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By littlxstxr

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oneshot di diverso tipo, sulle ship degli stray kids. all'inizio di ogni capitolo anticiperò la ship e il gen... More

love is embarrassing
amnesia
promise
cookies
starry night
little damn angel
old music cassettes
hearts broken in the library
second best
everybody dies

hyunjin scissorhands

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By littlxstxr

ship: hyunlix

ispirata dal film di tim burton <<edward mani di forbice>>

[ ⁕•⁕•⁕ ]

felix's pov:

quel giorno era il giorno che odiavo di più. mi ero alzato, vestito con la solita cura e sistemato per bene mettendomi anche il mio profumo preferito. fuori c'era una giornata soleggiata, e nonostante il bel tempo ero già giù di morale.

uscendo dal vialetto, mi aspettava la mia macchina color limone, luccicante alla luce del sole. il mio lavoro era quello di rappresentare nella mia piccola e persa cittadina un'azienda di prodotti per la pelle. ero costretto a farlo, certo non mi frustavano dalla mattina alla sera, ma avrei preferito sicuramente un lavoro più interessante che passare di casa in casa mostrando alle signore le nuove profumazioni delle lozioni corpo, oppure qualche siero per il viso all'aloe vera.

con il mio completo color blu chiaro, mi ero avviato per le strade della mia città, contemplando annoiato le casette colorate che la abitavano. dopo aver parcheggiato l'auto, ero sceso con la mia valigetta contenente tutte le novità di quel mese. le persone qui non erano mai state empatiche con me, per loro sarei sempre stato <il ragazzo delle creme> che non faceva altro che suonare alle porte e far perdere tempo alle persone. nonostante il quasi odio che nutrivano per me, facevo il mio lavoro con ottimismo, anche se sotto sotto, ogni volta, ci rimanevo male alle risposte maleducate che mi davano.

<< non posso prendere niente...>> 

<<ho già comprato una cosa simile felix, sarà per la prossima volta>>

<< non sono interessata! >>

<< , mi piacciono molto, ma non crederai che io abbia i soldi per comprarli, vero? >>

dopo una mattinata passata ad ascoltare le lamentele di quelle spocchiose donne di mezza età a cui avevo suonato al campanello, volevo licenziarmi. non potevo rispondere sgarbatamente, ero sempre un gentiluomo, ma qualche volta le parole me le cavavano dalla bocca.

ancora più demoralizzato di prima, ero risalito sulla mia adorata macchina, mentre pensavo a cosa poter fare per vendere almeno una crema corpo alla cannella. ero andato in ogni casa in cui qualcuno potesse essere interessato ai miei prodotti, perciò non avevo altra scelta.
oppure sì.

alzando il viso sul parabrezza, si ergeva davanti a me una collinetta, recintata da un cancello di ferro scuro ricoperto di spuntoni. in cima a quel piccolo colle, c'era un castello. un castello dove nessuno osava mettere piede da anni, poiché si diceva fosse abitato da fantasmi.

non avevo niente da perdere, e poi se fosse andata male almeno sarei stato posseduto da qualche demone, tanto la mia vita era noiosa. così, colto da un momento di follia, avevo acceso il motore, ingranando la terza e salendo con cautela quella collina lugubre. sentivo gli ammortizzatori cigolare per colpa del dislivello del terreno e i rametti spezzarsi sotto il peso dell'automobile. ero leggermente preoccupato, ma la curiosità era più forte di quel sentimento che mi faceva aggrovigliare le viscere.

arrivato in cima, avevo accostato in un angolo, prima di scendere e dirigermi davanti a quell'imponente edificio. un altro cancello, ricoperto di sterpaglie che coprivano tutto ciò che si celava dietro, mi bloccava il passaggio. spingendolo, poi, avevo scoperto che era aperto, ed ero sicuro che un'espressione di puro stupore avesse preso posto sul mio viso. il giardino che si estendeva davanti a me era a dir poco stupefacente. fiori colorati come rose, calendule, papaveri e orchidee riempivano tutti gli spazi, in aiuole ben curate e variopinte. il profumo floreale che mi arrivava e si infiltrava nelle narici era soave ed aromatico. c'erano sculture di cespugli verdi di forme strane e dettagliate, come una mano gigante, dei delfini e pure un cervo che mi avevo lasciato alquanto stranito, ma comunque impressionato. mai avrei pensato che un posto così potesse esistere in quel castello dimenticato da tutti.

