Good Positions II

By Margherita_Fossena

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🔴***Questa storia contiene linguaggio volgare e scene esplicite***🔞 Emma dovrà affrontare il ritorno alla I... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
🔴Capitolo 11🔴
🔴Capitolo 12🔴
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22

Capitolo 10

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By Margherita_Fossena

Il camino era acceso e la luce calda si abbinava alle decorazioni dell'albero di Natale che campeggiava nel salotto di Agnese e Valentin. Il piccolo indossava un maglioncino blu e dei pantaloni scuri, appositamente scelti dalla madre per paura di dover smacchiare tessuti chiari a mano. Era stato pettinato per l'occasione, ma i suoi capelli si erano già scomposti. Sua zia indossava un vestito rosso, semplice e festivo. La televisione, connessa al telefono di Mattia, riproduceva in sottofondo canzoni natalizie. Lui aveva indossato una camicia bianca e dei jeans scuri restando più sobrio del solito. Emma aveva optato per una gonna nera e un maglione rosso. Il profumo della pasta al forno aveva bucato lo stomaco a tutti e Valentin parlava a raffica, talmente veloce che Emma faticava a capirlo. Di tanto in tanto il cugino mischiava francese e italiano e Mattia ridacchiava. Il biondo provava spesso a interagire con lui, ma il più delle volte Valentin lo guardava con aria confusa e divertita dagli errori del ragazzo, poi guardava Emma e Agnese e loro sorridendo cercavano di tradurre anche per lui. Mattia capiva quasi tutto o comunque riusciva ad interpretare a logica, ma parlare francese era complicato per le sue conoscenze rudimentali e doveva far affidamento ad Emma per riuscire a esprimersi. Al bimbo, però, quei tentativi di relazionarsi piacevano e spesso rideva o cercava di correggere la pronuncia di Mattia e lui faceva lo stesso con Valentin. 

La tavola era colma di cibo e bevante: c'erano diverse bottiglie di bibite gasate, una brocca di acqua, succo d'arancia e vino bianco. Davanti ad ognuno di loro un piatto di pasta al forno che anticipava il pollo arrosto e le patate. I quattro erano in perfetta armonia e, a chiunque li avesse visti, sarebbero sembrati il più bel quadretto familiare mai visto. Emma esplodeva di gioia: quella giornata aveva tutte le carte in regola per essere una delle migliori che avesse mai vissuto. Al momento del dolce si scambiarono i regali: la zia regalò a Mattia un set per la cura della barba apposito per chi decide di radersi spesso, a Emma diede un libro sulla storia della moda francese e a suo figlio regalò un trenino giocattolo di legno di cui impazzì e lasciò in fretta il tavolo per giocare sul tappeto del salotto, fingendo che Vert dovesse partire ed andare in qualche posto di fantasia. Emma e Mattia regalarono al bimbo due pupazzetti che lui usò per interpretare i compagni di viaggio della sua ranocchia. I due regalarono alla zia un maglione lussuoso e lei ringraziò infinitamente. Emma regalò al suo amico un orologio elegante che lui aveva adocchiato da un po'. Lui, invece, non le diede nulla. La ragazza non ci diede peso e lo abbracciò comunque, contenta che lui fosse li con lei. 

"Mi farò perdonare" sussurrò lui al suo orecchio. 

"Mi basta che tu sia qua, davvero" disse lei, poi sciolse l'abbraccio e sorrise timidamente alla zia che li guardava sorridente. 

Terminarono il pranzo abbondante riempiendo di complimenti la cucina della zia di Emma, Valentin chiamò la ragazza a giocare con lui, ma lei gli chiese di attendere un momento, satura di cibo dalla testa ai piedi; il bimbo annuì e continuò a muovere il trenino avanti e dietro inventando uno scenario fantastico in cui avrebbe vissuto le sue avventure con Vert.

