The girl who cried wolf | Tee...

By unannosenzapioggia

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Derek Hale x Original Female Character | «Dove hai preso quella collana?» chiese, guardandola dritta negli o... More

Wide awake or dreaming
Middle of nowhere
All falls down
Big bad wolf
Monster
Wolves without teeth
Triskele
Remember we die
Poison the well
Lead me out of the dark
Broken bones
War of hearts
Rusalki
Human
We must be killers
The girl who cried wolf
Black out days
Can you feel my heart
Find my way back

Bite my tongue

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By unannosenzapioggia

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CAPITOLO SETTE: BITE MY TONGUE

«... Il primo ordine esecutivo, emanato il 22 Settembre 1862, decretava la liberazione di tutti gli schiavi dai territori...»
Distolse l'attenzione dalla figura dell'insegnante, che stava spiegando nuovamente un argomento già studiato e guardò fuori dalla finestra. Il cielo era ricoperto da nuvole grandi e grigie, quasi nere, che promettevano pioggia da un momento all'altro. Alcuni uccelli neri, forse corvi, attraversavano l'aria con le loro ali dinamiche, come se si annoiassero e non avessero nient'altro da fare. Riportò lo sguardo sul suo quaderno aperto: la penna blu era appoggiata sulla pagina mezza bianca, l'astuccio malamente aperto era posto in cima al banco e lei teneva le sue mani in grembo, senza nessunissima intenzione di prendere nuovi appunti. Non aveva la concentrazione adatta da alcuni giorni ormai: la sua mente viaggiava alla velocità della luce e l'unica cosa che aveva in testa era Derek. In quei giorni non si erano più sentiti, un po' perché aveva avuto impegni con la scuola, un po' perché erano diminuite anche le occasioni di incontro per la sospensione degli allenamenti. Esistevano i telefoni cellulari, ma Derek non si era mai fatto sentire. Aveva paura che fosse arrabbiato con lei: dopotutto, da quando era arrivata, aveva portato solo scompiglio nella sua vita. Deucalion era il problema e il pericolo maggiore a cui aveva sottoposto il ragazzo e quindi capiva se non avesse voluto più avere a che fare con lei. Oppure se non l'avesse chiamata perché si fosse semplicemente stancato di frequentarla.
«Qual è il problema?» sussurrò Malia, dal banco di fronte al suo.
Ripiombò nella realtà e si mosse sulla sedia, avvicinandosi a lei «Cosa?»
«Il tuo cuore sta esplodendo» rispose l'amica, voltandosi indietro e guardandola «E posso quasi sentire le rotelle del tuo cervello muoversi freneticamente, che c'è?»
«Non c'è niente»
«Bugiarda» rispose un'altra voce, proveniente dal banco alla sua destra.
Si voltò verso Stiles e lo guardò mentre la fissava con una mano sospesa in aria senza particolare motivo e la penna incastrata tra le labbra.
«Non sento Derek da qualche giorno» sbuffò, giocherellando con l'angolo della pagina del libro «Ma non è una cosa importante»
Malia la guardò accennando un sorriso e prima ancora che potesse replicare, la professoressa richiamò la sua attenzione «Tate, può dirci gentilmente chi ha promulgato il Proclama di Emancipazione nel 1863?»
La bionda annuì, rimanendo in silenzio. Era ovvio che non conoscesse la risposta, così si infilò l'evidenziatore in bocca ed aprì il libro alla ricerca di un nome, sotto lo sguardo attonito dell'insegnante. Non trovando niente, guardò prima Stiles in cerca d'aiuto, ma lo trovò a ridere come un idiota per una cosa che gli aveva appena detto Scott, così Emma si protese in avanti, avvicinandosi alla testa dell'amica, cercando di non farsi vedere dall'insegnante «Abraham Lincoln» sussurrò.
Malia ripetè sicura la risposta e l'insegnante sorrise compiaciuta «Grazie per la risposta, signorina Grimes»
L'intera classe scoppiò a ridere, mentre Emma arrossiva di vergogna per esser stata scoperta e Malia scuoteva la testa, lievemente divertita.

«Vuoi un passaggio fin da Derek?»
