NON SONO UNA SPIA

By lovewillkillus

128K 11.5K 3.3K

Quando la giovane agente Althea Kelley viene improvvisamente trasferita a Boston per una missione di spionagg... More

Anonima
Benvenuta a Boston
Guerra all'ultimo squat
Esclusa
Che panico
Rialzati, agente Kelley
Errore mio
Basta distrazioni
In piedi
Sta' attenta
Non male, agente Kelley
Concentrati
La festa è finita
Torna a casa
Ti tengo d'occhio
Voglio evaporare
I capi sono brutti
Blackout
Oltre l'armatura
Allontanati
Il giardino segreto
Troppe emozioni
Di male in peggio
Tempo scaduto
Il mio posto preferito
Dalla parte giusta
Segreto
Sono fottuta
Matthew
Non è un gioco
Ghiaccio al sole
Piano C
Due passi
Arrabbiati
Gelato
Inizia il gioco
Sconveniente
Ingenua
Bacetto
Seccatura
Momento di gloria
Insieme
Senza cuore
Tutto giusto
Scomodo
Non sono una spia

Distrarre e fuggire

2.7K 216 50
By lovewillkillus



Mi sento agitata.
Tanto agitata.
Tantissimo.
Troppo.

Evan nasconde un'enorme sala di allenamento dietro ad una semplice ed innocua porta. Mi ha prestato dei pantaloncini e una maglietta da indossare e ora mi ritrovo a piedi scalzi e con la bocca spalancata nel centro di un pavimento ammortizzato nero.

Le pareti sono tinte con tonalità neutre di grigio e bianco e lo spazio è amplificato da enormi specchi a tutta parete. Attrezzi da palestra e pesi liberi sono disposti con ordine su un lato della sala.
«Presumo che qualcuno ti abbia già spiegato come liberarti da una presa al polso», comincia. Si muove attorno a me come un felino spietato.

«Sì, signore». Mi maledico perché la mia voce trema.
«Vediamo». Mi aspetto uno scatto veloce da parte sua, ma mi stupisce con una calma piatta. Circonda il mio polso delicatamente e la mia pelle si surriscalda sotto le sue dita. Stringe leggermente, ma non mi fa male. «Liberati».

Con uno strattone spingo il mio braccio lontano da lui, ma tutto ciò che ottengo è avvertire dolore al polso. Aia. La mano di Evan è ancora lì. Riprovo ancora una volta senza nessun successo.
«Prima regola: mantieni la calma», mormora. Sono così agitata e fuori di testa da immaginare un tono dolce fuoriuscire dalle sue labbra. Ovviamente è tutto frutto del mio cervello malato. Evan Royden non usa mai toni dolci.

Annuisco e provo a regolarizzare il mio respiro.
«Mantieni i piedi leggermente divaricati», infila un piede in mezzo alle mie gambe, costringendomi a fare come mi dice. «La tua gamba dominante è la destra», sentenzia con sicurezza come se stesse parlando del suo corpo e non del mio. «Sposta la gamba dominante dietro».

Faccio come mi dice, il volto che va a fuoco a causa della sua eccessiva vicinanza. Con l'altra mano mi prende la guancia e mi costringe a guardarlo. Il suo sguardo severo mi manda ancora più nel panico. Ma che mi prende?
Mi lascia la guancia, ma le fiamme sotto la pelle non passano.

Lo sguardo che mi rivolge mi fa avvertire un calore intenso, come se mi fossi piazzata davanti ad un camino.
Forse dovrei chiedergli una pausa.
«Orienta il polso nella direzione opposta alla presa in modo da creare tensione nel braccio dell'aggressore», guida il movimento mentre parla. «Utilizza la tua mano libera per afferrare il mio polso».

Obbedisco in silenzio, senza fiatare.
Sto morendo interiormente.
Come sono finita in questa situazione?
E perché non apriamo le finestre?

«Devi essere veloce. Fluida. È importante eseguire la tecnica in modo rapido, okay?»
«Sì, signore»
«Sfrutta la tensione che hai creato prima e con un movimento rotatorio del polso e dell'avambraccio crea una leva contro la presa», mi accompagna nel movimento.

