The girl who cried wolf | Tee...

Por unannosenzapioggia

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Derek Hale x Original Female Character | «Dove hai preso quella collana?» chiese, guardandola dritta negli o... Más

Wide awake or dreaming
Middle of nowhere
All falls down
Big bad wolf
Monster
Wolves without teeth
Bite my tongue
Triskele
Remember we die
Poison the well
Lead me out of the dark
Broken bones
Rusalki
Human
We must be killers
The girl who cried wolf
Black out days
Can you feel my heart
Find my way back

War of hearts

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Por unannosenzapioggia

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CAPITOLO TREDICI: WAR OF HEARTS

Mancavano dieci minuti al suono della campanella, ma sembrava che l'orologio si fosse bloccato all'improvviso, impedendole di alzarsi, uscire da quella classe e prendere una boccata d'aria. Aveva smesso di ascoltare l'insegnante di matematica ormai da un bel po' ed era sicura che se le avesse chiesto qualcosa proprio in quel preciso istante, non avrebbe saputo rispondere. Lei, Emma Grimes, che non sapeva rispondere ad una domanda e che non stava attenta in classe: incredibile. Sbattè gli occhi un paio di volte, cercando di rimanere con i piedi per terra e fissò lo sguardo su Malia, in piedi, di fronte alla lavagna, ormai alla fine della sua interrogazione. Notò che la stesse fissando come se avesse voluto mangiarla da un momento all'altro, visto che le aveva promesso qualche suggerimento, ma la sua mente aveva vagato senza sosta nei suoi pensieri e Malia aveva dovuto fare tutto da sola. Sapeva quanto fosse arrabbiata per quell'insufficienza che di sicuro avrebbe preso, ma sapeva anche che era la sua migliore amica e avrebbe trovato un modo per farsi perdonare.
«Ehi, tutto bene?» la voce di Scott, dietro di lei, le arrivò ovattata.
Erano due settimane che, puntualmente, a dieci minuti dal suono dell'ultima campanella della giornata, l'amico le rivolgeva la stessa domanda. Non poteva biasimarlo: le cose con Derek non si erano sistemate e non c'erano stati segni di arresa da nessuna delle due parti. Entrambi erano testardi, entrambi orgogliosi e non avrebbero cambiato la loro idea, per nessuna cosa al mondo. Da quello che Stiles le aveva detto, Derek era più irritabile del solito, più silenzioso e chiuso in se stesso. Non che ne fosse felice, ma lei era più o meno nelle stesse condizioni e non si sarebbe piegata a lui per nessun motivo.
Si appoggiò alla sedia, senza voltarsi, sicura che potesse sentirla «Sì, perché?»
«Hai il battito cardiaco accelerato» rispose lui, sottovoce, facendosi più vicino. Quando il professore alzò il suo sguardo omicida su di lui, il ragazzo si affrettò a ricomporsi, ma tornò all'attacco non appena l'uomo riportò i suoi occhi sconsolati sull'equazione sbagliata di Malia, scritta alla lavagna «Pensi a Derek?»
«No, certo che no» rispose Emma. Anche lei stessa potè sentire il proprio cuore alterare ancora di più il battito.
«Bugiarda» replicò lui, lasciandosi scappare una leggera risata.
Emma sbuffò e maledì per l'ennesima volta i suoi sensi ultra sviluppati. Ogni volta che uno di loro li usava contro di lei, si sentiva come se avessero potuto persino leggere e sapere cosa le passasse per la testa: talvolta, era davvero fastidioso.
Il suono assordante della campanella la riportò immediatamente alla realtà: in men che non si dica, metà classe si riversò fuori dall'aula, mentre la parte del branco che aveva seguito quella lezione ripose le proprie cose nelle cartelle e aspettò Malia.
Emma si avviò verso di lei e si piazzò di fronte al suo banco «Mi dispiace» l'amica si lasciò scappare un ringhio sommesso, mentre riponeva nello zaino l'ultimo quaderno rimasto sul banco «Dimmi come possa farmi perdonare»
Malia sorrise, poi insieme si incamminarono verso l'uscita «Tanto per cominciare, ripetizioni tutti i giorni di matematica: se non passo questa materia, mi bocceranno e...» ci pensò per un po', finchè non furono fuori dall'edificio con il primo sole di primavera che batteva sulle loro teste «Secondo, promettimi che chiamerai Derek»
Il volto di Emma cambiò espressione «E' lui quello nel torto»
Malia annuì, mentre si avviavano alla jeep di Stiles «Sì, ma devi anche capire che siamo un branco e tu e Stiles – in quanto a forza fisica – siete gli anelli deboli: lui vuole solo proteggerti»
«Lui non pensa che io faccia parte del branco» replicò secca, mentre anche Stiles ed Isaac si stavano avvicinando a loro.
«Che cosa?!» esclamò Malia «Quando ti ha detto una cosa del genere?»
«L'ultima volta che abbiamo parlato» rispose Emma «Ma forse è meglio così, almeno ho un buon motivo per chiudere»
Malia avrebbe voluto rispondere, ma era letteralmente rimasta senza parole. Era nel mondo degli uomini da poco e tra lei e Stiles, ovviamente, c'erano stati vari fraintendimenti, ma mai erano arrivati a quel punto. Aveva sempre pensato che Derek tenesse ad Emma più di qualsiasi altra cosa e persona al mondo, che si fidasse di lei, che le avrebbe messo il suo mondo tra le mani, senza battere ciglio. Ed invece, eccola lì, la conferma che ancora una volta fosse la persona più fredda e senza sentimenti che avesse mai conosciuto.
Tornò a guardare Emma, la quale stava parlando di un argomento di chimica con Isaac. Sembravano abbastanza affiatati eppure sapeva che l'amica non avrebbe mai rinunciato ad uno come Derek.
«Emma, vuoi un passaggio a casa?» le chiese allora, salendo sulla jeep di Stiles.
La ragazza sorrise ed indicò Isaac «No, mi da un passaggio lui in moto, ma grazie lo stesso»

