella mia direzione, aggiustandosi il ciuffo scombinato e morbido. - Ti copre a malapena le caviglie, Annie! - stette al gioco.

- Mamma è ancora di sotto? -.

- Penso di sì. Ti trovi bene con Ben e Carter? Ora è diverso, no? Passate più tempo insieme - domandò, dirigendosi con disinvoltura verso lo specchio per aggiustarsi i capelli con le mani. Narciso in persona. Feci spallucce, spostandomi verso il letto per sedermi. - Non che stia più di tanto con loro, ma mi sembrano brave persone. E poi, la mamma è felice adesso, no? L'importante è questo -.

- Sì, è un'altra donna. - mi lanciò uno sguardo direttamente attraverso il vetro dello specchio - Non riesco nemmeno a credere che abbia aperto la sua sognata pasticceria. Sono contento per lei, voglio dire, all'apparenza Ben sembra volere il meglio per lei -.

- Anche lui si merita una donna come nostra madre, dopo tutto quello che ha passato. Mi sta trattando come una vera figlia. Penso di dover cercare un lavoretto per pagare almeno una parte delle tasse dell'Università - affermai con determinazione. - Già -.

- E tu? David mi ha detto che tu ed Ethan avete litigato - cambiò discorso subito dopo, staccando gli occhi dalla sua immagine allo specchio. - Più che litigato, direi chiuso. Ieri sera mi ha mandato un messaggio, ma non gli ho risposto - sospirai.

- Dovreste fare pace, sai che in fondo non voleva trattati male -.

- Ho praticamente baciato un altro ragazzo! -.

- Oh, cazzo... - sbottò - Questo non me l'aveva detto David -.

Distolsi lo sguardo portandolo sulla parete alla mia destra. Avevo distrutto tutto e per di più non stavo male. - Scusa... - rimediò.

- Non fa niente -.

- Quindi le vecchie fiamme si sono riaccese - commentò con malizia. Girai la testa di scatto verso di lui, sgranando gli occhi. Ghignò vittorioso. - Che... Ma che dici? -. Il mio volto esangue contraddisse le mie parole, ma sperai che Luke non se ne fosse accorto. - Chi altro avresti baciato se non Shawn? A proposito, stasera avremo i paparazzi in giardino? -.

Spalancai la bocca per la sua sfacciataggine, afferrando una delle pantofole accanto al letto per poi scagliarlela addosso. - Esci, stupido! - lo cacciai ridendo. Uscì con le mani in alto, tra una risata e l'altra.

Scossi la testa rimettendomi in piedi. Poi presi a sistemare la camera e una volta finito uscii fuori nel piccolo atrio dalle pareti scure e le luci soffuse disposte su di esse.

- Lana, tesoro, secondo te la cravatta devo metterla blu o rossa? -. Narcisista numero tre. Dov'è Carter?

- Cosa c'è, Ben? - strillò con voce irritante mia madre dal piano inferiore. Avevo ragione quando dicevo che le cene organizzate da mia madre la rendevano nervosa e facilmente irritabile. - Ma ha sempre fatto così quando c'era da preparare una cena? - mi chiese l'uomo, con le due cravatte dai colori differenti fra le mani. Ridacchiai a causa della sua domanda. - Sì, sempre. Ma non si dovrebbe preoccupare così tanto: tutti sanno che è un'ottima cuoca -.

- Ricordami di ordinare tutto la prossima volta. - scherzò - Quale mi consigli? Rossa o blu? -. Diedi un'occhiata al colore del suo completo elegante, costituito da pantaloni e giacca blu e una camicia celeste. - Io non metterei nessuna delle due, sai è una cena informale. Però se proprio devi, quella rossa - gli consigliai con sincerità, come se stessi parlando con il mio vero padre. Quel rapporto non l'avevo mai avuto con mio padre ed era alquanto strano parlare in quel modo con lui.