Agnese parlò a lungo con Mattia: gli chiese delle sue passioni, dell'università, della sua famiglia. Lui rispose quasi a tutto, schivando gli argomenti per lui delicati con destrezza e un sorriso cordiale. La donna lasciò che lui evitasse le domande spinose e annuiva mentre il ragazzo le raccontava di lui. Come Emma aveva sospettato ascoltando la loro conversazione in silenzio, Mattia non parlò del lavoro di suo padre, anche se era improbabile che lei lo conoscesse di fama, non parlò della madre, dello sport che prima gli donava energia e forza, ora gli pesava anche l'idea di cambiarsi e scendere in campo per farsi mettere in panchina dal mister. 

Emma non proferì parola per tutto il tempo preferendo restare in disparte e lasciar interagire il suo amico e sua zia da soli: lui avrebbe potuto aggiungere e tacere quello che voleva e Agnese lo avrebbe incoraggiato con un sorriso. Il ragazzo, poco dopo, si allontanò per rispondere alle chiamate di auguri di parenti e amici lasciando sola la famiglia. 

"Io e Valentin usciamo fra poco, passiamo dai suoi nonni. Vi lasciamo qui, va bene?"

"Si, nessun problema" annuì Emma.

"Vi porterei, ma la loro non sanno che abbiamo ospiti e non parlano una parola di italiano" rise la zia "e poi credo che vi faccia bene riposare un po'."

Emma notò nella voce della donna una strana insinuazione, ma non replicò e si alzò dal tavolo per andare in bagno. Rispose ai messaggi dei suoi amici e augurò a tutti un buon Natale, poi raggiunse Mattia e lo avvisò che sarebbero rimasti soli. Lui scostò dalla bocca il microfono del cellulare e chiese: "che vuoi fare?"

"Passeggiamo?" 

Mattia annuì giocherellando con i denti sul metallo dei piercing, poi i due si scambiarono un sorriso e lei uscì dalla camera mentre il biondo tornava a chiacchierare con quel qualcuno che aveva lasciato un momento in attesa. 

Emma lasciò un'occhiata alla finestra della cucina scostando la tendina bianca con la punta delle dita e osservò pensierosa il paesaggio innevato fuori: l'aria era gelida e le strade scivolose, ma lei decise che sarebbero dovuti uscire di casa nonostante sarebbe stato comodo e migliore guardare un film davanti al camino. Mentre Emma si ritrovava a fare gli stessi movimenti nella cucina della zia e imitava il suo modo di pulire, si sentì improvvisamente a disagio. Non riuscì a comprendere per bene cosa le stava succedendo, forse era colpa del vino che le aveva dato alla testa, forse era a causa del miscuglio di emozioni che le turbinavano in testa. Emma non lo sapeva ma si sentì investire da un'ondata di vergogna e disagio che la ricoprì dalla testa ai piedi, come uno spesso e pesante mantello rosso.

Chiese a sua zia se ci fosse qualcosa che potessero bere e la zia le diede il lasciapassare su tutto quello che aveva. 

"Mi raccomando" disse prima di chiudersi la porta alle spalle che il bimbo che le teneva la mano e con l'altra salutava la cugina. Emma restò sola in salone e si mise sul divano in attesa che Mattia la raggiungesse. 

Emma sentì il bisogno di uscire di casa e prendere aria, poco importava se le avesse congelato i muscoli. Mattia arrivò che lei si era già coperta con cappotto, cappello e sciarpa. 

"Sembri un pinguino" la schernì lui con dolcezza, Emma non ebbe la prontezza di rispondere e lui indossò le sue cose, poi lei prese un mazzo di chiavi e lo infilò in tasca invitando Mattia ad uscire e chiudendosi la porta alle spalle. 

Il ragazzo, che passeggiava accanto a lei imitando il suo passo che lo guidava in quel paesino desolato e incantato, continuava a parlare: "Mi serviva una passeggiata per digerire. Tua zia sembra una persona adorabile e Valentin è un bimbo vivace, forse troppo, ma questo lo rende simpatico. Si sta bene in loro compagnia e poi il pranzo era buonissimo! Prima mi ha chiamato Ale per farmi gli auguri e gli ho raccontato che questo posto sembra fantastico. A proposito, ti manda i suoi saluti e quelli di Simone. Non li hai sentiti?"