Stiles apparve al suo fianco, mentre, dopo l'ultimo suono della campanella, si avviavano all'uscita. Il ragazzo era sorridente e felice di uscire finalmente da quel posto infernale. Strinse le mani intorno alle bretelle del suo zaino e continuò a camminare.
«Non ho in programma di andare da lui oggi»
«Ma vorresti»
«Stiles, per favore» sbuffò.
Il ragazzo la ignorò completamente: sapeva che non avessero litigato e nemmeno che ci fossero problemi di altro tipo, ma Emma era una sua amica e vederla per giorni con un'espressione pensierosa stampata sul volto non era stato bello. Non c'erano molte occasioni per cui essere felici, nonostante fossero adolescenti in piena crescita e dovessero pensare solo a divertirsi, quindi non voleva proprio che fosse triste soltanto per – ne era sicurissimo – uno stupido malinteso. L'afferrò goffamente per un braccio e la trascinò verso la sua jeep azzurra, ignorando completamente le sue lamentele.
Gemette per la disperazione e l'impulsività dell'amico per tutto il viaggio e alzò il dito medio verso di lui, quando la scese di fronte al loft di Derek.
«Me ne torno a casa» disse, sporgendosi dal finestrino e arricciando le labbra per mandarle un bacio volante. Emma chiuse gli occhi e scosse la testa: aveva ragione Derek, era davvero fastidioso «Tanto non credo che tu abbia bisogno di me»
La ragazza nemmeno lo ascoltò: lo sentì sgommare via e rimase sola di fronte a quell'edificio che tanto la terrorizzava. Anzi, tutto il quartiere, in realtà, le faceva venire voglia di scappare a gambe levate.
Sospirò, cercando di calmarsi e si avviò al suo interno. Non c'era motivo di essere nervosi: era stata lì molte volte e conosceva bene Derek, quindi perché doveva tremare come una foglia e sentire il cuore in gola? Forse aveva paura. Paura che fosse arrabbiato e che la buttasse fuori di casa con la stessa velocità con cui era entrata.
Scosse la testa, dandosi mentalmente della stupida, e si avviò all'interno: trovò il portone principale aperto, così salì le scale fino a trovarsi di fronte alla tana del lupo. Alzò la mano per bussare, ma la porta si aprì senza che lei avesse fatto niente e si ritrovò di fronte ad un Derek piuttosto sorpreso.
«Hey» disse, imbarazzata.
Lui si spostò lasciandola entrare, senza liberarsi di quell'espressione confusa che aveva stampata sul volto «Non dovresti essere a scuola?»
«Siamo usciti un'ora prima»
«Ah» rispose soltanto, poi si sforzò di dire qualcos'altro «C'è qualche problema? E' successo qualcosa?»
Emma scosse la testa guardandosi attorno per un po', per poi tornare a fissare il ragazzo di fronte a sè. Indossava una canotta grigia che li fasciava perfettamente il petto, pregna di sudore. Sicuramente si stava allenando. Aveva un paio di pantaloni, anch'essi stretti, ed era scalzo. Stava in piedi di fronte a lei e la guardava come se si aspettasse qualcosa. Si pentì immediatamente di essere lì, forse avrebbe dovuto lasciare che le cose facessero il loro corso. Eppure sembrava che tutto stesse andando bene: stavano ancora provando, ma avevano trovato un equilibrio tutto loro, fatto di un misto di curiosità ripagata e mistero ancora incompreso. Si passò una mano dietro il collo, massaggiandoselo lievemente, fece poi ricadere il braccio lungo il fianco e lo guardò negli occhi.
«Sei arrabbiato con me?»
La sua voce rimbombò in quella stanza così grande e vuota, eppure già piena di bei ricordi vissuti insieme. Derek la sentì arrivare alla sua mente, ma anche al suo cuore e la sua confusione aumentò. Arrabbiato? Con lei? Gli venne quasi da sorridere per la ridicolezza della situazione. Lei avrebbe dovuto essere quella arrabbiata con lui, soprattutto dopo averle raccontato ciò che aveva fatto a Paige.
«No» rispose quindi lentamente, cercando di intuire la sua reazione.
La bocca della ragazza si aprì in una o muta, piena di sorpresa. Si era aspettata qualsiasi risposta: da un semplice ad un insulto vero e proprio, ma non si era certo preparata a questo.