- Bene. Grazie mille, Annie - mi ringraziò con un sorriso compiaciuto, tornando verso la sua camera nel corridoio alle mie spalle. Scesi le scale, decidendo di raggiungere mi madre per aiutarla. Entrai in cucina e le andai incontro. - Mamma, vatti a preparare. - le dissi, facendola sussultare - Adesso apparecchio io. Qui cosa c'è da fare? -.

- Non ti preoccupare, tesoro. Vai con i ragazzi, sto finendo - rispose continuando a sminuzzare la verdura.

- Tra venti minuti saranno qui. Sai che Mel è puntuale come un orologio svizzero, vai a sistemarti -.

Alle mie parole sembrò ripensarci. Lasciò il coltello sul tagliere, girandosi verso di me. - Okay, okay. Devi solo finire di preparare l'insalata e apparecchiare. - istruì asciugandosi le mani sul grembiule - Ah, controlla il pollo nel forno -.

- Va bene. Vai! -. L'accompagnai fino alla porta della cucina conducendola con le mani sulle sue spalle.

Dopodiché mi lavai le mani e mi misi all'opera. Iniziai tagliando i cetrioli e le carote, poi passai alla lattuga.

- Stronzo! Non puoi fare quei trucchetti -.

- Sì che posso! Cosa ci posso fare se sei un incapace?! -.

- Diglielo, David! -.

- Amico, sei davvero una schiappa... -.

I tre ragazzi avevano alzato la voce e riuscivo a sentirli da lì. - Al posto di litigare, andate ad apparecchiare! - ordinai.

- Pazza! - mi schernì l'unico ragazzo al mondo capace di prendermi in giro tutto il giorno. - David, datemi una mano! Fai smettere quei due e portali qui - insistetti.

Un attimo dopo, tra insulti e bestemmie varie, David fece il suo ingresso nella grande cucina con Carter su una spalla a mo' di sacco di patate. - Detto, fatto -.

- Merci - lo ringraziai.

Carter e Luke apparecchiarono la tavola e io finii di preparare le ultime cose. Quando il campanello suonò mia madre era già scesa così come Ben. Mi aspettavo che fossero i James -sia perché Melanie era sempre in orario, sia perché vivevano a pochissimi passi da lì-, ma invece la prima persona ad entrare fu Sarah.

Chissà se Shawn è qui, pensai. Non sapevo se fosse stato presente anche lui alla cena tra amici di famiglia oppure no, ma l'avrei scoperto presto. - Ho portato qualcosa di diverso. Almeno se vi piace possiamo proporla in pasticceria - disse dopo aver abbracciato mia madre. - Oh, Sarah, non c'era bisogno -. La madre di Shawn la ignorò del tutto, sorpassando mia madre per venire da me.

- Ciao, Annie. Come va? - mi salutò cordialmente, passando la teglia nelle mani di mia madre, alle sue spalle. Sarah era davvero una persona dolce e amorevole, la stessa che mi aveva ospitato in casa propria per giorni e giorni nell'attesa di un segnale da parte di mia madre. - Bene, grazie -.

Mi sorrise prima di scambiare qualche parola con Ben e i tre ragazzi alle mie spalle. Quando mi voltai suo marito era già pronto a salutarmi. Anche lui fu abbastanza gentile e socievole quella sera. - Annie, porta questa in cucina - mi ordinò mia madre, con addosso il suo vestito nero lungo fino al ginocchio.

Shawn era venuto, lì, proprio di fronte mia madre, sull'uscio. Ebbi un sussulto. Presi la teglia e ne approfittai per scomparire per almeno qualche minuto dalla circolazione. - Dammi, la porto io - mi bloccò il moro parandosi davanti. - Carter, spostati - sibilai. Anche lui sembrava volesse evitare il cantante. Molto probabilmente non era ancora passata quella gelosia di Shawn nei confronti della sorella. Il ragazzo fece come gli dissi. Poggiai la teglia sul tavolo della cucina, già pieno a causa degli altri cibi pronti da portare nella sala da pranzo.

