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By -yourfavourjtedawn

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"L'alba รจ arrivata"
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โ› ๐‘ด๐’‚๐’๐’†๐’…๐’†๐’•๐’•๐’‚ ๐’‘๐’“๐’Š๐’Ž๐’‚๐’—๐’†๐’“๐’‚ โœ (๐’”๐’‰๐’Š๐’‘) [๐จ๐’“๐’Š๐’ˆ๐’Š๐’๐’‚๐’]๐Ÿชž

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By -yourfavourjtedawn

Quando passeggiava nei marciapiedi, cuffie col filo nelle orecchie che riproducevano canzoni di svariati generi e altrettanti svariati cantanti, Edward si sentiva bene.

Si sentiva libero, felice e senza preoccupazione. Come dovrebbe essere un giovane ragazzo di venticinque anni, che si stava laureando con un anno di ritardo per il suo corso. Aveva scelto biologia.

I rami degli alberi in fiore gli accarezzavano il viso dolcemente, il vento primaverile che gli muoveva gli abiti e i capelli corti. Gli occhi marrone scuro, chiusi, sia per il sole che per godersi a pieno la giornata. Del resto, conosceva quella strada più di sé.

E durante una di queste passeggiate,  incontrò Andrew.
In un modo... Per così dire insolito.

Si sbatterono l'uno contro l'altro perché stavano guardando altro. Cliché? Forse.

Un piccolo intoppo: un ramo di un albero in mezzo e quei fiori scesero su di loro leggeri, ma pieni di polline.

Il minore, Andrew, ne era allergico. Inutile dire che cominciò a tossire e a starnutire, maledicendo la primavera in greco antico, latino e se lo sapesse, anche in

Edward guardò il ragazzo, per poi sorridere leggermente e aiutarlo a rialzarsi.

«Grazie» gli disse il moro con il viso leggermente rosso dall'imbarazzo e l'allergia. Gli occhi azzurro limpido che guardavano il marciapiede.

Il maggiore gli fece alzare il capo, sorridendo, portando due dita a sfiorargli il mento lentamente. Poi Andrew gli sorrise di rimando. Gli piacque quel sorriso timido e gli occhi che lo guardavano, curiosi e con una scintilla di felicità.

Andava una canzone di Taylor Swift nelle cuffie di Edward in quel momento e diceva:
Ocean blue eyes looking in mine, I feel like I might...”

Mai ci furono parole più azzeccate di quelle per quel momento, impresso nella memoria di entrambi.

Si scambiarono i numeri.
Erano attratti dall'altro come calamite, anche se non se ne accorgevano.

Il primo messaggio, fu mandato da Edward che, prendendo un coraggio che non aveva (anche perché era tassorosso eh!) scrisse:

"Ciao, come stai?"

Banale si, ma meglio che rimanere a fare le belle statuine.

Dopo quello se ne susseguirono altri e altri ancora. Passarono nottate a parlare del più e del meno, finché non arrivarono anche alla loro storia.

La mia famiglia non si può descrivere come la migliore lol

Mio padre mi cacciò di casa dopo aver capito che non stavo scherzando quando gli dissi che ero bisessuale

Così cominciò a scrivere Edward una notte come tante dove nessuno dei due riusciva a prendere sonno a causa dell'estivo caldo afoso.

Fece le valigie con tutte le mie cose, persino le foto e mi disse: io non so chi tu sia e di sicuro non sei mio figlio.
Queste parole sono impresse nella mia memoria, così come la faccia che aveva, così seria da far paura.
Mia madre non la prese bene per il comportamento di mio padre. Litigarono e alla fine chiese il divorzio. Le cose non andavano bene già da un po' e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della pazienza di mia madre.

