Midnight || Dramione

By Ali_di_pagine

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Dal testo: «Odio» disse Hermione «lo dici con odio. Lo stesso odio che sai mettere in ogni sillaba del mio n... More

0.0 Le lacrime di una grifona.
0.1 Hermione.
1.0 L'ultima speranza di Draco.
1.1 Passato.
2.0 Verità.
2.1 Fuoco e ghiaccio.
2.2 Fuoco e ghiaccio pt. 2
3.0 Domani.
4.0 Impossibile.
5.0 Scoperte.
5.1 Altre chance.
5.2 Come prima.
Salve.
6.0 Lo so e basta.
7.0 Incredibilmente reale.
7.1 Chiarire.
7.2 Troppe sfumature.
8.0 Complicato.
9.0 Istinto.
10.0 Lontano.
Sempre.
11.0 Scomparsa.
11.1 Ordine.
12.0 Oppugno.
12.1 Follia.
13.0 Giusto.
13.1 Peccato.
OWL AWARDS
14.1 Odio.
14.2 Intuizione.
15.0 La Regina Grifondoro.
15.1 Sono qui.
16.0 Vita.
17.0 Veleno e cura.
18.0 Un'altra persona.
18.1 Cento punti.
18.2 Buonasera, Riccioli d'Oro.
18.3 Il sapore di un'ossessione.
19.0 Chiudi gli occhi.

14.0 Sensazioni.

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By Ali_di_pagine

Spazio autrice:
Questo capitolo vi piaceraaaaà! 

***

Le faceva male la testa, e la mascella le tremava dalla rabbia. Blaise era davanti a lei che le urlava contro qualcosa, e la stava facendo sentire incredibilmente piccola e stupida e lo detestava. Ogni parola le conficcava un pugnale nel corpo, e si sentiva così arrabbiata, al limite di quanto potesse sopportare. Stringeva convulsamente la sua bacchetta in mano, undici pollici e tre quarti di legno di felce con nucleo di corda di drago. Le facevano male le dita per la forza con cui le chiudeva intorno a quel bastoncino così potente.

Stai zitto. Disse dentro di sé, ma avrebbe voluto urlarlo forte come le stava urlando lui.

«Sei una ragazzina!» le gridava Blaise.

Stai zitto.

«Usi la tua bellezza per circondarti di persone, ma la verità é che sei sola» continuò, ed un altro pugnale arrivò a sfiorarle il cuore.

Basta, stai zitto. Le tempie pulsavano, e le corde vocali le bruciavano come se avessero voluto uno sfogo. Le parole tentarono di arrampicarlesi sulle labbra, ma non ebbe ancora la forza di dirle.

«Sei riuscita ad allontanare persino Theo, gli hai spezzato il cuore e lui non se lo meritava!» Un'altra lama. Un altro grido.

Stai zitto...

«Non ti vorrà mai nessuno. Non sei nemmeno capace di ricambiare l'amore di qualcuno.»

Basta, basta... Basta.
Stai zitto.

«STAI ZITTO!» gridò Daphne, ed alzò la bacchetta in un gesto istintivo. Il volto di Blaise si pietrificò in un attimo, mentre il lampo verde scaturiva dalla sua bacchetta e lo colpiva in pieno petto.
Il ragazzo cadde davanti a lei, morto. E l'unica cosa che Daphne sentì, fu la meravigliosa bellezza del silenzio, privo delle loro urla.

Daphne si svegliò, urlando. No no no no. Si toccò le guance, stava piangendo. Sentiva un peso all'altezza del petto, ed era sconvolta dal l'incubo che aveva appena fatto.
Era solo un sogno. Era solo un sogno, tentò di convincersi. Moriva dal caldo, le lacrime bruciavano sulle sue gote e stava tremando. No. No. No.

«Daphne? Cosa succede?» Millicent si alzò sui gomiti, guardandola con gli occhi socchiusi dal sonno.
«Perché fai tutto questo baccano?» borbottò, e Daphne alzò gli occhi al cielo, consapevole di non poter essere vista.

«No, Millicent. Torna a dormire, va tutto bene» rispose e, nonostante chiunque avrebbe colto il suo tono distrutto, la sua compagna di stanza si ritirò le coperte fin sopra la testa, biascicando un "okay ma non svegliarmi ancora".

