NON SONO UNA SPIA

By lovewillkillus

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Quando la giovane agente Althea Kelley viene improvvisamente trasferita a Boston per una missione di spionagg... More

Anonima
Benvenuta a Boston
Guerra all'ultimo squat
Esclusa
Che panico
Rialzati, agente Kelley
Errore mio
Basta distrazioni
In piedi
Sta' attenta
Non male, agente Kelley
Concentrati
La festa è finita
Torna a casa
Ti tengo d'occhio
Voglio evaporare
I capi sono brutti
Blackout
Oltre l'armatura
Allontanati
Il giardino segreto
Troppe emozioni
Di male in peggio
Tempo scaduto
Il mio posto preferito
Distrarre e fuggire
Segreto
Sono fottuta
Matthew
Non è un gioco
Ghiaccio al sole
Piano C
Due passi
Arrabbiati
Gelato
Inizia il gioco
Sconveniente
Ingenua
Bacetto
Seccatura
Momento di gloria
Insieme
Senza cuore
Tutto giusto
Scomodo
Non sono una spia

Dalla parte giusta

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By lovewillkillus

Il posto preferito di Evan Royden è il parcheggio sotterraneo di un edificio grigio e silenzioso.
Non dice una parola mentre spegne la macchina e si libera dalla cintura di sicurezza. Io sto tremando.
Non so perché, ma tremo come una fogliolina nella bufera.

«Ti chiedo di non fare domande», mi dice. «Ascolta bene: adesso io imboccherò il corridoio A mentre tu ti dirigerai verso il corridoio D», indica l'ingresso del corridoio di cui parla con un cenno della testa. Corrugo la fronte, ma non oso fiatare.
«Raggiungi il secondo piano», continua.
Corridoio D. Secondo piano. Okay, semplice. «Sulla destra troverai una porta nera. Entra e sali le due rampe di scale che ti porteranno al quarto piano».
Comincio a confondermi.

«Procedi lungo il corridoio, poi troverai un'altra porta. È una porta nera, con lo stesso colore del muro. È un effetto ottico. Controlla bene e riuscirai a trovarla».
Mi scappa una risata che gli fa inarcare un sopracciglio: «Cosa ti diverte esattamente?»
«Mi sta prendendo in giro», scuoto la testa senza riuscire a contenere la mia voglia di ridere.

«Sono serio», tuona. Oddio. La sua espressione impassibile mi fa capire che quest'uomo è serio per davvero.
«Una volta trovata quella porta...», continua. «Attraversa il corridoio e troverai un ascensore. Prendilo fino al quindicesimo piano».

Le mie tempie pulsano e prego la mia emicrania di non arrivare giusto ora, ma è inevitabile stressarmi davanti a queste circostanze. Non ricordo un bel niente delle indicazioni che mi ha dato. «Non capisco», ammetto. «Perché non possiamo procedere insieme? Cosa c'è al quindicesimo piano?».
La terrazza dalla quale ti farà precipitare. Ha scoperto che sei una spia e vuole toglierti di mezzo.
Stupido cervello. Smettila.
«Fa come ti ho detto», conclude, poi esce dalla macchina e inizia a camminare in direzione del corridoio A, sicuro del fatto che io eseguirò i suoi ordini.

Rimango bloccata sul sedile per qualche istante, il cuore che batte talmente forte da risuonarmi nelle orecchie.
Vorrei scappare via, ma la curiosità batte la paura e mi ritrovo a vagare per il corridoio D alla ricerca di una scala che mi condurrà al secondo piano.
Trovata.

Le mura sono tinte di un color nero opaco in contrasto con il pavimento in marmo chiarissimo che risplende sotto i miei piedi.
Si sente solo il rumore dei miei passi, poi c'è il silenzio assoluto. Dai portoni che oltrepasso non proviene nessun suono. È come se questo palazzo fosse stato costruito di recente per essere poi abbandonato. Mi vengono i brividi. Tutto è fin troppo nuovo e fin troppo pulito, ma non sembra esserci anima viva.

Salgo le scale e, dopo l'ennesimo corridoio, aguzzo la vista per cercare la porta nera di cui Evan parlava. Non riesco a individuarla subito, ma dopo aver tastato con i polpastrelli quasi ogni centimetro del muro riesco a scovarla. Una porta scorrevole che si mimetizza perfettamente. Strano.
Se dovessi sentirmi male e svenire qui dentro nessuno mi troverebbe per giorni, forse addirittura mesi.
Scaccio via la paura. Niente panico.
Non accadrà niente. Il signor Royden non mi farà del male. Perché diavolo ho lasciato la pistola a casa?