dopo essermi ripreso dalla magia dei fiori, avevo alzato di nuovo lo sguardo, vedendo così quell'inquietante casa dalle mura nere. avevo salito le scale di quel porticato lentamente, in quel momento ero più irrequieto di prima. dopo aver trovato l'entrata del castello, avevo spinto quelle pesanti porte in legno massiccio, entrando in un ampio salone.

se ero stupito solamente dal giardino, in quel momento ero esterrefatto, e anche maggiormente spaventato. una grande stanza, immensa, appariva davanti a me. i soffitti erano altissimi, le pareti grigio tortora, tutte scrostate. le finestre erano grandi e luminose, la luce che filtrava dai vetri creava delle ombre sospette. tutto era abbandonato a se stesso, si sentiva il rimbombo ad ogni mio passo, e a stenti tremavo dall'ansia. c'era una lunga rampa di scale, che probabilmente portava al secondo piano.

<<c'è nessuno?>> avevo alzato la voce, ma non c'era traccia d'anima viva, solo l'eco delle mie parole.

<<sono felix, il ragazzo delle creme>> avevo continuato, quasi prendendomi in giro da solo. nessuno rispondeva, ed ero alquanto agitato. così, incurante dei pericoli che potevo trovare in quel castello abbandonato, avevo salito le scale continuando a far sentire la mia voce. arrivato al terzo piano, dopo non so quanti scalini, avevo scoperto che in realtà quella stanza era la mansarda, e subito dopo si trovava il tetto. mi ero accortto che tra le tegole di mattoni e le travi di legno c'era un enorme buco, dove si poteva scorgere nitidamente il cielo celeste macchiato da qualche nuvola candida. il pavimento era sempre di quel legno scuro, consumato dal tempo e dai numerosi tarli che lo abitavano.

<<c'è nessuno?>> mi ostinavo a chiamare il nulla, mentre osservavo la stanza intorno a me.

sulla parete sinistra, avevo intravisto come un piccolo camino, non riuscivo a capire bene cosa fosse, ma avevo notato che sul muro erano attaccate delle foto ritagliate. avvicinandomi avevo visto quelle figure, erano articoli di giornale dove raccontavano di bambini ciechi che potevano leggere grazie al braille, persone con le mani amputate che riuscivano a vivere comunque oppure protesi per le persone che avevano perso le gambe per colpa delle mine antiuomo. era inquietante, e in quel momento mi stavo spaventando tantissimo, le mie gambe quasi tremavano. ero tentato a darmela a gambe, defilandomi da tutte quelle sensazioni terrificanti che avevo. stavo per scendere di nuovo le scale, quando da sotto il tetto, avevo intravisto una figura irriconoscibile per colpa del buio avvicinarsi. ero bloccato, non riuscivo a muovere un solo muscolo. la figura si avvicinava sempre di più, ed io preso da un momento di coraggio, ero riuscito a dire qualcosa.

<<s-salve, sono felix, il rapp->> la voce mi moriva in gola.

quella figura, venuta alla luce del sole, era un ragazzo, non comune, e indietreggiavo verso la parete. sembrava quasi normale, se non fosse stato per il luccichio delle sue mani alla luce. al posto delle dita aveva lame di forbici, affilate e argentee. era alto, con una corporatura magra e vestito di un completo nero lucido. i cappelli corvini tutti arrufati, con qualche ciocca tagliata. il viso aveva delle curve dolci, un bellissimo viso, ma era cosparso di cicatrici su tutta la pelle. i suoi occhi erano vacui, vuoti e mi guardavano tristi, ed io non sapevo cosa fare davanti a quegli occhi scuri che scrutano la mia anima.