Dentro di sé sapeva benissimo che nulla di ciò che aveva sognato era reale eppure, anche quando il suo respiro sembrò esserlesi regolarizzato, non riusciva ad addormentarsi. Non ce la faccio. Doveva assicurarsi che fosse tutto nella sua testa.
Si alzò fulminea dal letto e, nella sua camicia da notte in seta e con i piedi ancora scalzi, corse fuori dalla sua stanza. Non seppe nemmeno cosa stesse facendo, mentre si dirigeva verso i dormitori maschili, ma sentiva solo un'affibbiante sensazione al petto che la implorava di correre. Davanti alla porta della camera di Liam, Theo e Blaise, prese un respiro profondo, tentando di convincersi che era ridicolo quello che stava facendo. Restò parecchi secondi lì ferma immobile, senza far alcun rumore. Stava quasi per voltarsi e tornare a letto, dandosi della ridicola ragazzina, quando il ricordo dell'incubo le ripiombò addosso, e le lacrime ricominciarono a scorrere. Merlino, non ce la faceva... Aveva bisogno di conforto, e sapeva che Theo l'avrebbe calmata di certo.

Aprì la porta silenziosamente, e sgattaiolò all'interno della stanza. Accanto a una grande finestra, c'era il letto di Blaise, mentre accanto quello di Theo e poi ancora quello di Liam. Si diresse piano verso di loro, ma ad un tratto si fermò. Vide Theo che dormiva beato a pancia all'aria, completamente scoperto dal lenzuolo, e la sua faccia era così nota e familiare, che per un secondo il suo cuore si calmò. Stava per dirigersi verso di lui, quando si rese conto che il Blaise dormiente le rivolgeva le spalle... D'un tratto in lei si fece presente un nuovo bisogno, più forte della necessità di conforto. Doveva vederlo in faccia, doveva vedere quegli occhi blu pieni di vita.

Si voltò, ed andò a sedersi sul bordo del letto di Blaise. Prese un altro profondo respiro, poi allungò la mano tremante verso la sua spalla, scuotendolo finché non si svegliò. Blaise si girò verso di lei con espressione confusa ed assonnata e, aprendo gli occhi, borbottò: «Daphne?».
La sua faccia confusa la riempì talmente di gioia, che la bionda serpeverde allungò entrambe le mani verso il volto del suo amico.

«Merlino, Blaise...» sussurrò, e il sollievo nella sua voce la fece quasi vergognare. Ma era così tranquilla, finalmente...

«Cosa ci fai qui?» le chiese ancora, stropicciandosi gli occhi. A Daphne venne quasi da ridere e sorrise: era da settimane che non si scambiavano parole cordiali che non fossero insulti e, sebbene in circostanze assurde, era felice. In quel momento, aveva bisogno del Blaise che l'aveva trovata nella soffitta di Villa Greengrass, del bambino che si era seduto accanto a lei senza una parola, che semplicemente c'era stato e che ultimamente non c'era più.

«Stai piangendo?» Blaise sembrò allarmarsi, e Daphne si rese conto, portandosi una mano alle guance, che le lacrime scorrevano di nuovo copiose sul suo volto. Blaise allungò le dita e le asciugò le lacrime in un gesto talmente intimo e tenero, talmente non da lui, che la ragazza lo abbracciò di slancio. Dopo qualche secondo di scioccata esitazione, Blaise la strinse forte, e lei sentì di essere ancorata a qualcosa di sicuro e vero, non un sogno o un pensiero. Sentì il calore e il profumo di Blaise, ne sentì la presenza, e sentì che, almeno per quella volta, non l'avrebbe giudicata. Così pianse sul suo petto e, mentre lui le accarezzava i capelli, si sorprese di quanto trovasse quel gesto rassicurante. Ad un certo punto, sempre stretta a lui e nel silenzio spezzato solo dal suo pianto, Daphne sentì che Blaise la copriva con la coperta e la faceva stendere, senza dire niente ma senza lasciarla. E, per quella che sembrava la prima volta in vita sua, Daphne non pensò a quello che sarebbe successo dopo.