«Vuoi entrare?» chiese al ragazzo, mentre lo guardava sfilarsi il casco e aggiustarsi i riccioli mori con una mano. Isaac sorrise e s'incamminò dietro di lei, fino alla porta d'ingresso. Avrebbe dovuto già essere in viaggio verso il loft di Derek per gli allenamenti, ma era tanto che non passava un pomeriggio a casa Grimes e sperava davvero di poter mangiare di nuovo la torta alle mele della madre di Emma. Era la più buona che avesse mai mangiato.
Sentì la chiave girare nella toppa della porta e seguì Emma all'interno della casa, fino alla cucina. Non appena varcò la soglia di quella stanza un forte e gradevole odore di mele lo colpì in pieno viso. Inspirò profondamente ed Emma sorrise.
«Vuoi una fetta di torta, Isaac?» lo prese in giro. Il ragazzo annuì e si sedette al tavolo, mentre guardava Emma aprire la credenza per prendere due piccoli piatti e poi il cassetto per il coltello e le forchette.
Alla fine, si sedette di fronte a lui e tagliò una fetta ciascuno.
Diversamente dal solito, c'era un preciso motivo secondo il quale aveva fatto entrare Isaac e gli aveva offerto una fetta di torta, che stava letteralmente divorando. L'idea le era venuta in mente quando erano usciti da scuola, almeno una mezz'ora prima.
«Posso chiederti una cosa?» parlò alla fine, dando uno sguardo alla fetta di torta ancora quasi intatta nel piatto di fronte a lei. Isaac era già alla fine del secondo pezzo.
«Certo» rispose, con la bocca piena.
«Stavo pensando...» cominciò, cercando le parole giuste «Tu sei allenato ed esperto di lotta fisica e cose del genere, quindi non è che-»
«Non ci pensare nemmeno» rispose lui, appoggiando la forchetta sul tavolo.
«Ma non sai nemmeno cosa voglio chiederti!» esclamò, spazientita Emma.
«Sì, invece» rispose lui, sorridendole divertito «Vuoi che io ti alleni, ma non lo farò»
«Perché no?»
«Primo, perché non sono abbastanza esperto di allenamenti e cose di questo tipo: potresti farti male anche solo camminando; secondo, Derek mi staccherebbe la testa a morsi»
«La tua sincerità e lealtà nei suoi confronti mi commuovono» esclamò sarcasticamente Emma, rimanendo seduta al tavolo.
«Immagino» replicò il ragazzo, ridendo. Lo guardò alzarsi dal tavolo e afferrare il casco, appoggiato sulla sedia, vicina a lui «Adesso devo andare, ho gli allenamenti»
Emma gli tirò la migliore delle sue occhiatacce e lo accompagnò alla porta. Il ragazzo le lasciò un bacio sulla guancia, facendole spuntare sul volto un sorriso tirato e si avviò alla moto, per poi partire in fretta e furia.
Rientrò dentro e si chiuse la porta alle spalle. Il pensiero di volersi allenare ed imparare qualcosa non lasciava mai la sua mente e ronzava costantemente tra i suoi pensieri: non si sarebbe fermata, finchè non avrebbe ottenuto quello che voleva. Era sicura di potersi proteggere da sola, ma aveva bisogno di qualcuno che glielo insegnasse.
Derek ed Isaac si erano rifiutati e sapeva che anche Scott avrebbe reagito allo stesso modo, così tornò in cucina, afferrò il cellulare rimasto sul tavolo, vicino alla poca torta che era avanzata dopo il passaggio di Isaac, e compose il numero di Malia.
«Mi alleni?» le chiese, non appena sentì la voce dell'amica dall'altra parte del telefono.
«Cosa?» esclamò lei.
«Derek ed Isaac non vogliono farlo» spiegò Emma «Sei l'unica che mi è rimasta! Ti prego, Malia, mi devi un favore!»
L'amica rise «In teoria, sei tu che me ne devi uno, visto che ho un'ulteriore insufficienza a scuola, ma comunque, no, non posso»
«Perché?» esclamò l'altra, lasciandosi andare su una sedia.
«Perché se solo ti facessi male o, nel migliore dei casi, avessi anche un solo graffio sul tuo corpo, Derek mi manderebbe dieci boia a casa per torturarmi ed uccidermi»
Emma, nonostante il rifiuto, scoppiò a ridere «Stai studiando storia?»
«Sì, e mi sta letteralmente scoppiando il cervello!» esclamò, esausta «Come fai a ricordarti tutte quelle date?»
Emma rise di nuovo e passò il resto del pomeriggio, con l'orecchio attaccato al telefono, per essere sicura che Malia imparasse tutte quelle nozioni.