«Sposta il corpo verso di me. Avvicinati e aumenta la tua forza», muovo un passo verso di lui e finalmente mi permette di liberarmi dalla sua presa.
«Dopo la liberazione è importante essere pronti a reagire», dice. «O colpisci... O scappi, ma su questo lavoreremo dopo. Adesso riprova».
E si aggancia al mio polso con una velocità disarmante.

Riproviamo ancora e ancora e ancora fino a quando ogni muscolo delle mie braccia urla di dolore. Domani non sarò in grado nemmeno di riempirmi un bicchiere d'acqua. Lo so.
Mi appoggio contro il muro e cerco di recuperare il respiro. Davanti a me Evan Royden è fresco come un fiore appena colto. Sembra fornito di una riserva infinita di energia. Si stanca mai quest'uomo? Ne dubito.

«Per oggi abbiamo finito», m'informa.
«Grazie al cielo», mi lascio sfuggire.
«Domani mattina alle cinque in punto ti aspetto nella palestra della centrale»
«Cosa!?», la mia voce si alza di un'ottava.
«Ho dei piani per te», ripete ancora una volta questa sera. «E non c'è tempo»
«Posso sapere di che si tratta?»
«Ti spiegherò tutto a tempo debito», taglia corto. «Adesso ti porto a casa». Ed è l'ultima cosa che mi dice per il resto della sera.

I giorni che seguono sono un vortice frenetico di adrenalina e dolori muscolari. La mia vita diventa un susseguirsi incessante di allenamento insieme al capo e riposo tra la polvere degli archivi. Non ho più tempo per la pigrizia o per contemplare il dolore che permea ogni muscolo del mio corpo.
Evan è severo, implacabile. Non consente errori. Richiede solo prontezza e precisione, spingendomi al limite ogni giorno.

Le notti non bastano per recuperare il sonno e le forze. Anzi, spesso mi sveglio a causa di incubi costellati da colpi, schivate e contrattacchi. O sogni strani in cui Evan tra un allenamento all'altro si fa troppo vicino e mi manca l'aria perfino mentre dormo.

Anche adesso mi manca l'aria, bloccata sotto il corpo di Evan nel bel mezzo della palestra di casa sua. Dovrei liberarmi dalla presa, ma con tutto questo contatto fisico non riesco a riflettere.

Okay, devo farcela. Non guardo i suoi occhi neri né le labbra che accennano un sorrisetto divertito. No. Devo riflettere.
Ho diverse opzioni: potrei utilizzare le mie gambe per spostare il suo peso, ma sono ancora troppo debole.
Potrei sferrare gomitate e pugni, ma gli farei solo il solletico.

Oppure potrei... No.
O forse sì.
Me lo ha insegnato lui: se non sei forte abbastanza l'opzione migliore è distrarre e fuggire.
«Devo vomitare», dico. E non è del tutto una bugia. Ho la nausea. Evan alza un sopracciglio, momentaneamente confuso dalla mia affermazione. Non sa se credermi, ma allenta leggermente la presa. Sfrutto l'attimo e con una mossa rapida sollevo le gambe e gli colpisco il fianco con una leggera ginocchiata. Roteo il corpo per liberarmi dalla presa, ma lui torna ad inchiodarmi contro il pavimento lasciandosi sfuggire una risata divertita. Sa ridere?

«Niente male, agente Kelley», la sua risposta è un complimento inaspettato celato da un leggero sarcasmo. «Ma se il tuo scopo è distrarmi devi essere più creativa». Un lampo di malizia attraversa il suo sguardo ed io mi sento avvampare. Aria.
«Quando sono nel panico non riesco a pensare. Non ho trovato di meglio», farfuglio affannata.

«Devi imparare a riflettere», mormora. «Anche sotto stress», aumenta la presa sui miei polsi e gioca con la mia tensione avvicinandosi ancora di più al mio viso. Non posso muovermi. Non riuscirei mai e poi mai a liberarmi.
«Il tempo scorre», mi mette ansia. «Un aggressore ti avrebbe già fatta fuori»
«Cosa dovrei fare? Non riesco nemmeno a respirare», ribatto. È snervante.

«Rifletti», sussurra, la bocca vicina al mio orecchio. Il tono basso e al tempo stesso fin troppo impetuoso della sua voce mi crea un vortice nello stomaco. «Concentrati su di me. Sfrutta ogni minimo dettaglio del mio corpo per invertire la situazione. Cerca i punti deboli»
«Ne hai?», mi scappa una risata isterica.
«Parecchi», conferma.