-

Nello stesso momento, Draco se ne stava steso sotto le coperte verde-argento del suo letto, e fissava il vuoto con aria assente. Erano le due e un quarto, e il sonno sembrava aver ceduto il posto alla Granger, al suo profumo, alla malata ossessione che il biondo temeva essersi instaurata nel suo cervello.
Era inutile dire che non credeva a ciò che era successo quella mattina... Inutile sprecare ancora tempo a negare, anche se solo con sé stesso, che la Granger si fosse impiantata in un angolo remoto e profondo della sua mente. Era diventata un pensiero fisso, martellante e indisponente, esattamente come lei. Non riusciva a non pensare a tutte le dannatissime sensazioni che gli faceva provare e, per Salazar, gli faceva male lo stomaco ogni volta che faceva un passo indietro ed esaminava tutto il resto. Perché sì, se avesse pensato solo alle sensazioni, la Granger sarebbe sembrata un balsamo, ma poi si rendeva conto che diamine, era della Granger che si trattava. La Mezzosangue insopportabile che aveva imparato ad odiare, la stessa che aveva tentato di uccidere varie volte, anche se indirettamente. Suo padre l'avrebbe cruciato se solo avesse saputo che l'aveva toccata, e Draco non sapeva più aggrapparsi a quel pensiero conservatore che lo spingeva ad esserne disgustato.
Tempo prima si era ripromesso di seguire il suo istinto, ma questo sembrava starlo logorando pian piano, sempre più a fondo e in modo più crudele. Ogni pensiero sulla Granger, ogni ricordo di ogni singola carezza, era accompagnato dalla vecchia vergogna instaurata nella sua educazione. Accompagnato dalla certezza di un qualcosa di profondamente sbagliato dentro di sé, proprio per il fatto di desiderare l'unica cosa che avrebbe dovuto odiare.
Chiuse gli occhi tentando, per l'ennesima volta, di addormentarsi, ma davanti agli occhi si presentò solo la scena di poche ore prima, ancora e ancora... Il ricordo era così fresco sulla sua pelle, che gli sembrò di poterlo sentire ancora una volta.

Passò la lingua sul suo labbro inferiore, guidato da puro istinto. Tremava, si rese conto, ma era talmente staccato dalla realtà che nemmeno quello gli sembrò assurdo. Vedere quella cicatrice sulla pelle della Granger l'aveva davvero sconvolto, strappato al presente e catapultato con violenza nel suo incubo di qualche tempo prima. Aveva sentito tutte le orribili sensazioni del passato, e si era sentito pieno di odio alla vista di come lei avesse per sempre inciso il segno dei suoi errori sulla pelle.
L'aveva baciata non per istinto questa volta, ma per necessità. Aveva sentito come mai il bisogno di annegare nello stordimento che la Granger gli procurava, e si sentiva come se quello fosse stato il primo bacio in vita sua. Lei era così minuta e calda tra le sue braccia, e lui avrebbe potuto non fermarsi mai. Sentiva il suo profumo e questo lo stordiva, voleva andarle sempre più vicino e non riusciva a farsi bastare nessuno di quei contatti.
Sentirla ricambiare il bacio con la stessa intensità non aveva fatto che aumentare una sensazione tra il cuore e il basso ventre, un bruciore che aveva riconosciuto come desiderio.
Il silenzio era ammantato dai loro respiri, e Draco le mise una mano intorno alla nuca, attirandola di più a sé. Lei strinse le sue piccole mani intorno al suo colletto, sfilando il braccio dalla presa ferrea che a lui era venuto così naturale mantenere. Lei si spostò, arrivandogli più vicina, e mise le proprie gambe sopra le sue incrociate. Ogni dimensione di tempo o spazio sembrava essere svanita, e Draco era riuscito a mettere a tacere persino la voce nella sua testa che gli ricordava costantemente quanto tutto quello fosse sbagliato.

Sarebbe potuto restare così per ore o anni, eppure quelli che passarono gli sembrarono secondi: l'orologio di Hogwarts fece undici rintocchi acuti e uno grave, spezzando il silenzio come il loro contatto. Draco si staccò dalla Granger, restando però con la fronte appoggiata alla sua e gli occhi chiusi. Non osava parlare, eppure la tentazione fu più forte di lui: aprì gli occhi e la vide lì, così vicina, che serrava gli occhi forse nella speranza di star sognando tutto, come d'altronde avrebbe voluto lui.
Hermione si allontanò lentamente da lui tenendo gli occhi serrati. Quando li aprì, vide le pupille dilatate e nelle sue iridi un miscuglio di emozioni che lo colpì: lo guardava con un misto di senso di colpa, vergogna, stupore e confusione. Non sapeva cosa fare, lo capiva, e restava a fissarlo mentre lui sentiva un filo invisibile che lo legava a quella donna con le labbra ancora rosse e gonfie del loro bacio, socchiuse nella loro espressione greve. Si sentiva lui stesso invisibile, perché lei sembrava non guardarlo nemmeno, annegata nei pensieri.
D'un tratto anche lui si rese conto dell'enormità del casino in cui si stava cacciando, una matassa di eventi che non capiva e non sarebbe mai riuscito a sbrogliare. Si rese conto di quale linea avessero oltrepassato, entrambi, si rese conto di quanto ciò che fosse successo fosse vero e non potesse essere cancellato. In un attimo le conseguenze delle loro azioni gli si sarebbero scaraventate contro, ed era sicuro che per la Granger quello che era successo fosse incredibilmente grave. Lui non aveva molto da perdere, eppure l'abitudine del suo odio per lei era riuscita a plasmarlo: sarebbe forse cambiato tutto? Si diede dell'idiota da solo. Forse tutto era già cambiato.

