NON SONO UNA SPIA

By lovewillkillus

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Quando la giovane agente Althea Kelley viene improvvisamente trasferita a Boston per una missione di spionagg... More

Anonima
Benvenuta a Boston
Guerra all'ultimo squat
Esclusa
Che panico
Rialzati, agente Kelley
Errore mio
Basta distrazioni
Sta' attenta
Non male, agente Kelley
Concentrati
La festa è finita
Torna a casa
Ti tengo d'occhio
Voglio evaporare
I capi sono brutti
Blackout
Oltre l'armatura
Allontanati
Il giardino segreto
Troppe emozioni
Di male in peggio
Tempo scaduto
Il mio posto preferito
Dalla parte giusta
Distrarre e fuggire
Segreto
Sono fottuta
Matthew
Non è un gioco
Ghiaccio al sole
Piano C
Due passi
Arrabbiati
Gelato
Inizia il gioco
Sconveniente
Ingenua
Bacetto
Seccatura
Momento di gloria
Insieme
Senza cuore
Tutto giusto
Scomodo
Non sono una spia

In piedi

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By lovewillkillus

Non riesco a fare amicizia.
Sono a Boston da due settimane e non sono riuscita ad instaurare un briciolo di legame con nessuno, a parte Smith. Ma lui non conta. Non posso uscire a cena con lui o fare una serata alcolica. Credo.
È strano. Di solito riesco a socializzare, ma alla centrale nessuno sembra fidarsi di me. Eppure sono sempre gentile e pronta al dialogo.
Mi lascio cadere sul divano, tiro un respiro profondo e avvio una videochiamata con le mie due migliori amiche: Mia e Sarah.

I loro volti appaiono sullo schermo ed io sorrido istintivamente. Mi mancano.
E se ripenso a come è iniziata la nostra amicizia mi compaiono le lacrime agli occhi. Ero sola. Proprio come ora.
Avevo appena perso i miei genitori ed era il mio primo giorno in una nuova scuola. Ero spaesata, nervosa. Sono state loro a trovarmi mentre cercavo un posto in cui sedermi a mensa. Sedute ad un tavolo c'erano loro: ridevano come pazze. Erano così felici, così allegre. Ho provato invidia guardandole.

I capelli scuri di Mia contrastavano perfettamente con le ciocche bionde di Sarah. Mi hanno invitata a sedermi con loro e da quel momento non ci siamo più lasciate. Siamo completamente diverse, ma in qualche modo ci completiamo. Mia è un'artista, sempre immersa nella sua creatività. Sarah invece è come il genio del gruppo: appassionata ed esperta di tutto, ma soprattutto ama la scienza e la filosofia.
Io, invece... Io non lo so. Mi pare di non sapere più qual è il mio posto nel mondo.

«Cos'è quella faccia? Sembri uscita da un conflitto a fuoco finito male», Mia ride di me, poi diventa seria di colpo: «Non sei appena uscita da un conflitto a fuoco, vero?»
«No», sorrido tristemente. «Il capo del dipartimento mi tiene al sicuro e ben lontana dal rischio. La cosa più pericolosa a cui potrei assistere è un attacco di acari»
«Bene», Sarah non nasconde la sua soddisfazione. Odia il mio lavoro. Troppi rischi. Le ha sempre messo ansia pensarmi in mezzo a delle situazioni pericolose.

«Bene? Guardala! Sta perdendo tutto il suo spirito avventuriero. Sembra uno spaventapasseri. Perché non vai a farti un giro? Ti farebbe bene prendere una boccata d'aria fresca»
«Non ho amici con cui fare una passeggiata», borbotto.
«L'agente Smith?», suggerisce Sarah.
«Sarebbe come uscire con mio zio», bofonchio.
«Non hai bisogno di nessuno per raggiungere il bar più vicino e riempirti la vescica di tequila», Mia mi rimprovera. «Devi fare qualcosa. Non puoi diventare un tutt'uno con il divano solo perché i tuoi colleghi ti ignorano».