«Perché pensi che debba essere arrabbiato con te?» continuò il ragazzo, facendo un passo verso di lei e intrappolandola tra il suo corpo e la piccola colonna che era sulla parte destra della stanza.
«Per quello che è successo con Deucalion: Isaac e Aiden stavano per sbranarsi e-» iniziò «Insomma, vi sto mettendo in pericolo»
«Ne ho viste di peggio» rispose allora il ragazzo, accennando un sorriso di conforto «Piuttosto, tu sei arrabbiata con me?»
«Che?»
«Sì, sai... Per la storia di Paige»
Emma lasciò cadere all'indietro la testa e una risatina divertita lasciò la sua bocca, mentre Derek continuava a fissarla senza capire cosa stesse succedendo. La ragazza tornò seria e lo guardò di nuovo «Ti ho già detto che non ha importanza»
Se fosse stata un'altra persona a dargli una risposta del genere si sarebbe infuriato. Ma aveva Emma di fronte e non gli era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di arrabbiarsi. L'ultima cosa che voleva era farla soffrire, farle del male; l'ultima cosa che voleva era vederla distrutta ed in pericolo per uno come lui. Era questo in parte il motivo per cui non l'avesse mai chiamata in quei giorni: gli piaceva, di questo ne era sicuro, ma avrebbe fatto del bene ad entrambi se l'avesse allontanata il più possibile da lui e dalla sua vita. Era difficile, perché Emma gli stava facendo provare sentimenti che aveva pensato di non essere più in grado di possedere ed usare, ma la cosa che contava era allontanarla da lui per proteggerla.
«E invece sì!» esclamò alla fine. Emma cercò di fare un passo indietro colta di sorpresa, ma la colonna glielo impedì «Perché non riesci a vederlo? Ho ucciso un'innocente e non mi meraviglierei se uccidessi qualcun altro! Sono un mostro e non mi merito questo. Faccio del male agli altri, metto sempre tutti in pericolo: sono stanco di questa situazione, sono stanco di dover proteggere sempre tutti da me stesso, tu compresa. Non ce la faccio più»
Deglutì a fatica, cercando di rimandare indietro le lacrime. Aveva finalmente capito cosa provasse Derek, ma a sua volta non voleva rinunciare a lui. Sapeva di essere egoista, sapeva che lo avrebbe quindi obbligato a tenerla lontana da qualsiasi tipo di pericolo, ma quello che c'era tra loro avrebbe fatto del bene entrambi. Poteva essere anche un mostro, ma non si meritava di rimanere da solo come un cane per tutta la vita.
«Tu dovresti aver paura di me» riprese, visto che lei non aveva aperto bocca «Dovresti vivere la tua vita e stare lontana da questo posto, perché quelli come noi portano solo guai»
Ancora una volta non replicò, anzi lo guardò per secondi che sembrarono interminabili per poi superarlo e avviarsi verso l'uscita, dopo aver recuperato la borsa. Si sentiva delusa, sconfitta. Aveva pensato che potesse davvero esserci qualcosa di buono e sincero tra di loro, ma non era così.
Scosse la testa e decise di lasciar perdere: si avviò a passo spedito alla porta, ma si fermò di scatto quando fu sulla soglia.