"Probabilmente mi hanno scritto un messaggio, ma non ho guardato il telefono. Stasera rispondo a tutti."

"Giusto, si. Comunque queste stradine mi ricordano quella serie tv che abbiamo visto anni fa, quella dei maghi. Ti ricordi? Non mi viene in mente il titolo..."

Emma scosse la testa, faticava a reggere quella conversazione perchè continuava a rimuginare su quella strana sensazione che l'aveva inghiottita tutta in un boccone. Non riusciva a decifrarla e tutte le sue energie erano riversate nella testa mentre cercava di comprendersi, riflettersi, capirsi, ma non ne era in grado e ciò la frustrava aggravando quel disagio. 

"Tutto bene, Deo?"

"Sono solo stanca e piena di cibo" alzò le spalle lei. Era abituata ad essere sincera con lui, ma quello non era il momento di rendersi vulnerabile e, inoltre, non avrebbe nemmeno potuto spiegarli cosa realmente stesse succedendo siccome non lo sapeva nemmeno lei.

"Possiamo tornare a casa se vuoi" propose lui cercando il suo sguardo, ma Emma non si fece trovare, consapevole che lui avrebbe scorto nel suo viso ogni singolo particolare, e continuò a guardare avanti mentre i due avanzavano, salendo per ampie scale e scendendo dai versanti delle collinette su cui era stato costruito quella cittadina. 

Lei non disse niente e lui tirò fuori dalla tasca un paio di sigarette. Ne infilò una fra le sue labbra e l'altra la porse ad Emma, non sapendo cos'altro fare per alleggerire la situazione che anche lui aveva iniziato a percepire tesa senza conoscerne il motivo. Da lontano, Mattia scorse una panchina posta davanti ad una chiesetta in cui, all'ingresso, due uomini in abiti clericali parlavano di qualcosa che i due non potevano sentire. Si diresse verso la panchina di legno e metallo e allungò alla ragazza una mano per accompagnarla a sedersi accanto a lui, ma Emma non la prese continuando a giocherellare con le dita dentro le tasche in modo da non essere vista. Si accomodò comunque.

"Sei arrabbiata con me?" domandò lui con un sospiro. Emma lasciò immediatamente da parte le sue strane sensazioni e mise al primo posto la paura che Mattia si stesse sentendo in colpa per qualcosa che non esisteva. 

"No, no. Assolutamente no" rispose veloce lei "mi fa piacere che tu ti stia trovando bene."

"Tantissimo. Sono contento di essere venuto" rispose lui accedendo la sigaretta. Ci impiegò qualche momento in più del solito perchè l'aria attorno a loro era umida. Emma imitò il suo gesto e prese a fumare accanto a lei osservando per interminabili istanti il fumo denso che si mescolava alla perfezione insieme alla nebbia sospesa per aria. 

La ragazza, poi, si voltò a guardare l'amico e lo trovò già girato verso la sua direzione. Il suo sorriso sincero le fece piegare le labbra e abbassare lo sguardo timidamente. 

"Balliamo!" disse lui alzandosi in piedi di scatto e togliendosi la sigaretta dalle labbra per tenerla fra l'indice e il medio.

"Eh?"

"Baliamo! Alzati!" disse lui afferrandole una mano e tirandola su. Iniziò a muoverla, tenedola stretta al suo petto e tenendole una mano dietro la schiena l'altra con la sua, a simulare il tango gridando a tutto il paese gli auguri di buon Natale. I due camminarono avanti e dietro e volteggiarono anche, poi le fece fare un paio di giravolte che le intontirono la testa e la fecero scoppiare a ridere. Attirarono l'attenzione dei sue sacerdoti che si voltarono perplessi verso di loro, risero di gusto alla scena che avevano a qualche metro più avanti ed entrarono nella chiesa per parlare in privato. 

