Good Positions II

By Margherita_Fossena

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🔴***Questa storia contiene linguaggio volgare e scene esplicite***🔞 Emma dovrà affrontare il ritorno alla I... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
🔴Capitolo 11🔴
🔴Capitolo 12🔴
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22

Capitolo 5

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By Margherita_Fossena

I due si erano alzati tardi e avevano fatto una colazione abbondante. Mattia si era preso un'aspirina per combattere il mal di testa con cui si era svegliato e aveva annunciato che quel giorno non avrebbe studiato nemmeno se glielo avesse chiesto il Rettore in persona. Emma aveva annuito e si erano accordati su una passeggiata nel pomeriggio, dopo il pranzo. Ma Mattia non si era del tutto ripreso e dopo mangiato vomitò tutto quello che aveva in corpo dalla sera precedente ed Emma dovette fargli da infermiera. O meglio: gli portava da bere, gli vietava di mangiare quello di cui lui aveva voglia, gli impediva di fumare le sigarette e si occupava di fargli prendere le medicine che gli servivano per stare meglio. 

"Chi l'avrebbe detto che accettando di passare qualche giorno insieme a te mi sarei ritrovata con un moribondo in casa."

"Un moribondo molto carino" cercò di sdrammatizzare lui sdraiato sul divano con un cuscino dietro la schiena. Sorseggiava un bicchiere di acqua calda e limone lamentandosi dopo ogni assaggio di quanto fosse disgustoso e accusandola di trarre vantaggio dalla sua indigestione per prenderlo in giro.

"Sempre un moribondo rimane" concluse lei sbuffando al commento del biondo. Lui si tirò leggermente più su e poggio il bicchiere con quello strano intruglio su un tavolino, poi la guardò negli occhi e si sentì un peso.

 Le fece un sorriso tenero e fece per alzarsi: "Grazie di tutto, ma non voglio tenerti qua a badare a me. Vado a casa."

Emma cercò con tutta se stessa una scusa valida per far si che lui rimanesse li con lei, ancora un po', e si appigliò con le unghie e con i denti al fatto che stesse troppo male per guidare. Mattia cedette e lei sospirò sollevata all'idea di aver vinto quella battaglia di portata insignificante e allo stesso tempo notevole. La giornata sfumò in fretta sotto i loro occhi. Mattia riposò a lungo durante il pomeriggio; essere nel silenzio, in un letto comodo sicuramente fu per lui un toccasana perché uscì dalla stanza di Emma per la cena, carico a molla e vorace come quando si era privato di carboidrati qualche anno prima e poi aveva visto una pizza.

Emma non si vide con Viola e Aurora rifiutando l'invito e, quando alla fine Mattia dovette tornare a casa sua, lei attese il rientro al campus da sola. Viola l'aveva chiamata e le due avevano chiacchierato a lungo, ma nessuna delle due toccò mai l'argomento di Samuele o di Edoardo. Ad Emma, in realtà, il fidanzato della sua amica piaceva molto. Lo trovava un bravo ragazzo, simpatico e rispettoso, eppure non riusciva a fidarsi ciecamente di lei perchè sapeva che Viola avrebbe ricominciato tutto da capo e avrebbe sorvolato tutto e tutti pur di fare di testa sua. L'avrebbe sostenuta sempre, ma non avrebbe nascosto il suo fastidio.

Passò qualche giorno e l'inizio dell'università si avvicinava sempre di più, Emma passava tutto il suo tempo libero a studiare. Ripensò con rammarico all'entusiasmo con cui aveva cominciato l'anno precedente vivendola come una nuova magnifica avventura, ma il secondo si prospettasse più problematico, più agitato. Quanto meno sarebbe andata via di casa e non avrebbe dovuto più condividere la vita quotidiana con i suoi genitori.