«Sai di cosa ho veramente paura?» Si voltò di scatto, guardandolo con gli occhi lucidi; scese i tre scalini e si avviò lentamente verso di lui. Derek rimase fermo, senza aprir bocca o muovere un muscolo «Ho paura quando mi guardi dalla parte opposta della stanza e non mi parli; quando non so cosa ti passi per la testa; quando sparisci per giorni e pretendi che non mi preoccupi, quando non rispondi alle mie chiamate, quando penso che potresti essere da qualche parte disteso a terra e sanguinante. Ho paura quando penso a quello che provo per te, a quanto tu mi faccia star bene: quando ci penso e mi sento il cuore in gola. Di questo ho paura, Derek, ma non di te»
Il ragazzo rimase per un attimo completamente immobilizzato da quelle parole sincere, uscite come un uragano dalla bocca di Emma. Era sorpreso, stupito, forse anche confuso. Nessuno gli aveva mai parlato così. Nessuno si era mai preoccupato per lui, visto che non aveva mai avuto nessuno che lo amasse e su cui fare affidamento. Ma adesso l'aveva trovato e non era un altro lupo, un amico, o magari un Alpha, come aveva sempre pensato, ma una ragazzina di diciassette anni, che adesso era in piedi di fronte a lui incredula delle sue stesse parole. Così fu costretto a fermarsi un momento, a riflettere: se quello che aveva appena detto fosse vero, se da quelle parole traboccassero i veri sentimenti di Emma, cosa avrebbe dovuto fare? Sentiva uno sfrenato desiderio di parlare, di dire qualcosa, di esprimere i suoi sentimenti, perché ne aveva parecchi per lei, ma qualsiasi cosa pensasse non era abbastanza esatta, precisa, vera in confronto a quello che lei aveva appena detto. Si guardarono per secondi interminabili, vogliosi entrambi che l'altro dicesse qualcosa e rompesse quel silenzio, ma non accadde. Emma voleva scappare e nascondersi da qualche parte, tanto era l'imbarazzo per i pensieri a cui aveva dato voce. Non c'aveva pensato: erano venuti fuori contro il suo volere, ma erano esattamente ciò che stesse provando per Derek. Aveva capito da tempo di avere sentimenti per lui, ma solo in quel momento diventarono concreti e reali. Diventarono parte di ciò che entrambi, insieme, stavano costruendo. Diventarono le fondamenta. Non si aspettò che Derek facesse lo stesso: non era bravo con le parole e probabilmente ancora non era il momento giusto per lui per aprirsi completamente, ma sapeva che sotto quei muscoli e quella corazza dura ed impenetrabile ci fosse un ragazzo normalissimo con sentimenti umani.
«Ti porto a casa» la voce roca del ragazzo la riportò alla realtà, distogliendola dai pensieri. Lo guardò afferrare la giacca e le chiavi dell'auto, mentre un sorrisino di pura e vera felicità si formava sul suo volto. Notò che cercasse di nasconderlo a tutti i costi, e questo la fece sorridere a sua volta. Forse non era troppo tardi.

L'acqua cadeva fitta: come aveva predetto quella mattina, guardando il cielo grigio fuori dalla finestra della propria classe, stava piovendo a dirotto. Era ancora seduta nella sua auto e aspettava il momento giusto per scendere. Entrambi sapevano che fosse una bugia. Osservò le goccioline d'acqua rincorrersi sul finestrino e il vetro appannarsi leggermente per via del riscaldamento acceso all'interno del mezzo. Voleva scendere, ma non ci riusciva. Da una parte voleva sapere disperatamente cosa pensasse Derek di ciò che aveva detto minuti prima nel suo loft, dall'altra parte l'idea di rimanere sola in casa, come ogni pomeriggio, per studiare in attesa che tornasse sua madre non l'allettava per niente.
«Vuoi entrare?» disse alla fine, voltandosi verso di lui. Era imbarazzata, perché quella frase significava tutto e niente e nascondeva altrettanti significati. Il ragazzo la guardò piacevolmente sorpreso, ma non ebbe il tempo di rispondere «I miei non ci sono, tornano più tardi»
Annuì e gli venne spontaneo. Non sapeva cosa aspettarsi, ma accettò comunque. Nessuno dei due aveva un ombrello, così scesero dall'auto e corsero fin sotto il portico della casa della ragazza. Aprì velocemente ed entrarono, colpiti in pieno dal confortevole torpore che sempre la caratterizzava. Derek si sentiva un pesce fuor d'acqua: non era abituato ad andare a casa degli altri e quando l'atmosfera accogliente di quell'edificio lo colpì in pieno petto si senti a disagio. Eseguì meccanicamente gli stessi movimenti di Emma e la seguì in giro per la casa, per paura di perdersi.
Ma quando sentì le sue dita intrecciarsi a quelle della ragazza, mentre lo trascinava su per le scale, si rilassò completamente. Capì che fosse solo il posto a renderlo insicuro, ad imbarazzarlo e sapeva che forse sarebbe sempre stato così, ma finchè fosse stato con lei si sarebbe sentito libero. Si rese conto in quel momento, mentre entravano in camera della ragazza, che per quanto fosse scappato, per quanto avrebbe corso, per quanto avesse continuato a tenere eretta quella torre di mattoni che aveva costruito intorno a sé, ogni volta che l'avrebbe guardata o solo pensata si sarebbe sentito a casa.