Rimasti soli, Emma si lasciò trascinare dai passi di Mattia, decisamente goffi e strambi, continuando a ridere. La sua sigaretta si spense e Mattia se ne accorse: in una frazione di un momento, sostenendola con le mani intrecciate e la mano dietro la schiena, la fece scivolare leggermente in basso facendole fare un casquè. Emma sentì di perdere l'equilibrio e spostò il peso verso di lui sorreggendosi sulle spalle di lui. Il mondo le roteava intorno e non riusciva a smettere di ridacchiare come una bambina. Mattia le tolse la mano dalla schiena, si infilò la sua sigaretta tra le labbra e ne prese un tiro guardandola negli occhi con aria da sbruffone. Anche lui, era chiaro, si stava divertendo da morire. 

Emma comprese l'intento del suo gesto e si aggiustò la sigaretta tra le labbra, il filtro arancione sporco di rossetto. Lui si avvicinò continuando a sostenere il suo sguardo mentre lei ridacchiava senza sapere come smettere ed iniziava a farle male la pancia. Mattia si sporse ancor averso di lei fino a far toccare le punte delle due sigarette: la sua si accese e, per conduzione, si accese anche quella di lei. L'amico la tirò su di colpo facendole girare la testa mentre tutto roteava e loro due compresi. Quando la lasciò, Emma barcollava e si teneva la testa; Mattia le fece un profondo inchino. Lei si riprese e si lasciò cadere sulla panchina. Battè le mani a lungo per complimentarsi con la sua esibizione, poi riprese a fumare con le guance che le dolevano per le grasse risate.

"Sei già ubriaco? Per così poco?" domandò Emma.

"No" scosse la testa lui porgendole una mano per farla rialzare e tornare a passeggiare "mi mancava il tuo sorriso."

Emma gli lanciò uno schiaffo affettuoso sulla spalla e i due tornarono a passeggiare per la strada del rientro. Commentò le scarse doti da ballerino di Mattia, lui rispose che sapeva compensare con altro e lei simulò un conato di vomito. 

"Torniamo? Mi sono scaldato con la mia performance, ma mi ha anche stancato."

"Sei scarso" rispose Emma, lui rise e i sue si diressero scherzando verso casa di Agnese e Valentin.

Trovarono la casa come la avevano lasciata; vuota, silenziosa e scaldata dal camino. Lasciarono i cappotti, le sciarpe e i cappelli sull'appendiabiti ed Emma cercò due bicchieri puliti per versarci dentro un liquore alla ciliegia. Quando lo portò alla bocca, l'odore pungente di alcool le pizzicò il naso, ma i due scontrarono i bicchieri e brindarono prima si bere tutto d'un fiato. Da li si susseguirono una seria che parve infinita di altri bicchieri riempiti da due dita di liquore e svuotati in un battito di ciglia. Prima di lasciare la cucina per raggiungere il letto e guardare un film, Emma lavò i bicchieri alla buona lasciandosi scolare su un panno da cucina e ripose la bottiglia dove l'aveva trovata, poco dietro rispetto alle altre per nascondere la metà che mancava.

Mattia si trascinò sul letto e si lasciò cadere sulla metà di sinistra, quella dove dormiva lui. Emma si sedette pesantemente sul suo lato e sfilò il telefono dalla tasca. Lasciò un'occhiata superficiale alle notifiche di auguri: non controllò a cui appartenessero e non rispose a nessuna di quelle. Solo il messaggio di sua zia catturò la sua attenzione. 

-Torniamo in serata. Valentin ha ricevuto troppi giocattoli e non vuole lasciare i nonni. Scusate.- Alla fine c'era una faccina triste.

Emma lasciò il telefono sul suo comodino accanto alla borraccia d'acqua che teneva in caso le venisse sete durante il sonno. Non era notte, anzi, ma il quel momento si sentiva la gola secca e bevve un sorso lungo e corposo. La sensazione era sparita, o meglio; Emma credeva che la sensazione fosse sparita, ma in realtà era solo nascosta dentro di lei, sommersa dalle mille altre emozioni piacevoli che aveva appena sperimentato con Mattia. 