Ha ragione. So che ha ragione. Ma non è così semplice. Mi sento bloccata e priva di motivazione.
«Alzati», questa volta è Sarah a parlare. «Apri il frigo e fammi vedere ogni scaffale».
Oh, no.
«Ho cibo per un esercito», mento spudoratamente.
In realtà ho mangiato cibo spazzatura tutto il tempo.
«Non posso crederci. Hai il frigo vuoto!», ne è certa.

«Non è vero»
«Invece sì»
«Non ho avuto tempo di fare la spesa, okay?»
«Falla adesso», anche Mia assume un tono severo. «Vai. Ora»
«Non ho voglia di vestirmi e andare a fare la spesa. Fuori pioviggina ed è buio. Magari domani potrei...»
«Ora», ringhiano all'unisono e balzo in piedi.
«Vi odio», poi riattacco. Vado a fare la spesa.

La mattina dopo mi preparo un'ottima colazione grazie agli ingredienti che ho comprato. Sono felice di aver fatto qualcosa. Forse fare la spesa è stata la cosa più divertente fatta negli ultimi giorni, dopo aver rubato quello stupido bigliettino ovviamente.
Mentre spargo della marmellata su una fetta di pane tostato non posso fare a meno di pensare a delle strategie per riuscire a rendere più piacevole la mia permanenza qui. Fisso un obiettivo per la giornata di oggi: fare conversazione con qualcuno dei miei colleghi. Ma chi? E come?

Insomma, oggi mi aspetta il secondo incontro del corso di formazione di difesa. Come posso fare amicizia e prendere a pugni qualcuno al tempo stesso? Non importa. Posso farcela.
Dopo aver finito di mangiare, mi alzo dalla tavola e mi dirigo verso l'ingresso afferrando la mia borsa e le chiavi. Guardo fuori dalla finestra e vedo il sole che si alza nel cielo: è un bellissimo giorno per cogliere opportunità e affrontare delle sfide.
Chiudo la porta alle mie spalle e sento la determinazione crescere: non mi farò abbattere da niente e da nessuno.

Un'ora dopo non sono della stessa opinione.
Sfide? Opportunità? Ma che diavolo ho bevuto al posto del caffè stamattina? Cosa accidenti avevo in testa? La mia vita è un inferno.
Al diavolo i discorsi motivazionali e la voglia di vivere. Non fanno per me. Sto per svenire.

Corro in cerchio attorno al perimetro della palestra e mi appello a tutta la forza che ho in corpo per non perdere i sensi. Questo corso di difesa mi sta distruggendo. E le cose peggiorano dopo soli pochi minuti, quando l'istruttore ci suddivide in coppia per la lotta a corpo libero. Uno deve aggredire, l'altro deve difendersi.

Non so cosa sia peggio. Aspetto il mio turno mentre spero di non finire in coppia con qualcuno molto più grosso di me. Morirei dopo un solo pugno, presumo.
Il destino mi conduce in coppia con lei, l'agente preferita del signor Royden: Cristina. La porta sempre con sé nelle missioni, come se in lei riponesse una fiducia ceca. O almeno così sembra, anche se dubito che Evan sia in grado di provare vera fiducia nei confronti degli esseri umani.

Il mio sguardo si muove veloce verso il capo del dipartimento che ci sta osservando tutti da un angolo della palestra, poi torno a concentrarmi su Cristina.
È semplicemente impressionante.
Ammetto di avere un po' paura e mi tremano le mani. È più alta di me, tanto per cominciare. La sua figura atletica emana una sicurezza che io non ho.

Ci avviciniamo al centro della palestra, gli occhi di tutti addosso. Lei deve attaccare ed io difendermi.
I suoi capelli scuri cadono con grazia sulle spalle e i suoi occhi azzurri non sembrano nascondere nessun tipo di agitazione. Ha una presenza magnetica.
Mi guarda con un sorriso tranquillo e mi rivolge un cenno della testa rassicurante.