-

In un'altra stanza, in un altro dormitorio, in un altro schieramento, Hermione guardava fuori dalla finestra la luna calante, e non si capacitava di quanto la sua sanità mentale stesse andando in frantumi in così poco tempo. Non importava quanto si ripetesse che tutto quello non andava bene, quando si ritrovava Malfoy vicino il suo cervello staccava la spina. Stava cominciando a pensare seriamente che dentro di lei ci fosse qualcosa di sbagliato. Non poteva fare un passo senza che Malfoy, e conseguentemente tutto il bagaglio di sensi di colpa e congetture, gli tornasse in mente. I ricordi si alternavano: prima i baci tra loro, poi tutto il resto. Tutto l'odio, tutte le lacrime, tutto il coraggio di cui aveva avuto bisogno per superare tutto. Non poteva cancellare ciò che era passato. Ma perché allora quando si ritrovava sola con lui svaniva tutto a parte le sensazioni?
Non sapeva cosa fare, ma già in quel momento non importò più. La mattina prima le tornò in mente, e come tutto era finito le sembrò uno scherzo.

Malfoy teneva la fronte contro la sua, e ad un tratto quel gesto le sembrò troppo intimo. Si allontanò lentamente tenendo gli occhi chiusi, rifiutando la realtà come le sue azioni: non poteva aver commesso ancora un errore del genere.
Sapeva di non poter restare così per sempre, eppure avrebbe così tanto voluto. Tutto pur di non affrontare ciò che aveva fatto, di nuovo.
Aprì gli occhi, e sentì dolore nel trovare la visione davanti a lei così bella. Malfoy se ne stava di fronte a lei, osservandola, come aspettando che esplodesse. Aveva i capelli scompigliati, il volto arrossato e gli occhi, tutte le sfumature delle sue iridi, accese di vita. Il colletto della camicia era stropicciato, e lì dove le sue mani avevano toccato l'accenno di barba stava velocemente svanendo il segno del suo tocco. Si torceva le mani raccolte sulle ginocchia incrociate, lì dove, fino a un secondo prima, c'erano state le sue gambe.
Le stava venendo da piangere, ogni suo pensiero era adeguatamente accompagnato dalla consapevolezza di essere sbagliato, profondamente e irreparabilmente. Lo lesse nei suoi occhi, e sentì di nuovo di essere legata a lui, come se non sapesse quando folle fosse quella sensazione.
In quel momento, vide la luce attenuarsi negli occhi di Malfoy: aveva appreso anche lui come fossero nei guai fino al collo, ambedue.

«Dovremmo...» provò a dire, ma la voce le uscì rauca. Imbarazzata, si schiarì la gola.
«Dovremmo andare a lezione» disse, e il secondo tentativo andò meglio. Almeno finché lui non rise. Continuò a ridere, in quella che sembrò una risata catartica non del tutto priva di un accenno di isteria. Fatto stava che una minima parte di lei stava per offendersi.
Si alzò, porgendole di nuovo la mano. Hermione non seppe cosa la guidasse, ma d'un tratto la diffidenza verso quell'uomo si fece di nuovo viva. Si alzò da sola, ignorando la sua mano.

«Andiamo, Granger, non puoi essere seria» disse Malfoy, e sembrò di nuovo che si facesse beffe di lei. Si spolverò la gonna e si limitò ad alzare un sopracciglio. Lui sbuffò, borbottando un «incredibile» tra i denti.

«Io sarei incredibile?!» esclamò Hermione, felice di aver qualcosa di cui lamentarsi oltre al proprio assurdo comportamento. Era già sul piede di guerra, la conosciuta e priva di sorprese guerra.

«Sì, tu» disse alzando gli occhi al cielo. Non le diede il tempo di rispondere. Girò i tacchi e le diede le spalle, e a lei non restò che seguirlo. Questa poi, Malfoy che evitava una discussione... Il mondo era sottosopra.

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