Ritornai nell'ingresso quando ormai tutti si erano sparsi in giro.

Andai dritta da Ashley per salutarla. Quella ragazzina stava crescendo troppo velocemente. - Ehi! - esclamai per richiamare la sua attenzione.

- Annie! - strillò voltandosi nella mi direzione. Fece un passo verso di me per abbracciarmi. Era quasi della mia stessa altezza ormai. - Non ti vedevo da un secolo -.

- Lo so - dissi semplicemente senza aggiungere altro. Il campanello suonò per la seconda volta e come un fulmine a ciel sereno mi ricordai di Tyler. E se fosse stato lì anche lui? Era così cambiato. Alla festa lo avevo visto completamente diverso, ma era per forza lui. Era diventato tutto l'opposto di quello che era prima.

Melanie e Robert entrarono per primi con un paio di bottiglie di pregiato vino fra le mani. L'unico figlio era proprio alle loro spalle. Proprio per come lo avevo visto a quella festa, solo con qualche litro di alcol in meno in circolo. Senza occhiali, soliti occhi castani, capelli -sempre del medesimo colore- appositamente spettinati, muscoli, vestiti all'ultima moda.

- Chi non muore si rivede... - mormorò una seconda voce alle mie spalle, in modo che potessi sentire solo io. Io e Shawn non avevamo ancora avuto -chissà se per fortuna o sfortuna- il modo di salutarci. - Da quando è diventato così? - bisbigliai. Shawn fece un passo avanti in modo da poter essere più vicini. Così vicini da far sì che le nostre spalle si sfiorassero.

- Buonasera, ragazzi! - trillò Mel con fin troppo entusiasmo, mentre le sue braccia afferrarono sia me che Shawn per stringerci in un abbraccio di gruppo fin troppo confidenziale. Durò solo qualche secondo, poi si spostò in cucina con mia madre e Sarah.

Il secondo a salutarci fu Robert. I suoi capelli si erano schiariti ancor di più dall'ultima volta. - Oh, ma quanto tempo! Siete così cresciuti! - disse, dando una pacca sulle spalle ad entrambi. Perché ci trattavano come se fossimo un'unica persona? Forse sarebbe stato maglio allontanarsi.

- Allora, com'è New York, Annie? -.

- Caotica ma bella - risposi sorridendo. L'uomo ricambiò il gesto prima di dare una pacca amichevole a Shawn sulle sue muscolose spalle. Sembrò quasi che dietro ciò vi fossero delle parole sottintese che, proprio come me, Shawn non sembrò decifrare a giudicare dalla sua espressione.

Tyler strinse la mano di Ben. Sembrava che non ci avesse nemmeno notati, ma sapevo che fosse tutto il contrario.

Si voltò, ma anche quella volta non guardò me. Infatti il suo sguardo era su Shawn. - Ehilà, Mendes! - lo salutò facendo un cenno con la testa. Shawn ricambiò con freddezza, senza proferire parola.

Stavo per sbracciarmi ed iniziare ad urlare qualcosa del tipo "Sono qui! Sono qui! Ti ricordi della tua migliore amica? Bene, sono io", ma finalmente il suo sguardo si spostò su di me.

- Ciao, Annie -. Forzai un sorriso.

- Tyler -.

Sospirai. Sarebbe stata una lunga serata.

***

Gli uomini parlavano di politica, le donne di cucina e prodotti cosmetici e la giovane coppietta si era messa in disparte già da un po'. Luke e David stavano ripassando il loro orario di partenza del giorno seguente in modo da essere organizzati. Tyler aveva passato tutto il tempo con il cellulare fra le mani, così gli unici rimasti a guardare gli altri godersi la serata eravamo io e Shawn.

Lui era seduto tra Tyler e Luke, proprio faccia faccia con me.