Si organizzarono tutti insieme via messaggio: sarebbero andati con due macchine, come al solito, ma oltre Mattia si offrì Viola. Il biondo, dopo aver letto quel messaggio corse a scrivere in privato ad Emma e le propose di scendere alla IUR con lui e Alessandro invece di andare con le ragazze. A lei in fin dei conti cambiava poco, l'importante era arrivare sani e salvi e, soprattutto in tempo, all'università e quindi accettò senza rifletterci troppo a lungo. Prese a prepararsi le valigie infilando in una l'essenziale e nell'altra il superfluo che comunque avrebbe voluto portarsi dietro. I suoi bagagli erano grandi e pesanti e lo comunicò a Mattia con una battuta e lui, dopo aver sbuffato, si propose di passare a prenderla per ultima così che avrebbero potuto incastrarli per bene nel bagagliaio.

La mattina della partenza, anche se si trattava degli ultimi sgoccioli dell'estate, Emma aveva addosso una felpa perché il freddo si faceva sentire alle prime ore del giorno. Preferì vestirsi a strati in modo da togliergli o aggiungerli qualora ne avesse avuto bisogno. Salutò con un abbraccio Alessandro dato che non lo vedeva da un po', gli diede un bacio sulla guancia e lui le offrì il posto davanti. Emma scosse la testa e si infilò velocemente nei sedili posteriori annunciando che avrebbe dormito per la prima metà del viaggio. Mattia la svegliò quando fu ora di pranzo e si fermarono a mangiare un trancio di pizza prima, presero un caffè.

"Ho tempo di fumare una sigaretta prima di ripartire?" chiese Emma e gli amici si unirono a lei per tenerle compagnia.

"Serve anche a me" annuì Mattia.

Emma lo guardò mentre si preparava a creare una sigaretta con il tabacco e le cartine; sembrava essere migliorato dall'ultima volta che Emma lo aveva corretto e non capì come. Sicuramente si era allenato, ma in tutto il tempo in cui erano stati insieme avevano fumato poco e comunque lui aveva preferito le classiche sigarette bianche col filtro arancione. Emma gli fece un complimento e lui le strizzò l'occhio in risposta. Infine, dopo aver scherzato, i tre presero posto in auto e ricominciarono a viaggiare verso l'università. Alessandro le chiese ancora se preferisse sedersi davanti, ma Emma lasciò quel posto all'amico. Ormai mancava molto poco all'arrivo ed Emma preferì rimanere seduta dietro per usare il cellulare e ascoltare le chiacchiere fra i due senza necessariamente intromettersi per dire la sua. Alessandro parlava di Simone e di quanto fra loro andasse bene, di come era certo di aver trovato l'uomo della sua vita. Mattia, al contrario di quanto Emma si sarebbe aspettata, non si lasciò andare a commenti volgari o infantili. Al contrario, fece un sacco di complimenti all'amico e gli espresse delle sincere congratulazioni, poi gli fece qualche domanda e si fece raccontare di più. Forse, era la prima volta che Mattia vedeva due persone innamorate per davvero. Nemmeno i suoi genitori avevano funzionato come esempio.

Emma era assorta nella sua musica e nei suoi pensieri, ma quando allungava l'orecchio e ascoltava le conversazioni dei due ragazzi, qualche sorriso le spuntava sulle labbra e lei non riusciva a fare a meno di trovare adorabile Mattia che imparava i sentimenti dal suo amico Alessandro. Erano un quadretto carino, due colori complementari, opposti: eppure, come in ogni opera d'arte, sapevano tirare fuori il meglio l'uno dall'altro e si spronavano a brillare quando erano vicini.

I ragazzi scesero dalla macchina e si aggiunsero ad Aurora e Viola. La mora era al cellulare e, infatti, poco dopo li raggiunse Samuele. Simone avrebbe tardato, lo sapevano già tutti. Il gruppo si concesse un caffè e, dopo qualche chiacchiera frivola, si congedarono ognuno nella propria stanza per sistemarsi il prima possibile, accordandosi per riunirsi tutti insieme quella sera per cenare in mensa.