Rimase fermo sulla soglia della porta, mentre Emma gettava malamente lo zaino a terra e lo apriva tirando fuori qualche libro. Appoggiò il tutto sul letto e guardò Derek, invitandolo finalmente ad entrare.
«Prima però, potresti-? Potresti voltarti?» gli chiese arrossendo «Devo cambiarmi»
L'espressione del ragazzo passò da confusa a consapevole, per poi dar vita ad un piccolo sorrisetto sornione. La guardò un'ultima volta, sperando che cambiasse idea e poi si voltò puntando gli occhi sulla scrivania su cui torreggiava un computer ed un porta penne colorato.
Emma si cambiò velocemente: sfilò il maglioncino, poi il reggiseno e infilò una vecchia felpa di suo padre tirando su la cerniera; fece lo stesso con i jeans, indossando poi gli shorts del pigiama. Infine tolse la collana di sua madre, chiudendola con premura nel primo cassetto del suo comodino.
«Ho fatto, puoi voltarti» disse in un sussurro, mentre si legava i capelli in una coda improvvisata. Quando alzò lo sguardo ed incontrò quello di Derek non potè far altro che arrossire fino alla punta delle orecchie: i suoi occhi la scrutarono attentamente dalla testa ai piedi, soffermandosi in particolare sulle sue gambe nude. Quegli occhi la stavano letteralmente bruciando, ma non riusciva a muoversi, a liberarsi di loro.
«Devi studiare?» parlò alla fine il ragazzo, indicando con un gesto veloce i libri. Non aveva nessunissima voglia di starsene seduto a fissarla mentre leggeva uno stupido libro. Voleva baciarla, perché le mancava da morire e voleva sentire il suo cuore battere, anzi esplodere, nel petto.
«Posso farlo più tardi» rispose.
«Speravo tu lo dicessi» disse, facendo un passo o due verso di lei. Le prese delicatamente il viso tra le mani e avvicinò le labbra a quelle di Emma. La ragazza non aspettò ulteriormente e intensificò il bacio, cercando un appiglio nel corpo statuario di Derek. Non trovando niente, indietreggiò finchè le sue gambe non toccarono il bordo del letto: il ragazzo la seguì lentamente, senza mai far staccare le loro labbra e si ritrovarono malamente sdraiati l'uno sopra l'altro.
Quando la bocca di Derek lasciò la sua, gemette in disapprovazione, facendolo ridere ma quando la sentì scendere lungo la sua mascella fino al collo, fu costretta a mordersi il labbro inferiore per evitare di approvare in modo troppo evidente. Le labbra del ragazzo le lasciavano dei baci dolci sul collo che la facevano rabbrividire e lui si rese conto di quanto forte battesse il suo cuore e di come reagisse il suo corpo ogni volta che le sue labbra le sfioravano la pelle. Forse anche il suo cuore stava per esplodere e anche lui si ritrovò a scoprire delle sensazioni che aveva dimenticato da tempo. Si sorprese di come il suo corpo si incastrasse e si intendesse perfettamente con quello di Emma, come le loro bocche fossero state fatte per baciarsi e quanto non gli importasse di ciò che stesse succedendo nel mondo. Quando la baciava, il resto scompariva. E questo lo spaventava, perché sapeva che Emma potesse essere una distrazione, una debolezza, ma ne era così preso che non riusciva a smettere.
Si staccò da lei, togliendosi la giacca che ingombrava per poi tornare con le sue labbra a baciarla: una sua mano scivolò più in basso rispetto al collo, fermandosi esattamente sulla cerniera della felpa. La tirò giù lentamente e si aspettò da un momento all'altro che Emma lo fermasse, ma non accadde. Quando i due lembi di cerniera si staccarono, la sua mano continuò il suo percorso circondando il bacino della ragazza, fino a fermarsi sulla schiena. Premette leggermente per avvicinarla di più a sé e fece combaciare di nuovo le loro labbra. Le mani di Emma si attaccarono al collo del ragazzo per attirarlo a sé, scivolando poi sulla sua schiena con la tacita richiesta di togliersi la maglietta.