Sapeva che ci fosse qualcosa che non andasse in quella giornata, quando – dopo il suono dell'ultima campanella – tutto l'intero branco si precipitò alla jeep di Stiles, senza nemmeno rivolgerle un saluto. Inizialmente, fu il sospetto che ci fosse qualcosa sotto a prendere il sopravvento, ma in un secondo momento arrivarono la rabbia, la frustrazione e la voglia malata di sapere cosa stesse effettivamente succedendo. Non ci pensò nemmeno due volte: scese gli scalini che dividevano l'entrata dal parcheggio, di fronte alla scuola, e si diresse a passo spedito verso di loro. Erano tutti lì, non mancava proprio nessuno. Anzi, lei era l'unica che mancasse, ma sembrava che nessuno di loro se ne fosse accorto. Erano disposti di fronte allo sportello del guidatore, quasi in cerchio, e stavano discutendo di qualcosa che doveva sembrare davvero interessante.
«Che fai?»
Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare; si voltò, fermandosi sul posto e vedendo Aiden intento a guardare nella stessa direzione in cui erano puntati anche i suoi occhi «Dio, mi hai spaventata»
Sapeva che avrebbe dovuto aver paura di lui, che avrebbe dovuto allontanarsi immediatamente o non permettergli nemmeno di rivolgerle la parola, ma la verità era che Aiden le piaceva. Diversamente da come diceva Derek, non le aveva mai torto un capello e mai si era intromesso all'interno del branco. Anzi l'unica cosa che aveva fatto per lei era stato farla uscire da quel labirinto infernale, affinchè arrivasse in ospedale sana e salva.
«A proposito» riprese la ragazza «Non ti ho ringraziato per aver aiutato me e Stiles ad uscire dalla centrale» fece una pausa «Quindi...Grazie»
«Figurati» si limitò a rispondere Aiden, abbozzando un sorriso.
Emma stava per replicare quando notò lo sguardo del ragazzo fisso sugli occhi di tutto il branco, che stava osservando i due ed era pronto a scattare, nel caso in cui Aiden si fosse anche solo mosso di un millimetro.
«E' meglio che vada» disse la ragazza «Ci vediamo, ok?»
Aiden annuì senza aggiungere altro e raggiunse il fratello, per poi sfrecciare via con la sua moto. Emma, invece, prese coraggio, respirò profondamente e decise di unirsi al gruppo per cercare di scoprire cosa stesse accadendo.
«Non devi parlare con Aiden, lo sai» fu la prima cosa che giunse alle sue orecchie, non appena li raggiunse.
«Non faccio parte del branco» sottolineò lei, con un tono alquanto scocciato «Faccio quello che voglio»
Tutti rimasero in silenzio, così Emma ne approfittò per riprendere a parlare «Cosa stavate facendo qui? Stavate scappando da me?»
«Cose del branco» rispose, in modo altrettanto scocciato, Erica. Emma le tirò una delle sue peggiori occhiatacce, ma cercò di non saltarle addosso e strapparle i capelli dalla testa. Di solito, era una ragazza simpatica, ma quando ci si metteva sapeva diventare la peggior vipera mai vista a Beacon Hills.
«Derek ci ha convocato tutti oggi» parlò alla fine Stiles «Allenamento speciale: ecco perché non ti abbiamo detto niente»
«Volevamo, però» aggiunse Malia «Visto come stanno le cose...»
Emma annuì lentamente, cercando di assorbire ogni parola: ovvio che non sapesse niente, che Derek non l'avesse nemmeno chiamata. Lei non faceva parte del branco ed era giusto che passasse il pomeriggio a studiare come qualsiasi studente di quella scuola. Avrebbe fatto sicuramente così, se non fosse stata la (quasi ex?) ragazza di un licantropo e non avesse avuto come amici un branco composto da creature sovrannaturali. Non era certo nella posizione più giusta per comportarsi come una stupida umana all'oscuro di tutto. Ed in più, voleva ancora essere allenata e l'ultima possibilità che aveva era quella di insistere ancora una volta con Derek.
«Vengo anch'io» esclamò, mentre il volto di ognuno di loro reagiva di conseguenza.
«Non credo sia una buona idea» s'intromise di nuovo Erica «Derek è già nervoso di suo, daresti solo fastidio»
Malia roteò gli occhi, infastidita, ma la evitò comunque «Sei sicura? Non so quanto sarà felice di vederti: è piuttosto arrabbiato»
«Non m'importa» rispose Emma «Me ne starò buona buona in un angolo con Stiles e vi guarderò e basta, giuro»
L'amica sospirò pesantemente: sarebbe stato un pomeriggio davvero interessante.