Sospiro di sollievo quando entro nell' ascensore e premo il tasto che mi condurrà al quindicesimo piano. Quando le porte si aprono il mio cuore perde un battito nel trovare una porta in legno scuro socchiusa. È un invito ad entrare?
Guardo a destra e a sinistra. Non c'è nessuno.
Perché tutto questo mistero?
Stringo i pugni e spingo piano la porta, poi entro e la richiudo alle mie spalle. Mi ritrovi davanti un ampio spazio living con i muri dipinti di un meraviglioso grigio perla.

«Hai incontrato qualcuno?», Evan si trova davanti alla cucina dal design moderno e con le superfici in marmo. Poggia una pistola sull'isola centrale in acciaio lucido e punta gli occhi scuri su di me.
«No», mi trema la voce. E le gambe. Forse dovrei sedermi.
Alla destra del capo dipartimento si espandono ampie finestre a tutta altezza che offrono una vista mozzafiato su Boston. Le luci della città si riflettono sull'acqua del fiume Charles. Questo posto è incantevole. Potrebbe diventare anche il mio posto preferito.

«Sei sicura?»
«È praticamente un palazzo fantasma. Mi sarei accorta della presenza di altri esseri umani a parte me», sbotto. «Signore», aggiungo dopo una sua occhiataccia.
Si abbassa e tira fuori dalla caviglia un coltello ricoperto da una custodia marrone. Lo poggia accanto alla pistola.
Deglutisco. Sento una gocciolina di sudore freddo scivolare lungo la mia schiena. La testa comincia a farmi male seriamente.

Ti prego, Althea, non svenire. «Siediti pure», indica una delle sedie in velluto color champagne che circondano il tavolo in legno massello scuro.
Obbedisco senza fiatare. Anzi, sono felice di sedermi. Le mie gambe non avrebbero retto ancora per molto tempo.
Lui si muove con eleganza per la cucina e mi concedo un lunghissimo e profondo respiro quando si gira di spalle per prendere due bicchieri d'acqua.
Me ne porge uno e lo afferro alla svelta, fingendo di ignorare la scossa elettrica che percepisco quando le mie dita sfiorano le sue. Bevo tutto d'un sorso sotto il suo sguardo attento e davanti ad un ghigno divertito.

«Hai avvertito la sensazione di essere osservata?»
«No, signore», credo. Non ho percepito un bel niente.
«Va bene», prende posto su una sedia accanto alla mia. Adesso che la sua figura imponente si è abbassata di un bel po' di centimetri dovrei sentirmi meno intimorita, ma la verità è che la sua vicinanza mi manda il cervello ancora più in confusione di prima. Che panico. Non sto capendo niente.
Che facciamo qua?

«Vuoi parlarmi di qualcosa?», è rilassato, calmo. Tutto il contrario di me. Picchietta le dita contro la superficie del tavolo in attesa di una mia risposta.
«Posso sapere perché siamo qui?»
«Perché il tuo ficcanasare in giro comincia a darmi fastidio», risponde schietto.
«Io non...», mi ammonisce con lo sguardo e mi zittisco. Okay. Forse mi sono fatta scoprire troppo in fretta.
«Adesso ti farò delle domande», m'informa. «E tu risponderai»
«Mi sta trattando come una criminale»

«Credimi, agente Kelley, non tratto i criminali con così tanta cortesia»
«Dovrei sentirmi sollevata?»
«Dovresti», dice. Si concede qualche istante per studiare a fondo ogni parte del mio viso, poi continua: «Qualcuno ti ha chiesto informazioni sulle nostre attività?».
Okay. Sta succedendo davvero.
«No, signore. Davvero credo ci sia stato un fraintendimento tra noi»
«Hai avuto richieste strane da parte di qualcuno che non conosci?»

«No, signore»
«Ti sta minacciando qualcuno?»
«No, signore. Tutto procede normalmente»
«Perché mi segui?», preme i gomiti sul tavolo e si sporge in avanti, piazzando il suo viso a pochissima distanza dal mio.
È così vicino che potremmo baciarci senza fare nessun movimento. Gli sto fissando le labbra. Cavolo.
Torno a guardarlo negli occhi e trattengo il fiato. È bellissimo.
«Non la stavo seguendo»
«Non mentirmi, Darlene», il suo tono si ammorbidisce quando pronuncia il mio secondo nome, ma tutto nella sua postura rigida grida autorità e fastidio. È infastidito da me? Dalla mia presenza? Lo irrito?

«Ha paura di essere seguito, signor Royden? Nasconde qualcosa?», che diavolo ho appena detto?
«Tu nascondi qualcosa», la sua non è una domanda. Ne è più che certo. «Chi ti manda, agente Kelley? Per conto di chi stai indagando?»
«Nessuno».