<<quelle sono le tue mani?>> avevo sussurrato avvicinandomi a lui. aveva semplicemente annuito, quasi spaventato quanto me.

<<che ci fai qui da solo? non hai una famiglia?>>

aveva scosso la testa, prima di aprire la bocca per parlare

<<no, m-mio padre si è addormentato e non si è svegliato più>> era quasi un sussurro impercettibile, e a me faceva tenerezza.

<<capisco... come ho già detto sono felix, tu come ti chiami?>>

<<h-hyunjin, mi chiamo hyunjin>>

<<è un nome bellissimo, hyunjin. ti dispiace se controllo i taglietti che hai sul viso?>>  gli avevo chiesto, preoccupato più che mai

<<no, n-non credo sia un problema>> ed ero così felice di poterlo aiutare in quel momento, pure stupito dalla fiducia con cui si era lasciato trasportare.

<<va bene, allora, potrebbe bruciare un pochino, ma poi ti sentirai meglio, prometto.>> 

lo avevo avvertito prima di aprire la valigetta e prendere un batuffolo di cotone per disinfettarli. fortunatamente avevo anche una crema per il viso, così mi ero avvicinato a lui, con il suo volto davanti al mio, distante circa quindici centimetri.

avevo imbevuto il batuffolo di acqua ossigenata e lo avevo passato più delicatamente che potevo sulla sua pelle ferita. all'inizio si era allontanato un po', ma poi era tornato alla stessa posizione di prima, attento ad ogni movimento che facevo.

<<come te li sei fatti?>> gli avevo detto, cicatrizzando un taglio sulla sua guancia sinistra.

<<beh, con le mie mani...>> aveva risposto guardandomi negli occhi, malinconici quasi da farmi piangere.

<<oh, scusa non ci avevo pensato in effetti, che stupido>>

<<non preoccuparti. non sei stupido, sei l'unico in anni e anni che mi sta aiutando.>>

in quel momento sentivo qualcosa dentro, volevo proteggerlo, non sapendo neanche perché.

<<ti fa male qui?>> gli avevo detto, dopo aver passato il cotone vicino al suo labbro inferiore, non avevo mai visto delle labbra belle come le sue.

<<no, non sento niente>>

dopo aver finito con il disinfettante, avevo preso in mano la crema per il viso.

<<questa ti aiuterà un po'>> gli avevo detto prima di spalmarne una noce di crema sulle sue guance. erano morbide rispetto a come me le immaginavo, ma erano gelate. continuava a guardarmi, come se volesse imprimere nella sua mente quel momento. e io gli sorridevo, e provavo ad essere più delicato possibile. 

<<ti dà fastidio?>>

<<no, è strana ma è una bella sensazione>> aveva detto sincero, e finalmente mi sentivo utile in qualche modo.

<<sono contento>> avevo detto, finito di far assorbire la crema.

<<ma non hai paura di me?>> mi aveva chiesto, piantando un'altra volta i suoi enormi occhi spenti nei miei.

<<per niente, sembri gentile>> avevo ammesso, ed era la pura verità.

<<senti, hyunjin, tu sei qui tutto solo, non ti andrebbe di andare giù in paese?>>

<<non so, se spavento le persone?>> aveva detto allarmato.

<<ci sono io con te, non spaventerai nessuno, vedrai che ti farebbe bene>>

<<mh, d'accordo allora...>>

<<bene, seguimi, ti porto a casa mia se non ti dispiace>>

<<credo mi piacerà>>

<<me lo fai un sorriso ora?>>
non aveva risposto, semplicemente aveva alzato gli angoli della bocca, assottigliando così gli occhi per via delle guance, facendo spuntare un sorriso timido.

e io lo avevo guardato di rimando, felice, recuperando la mia valigetta e scendendo insieme a lui per tornare a casa.


[ ⁕•⁕•⁕ ]

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