Si era dimenticata quanto fosse cupa e grigia la zona in cui si trovava il loft di Derek. Quel giorno il primo sole di primavera splendeva alto sopra le loro teste e si stagliava contro il cielo azzurro, eppure sembrava che in quella parte di Beacon Hills, i nuvoloni e l'aspetto tetro degli edifici spaventassero i suoi raggi, allontanandoli da lì. Inspirò profondamente, scendendo poi dalla moto di Isaac e sfilandosi il casco. Il suo cuore stava battendo talmente forte nel suo petto che pensò che sarebbe scoppiato da un momento all'altro ed era sicura che se ne fossero accorti tutti. Nonostante questo, nessuno aprì bocca per parlare e, più tesi di una corda di violino, si avviarono tutti all'interno dell'edificio.
Salirono le scale in rigoroso silenzio ed in men che non si dica, si ritrovarono tutti di fronte al portone del loft.
Isaac sentì il cuore di Emma battere in modo incredibilmente forte, pregno di ansia, rabbia, frustrazione, ma anche tristezza. Sapeva quanto le mancasse Derek, ma era una ragazza cocciuta e non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a se stessa. Guardò Malia, ferma vicino a lui, la quale gli fece intendere di aver sentito anche lei il cuore di Emma, ma che fosse meglio non dir niente. Alla fine, era una cosa che solo loro due potevano risolvere.
Quando sentì il chiavistello muoversi dietro la porta, Emma trattenne il fiato: aveva così paura di rivederlo. Aveva paura che la cacciasse, che non volesse nemmeno rivederla, che la odiasse. Ma quando il portone si spostò e la figura di Derek apparve intera di fronte ai suoi occhi, tutto ciò che riuscì a vedere fu un'espressione sorpresa. Era sempre lo stesso, eppure sembrava diverso: i lineamenti più marcati, gli occhi sempre verdi e brillanti, ma leggermente infossati, lievemente più muscoloso nel corpo e con un'espressione di costante irritazione stampata sul volto. Per un momento, pensò che fosse stata davvero una cattiva idea presentarsi lì, ma ormai era troppo tardi.
Nessuno dei due, comunque, disse niente: Derek si spostò su un lato per lasciare che l'intero gruppo entrasse e poi, lentamente, prendendo tempo, chiuse la porta. Erano due settimane che non vedeva Emma: sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, che avrebbero dovuto affrontare la situazione, ma lui non si sentiva pronto. Era ancora arrabbiato, aveva bisogno di sbollire tutta la frustrazione che aveva in corpo. Ma non in quel momento, non nel suo loft. Gli era mancata, ovviamente, ma c'era qualcosa che ancora lo frenava dall'andare da lei e dirgli che gli dispiaceva.
Così, mantenne la sua faccia da duro e fece finta di niente.
Si voltò verso il branco e si avviò verso di loro, per spiegare in cosa consistesse l'allenamento del giorno: guardò con occhi indifferenti Stiles tornare dalla cucina con un bicchier d'acqua, che poi abbandonò, ancora pieno, sul grande tavolo di legno, perché troppo interessato a quello che lui stava per dire.
Nella stanza c'era silenzio: nessuno del branco si azzardava a proferire parola. Derek sapeva perché lo stessero facendo e gli dispiaceva, ma non fece nulla per cambiare la situazione. Cercò varie volte di riordinare le idee in testa e cominciare a parlare, ma ogni volta il suo sguardo ricadeva su Emma e finiva per dimenticare qualsiasi cosa.
«Perché sei venuta?» chiese alla fine, dando voce ai suoi pensieri.