Derek fu costretto ad allontanarsi per farlo e quando si riavvicinò, sentendo la loro pelle entrare in contatto, un brivido – forte e deciso – percorse la sua spina dorsale, facendolo sentire per la prima volta vivo. La sua mano lasciò la schiena della ragazza per sfiorare il suo addome risalendo sempre più su verso il suo petto. La sentì rabbrividire e irrigidirsi sotto il suo tocco, così si limitò a seguire il segno dell'attaccatura del seno con i polpastrelli caldi delle sue dita.
«A cosa devo tutto questo affetto?» chiese Emma in un sussurro, interrompendo il bacio. Sentiva ancora le mani di Derek su di sé e avrebbe voluto rimanere in quella posizione per sempre.
«Pensi davvero quello che hai detto prima?» rispose lui con una domanda. Aveva gli occhi bassi, mentre disegnava cerchi immaginari sulla pelle chiara della ragazza.
«Sì» disse semplicemente. Il ragazzo alzò di scatto la testa e incastrò il suo sguardo verde con quello azzurro come il mare di Emma. Un sorriso sincero, felice, vero si aprì sul suo volto e alla ragazza non servì altro per capire che anche lui, alla fin fine, provasse la stessa cosa. Lo guardò in silenzio per un tempo che sembrò eterno: scrutò i suoi occhi verdi e profondi, eppure così rassicuranti, le sue labbra leggermente rosse per via dei baci e, spostando lo sguardo, le sue mani grandi e calde.
«Perché mi guardi in quel modo?» alla fine Derek ruppe il silenzio.
Lei alzò le spalle con noncuranza «Mi piaci quando sorridi così»
Stava per replicare quando i suoi occhi da lupo guizzarono verso la finestra. Perso completamente nei suoi pensieri e in Emma, non si era accorto di un rumore, proveniente dall'esterno.
«Derek, che succede?» chiese lei, preoccupata.
«Shh» le disse lui. Rimase un attimo in ascolto, poi si rilassò e scosse la testa divertito «Tua madre è appena scesa dall'auto»
Emma ricadde a peso morto sul letto, poi quando elaborò alla perfezione ciò che il ragazzo le aveva appena detto, saltò di scatto a sedere e lo spinse via. Richiuse la felpa, arrossendo al solo pensiero di quello che era appena successo e cercò un modo per farlo uscire di casa senza che sua madre se ne accorgesse.
«Esco dalla finestra, tranquilla» la rassicurò, leggendole nella mente.
Alzò un sopracciglio, scuotendo la testa e si avviò con lui al davanzale. Non voleva che quella giornata finisse così e se sua madre non fosse arrivata avrebbero sicuramente continuato.
Fuori stava ancora piovendo forte, ma il ragazzo non sembrò preoccupato. Si avvicinò a lei dandole un ulteriore bacio e poi infilò una gamba fuori dalla finestra.
«Dico ad Isaac di venirti a dare un'occhiata tra un po', va bene?» l'avvertì «Sicuramente tua madre lo farà entrare»
Emma annuì e Derek stava per andarsene, quando lo fermò di nuovo «Dormi con me stasera? Ti- Ti mando un messaggio quando i miei-»
«Sì» rispose lui sicuro, interrompendola.
Emma lo guardò scendere con abilità e piombare con i piedi perfettamente a terra. Seguì la sua figura alta e slanciata fino a che salì in auto e partì, scomparendo tra la pioggia e la nebbia.
Sorrise felice, dirigendosi verso il letto e aprendo un libro per studiare.
Entrambi non lo sapevano, ma quella notte nessuno dei due avrebbe avuto alcun tipo di incubo.

Era ormai notte fonda. La pioggia non aveva smesso un attimo di cadere e tutto, all'interno di quella fabbrica ormai mezza distrutta e completamente abbandonata, era bagnato e scivoloso. Le gocce d'acqua cadevano incessantemente attraverso i vetri rotti toccando il pavimento, rendendolo più umido del solito. Alcuni animali, come topi di campagna ed insetti, si aggiravano silenziosi mentre l'intero branco di Alpha si allenava con dedizione. Era lì che avevano trovato rifugio una volta arrivati a Beacon Hills. Quando erano stati lì per la prima volta – ai tempi in cui Talia Hale era ancora viva – avevano avuto a disposizione abitazioni più accoglienti, ma una volta scappati non avevano potuto portare niente con loro. Quella fabbrica distrutta, non molto lontano dal bosco e dalla vecchia casa Hale, era tutto ciò che avevano.