Penso di accusarmi del divorzio dei miei, sinceramente

E così, Andrew, seduto alla scrivania mentre si disperava su un testo di un filosofo greco, gli rispose:

Non ne hai colpe. Nessuna.
Se stava già andando male, quello che ha fatto tuo padre è stato semplicemente porre fine a tutto.
A volte basta una minima cosa per far mandare tutta una vita a quel paese

Forse hai ragione
Da quando sei diventato così filosofico? Lol

Da quando mi sto disperando a capire le frasi che scrivevano i filosofi greci
Erano impossibili!
Dio, davvero
Peggio di mia madre quando è arrabbiata si mette a parlare in inglese velocemente e non capisco nulla!

Ti devo ricordare che il massimo che fai allo scientifico di greco sono le lettere oppure te lo ricordi tu???

Tranquillo, me lo ricordo, come se non avessi un fratello che ci abbia studiato lol

E ti ricordo che il punto interrogativo è uno, non tre, non dieci, non ottordici, uno solo.

Ogni volta me lo dici, e ogni volta ti ignoro, è divertente non credi? :D
Il punto alla fine mi fa paura, non metterlo più-

No, direi di no
Lol, vedrò :P
Dammi la forza di mandare faccine sorridenti quando vorrei buttare i libri dal balcone mentre vanno a fuoco.

Te ne invio un po' ;)

Lol, hai amazon Prime?
Così te la mando da lì! Ahah

Non ce l'ho :")

Ma mannaggia a Odisseo che uccide Polifemo-

AHAHAHAH
Le tue imprecazioni sono fantastiche ti prego

Beh, almeno sono creative! ^-^

Continuarono così per molto tempo, passarono mesi e poi, arrivò il primo anno in cui conoscevano, poi uno e mezzo, due, due e mezzo.
Tra chiacchere, litigate, pace, si scoprì che Andrew aveva origini islandesi, dal padre mentre la madre era nata e cresciuta in Irlanda del Nord. Si trasferì in Canada, stato dove era invece nato e cresciuto Edward.

Al terzo anno però, qualcosa cambiò.

Edward si era innamorato di Andrew.
Del suo modo di fare, del suo carattere.
Era proprio cotto, perso nei messaggi che gli mandava il moro, sorridendo come un cretino.
Si sentiva in un benedetto film romantico natalizio.
Che odiava, tra le altre cose.

In tutto questo tempo si erano visti, avevano parlato di persona davanti a un caffè e le cose andavano bene.

Ma il sentimento diventava sempre più grande, ed Edward, oltre alla paura di essere rifiutato, voleva dirglielo, era quasi un macigno sul cuore, di cui voleva liberarsi.

Credi di poter uscire domani alle sei?
Ho il sabato libero per fortuna
Dei, non ti vedo da un sacco, mi manchi

Va bene, ci vediamo all'Updown?

Ti devo dire una cosa

Okay

Anch'io ti devo dire una cosa

Bene, a domani allora, Remus ;)

A domani Sirius ^^

Edward spense il telefono e si immerse di nuovo nel suo magnifico libro di biologia.

Si cominciarono a chiamare così un anno e mezzo fa, quando notarono le somiglianze, fisiche e caratteriali, con i personaggi di J. K. Rowling. (Sono entrambi potterhead affermati)

Era divertente.

Molto, soprattutto all'inizio.

Ma quando realizzò che vi era una ship sui due personaggi...
Potete immaginare la faccia che fece il canadese.

Il ragazzo sospirò, portando una mano a sistemare in modo scomposto i capelli.

Domani sarebbe stato il grande giorno.

Cristo.

Forse avrebbe preferito morire piuttosto che dire i suoi sentimenti alla persona più importante della sua vita.

"Avrei dovuto pensarci prima" pensò, mettendosi le mani tra i capelli leggermente lunghi.

Doveva farsi una doccia.
Decisamente.

Il giorno dopo arrivò più velocemente di come sperava Edward.