Emma alzò un sopracciglio, assumendo un'aria superiore, con l'intento preciso di infastidirlo «Voglio assistere all'allenamento» rispose «Che c'è? Adesso sono troppo debole anche per guardare?»
Derek fece un passò verso di lei: odiava quel tono «Vuoi vedere com'è un vero allenamento?»
«In realtà, vorrei prenderne parte, ma sai com'è... Non faccio parte del branco» replicò lei.
Il ragazzo chiuse gli occhi per un momento, cercando di recuperare la calma. Era solo Emma, poteva farcela. Gli dava davvero fastidio che dicesse di non far parte del branco, soprattutto perché lui non aveva mai affermato una cosa del genere. Se c'era qualcosa che non sapeva fare per niente, era convincere le persone delle sue parole, idee, pensieri – anche quando rimanevano intrappolati nella sua mente e solo lui ne era a conoscenza.
Quando sentì di essersi tranquillizzato, lì riaprì e la guardò «Non  hai risposto alla mia domanda»
Emma fece un passo verso di lui «, voglio vedere com'è un vero allenamento»
«Inizia a correre» affermò allora Derek, serio.
«Cosa?» esclamò Emma confusa.
«Vuoi allenarti?» chiese lui, retoricamente. Le avrebbe dato quello che voleva solo per dimostrarle che non sarebbe mai stata in grado di fronteggiare un lupo mannaro o qualsiasi altra creatura sovrannaturale «Corri. Se ti prendo, ho vinto io»
«Derek, non credo sia una-» s'intromise Stiles.
«Zitto tu» rispose Derek, senza staccare gli occhi da Emma «Allora?»
«Non è giusto» replicò lei «Sono troppo lenta per te»
Lui sorrise soddisfatto «Non eri tu quella che voleva "proteggere se stessa senza l'aiuto di nessuno"? Forse mi sono sbagliato» disse, cercando di provocarla.
Emma ispirò profondamente e guardò Malia, al suo fianco. Nessuno aveva osato parlare – ad eccezione di Stiles. L'amica accennò un sorriso di incoraggiamento perché sapeva che ormai Derek non sarebbe mai tornato sui suoi passi. Aveva deciso che le avrebbe dimostrato veramente come si allenano i licantropi, a ridosso di un combattimento, e, conoscendo la sua testardaggine, non avrebbe rinunciato a quello spettacolo per nessuna cosa al mondo.
Emma ricambiò con un'occhiata carica d'ansia – Malia poteva sentirlo benissimo – e si incamminò al centro della stanza, sotto gli occhi di tutti. Derek la seguì e quando la ragazza alzò gli occhi su di lui, si ritrovò di fronte ad un licantropo vero e proprio: gli occhi blu scintillavano come il ghiaccio sotto il sole, le zanne e gli artigli si erano allungati e sembravano più affilati del solito. Non che avesse avuto molte altre occasioni per poter fare un confronto, ma quel giorno, sembrava che aspettassero solo lei e la sua pelle candida e morbida. Fu in quel preciso momento che, per la prima volta, si accorse di aver paura. Paura di Derek Hale.
Anche lui se ne rese conto e per un momento, gli balenò in mente l'idea di mettere fine a tutta quella messinscena e discutere della cosa come due adulti maturi e civili. Sentire quanta paura Emma avesse di lui in quel momento lo feriva terribilmente, ma era più importante farle capire che avesse bisogno di lui – oltre che di se stessa – per potersi difendere.
«Allora? Non corri?» ruppe il silenzio.