L'istruttore conta da tre a zero, poi il combattimento può iniziare.
Tre. Aiuto.
Due. Non voglio fare una figuraccia.
Uno. Non sono pronta.
Zero.
Cristina si avvicina con determinazione. I suoi movimenti sono fluidi, come se sapesse esattamente cosa fare per atterrarmi. Mi fa perdere l'equilibrio con un calcio e sbatto la schiena a terra.

«Devi rimanere in piedi, Althea», l'istruttore parla con calma. «Resta in piedi e avrai meno possibilità di essere presa a calci».
Annuisco e mi rialzo. Vorrei piangere, ma non lo faccio. Forza.
Il braccio di Cristina scatta in avanti e sento una fitta partire dallo stomaco e irradiarsi per tutta la gabbia toracica. Che stronza.
Provo ad allontanarmi da lei, ma mi sta addosso. Mi fa cadere un'altra volta.

«In piedi», dice l'istruttore. Mi rialzo. Odio essere così debole.
Sbatto le palpebre, stanca ed accaldata.
Mi colpisce su un fianco e barcollo, poi mi riporta sul pavimento con un calcio sui polpacci.
L'istruttore pone fine a questa tortura e mi sorride con tenerezza. Gli faccio pena. Ce l'ha scritto in faccia.

Dà dei consigli ad entrambe, ma io non lo ascolto realmente. Ho bisogno di prendere aria. Annuisco senza dire una parola, poi mi dirigo verso l'uscita con lo sguardo basso e il cuore pesante. L'umiliazione mi avvolge come un mantello.
Non. Piangere.
Non. Piangere.
Soprattutto perché Evan si è piazzato davanti alla porta e ha un'ottima visuale della tua faccia desolata.

Il mio respiro si fa più lento quando gli passo accanto. Con le braccia incrociate al petto e l'espressione imperscrutabile, posa gli occhi neri su di me. In un istante sento sparire i rumori della palestra, le voci dei miei colleghi, il fischietto dell'istruttore. È come se il mondo sparisse, lasciandoci da soli in una palestra vuota.

Mi guarda con aria di sfida, ma c'è anche qualcos'altro. Forse un briciolo di compassione.
So che ha assistito allo scontro. Ha visto la mia umiliazione con quello sguardo da giudice silenzioso.
Non so cosa stia passando per la sua testa in questo momento, ma so per certo che non intende mostrarmi pietà. E io non voglio la sua pietà.
Voglio dimostrare che non sarà una stupida lotta finita male ad abbattermi.
Si sposta su un lato e mi lascia passare, mettendo fine a questo strano dialogo fatto di silenzi.
Sento il cuore battere all'impazzata mentre mi volto e mi allontano.

Vado a piangere in bagno, in silenzio e senza fare rumore. Quando mi sento abbastanza forte da riuscire ad affrontare la realtà, mi asciugo le lacrime ed esco dal bagno. Mi aspettavo di trovare il lungo corridoio vuoto, invece subito fuori dalla porta c'è Evan.
È appoggiato al muro, il portamento fiero e gli occhi su di me. Mi aspettava.

Studia tutto del mio volto. Ogni cosa. È come se riuscisse a vedere perfino le tracce delle lacrime che ho già asciugato.
«Hai finito di piangere?», parla piano. Mani che sfregano contro un tronco. Delicato e ruvido al tempo stesso.
«Sì, signore». Inutile nascondermi.
«Allora seguimi», e non aspetta una risposta per iniziare a camminare. Io prima mi blocco, incapace di formulare un pensiero logico.
Poi lo seguo come se fosse un faro in mezzo al mare.

Buona sera!
Come state?
Eccomi tornata con un nuovo capitolo.
Aspetto i vostri commenti con ansia 😍😍😍
Che mi dite del finale?
Evan comincia a farvi impazzire?
Ditemi tutto 😂
Un bacio grande

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