La porta della sua stanza era socchiusa e dall'interno provenivano rumori di mobili e ante che venivano sbattute con irruenza.

Emma la spinse delicatamente con una mano per aprirla e sospirò pesantemente; sapeva che ci avrebbe trovato la sua coinquilina e, purtroppo, Marta non era il tipo di persona che le piaceva avere intorno, tanto meno per condividerci una stanza. Marta era il motivo per cui nessuno, se non ogni tanto, aveva messo piede per più di mezz'ora dentro la camera di Emma se cercavano lei. Le amiche di Marta, invece, sembrava vivessero con loro. Emma cercava qualsiasi scusa per andarsene e piuttosto preferiva restare tutto il giorno fuori e rientrare stanca morta solo per dormire. Nemmeno Mattia aveva visto la sua stanza perché, quella volta in cui aveva bussato, lei lo aveva cacciato in fretta e quando lo chiuse fuori si era sorbita per ore i discorsi di Marta, logorroica e civettuola come nessun altro.

L'anno precedente era stato un periodo di prova piuttosto lungo per lei e Marta non lo aveva superato. Non ci avrebbe convissuto per altro tempo. Emma sarebbe corsa in segreteria sventolando in una mano il regolamento di istituto in cui c'erano elencati i suoi diritti, nell'altra una lettera scritta per il Rettore in persona con la sua richiesta formale. In tasca qualche contante, per precauzione.

"Emmina!" la voce squillante di Marta perforò i timpani di Emma colpendola in testa come un martello nei vecchi cartoni animati. La coinquilina stava sistemando l'armadio, aveva già disfatto la sua valigia e stava cercando di infilarla sotto al letto. Quando vide la ragazza, Marta corse verso di lei per abbracciarla, ma Emma si scansò in fretta cercando di usare i bagagli pesanti che portata come scusante.

"Mamma mia! Sei proprio rimasta acida! L'estate non ti ha per nulla rallegrato?" domandò lei scoppiando in una risata stridula mentre sistemava le lenzuola e le coperte.

Emma non rispose, per nulla divertita ne dalla sua compagna di stanza, ne dalla squallida battuta. Poggiò la sua valigia a terra e iniziò a tirare fuori il necessario per rifare il suo letto, poi prese degli abiti che necessitavano di essere appesi per evitare grinze, ma, non appena aprì l'armadio, la rabbia le montò in corpo, dai capelli fino ai piedi.

"Che cazzo è successo qui?" chiese Emma cercando di contenersi. La parte che avrebbe dovuto usare lei era rotta, l'asta per appendere i panni era distrutta. Rimanevano un paio di cassetti dove Emma avrebbe potuto riporre poco o niente di tutta la sua roba.

"Eh, si. Si è rotto" alzò le spalle Marta restando sul vago senza nemmeno girarsi a guardare il danno o Emma.

"Tu l'hai rotto! Adesso prendi le tue cose e le metti qua, io non sistemo i miei vestiti in questo coso, nemmeno se mi paghi!"

"Emmina, dai! Li non c'entrerebbero nemmeno due stracci! Come faccio a metterci tutta la mia roba?" parlò Marta ridacchiando con un'espressione ingenua che iniziava ad infastidire parecchio la ragazza. La sua risata sembra più simile a uno squittio di un topo.

Emma si sentì ribollire il sangue nelle vene: "Appunto!"

"Non alzare la voce! Invita il tuo amico muscoloso e fattelo sistemare! Non è una tragedia, calmati!"

"Io non chiamo nessuno per riaggiustare quello che hai rotto tu!" rispose Emma agitando le braccia al cielo come una dannata pazza; era passata circa un'ora da quando aveva messo piede nel campus e già aveva voglia di commettere un omicidio. E non aveva ancora visto Edoardo.