Emma ispirò profondamente e si voltò nella direzione opposta a Derek, cominciando a correre. Il licantropo le lasciò qualche secondo di vantaggio per potersi allontanare il più possibile da lui. Poi, all'improvviso, scattò verso di lei e in pochi istanti riuscì a raggiungerla e a bloccarla contro la parete. Oltre al battito del cuore di Emma che sembrava impazzito, il ragazzo poteva sentire anche quello del resto del gruppo. Tutti trasudavano ansia e preoccupazione.
Riportò la sua attenzione su Emma, intrappolata tra la parete ed il suo corpo, che si dimenava in qualsiasi modo possibile, per riuscire a liberarsi. Derek fece brillare ancora di più i suoi occhi, mostrando le zanne affilate e stringendo la presa sui suoi fianchi. Non le avrebbe fatto del male, questo lo sapeva. I suoi artigli ormai avevano rovinato la maglietta della ragazza, e adesso poteva benissimo sentirli sfiorare la sua pelle morbida, ma mai e poi ma si sarebbe spinto oltre. Lo sguardo di Emma era carico di paura e rabbia: si sentiva bloccata da qualcosa che non avrebbe mai sconfitto e per un momento, le tornarono in mente la centrale elettrica, il suo massacratore e tutte le ferite che aveva riportato. La presa di Derek si stava facendo sempre più stretta, sentiva gli artigli bucarle la pelle. Il suo volto era troppo vicino e sembrava che le zanne volessero morderla da un momento all'altro. Ogni movimento era inutile.
«Cerca di liberarti!» la spronò Derek, nonostante la sua voce uscisse più come un ringhio che come un insieme di parole.
«Derek, lasciala!» scattò a quel punto Isaac, vedendo che Emma non riuscisse in nessun modo a liberarsi dalla sua stretta, ma Scott lo fermò prima che saltasse su Derek e gli facesse seriamente del male.
Il lupo non si accorse nemmeno di quella dinamica, tanto era concentrato sul volto della ragazza, contratto dalla paura, dalla rabbia e probabilmente dalla rassegnazione.
Emma aveva capito: Derek aveva ragione, non sarebbe mai stata in grado di proteggersi da sola, di poter perlomeno scappare a gambe levate da un licantropo, perché questo sarebbe sempre riuscito a prenderla.
Le mancava l'aria, il suo corpo era scosso da tremori forti e le immagini della centrale elettrica si susseguivano sempre più veloci e vivide tra i suoi pensieri, ammassandosi nella sua mente. Anche le parole di Derek – adesso, solo di incoraggiamento – le arrivavano ovattate. Aveva la vista annebbiata e sentiva dentro di sé talmente tanta ansia e paura che pensò le si fosse formato un masso pesante al centro del petto, che le impediva di respirare. Doveva liberarsi, doveva almeno dimostrare di saper scappare da un essere sovrannaturale.
Decise di provarci per l'ultima volta, poi avrebbe abbassato la guardia e ammesso che Derek aveva avuto ragione su tutto. La sua presa le toglieva sempre di più l'aria nei polmoni e il suo sguardo blu che trafiggeva i suoi occhi stava seriamente cominciando a darle fastidio. Non poteva sopportarlo.
Così strinse gli occhi, chiudendoli, fino a che ogni forma di luce non scomparve, lasciandola immersa nel buio più totale. Sentì dentro di sé un vortice caldo salire dal petto fino al cervello e per qualche secondo tutto il suo corpo bruciò. Le sue mani si mossero da sole, per quel poco che potevano, in una direzione a lei sconosciuta.
Solo quando sentì un forte gemito di dolore, provenire dallo spazio intorno a lei, aprì gli occhi di scatto e la prima cosa che vide fu un lungo serpente d'acqua che nasceva piccolo dal bicchiere appoggiato sul tavolo e diventava più grande mano a mano che si allontanava e si attorcigliava intorno al corpo di Isaac. Dall'acqua si sollevava del fumo e capì che fosse vapore bollente, quando il ragazzo cominciò a lamentarsi di quanto bruciasse e ad urlare forte dal dolore.