Emma si fece cadere sul letto e gemette di sollievo quando la superficie morbida impattò delicatamente sulla sua schiena. Socchiuse gli occhi sentendo la testa vorticare come un tornado e sospirò lasciando le labbra chiudersi. 

"Se non stai morendo possiamo vedere qualcosa" mugugnò lui. Emma non poteva vederlo, ma avrebbe giurato anche anche lui fosse steso sul letto con gli occhi chiusi e la testa che girava rivolta verso il soffitto. 

"Invece sto morendo" annuì Emma ridacchiando. 

"Non ti permettere!" disse lui e si chinò verso di lei infilandole le dita nel fianchi facendola scattare a causa del solletico. 

Emma spalancò gli occhi e gli afferrò le mani  per impedirgli di darle fastidio trascinandole verso di se, ma Mattia era più lucido di lei e tirando verso di se la ribaltò sopra di lui. Mentre Emma annaspava per vincere quella che era appena diventata una guerra. La ragazza cercò di sollevarsi non appena lui le lasciò le mani e, con un ridicolo e smorto grido di lotta, si lanciò verso di lui. Mattia, spaventato per la sua incolumità, la prese al volo per i fianchi e la strinse per tenerla sospesa in modo che non si buttasse con tutto il suo peso su di lui. Emma cercava di divincolarsi, ma Mattia era più forte di lei, e continuava a tenerla ferma con forza. 

"Mettimi subito giù!" disse lei stizzita mentre si lasciava sfuggire le risate dai denti stretti. 

Lui obbedì e allontanò le mani dalla sua vita lasciandole sedere. Emma finì sopra di lui, a cavalcioni, e si poggiava poggiando le mani sul suo petto. Con l'alcool che le offuscava la mente, Emma si ritrovò a ridacchiare della loro posizione ambigua e fece per scendere credendo di metterlo a disagio. Nello stesso momento in cui lei fece leva sul petto di Mattia per sollevarsi e spostarsi, lui tornò ad afferrarle in fianchi e la frizione del movimento che si creò in mezzo alle loro gambe la fece arrossire di piacere. Abbassando lo sguardò incontrò quello di lui e notò sulle sue labbra un ghigno compiaciuto. 

I due rimasero in silenzio per un po', l'uno immerso negli occhi dell'altra e la tensione crebbe; Mattia restava con le mani salde sui suoi fianchi ed Emma si abbassò un poco diminuendo lentamente la distanza tra loro. 

"Non credo che dovremmo..." sorrise lei con le guance arrossate. 

Mattia annuì, ma mantenne sulle labbra quel ghigno malizioso e si schiarì la gola: "Il fatto che non dovremmo lo rende più eccitante, no?" disse lui accarezzandole la vita con i pollici cercando di insinuarsi sotto il suo maglione.

Emma non riuscì a trovare le parole per negare, perchè in fondo era esattamente così. Lui spostò le mani e le poggiò sul viso di lei alzandosi leggermente per sfiorarle le labbra con le dita. Mentre l'eccitazione saliva fino alle stelle tra loro, Mattia le soffiò sulle labbra: "Una volta sola."

"Una sola" concordò Emma annuendo.

Lui avvicinò la sua bocca a quella di lei e la ragazza socchiuse gli occhi ritrovandosi a desiderarlo come non mai. Mattia ridacchiò e le passò il pollice prima sul labbro inferiore, poi su quello superiore. In fine, mettendo pace ai bollori di entrambi, si baciarono. Il primo contatto du come una prova, perchè durò qualche secondo e poi si staccarono per guardarsi. Un tacito lasciapassare da parte di entrambi: con un singolo sguardo avevano si erano detti che avevano voglia di esplorarsi e si sorrisero.

"Quello che succede in Francia?"

"Rimane in Francia."

Il secondo bacio fu quello che diede inizio alla passione.                                                 




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