"Stai calma!" rispose quella alzando gli occhi al cielo "Dio mio...se mi dai il suo numero lo chiamo io" continuò facendo poi un occhiolino alla ragazza e mettendosi in una posa ridicola che però, a quando pareva, lei trovava sensuale.

Emma, completamente perso ogni spiraglio di lucidità davanti a quello spettacolo osceno, andò diretta verso Marta e per la prima volta la vide davvero intimorita. Le puntò con violenza un dito sul petto, poco sotto il collo e le ringhiò in viso: "Andava bene quando mi sparivano le mie cose dal frigo, andava bene quando prendevi in prestito la mia roba per lavarti senza chiedere, ho anche lasciato stare che non ho trovato più alcune penne e alcuni quaderni e poi ho chiesto la seconda borraccia all'università perché la mia era stranamente scomparsa. Ma questo no, Marta, questo no!"

"Emmina, sul serio, tranqui-" provò a balbettare Marta mentre le si arrossava la pelle sotto la pressione del dito di Emma.

"Stai zitta! Ho portato anche fin troppa pazienza! Io adesso vado in segreteria e segnalo il problema così sarai tu a pagare i danni. E, quanto è vero che sei la persona più fastidiosa sulla Terra, io adesso vado dal Rettore a imporgli di farti cambiare stanza. A costo di sfondargli la porta!"

Emma lanciò sul letto la maglietta che aveva in mano come fosse uno strofinaccio, senza curarsi di nulla, prima di chiudersi la porta alle spalle si voltò verso Marta e le urlò: "Non toccare niente della mia roba. È la volta buona che ti strappo tutti quei peli dalla testa!"

"Pensa ai tuoi..."piagnucolò Marta. Aveva tutta l'aria di una bambina che faceva i capricci con le braccia incrociate.

La previsione di Emma si concretizzò in fretta, solo con più rabbia di quando si sarebbe aspettata. Quindi decise che era arrivato il momento e lei si sentì di aver superato ogni limite esaurendo la sua tolleranza, che già di per se era poca.

Sbatté la porta e si diresse a passi grandi e pesanti, dati i soliti anfibi neri che portava, prima verso la camera di Mattia. Lui le aprì con un sorriso confuso che scemò subito dalle sue labbra quando la vide inferocita. Emma entrò come una furia scavalcando tutta la roba per terra e iniziando a camminare avanti e dietro: "Prendi una penna e scrivi."

Mattia, anche se attonito, obbedì all'istante quando si accorse che era seriamente arrabbiata e si fiondò verso la scrivania per prendere una penna e un foglio, si mise a sedere e annuì ad Emma per indicarle che poteva iniziare a dirgli cosa scrivere. Aveva timore di parlare e restò in silenzio comunicando con cenni del capo. Emma prese a dettare e lui aprì bocca solo un paio di volte per ripetere qualcosa che non aveva capito o tenere il filo del discorso mentre lo scriveva. La ragazza continuava a camminare per la stanza, nevrotica, poi chiese a Mattia di rileggere quella che, una volta firmata da Emma, sarebbe diventata la richiesta formale che avrebbe mandato al Rettore per farsi cambiare compagna. Prima di firmarla fece aggiungere a Mattia una postilla in cui consigliava caldamente al Rettore di lasciarla in stanza da sola, se possibile. Quando terminò aggiungendo per sicurezza anche il suo numero di matricola, uscì come un tornado dalla stanza di Mattia, con la stessa velocità con cui era entrata e nemmeno si accorse che il ragazzo le stava andando dietro.

Si diresse verso la segreteria e sgomitò fra gli studenti per arrivare per prima; per fortuna non c'era nessuna fila da rispettare. Emma stampò una manata sul bancone in vetro e la segreteria anziana sussultò all'impattò. La ragazza ci lasciò la lettera e diede qualche colpo fiero al foglio: "Qui c'è una lettera per il Rettore e, si fidi, è molto importante. Può portargliela lei? È davvero urgente, mi raccomando."