«Che diavolo è?!» la voce impaurita di Stiles fece eco nell'enorme loft. Il resto del branco tentò di aiutare Isaac, ma era impossibile, visto il calore.
Il viso di Derek lasciò immediatamente Emma, per voltarsi verso il beta. Lo vide contorcersi a terra, mentre il serpente d'acqua continuava a stringerlo fino a togliergli la capacità di respirare. Lo stava letteralmente bruciando.
Per qualche secondo, non ebbe la minima idea di quello che stesse succedendo, ma soprattutto da dove provenisse quel serpente d'acqua, ma solo quando tornò a fissare lo sguardo di Emma si rese conto della situazione.
Gli occhi della ragazza sembrava più luminosi del solito, ma la cosa che lo colpì maggiormente fu che fossero fissi ed immobili, come ipnotizzati, sulla figura di Isaac ormai quasi senza sensi, distesa malamente a terra. Derek era confuso, non riusciva a capire: se davvero era stata tutta opera sua, come mai lui non si era mai accorto di una cosa del genere? Eppure aveva sempre pensato che fosse un'umana al cento per cento. Dall'altra parte, però, cercò di consolarsi, ripetendosi che non poteva essere frutto della sua mente, che doveva esserci per forza una spiegazione a tutto quello che stava accadendo.
Guardò di nuovo Isaac, per poi tornare su Emma «Smettila! Fallo smettere!» esclamò, finalmente lasciando la presa e facendola cadere a terra inerme.
Emma si raggomitolò contro la parete, senza che i suoi occhi lasciassero il serpente d'acqua. Nemmeno lei sapeva se fosse tutta opera sua, ma comunque non riusciva a guardare altrove. Era ipnotizzata, attirata dall'acqua e dal vapore come se fosse stata una calamita.
«Smettila!» urlò di nuovo Derek, abbassandosi per essere alla sua altezza, in modo che non potesse vedere ciò che aveva di fronte «Basta, Emma!»
La ragazza chiuse di scatto gli occhi e il serpente d'acqua si disintegrò riversandosi in una pozzanghera tiepida, intorno ad Isaac, che riprese lentamente fiato e si mise seduto.
Quando li riaprì, tutti la stavano fissando: i suoi migliori amici avevano un'espressione sorpresa, ma anche impaurita, stampata sul volto, mentre Derek sembrava quasi disgustato. Non tanto per quello che era accaduto, quanto per il fatto che probabilmente Emma gli aveva mentito sulla sua vera identità e lui nemmeno se n'era reso conto. Era stata davvero brava.
Nessuno, però, disse niente: Isaac non la guardò nemmeno, Stiles e Malia fecero per avvicinarsi a lei, ma un'occhiata gelida da parte di Derek li bloccò entrambi sul posto.
Emma si guardò intorno e sperò che potessero perdonarla, che Derek ed Isaac potessero perdonarla per quello che aveva fatto. Non ebbe il tempo di far qualcosa o dire almeno una parola, che la mano calda del ragazzo si chiuse malamente intorno al suo braccio e la tirò bruscamente, facendo in modo che si alzasse in piedi. Sentiva le gambe molli, che tremavano e aveva paura di non riuscire nemmeno a camminare. Si sentiva incredibilmente debole.
Derek la guardò un'ultima volta, poi si voltò, dirigendosi verso la porta del loft, e dopo un veloce «Vieni con me, voi restate qui» la trascinò fuori, senza nemmeno dirle dove stessero andando.