- Alla fine ti è piaciuto stare qui? - chiesi a David approfittando di un loro momento di silenzio. - Quasi quasi mi trasferisco - scherzò. Ridacchiai, così come Luke e Shawn di fronte a noi. - Non voglio altri rompiballe in giro per casa - risposi.

Il ragazzo dai capelli corvini aprì la bocca per ribattere, ma la voce grossa di Mr. Mendes ci interruppe. - Cosa fai di preciso, Luke? -.

Il ragazzo si raddrizzò sulla sedia. - Lavoro da qualche mese in uno studio legale - spiegò con fare diplomatico.

- E hai intenzione di metter su famiglia? - si intromise Melanie, tenendo il calice di vino nella mano destra. Un leggero rossore colorò il viso pallido di mio fratello. Qualche settimana prima del mio trasferimento aveva litigato con la sua ragazza, Gemma. Da quello che ne sapevo si erano definitivamente mollati.

- Credo che sia troppo presto ancora, preferisco fare carriera al momento -.

- Che caro ragazzo... - sospirò. Da quand'è che Melanie usava questo linguaggio smielato e quasi... Finto?
Dopo quello scambio di parole il padre di Shawn e Melanie ripresero a parlare con tutti glia altri adulti.

- Tesoro, potresti cominciare a sparecchiare? - mi chiese gentilmente mia madre. Mi alzai da tavola facendo strisciare l'elegante sedia sul pavimento. Iniziai a prendere alcuni dei piatti per portarli nella stanza affianco. Sistemai i piatti in lavastoviglie e feci per ritornare nella sala da pranzo, ma un pila di piatti sporchi tra le mani di Shawn mi costrinsero a fermarmi.

- Hai visto quello? Non si è neanche degnato di alzare lo sguardo dal cellulare - sbottai, seguendolo con lo sguardo mentre mi aggirava per posare i piatti sul piano della cucina.

Si voltò per rivolgermi uno sguardo confuso. - Che ti aspettavi? Sono passati due anni, non puoi pretendere di ritrovare tutto per come l'hai lasciato. Qui nessuno è sempre lo stesso: guarda tua madre, Kate, tutti i tuoi vecchi amici... Me - ribatté alzando le braccia a mezz'aria. Aveva assolutamente ragione.

- Questo non significa che vi siate completamente trasformati, però. E pensare che era il mio migliore amico - sbuffai, incrociando le braccia al petto. Mi appoggiai al bordo del tavolo in legno. - L'ultima volta che vi siete visti ha cercato di baciarti - continuò, facendo riaffiorare ricordi ormai chiusi nell'angolo più remoto della mia mente. Ero così sorpresa quando mi disse che tutta la storia con Karen era una falsa per farmi ingelosire e che a lui in realtà piacevo io.

- Veramente no -.

Mi allontanai dal tavolo, riportando le braccia lungo il busto. Alzò un sopracciglio con un'espressione di puro scetticismo. - L'ho visto qualche settimana ad una festa qui vicino -.

- E lui ti ha vista? - ribadì.

Scrollai le spalle. - Non credo, era ubriaco fradicio. Poi Kate mi aveva raccontato di come fosse cambiato, ma sinceramente non pensavo fino a questo punto - raccontai.

- Ragazzi, dove siete? Shawn? Annie? Portate il dolce di Sarah - strillò mia madre. - Sì, mamma, arriviamo -.

Mi spostai verso il frigo per recuperare la torta, mentre Shawn rimase alle mie spalle.

- Domani partirai anche tu per New York? - cambiò argomento. - No - dissi, afferrando la teglia.

Non udii risposta, quindi fui costretta a girarmi verso di lui. Aveva occupato la mia precedente postazione. Il fondoschiena aderente al tavolo, le braccia cinte all'altezza del petto e i piedi incrociati. - Non voglio andare a supplicare Ethan. Non voglio nemmeno che mi tratti come una bambola di pezza. Il giorno prima mi dà della puttana e quello seguente mi manda stupidi messaggini per chiedermi se sono arrabbiata - quasi urlai. Parlarne con lui faceva uno strano effetto.