"Va bene, me ne assicurerò personalmente. Arrivederci" disse la donna. Emma le abbozzò un sorriso e usci dall'edificio. Si scontrò quasi con Mattia e lui la prese per le spalle tenendola ferma: "Ho capito cosa succede, ma ti prego: tranquillizzati! Andiamo a prendere un caffè."

Emma prese un respiro profondo e si diresse verso il chiosco insieme a Mattia, si lasciò cadere su una sedia libera come fosse un sacco di patate e attese che il ragazzo prendesse l'ordine e lo portasse al tavolo.

"Neanche fossi un cameriere" borbottò lui posando le tazzine sul tavolino e prendendo posto davanti a lei. Forse si aspettava una battuta piccata o un insulto in risposta, Emma semplicemente accennò un sorriso e si scusò.

Lei tralasciò in fretta le buone intenzioni di Mattia e attaccò a lamentarsi: "Quella li mi fa saltare i nervi! Parla sempre di cose stupide, mi ruba la roba e mette sempre le mani tra le mie cose. Ti giuro Rae, ti giuro su Dio che ho provato a portare pazienza e a farlo notare con calma, ma quella lì è davvero insopportabile!"

Mattia annuiva celando a stento il divertimento che gli suscitava la reazione di Emma. Lei ne aveva già parlato con lui, l'amico sapeva dal primo momento che la sua compagna di stanza avrebbe portato Emma all'esasperazione, ma non immaginava che ci sarebbe voluto così tanto, a differenza di Emma.

"Ci hai messo anche troppo a sbottare" le diede corda, infatti, il suo amico.

"Perché volevo una convivenza pacifica!" continuò lei. Prese un momento di pausa e poi alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa con una smorfia di disgusto e rancore sul viso che le arricciò il naso e le aggrottò le sopracciglia: "poi lo fa sempre con quel sorrisetto ebete che veramente...ha una faccia da schiaffi! Sembra proprio che ti chieda di metterle le mani addosso!"

"Però, forse, dovresti rilassarti un attimo. Hai troppa rabbia repressa..." accennò Mattia. Emma lo fulminò con lo sguardo pronta ad avventarsi anche su di lui, ma si fermò appena lo sentì ridere.

"Che faccia!" le disse mentre era piegato in due tenendo una mano sulla pancia.

"Non c'è niente da ridere, stupido" brontolò lei sistemandosi sulla sedia e bevendo il suo caffè macchiato tutto d'un fiato.

"Dai, non preoccuparti, Deo! Sicuramente il Rettore farà qualcosa. Voglio dire, non solo hai manifestato del disagio e hai fatto richiesta di spostarti, hai anche denunciato un danno che lei non avrebbe mai confessato. Magari non la punisce, ma qualcosa farà per te, no?"

Emma annuì concordando col suo discorso e sperò che sarebbe avvenuto il prima possibile.

Non accennò al fatto che quella ragazza, avendo visto Mattia anche se per istante dietro la porta della camera, si fosse lasciata andare con commenti sul ragazzo e apprezzamenti vari e deliranti. 

"Aurora aveva ragione" sentenziò Emma ricordando la conversazione che avevano avuto in villa, di cui ovviamente Mattia non sapeva niente siccome si era parlato anche di lui "entro quest'anno mi verrà l'ulcera allo stomaco. Se cominciamo così già mi immagino come andrà a finire" sospirò esausta strofinandosi il viso con le mani. Mattia si lasciò sfuggire una risatina ed Emma concluse definitivamente il discorso pregando di non trovare quella ragazza in camera quando lei sarebbe rientrata. 

I due amici si salutarono un'oretta dopo, poco prima della cena poiché avevano ancora da sistemarsi nelle stanze. Emma sbuffò non avendo idea di come avrebbe fatto a trovare posto per le sue cose e decise che ci avrebbe pensato dopo aver cenato con gli altri in mensa. Non aveva sentito le sue amiche e non aveva raccontato dell'arrabbiatura di quel giorno; avrebbe riaperto il discorso per parlarne con loro solo quando avrebbe trovato una soluzione. Si accese una sigaretta e la fumò in fretta fuori dall'edificio, poi tornò nella sua stanza dove, fortunatamente, non trovò la sua coinquilina che probabilmente era già in mensa.