«Non respiro», ripeto. «La mia gabbia toracica soffre»
«Liberati»
«Non ce la faccio»
«Liberati», insiste.
Cerco di ripensare ai suoi consigli e provo a controllare il respiro. Non posso batterlo. L'unica mia opzione è distrarre e fuggire.
Distrarre e fuggire.
Distrarre e fuggire.
Distrarre e fuggire.

Improvvisamente la mia mente si illumina con un'idea. Con tutta la forza rimasta, concentro l'attenzione sulla mia espressione e cerco di trasmettere un senso di vulnerabilità.
«Non ce la faccio, signor Royden», sussurro con un filo di voce. «Davvero, mi sta scoppiando la testa e ho la nausea. Possiamo rimandare a domani?».

Evan mi studia attentamente, quindi allenta leggermente la presa forse colto da un senso di pietà che di solito non gli appartiene.
Ne approfitto per liberarmi dalla presa e allontanarmi da lui, il pavimento gelido ancora sotto di me.

«Distrarre e fuggire!», strillo euforica mentre mi rialzo. Evan è ancora a terra, un enorme sorriso sulla bocca.
Cristo, è il sorriso più bello dell'universo. La sala sembra vorticare attorno al suo viso dannato e a quelle labbra. Mi gira la testa. Lui mi guarda, una luce speciale danza nel suo sguardo. È come se mi stesse vedendo per la prima volta. Ed io vedo lui.

Non riesco a smettere di fissarlo.
È lui ad interrompere il momento, tornando in piedi e infilandosi le mani nelle tasche della tuta scura: «Fuori da qui fingerti una ragazza indifesa non ti porterà a niente», dice. «Ma per oggi sei riuscita nel tuo intento».
Apre la porta e si scansa per farmi passare: «Prego», mormora piano. È quasi un ringhio che sento dentro le ossa.

Gli passo accanto ed inspiro il suo profumo.
«Ti porto a casa», conclude. Di solito, ogni sera, questa è l'ultima cosa che mi dice dopo un allenamento.
Attraversiamo il corridoio e raggiungiamo l'ingresso. Un senso di tristezza mi coglie senza nessuna spiegazione e mi auguro che non sia quello che penso.

Non posso intristirmi se sto per tornare a casa da sola come ogni sera.
Non posso intristirmi perché non mi chiede di rimanere con lui a mangiare una pizza o a vedere un film.
Sono malata.
È il mio capo. Non può succedere.

Apre la porta e sto per mettere un piede fuori, ma all'improvviso Evan mi preme una mano sullo stomaco e mi spinge dentro casa.
Sbatto le palpebre e cerco di capire cosa è successo, ma poi guardo ciò che sta guardando lui: un uomo ricoperto di sangue è a terra, il volto gonfio e l'espressione sofferente: «Sospettano di me», biascica prima di svenire sullo zerbino.
E vorrei svenire anch'io.

Buonasera e buon anno!
Come avete passato le feste? Spero bene.
Io ne ho approfittato per riposarmi e stare con la mia famiglia.
Ma per fortuna sono riuscita a completare il capitolo per augurarvi un buon anno a modo mio 😂
Fatemi sapere cosa ne pensate degli allenamenti e della fine del capitolo.
Entriamo nel vivo 🔥
Preparatevi a rimanere senza fiato come la povera Althea 😂
Aspetto i vostri commenti.
Un bacione ❤️

Continue Reading

You'll Also Like

44.3K 2.6K 66
una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene
18.6K 1.3K 32
Nel cuore pulsante della famosa scuola di talenti, "Amici di Maria De Filippi", due anime destinate a intrecciarsi si incontrano. Lil, con i suoi occ...
93.2K 4.3K 52
Charlotte, un'alunna come tante altre, inizia un nuovo percorso scolastico: le superiori. Lei sta superando una fase molto delicata della sua vita e...
19.2K 256 10
Xylia Madeline Jones una ragazza di 17 anni, dovuta trasferirsi a Los Angeles per problemi di lavoro del padre, dopo che è stato licenziato non è più...