- Mi dispiace - si limitò a dire.

- Non dovresti -.

- Se non ti avessi baciato, adesso sareste ancora insieme - constatò con ovvietà, staccandosi dalla base di legno del tavolo. - Non credo. Era diventato tutto difficile, litigavamo per la qualunque. Ci saremmo lasciati lo stesso. E tu non hai colpe, tranquillo. Non sei tu quello che dice di seguire il proprio istinto? - feci una piccola pausa con un sorriso sghembo, sostenendo ancora la teglia fra le mani - Il mio istinto -e non solo: Kate fa la sua parte- mi dice di lasciarlo andare -.

Detto questo uscii dalla cucina senza aspettare una sua risposta, quella conversazione era già abbastanza pesante.

Dopo cena ci spostammo tutti in salone per un amaro, o un caffè, e le chiacchiere non si fermarono nemmeno lì.

Per quella volta decisi di astenermi dall'alcol, guardando semplicemente come gli uomini gustavano il loro whisky.

Qualche minuto dopo mi ritrovai sola con Ben, Robert e il signor Mendes. Le donne si erano ritirate in cucina per prendere del buon caffè e degli altri non vedevo nemmeno l'ombra. Mi alzai dalla poltrona e mi diressi verso l'ingresso. La porta era socchiusa e le lampade del giardino accese.

Udii la voce di Luke e David, e in un secondo momento anche quella di Tyler. Stavano fumando tutti davanti alla porta, così decisi di salire nella mia camera per mandare un messaggio a Kate, consapevole che non mi avrebbe risposto a causa del fuso orario. Avevo lasciato il mio cellulare sopra il comò della mia stanza, dimenticando di portarlo con me.

Salii le scale e dalle voci che sentivo, supposi che Carter e Ashley fossero nella camera del ragazzo.

Non mi sorpresi più di tanto quando trovai Shawn dietro la porta ad origliare. - Smettila, Shawn! -.

Trasalì prima di fissarmi in attesa di qualche mia parola. - Non puoi stargli sempre dietro - lo rimproverai. Entrai nella mia stanza e recuperai il cellulare. - È solo una ragazzina e Carter è già fin troppo grande per lei - mi raggiunse.

- Ma se è solo un anno più grande di lei! -  sbottai. - Ma le sue intenzioni non sono delle migliori -.

- Geloso -.

- Chi? Io? - si mise sulle difensive - Nah -. Scossi il capo ridacchiando.

Cosa ci stava succedendo? Un giorno lo passavamo ad insultarci, l'altro a piangere, l'altro ci baciavamo e ridevamo e l'altro ancora facevamo finta di non conoscerci.

Non ero mai stata così confusa in vita mia. Avevo passato la notte precedente a sentirlo cantare piuttosto che a dormire e quella sera non avevo avuto nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia, ma dopo qualche mezz'ora eravamo già pronti ad affrontare discorsi seri per poi passare alle risate.

Ci eravamo baciati a casa dei suoi nonni dopo aver dormito insieme, ma una volta al campus ci eravamo evitati per tutta la settimana.

Se Richard non fosse morto, avrei continuato a trattare male Shawn?

Molto probabilmente sì. Le cose tristi rendono l'uomo vulnerabile. Ed io, avevo preso quella scusa per riaviccinarmi a quel ragazzo.

Ma tutto quello che ci eravamo detti quella sera sarebbe stato annullato una volta al campus? Perché era tutto così strano e confuso? Cosa eravamo? Chi ero io? Chi era Shawn? Perché il nostro rapporto era diventato così influenzabile e bipolare?

Ma soprattutto, cosa ci stava accadendo?

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