Non mi crede, ma qualcosa nel modo in cui sorride soddisfatto mi fa capire che è giunto a delle sue conclusioni personali. Si alza e finalmente torno a respirare. Stringo gli occhi per via della mia emicrania che comincia a farsi spazio nella testa.  «Nel nostro dipartimento ci sono state delle fughe di informazioni», mi informa. «Prima del tuo arrivo», chiarisce.
Lo so.

«Mi auguro che tu non sia l'ennesima scocciatura, agente Kelley. Contieni la tua curiosità e sta attenta alla gente di cui ti fidi».
A cosa si riferisce?
Cavolo, ogni parola che esce dalla bocca di quest'uomo è un enigma. Non può parlare chiaramente?
«E ti consiglio di fidarti del tuo capo dipartimento», apre il frigo e controlla distrattamente ciò che c'è al suo interno. Compie gesti di naturale tranquillità mentre io sono qui a morire di ansia.

«Va bene, signore». Mi alzo anch'io e apro e chiudo i pugni per allentare la tensione nelle dita. Lui continua a studiare il frigo come se fosse un affare di stato ed io non so cosa fare.
«Posso andare, signore?»
«No», sceglie di prendere un avocado e dei pomodori, «Se quello che penso è corretto, agente Kelley, tu dubiti di me. Per questo mi segui: credi che io stia facendo qualcosa di sospetto», recupera un tagliere e lo poggia sull'isola, ben distante dalla pistola e il coltello.

Non dubita del comandante Barrett. Crede che io lo stia seguendo per motivi etici personali.  
«Chi erano quegli uomini alla festa?», tanto ormai ha capito che non mi fido di lui.
«Brutte persone», taglia un pomodoro e lo riduce a cubetti.
«La temono o la rispettano?», mi avvicino più a lui, ma muovo nuovamente un passo indietro quando mi guarda intensamente prima di rispondere: «Tu cosa credi?»

«Mi ha protetta con un bacio sulla fronte», rifletto. «Ciò mi induce a pensare che lei non stima quegli uomini e ne riconosce la pericolosità. Mentre loro la temono. Mi chiedo solo... Lei da che parte sta?»
«Dalla parte giusta», taglia un altro pomodoro.
«E gli uomini che ci hanno inseguito?»
«Altre brutte persone»
«Volevano farci del male?»
«Sono state arrestate», mi rassicura. «Non saranno più un problema»

«Perché mi ha portata con sé quando aveva organizzato un'azione senza coinvolgere nessuno del mio team?», approfitto della sua strana propensione a rispondere. Forse vuole solo ingannarmi. Forse vuole ottenere la mia fiducia.
«Non potevo lasciarti lì», ammette. «Non dopo aver lasciato intendere che tu eri con me». Prende una ciotola di legno e inizia a schiacciare l'avocado. «E non ho coinvolto nessuno del team per la buona riuscita dell'operazione. Le informazioni girano troppo in fretta ultimamente».
Decido di non rispondere.

Tutto ha un senso, ma continua a mancare qualche pezzo nel mio puzzle. Vorrei fare altre cento domande, ma capisco perfettamente di non dover forzare la mano. Dice la verità? Sta mentendo per confondermi le idee? È un traditore oppure no?
«Quindi questo è il suo posto preferito?», mi avvicino alle vetrate e provo a non assumere un'espressione estasiata davanti alla vista mozzafiato.
«Non esattamente», continua ad armeggiare in cucina senza mai degnarmi di uno sguardo.

«È incantevole», lo guardo grazie al riflesso sulle finestre. Non so se sto parlando del panorama. «Questa è casa sua?»
«A volte», mormora. A volte.
È snervante. Le mie tempie pulsano e chiudo gli occhi per massaggiarle con due dita. Ho la nausea.
Perché mi sono agitata così tanto?

«Mangia», Evan spinge verso di me la crema di avocado e pomodorini che ha preparato, accompagnata da un contenitore colmo di nachos. «Dovrei avere delle pasticche per il tuo mal di testa qui da qualche parte»
Non gli ho detto di averlo.
Schiudo le labbra e corrugo la fronte: «È per me?»
«Se ti va», apre uno sportello e recupera una cassetta trasparente colma di medicine. Ha una farmacia qui dentro, praticamente.

«Perché siamo qui?», davvero non capisco. Tutta la situazione mi sta confondendo.
«Perché ho dei piani per te, agente Kelley», finalmente mi guarda. «Ma prima devi imparare a difenderti. Ora mangia e prendi un'aspirina. Non abbiamo tempo da perdere».
Oh, no.

Buonasera!!
Come state? Spero tutto bene.
Ecco a voi un nuovo capitolo.
E preparatevi al prossimo perché sarà scoppiettante.
Evan e Althea passeranno mooolto tempo insieme.
Il nostro signor Royden ha dei piani.
Che cosa avrà in mente?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacione ❤️

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