—————

a/n: salve lupetti :-)
Ancora una volta sono tremendamente in ritardo e mi dispiace un sacco per questo: ho avuto vari impegni - tra cui studio ed esami - e non è stato per niente facile trovare un momento libero per scrivere! So che è davvero brutto far aspettare i lettori, ma dovete avere pazienza con un tipo incostante come me negli aggiornamenti! Scusatemi di nuovo!

Comunque, veniamo al capitolo: allora, tanto per cominciare, a me fa schifo, nel senso che non mi piace per niente come l'ho scritto. La parte finale, soprattutto, avrei dovuto spiegarla meglio, invece mi sembra che sia venuto fuori un aggroviglio di cose e non si capisce niente... Vabbè, questo è quello che passa il convento per questa volta!

Questo capitolo, però, è uno dei miei preferiti per via di questo grandissimo colpo di scena - di cui vi avevo avvisato. Da quello che si capisce, SEMBRA che Emma non sia così umana come si credeva, ma chissà se è stata davvero lei a scatenare il serpente d'acqua oppure no! Il fatto, comunque, di lasciarvi con il dubbio è voluto: infatti saprete tutto nel prossimo capitolo (sì, lo so che mi odiate! Mi odio anch'io per queste cose lol)

I miei Demma poi tutti arrabbiati e tristi mi son piaciuti ancora di più: sono ancora più shippabili quando non si parlano e non fanno i dolci, vero? In ogni caso, rimangono i miei bellissimi bambini ed io li shippo sempre e comunque!

Per concludere, volevo ringraziarvi per le +9.8k (siamo quasi a 10k, non posso davvero crederci!!), le +600 stelline e i +100 commenti (!!!!!!!!!!!): grazie grazie grazie! Non avete idea di quanto mi faccia piacere. Tengo tantissimo a questa storia, per me è davvero una gioia scriverla e vedere quanto venga apprezzata mi rende davvero felice. Quindi, grazie mille di nuovo (anche se non mi sembra mai abbastanza) :-)

Ok, direi che vi ho disturbato abbastanza, quindi vi lascio e vi aspetto al prossimo capitolo, dove se ne vedranno delle belle! Spero che questo, comunque, vi sia piaciuto!

un bacio, Giulia

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