Si, se ve lo state chiedendo, stava imprecando in francese già di prima mattina.(Unica lingua oltre all'inglese che conosceva)

Non solo perché la cugina (unica parente da parte del padre con cui ancora parlava) l'aveva svegliato alle sei di mattina per andarla a prendere all'aeroporto visto che i taxi erano in sciopero, ma anche perché aveva sognato di baciare Andrew ("quelle labbra che sembrano così benedettamente morbide, Dio") per poi essere spinto in un baratro senza fondo.

Leggere Eroi dell'Olimpo gli aveva fatto male.

Tremava ancora leggermente (l'incubo l'aveva leggermente destabilizzato) mentre tornava a casa, tant'è che Margaret, la cugina, gli chiese preoccupata cosa fosse successo.

Cominciò a raccontarle tutto, dal come avesse conosciuto Andrew, ai messaggi, fino ai suoi sentimenti.

La ragazza aveva un luccichio negli occhi mentre il giovane raccontava, ogni tanto faceva alcuni versetti propri delle cosiddette fangirl.
Nella loro famiglia, un poco tutti lo erano, in fondo.

Edward, intanto, aveva gli occhi a cuore quando descriveva Andrew, e si disse che era così innamorato di lui.

Lasciate le valigie a casa del ragazzo, andarono a mangiare in un bar che faceva anche pranzo e cena.

Margaret, mentre mangiava il suo piatto, guardava Edward continuare a parlare con un sorriso dipinto in volto.

Arrivarono le tre di pomeriggio ed Edward voleva far vedere alla cugina la magnifica città dove sarebbe stata per qualche mese.

Girarono per negozi, caffetterie, altri negozi, pasticcerie, mentre parlavano del più e del meno e qualcuno probabilmente li aveva scambiati per fratelli, dato il simile aspetto fisico.

Con in mano buste, piccole e grandi, piene di vestiti e del più e del meno, tornarono a casa mentre Margaret finiva di raccontare al cugino, come i genitori, gli zii del nostro protagonista, l'avessero persa nelle giostre da piccola.

Ed era una storia alquanto divertente poiché mentre Edward apriva la porta di casa, rideva portando la testa all'indietro.

«No ma sei seria? Ti prego» rise il giovane, mentre cominciava a sistemare le cose comprate.

«Ti giuro. Io ero sulla ruota panoramica tranquilla, mentre mamma - la zia Janet - mi cercava preoccupata» rideva insieme a lui la ragazza «Papà invece - lo zio Alexndran - aveva chiamato gli zii - i genitori di Edward - e tutti insieme mi cercavano. È stato davvero divertente, anche perché ero davanti a loro ma non riuscivano a vedere!» si tenne la pancia, Margaret, mentre una lacrima scese dall'occhio destro, continuando a ridere.

Il ragazzo sorrise, per poi dare uno sguardo all'orario: le cinque e mezza.

«Oddio!» esclamò, correndo poi in bagno per prepararsi decentemente per l'appuntamento con Andrew.

«Ma cosa- Ed!» disse a sua volta Margaret, confusa dal suo repentino cambio di vestiti.
Poi si ricordò e sorrise dolcemente.

«Calmati sei in perfetto orario» ridacchiò poi lei, bloccando il cugino davanti all'entrata della cucina per fargli riprendere fiato.

«Ahhh, non lo so Maggie, sono agitato» confessò Edward, ancora tra le braccia della ragazza.

Questa lo abbracciò, per calmarlo. «Andrà bene, sono sicura che anche lui prova qualcosa per te» affermò convinta delle sue parole.

"Lo spero..." pensò, e pregò, il giovane.

«...poi vi metterete insieme, vi sposerete e adotterete un bambino waa, posso fare la testimone?» Margaret parlava a raffica ed Edward colse solo alcune parole, mentre la sua mente andava veloce su Andrew.

Il suo benedetto sorriso, i suoi occhi azzurri, i capelli castani, il rossore delle sue guance in quelle sere di primavera col vento e il caldo che andavano di pari passo.