Si fece una doccia veloce per scaricare la tensione, cercò dei vestiti comodi nella valigia e si cambiò per uscire e andare a cenare. Quando entrò nella sala vide da lontano i suoi amici e Alessandro alzò una mano per farsi notare; Emma si diresse in fretta verso di loro e prese posto.

"Auri ti ha preso un vassoio" le disse Mattia, seduto accanto a lei. La ragazza sorrise e ringraziò la sua amica. Riuniti intorno al tavolo, la comitiva prese a chiacchierare del più e del meno. Emma restò per la maggior parte del tempo in silenzio limitandosi a commentare quello che raccontavano gli altri. Simone e Samuele parlottavano tra loro legati dal fatto di essere i due membri nuovi del gruppo di amici. Di Edoardo nessuna traccia.

La cena dei ragazzi venne interrotta da un annuncio che proveniva dagli altoparlanti: "Cadeo Emma è richiesta nell'ufficio del Rettore."

Gli amici si immobilizzarono sul posto, preoccupati che fosse successo qualcosa ad Emma o che lei avesse combinato un guaio. Non era da tutti essere chiamati dal Rettore in persona, soprattutto durante il primo giorno mentre gli studenti erano a cena. La voce meccanica lo ripetè una seconda volta mentre Emma si alzò per uscire dalla mensa: "Tranquilli" disse semplicemente. Mattia fu l'unico a rimanere calmo perché conosceva già la situazione ed Emma gli diede una pacca sulla spalla per far si che la raccontasse agli altri.

Velocemente, Emma raggiunse l'ufficio del Rettore e prese un respiro profondo. Dalla porta a vetri vedeva l'uomo intendo a leggere delle scartoffie sulla scrivania. Lei bussò e l'uomo alzò lo sguardo invitandola ad entrare. La ragazza salutò e si mise a sedere du una delle sue poltrone poste davanti alla grande scrivania, l'uomo incrociò le mani. Sotto di esse c'era la lettera scritta a mano da Mattia.

"Buonasera a lei, Signorina. Vorrei parlare della richiesta che ha ricevuto da parte sua. La segretaria mi l'ha consegnata e mi ha riportate che lei ha espresso una certa urgenza" iniziò l'uomo. Il Rettore era un uomo imponente e autoritario, sembrava una di quelle persone gentili e composte che sapevano essere serie se provocate. Sperò anche che fosse un uomo giusto.

La ragazza annuì in risposta cercando di restare seria e decisa nel rimanere ferma nella sua posizione qualora non avesse accettato la sua richiesta.

"Ho letto la sua lettera e ci tengo ad avere delle precisazioni. Vuole spiegarmi meglio? Io qui ho anche una mail firmata da lei e dalle signorine Labadini e Vasile, prima ancora che voi iniziaste il primo anno di corsi. Prego" le fece cenno l'uomo.

"Si. Grazie. Io e le mie amiche abbiamo espresso una preferenza prima di iniziare a frequentare la IUR sapendo che le stanze erano per coppie di studentesse. Non sarebbe stato un problema per me stare con un'altra ragazza e sono contenta che siano state loro due a capitare insieme. Però, mi spiace dirlo, non mi trovo per niente con la mia compagna di stanza e non sono per nulla serena all'idea di doverci vivere insieme per almeno due anni."

"Vuole dirmi cosa è successo?" chiese il Rettore mentre annuiva.