Deucalion era seduto su uno scalino di cemento mal messo. Aveva smesso da tempo di allenarsi, un po' perché non era mai lui quello che combatteva in prima linea e un po' per via della sua cecità. Preferiva rimanere seduto e a riposo, in quanto leader di quel branco, a guardare gli altri sudare e farsi giustamente del male, per ottenere una vittoria.
Non aveva avuto un vita facile ed era stato anche una persona migliore in passato, ma la vita non gli aveva regalato gioie, anzi aveva portato solo tristezza, sofferenza, distruzione e morte. Era cresciuto così: nella costante paura di non farcela, di morire prima di vivere. Così, aveva costruito quel branco e aveva eliminato i pericoli molto prima che questi potessero eliminare lui.
Sospirò, appoggiato al suo bastone e distolse lo sguardo dai suoi compagni. Infilò la mano libera nella tasca della sua pesante e immancabile giacca nera ed estrasse una fotografia ormai rovinata dal tempo. Sul suo volto si dipinse un piccolo sorriso malinconico e con un dito accarezzò la faccia della donna ritratta nella foto. Era stata la sua bellezza travolgente, la sua parlantina talvolta fastidiosa e la sua intelligenza a conquistarlo. Quando la conobbe, erano entrambi molto giovani: lui aveva ancora i suoi occhi e lei si era appena laureata. L'unica cosa di cui si era pentito era di non averle mai detto di amarla. L'aveva sempre osservata da lontano, senza mai fare un passo avanti con la paura di non venir accettato. Oppure, aveva semplicemente scelto di amarla da una distanza più lunga di un metro, per il semplice motivo di vederla vivere la sua vita, senza metterla in pericolo o trasformarla in un lupo. Non voleva questo per lei.
«Chi è?» la voce di Ennis lo riportò alla realtà. Il suo branco non conosceva quella storia, tanto meno l'esistenza di quella fotografia «Perché è strappata?»
Deucalion chiuse gli occhi per un momento e respirò, mantenendo la calma. Non era abituato a parlare di sé e della sua vita agli altri e non ne aveva intenzione nemmeno in quel momento. Era strappata perché la foto originale non raffigurava soltanto la sua amata. Era strappata perché a lui interessava solo lei. La guardò un'ultima volta, prima di ripiegarla e riporla in tasca come se fosse la cosa più preziosa del mondo, come se fosse il suo unico tesoro, l'unico motivo per combattere e continuare a vivere. Forse, lo era davvero; forse quella donna era stata la sua ancora per tutto quel tempo e lui non se n'era mai accorto.
Si appoggiò meglio al suo bastone ed alzò lo sguardo verso Ennis, parlando con un tono triste e disarmante «Joan»

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a/n: salve lupetti e buon anno! :-)
scusatemi per il ritardo, ma tra feste, panettoni, regali e mattinate passate a letto (sì e ogni tanto ho anche studiato) non ho avuto molta voglia di scrivere, quindi perdonatemi!
comunque, venendo al capitolo: come già avevo anticipato, il capitolo 6 e 7 sarebbero stati dedicati maggiormente a Derek ed Emma come coppia, invece dal prossimo si capiranno meglio i rapporti tra le loro famiglie e verranno spiegati i loro incubi, quindi preparatevi perchè già dal prossimo ci saranno grandi colpi di scena!
non ho molto da dire su questo capitolo: questo è stato l'ultimo fraintendimento tra i miei adoratissimi Demma, perchè entrambi - soprattutto Derek - stanno capendo veramente di essere innamorati l'uno dell'altro - e ciò lo dimostra anche la scena in camera di Emma ;-) che non commento, perchè non mi piace nemmeno come l'ho scritta e quindi lascio a voi ahahah
ultima cosa: nuova locandina/copertina per la storia fatta tutta da me, che ne pensate? vi piace?
adesso vi lascio e grazie ancora per le 834 letture, le 93 stelline e i commenti: grazie infinite!
un bacio,
Giulia

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