«Non immaginarti il nostro matrimonio prima ancora che ci mettiamo insieme, Maggie, per favore»

La giovane rise, ma annuì. «Va bene va bene, fammi sapere come va però eh!»

«Certo certo» le rispose il ragazzo, per poi passare una mano tra i capelli ramati, mettersi le scarpe e prendere le chiavi.

«Davvero? Le calze di Harry Potter?» chiese divertita la cugina, notando le sue calze.

«Erano le ultime dentro il cassetto, non ho il tempo di piegarle, potresti farlo tu visto che ci sei!» esclamò Edward con un sorriso mentre apriva la porta.

«Oh certamente» rise Margaret, facendo una treccia laterale ai suoi capelli, ramati. «Auguri!» gli disse, poco prima che la porta si chiudesse lasciando alleggiare un grazie.

Edward era in anticipo. Doveva aspettarselo, l'ansia lo portava sempre ad andare prima agli appuntamenti. Forse anche troppo, come quella volta dal dottore dove arrivò un'ora in anticipo...
Scosse la testa, cercando di non pensarci.

Aprì la porta del locale e si sedette nel loro tavolo, uno non troppo nell'angolo, ma comunque accanto ad una parete.

Quel locale aveva anni e anni di storia dietro: le pareti colorate sono tappezzate di poster, foto e immagini del locale appena aperto, con sorrisi di chi sapeva di fare la cosa giusta, tagliando quel bel nastro rosso (nelle foto grigio scuro, poiché in bianco e nero) come insegna di un bellissimo e confortante locale per molte più persone di quelle che Christine e Victor si aspettassero.

Si tolse il giubbotto leggero di jeans che usava in quel periodo e lo ripose sul bel schienale di legno della sedia, aspettando.

I polpastrelli della sua mano destra battevano al ritmo della musica rilassante e bassa che si poteva percepire.

Il suo sguardo saettò immediatamente sull'entrata quando si sentì la campanella, segno che era arrivato qualcuno, ma era semplicemente una coppia andata lì per fare aperitivo.

Noia.

Prese il telefono dalla tasca dei jeans chiari per controllare l'orario.

5.58 p.m.

Così diceva la scritta sopra al cuore che aveva fatto insieme a Margaret quella sera.

Aveva fatto un piccolo collage con tutte le foto a lui più care e deciso di usarlo come sfondo e, sinceramente, gli piaceva il risultato.

Il telefono vibrò. Era un messaggio di Andrew:

Scusa, arrivo in ritardo, dai la colpa alla primavera

Edward sorrise per poi rispondergli con un semplice "Tranquillo, a tra poco".

6.07 p.m.

L'attesa possibilmente lo avrebbe ucciso.

Ordinò dell'acqua, in modo da non rimanere senza voce e non contò nemmeno le volte in cui passò la mano tra i suoi capelli, puliti.

Li avrebbe dovuti rilavare quella sera, per quanto li stava toccando, maledizione-

Delle mani delicate si poggiarono sulle sue spalle da dietro.
Le avrebbe riconosciute dovunque.

Andrew.

«Alla buon'ora» sorrise Edward, cercando di mascherare il panico nei suoi occhi e il battito accelerato, non solo dallo spavento.

«Daai, non ti sei nemmeno spaventato?» chiese sorridente Andrew, mentre si sedeva davanti a lui. Poggiò la mano sinistra sul tavolo, pericolosamente vicina a quella del ramato.

Dio.

«Forse un poco» gli concesse il giovane, con un sorriso, mentre prendeva un sorso d'acqua.

«Alloraa, come sta andando la vita?» domandò il moro poco dopo aver ordinato un cappuccino. («Sei tedesco» gli disse Edward, «No, sono inglese» rispose lui con un occhiolino. Inutile dire che il ramato arrossì inevitabilmente).

«Va avanti. Ho dato ieri mattina l'esame di biologia» raccontò il giovane, prendendo una patatina con la sinistra, mentre la destra era ancora vicina, forse fin troppo, a quella di Andrew.