Emma spiegò la situazione, raccontando di ogni episodio di disagio che Marta le aveva causato. Mostrò all'uomo l'e-mail con la ricevuta di pagamento della borraccia dell'università perché quando ne aveva chiesta un'altra aveva dovuto pagarla. Il Rettore restò in silenzio durante tutto il racconto di Emma, poi scosse la testa e fece qualche domanda di chiarimento solo quando lei arrivò al punto in cui Marta aveva rotto l'armadio, aveva cercato di passarla liscia e aveva rifilato quel disastro ad Emma.

Le domandò, senza esprimere nessun parere, se avesse altro da aggiungere.

"No" rispose lei ferrea sapendo che presto sarebbero arrivati i provvedimenti. Il Rettore si sporse verso il lato sinistro, prese il mano la lettera che Emma gli aveva fatto recapitare e strizzò gli occhi per leggere bene.

Premette un pulsante e richiamò Marta nel suo ufficio. Poco dopo la ragazza fece capolino dalla porta a vetri e si mise a sedere con le braccia incrociate nella poltrona affianco ad Emma. Le lanciò un'occhiataccia, poi si girò dalla parte opposta alzando gli occhi al cielo.

"Buonasera signorina, siamo qui perché la sua compagna di stanza ha sporto diverse lamentele. Vorrei chiedere cosa ne pensa anche lei" comunicò l'uomo.

"Penso che è una pazza che si è inventata tutto! Ho preso le sue cose senza avvertire, va bene, però tra coinquiline si fa! Io non ho fatto nulla!"

"Si calmi" ordinò l'uomo facendosi serio e scuro in volto "e per l'armadio? Quella è proprietà della IUR."

"L'armadio si è rotto" alzò le spalle Marta.

"L'hai rotto" la corresse Emma ancora una volta. Marta si girò e la insultò. Il Rettore batte un paio di volte la mano sul grande tavolo per indurle al silenzio e, dopo aver posto numerosi quesiti alle due per essere certo sul da farsi, decretò che avrebbe trovato una stanza singola e l'avrebbe lasciata ad Emma. Marta avrebbe avuto un'altra compagna di stanza e avrebbe dovuto pagare i danni entro una settimana.

Emma su soddisfatta sia per la punizione che era stata data a Marta, sia per il premio dato a lei. Non vedeva l'ora di spostare le sue valigie nella sua stanza personale. Suonava davvero bene, era davvero una bella prospettiva. Emma si congedò e salutò il Rettore con un mezzo sorriso e una forte stretta di mano, anche se l'uomo restò impassibile mentre si sorbiva i capricci di Marta che protestava. Uscì dall'ufficio e tornò svelta verso la sua stanza per prendere tutte le sue cose e infilarle alla buona nelle valigie. Quando passò davanti all'armadio gli lanciò un'occhiata pensierosa e con un ghigno smontò un pezzo per aggravare il danno di Marta. Poi uscì velocemente dalla sua camera, lasciò tutte le sue cose in segreteria e si fumò una sigaretta fuori dall'edificio. La segretaria le disse che il Rettore si sarebbe fatto vivo in poco tempo e che lei sarebbe dovuta restare li in attesa. Emma ringraziò per l'informazione con un sorriso sincero, senza sforzarsi di mascherare l'entusiasmo che la pervadeva.

Alla fine saltò la cena. Non fece in tempo a tornare in mensa poiché era intenta a sistemare la sua stanza privata. Era piccola, era funzionale e comoda: perfetta.

Le pareti erano dello stesso colore della precedente, aveva una finestra ampia e un letto singolo, una scrivania ad angolo su cui si alzava una libreria. Le prese c'erano e il frigo anche. La ragazza potè ritenersi pienamente soddisfatta. Il bagnetto era spoglio, ma sarebbe stata lei a conferirgli un'aria vissuta.

Le sue amiche le chiesero il numero della stanza e la raggiunsero poco dopo con il cibo che non era riuscita a finire e le tre, tutte insieme, passarono una serata allegra e spensierata fatta di pettegolezzi, chiacchiere e insulti alla ex coinquilina di Emma. 



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