«Oh davvero? Perché non me lo hai detto? Com'è andata?» lo rafficò di domande Andrew, mentre metteva lo zucchero sulla panna del cappuccino caldo.

Edward rise, per poi rispondere: «È andata bene, il massimo dei voti» sorrise.

Il moro sorrise allegro, felice per l'amico.

Continuarono a parlare del più e del meno, finché non arrivò il tramonto e decisero di uscire dal locale.

Erano davanti a casa di Andrew, fuori dalla macchina ed Edward aveva in mente di fare una cosa. Che però non sapeva come fare.

La teoria era più facile della pratica a volte.

«Andrew» lo chiamò infine il ramato, avendo trovato finalmente il coraggio che serviva per dirlo.

«Si, Ed?» chiese l'altro, fermandosi dal raccontare una storiella carina. Lo guardò negli occhi, alzando un sopracciglio.

Il giovane si avvicinò lentamente, centimetro dopo centimetro i loro visi si sfiorarono, tant'è che Edward poteva sentire il respiro dell'altro su di sé. I loro nasi si toccarono, mentre continuavano a non perdere il contatto visivo.

«Mi piaci» sussurrò il ramato, poi tentennò, si avvicinò di più a voler cercare più contatto e baciarlo, per poi allontanarsi di scatto e girando la testa.

«Scusa-» cominciò ma una mano delicata e calda gli fece di nuovo girare il viso verso il suo padrone e quando le labbra dei due si toccarono, Edward pensò di essere in paradiso.

Le labbra di Andrew erano morbide e dolci, come se le era immaginate, e sorrise, mentre la stessa mano che gli aveva girato il capo ora scendeva sul suo collo, facendolo avvicinare di più.

Quel bacio non era famelico e passionale, quanto più dolce, come uno scoprirsi per la prima volta.

Quando si staccarono, dopo un tempo indeterminato che andava da una decina di secondi ad una vita intera, entrambi erano rossi sulle gote e avevano il respiro leggermente affannato.

«Io credevo-» ricominciò di nuovo Edward, ormai in tilt dopo quello che era appena successo.

Andrew rise leggermente, mettendogli un dito sulle labbra e continuando a guardarlo, avvicinò di nuovo il viso.
«Si, mi piaci anche tu» sorrise poi, ridendo più forte alla vista di Edward completamente andato, che cercava di metabolizzare tutto.

«Non dovresti ridere, dai!» ma nonostante le sue parole, il ramato lo seguì a ruota nella sua risata, ormai incantato dalla sua bellezza.

Il moro aveva la stessa luce negli occhi di quando si erano incontrati e per rendere il tutto un deja-vù, Andrew quasi cadde a causa dello scalino del marciapiede, ma Edward non l'avrebbe permesso e portò un braccio dietro la sua schiena, per poi fargli l'occhiolino.

Risero insieme, mentre dei fiori dell'albero vicino, cadevano su di loro per rendere il tutto una scena degna di un film, o perlomeno, degna del loro.

Edward avrebbe avuto molte cose da raccontare alla cugina non appena fosse tornato a casa. O perlomeno non appena avesse avuto la forza per lasciare il suo ragazzo da quella posizione, che non gli dispiaceva.

Andrew portò entrambe le braccia al collo dell'altro, per tenersi meglio.

Il libro di greco cadde sull'asfalto in un piccolo tonfo e il moro non perse tempo di, purtroppo, staccarsi da Edward e prenderlo velocemente rimettendolo nello zaino e chiudendo la zip.

Poi starnutì quando gli passò davanti agli occhi un fiore pieno di polline.
Il ramato rise, stringendolo un poco in un bell'abbraccio, mentre il suo ragazzo continuava a starnutire ripetutamente.

Maledetta primavera, pensò Andrew, mentre Edward gli dava un altro bacio e sorrideva.

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

2820 parole.

Ecco a te ( -messy_writer- ), spero vada bene ^•^

L'

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