ᴇʟ ᴅɪᴀʙʟᴏ - ɴᴏɴ ᴛᴜᴛᴛᴏ ɪʟ ᴍᴀʟᴇ...

By LikeIWouldZayn

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1° ᴠᴏʟ ᴅᴇʟʟᴀ sᴀɢᴀ 'ᴇʟ ᴅɪᴀʙʟᴏ' Siamo cresciuti con la consapevolezza che il male, di per sé, non fosse soltant... More

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By LikeIWouldZayn

<<Sei sempre tu.
Solo che adesso non vedo il tuo volto.
Non sento le tue parole.
Ti sei addentrata nella mia carne come un respiro, riempi ogni mio globulo rosso del tuo sangue>>


Vicenza, Italia

<Incontriamoci tra mezz'ora al solito posto. Fa in modo che nessuno ti segua>

Gli occhi azzurri di Viper continuavano a leggere e rileggere le parole presenti in quel messaggio che, alcuni minuti prima, Andrea Rossi gli aveva mandato. Non aveva nemmeno tentato ne di rispondere al messaggio ne, tanto meno, provato a contattare l'uomo a capo dei Sons of Silence. Perché tanto sapeva benissimo che, se Rossi aveva utilizzato il numero di quel cellulare usa e getta, usato dai due solo in caso di emergenza, mai avrebbe ricevuto alcuna risposta da parte dell'altro.

Semplicemente, dopo essersi fatto una doccia veloce ed aver indossato al volo i primi abiti raccattati dall'interno del proprio armadio, il criptico Viper si era infilato ai piedi i suoi amati stivaletti. Recuperò le chiavi del suo Pick-up ed uscì di casa. Avviandosi verso il luogo d'incontro prestabilito da Andrea.

Nessuno, lungo il tragitto, lo aveva seguito. Anche perché, date le grandi abilità di Viper nell'essere fin troppo bravo nel passare inosservato, sarebbe risultato alquanto difficile riuscire a pedinarlo.

E così, avvolto nel più totale silenzio che regnava all'interno di quella vecchia ma, fidata, vettura, l'uomo arrivò a destinazione.

Parcheggiò accanto all'Harley Davidson Road King di Rossi e, dopo aver dato una rapida occhiata, non solo al luogo circostante, ma anche controllando di non esser stato, effettivamente, seguito da qualcuno, scese dal suo Pick-up. Con passo veloce, aprì la porta, mezza arrugginita, di quel vecchio ed abbandonato magazzino, situato fuori dalla città di Vicenza.

Non appena ebbe messo piede all'interno di quel malandato stabilimento, le sue narici furono subito invase dal fetido odore di chiuso e sporco. C'era un silenzio quasi opprimente in quel luogo dimenticato da Dio. Un silenzio capace di schiacciarti a terra, facendoti rimpiangere il momento in cui avevi messo piede all'interno di quel malandato magazzino. Una flebile luce, proveniente dal piccolo ufficio, posto a sinistra di quel stabilimento, ed il leggero suono di passi, originario anch'esso dallo studio, attirò la sua attenzione.

"Alla buon'ora, Viper" la possente voce di Rossi risuonò per tutte quelle quattro mura, generando un'assordante eco.

"Ho fatto il più veloce possibile" rispose l'uomo dagli indomabili ricci, avviandosi verso l'ufficio. "Hai detto mezz'ora e..." si bloccò, controllando l'ora impressa sull'orologio che portava al polso. "...E sono in perfetto orario" concluse, fermandosi proprio davanti all'imponente figura di Andrea Rossi.

"Ti ha seguito qualcuno?" domandò l'uomo brizzolato abbassando, di qualche nota, il tono della sua voce. Come se temesse che, l'oscurità che li avvolgeva, potesse essere in grado di udire la loro conversazione.

"Di certo non mi sarei avventurato, fino al magazzino, se avessi avuto il men che minimo sentore di esser pedinato" rispose Viper, abbassando anche lui la voce. "E tu, invece?" domandò, mettendosi al suo fianco. "Qualcuno ti ha seguito?"

Andrea Rossi, dopo aver dato una rapida occhiata all'ambiente circostante, negò col capo.

"Su, entra" parlò poi Andrea, facendo cenno, col capo, a Viper di seguirlo all'interno dell'ufficio. "Devo mostrarti il contenuto della busta che mi hanno fatto recapitare"

Una volta all'interno del piccolo ufficio, i due presero posto su quelle vecchie seggiole di plastica, poste rispettivamente l'una di fronte all'altra. In silenzio, Rossi passò all'altro uomo la busta che, qualche giorno prima, gli era stata fatta recapitare, in forma anonima, presso la propria impresa edile.

"Riguarda ciò che mi hai accennato durante la nostra telefonata?" domandò Viper, mentre apriva la busta e spiegava il foglio che essa conteneva. Con l'intento, appunto, di leggere lui stesso ciò che vi era scritto in quel pezzo di carta. Lesse il contenuto di quella lettera. E, ad ogni frase che leggicchiava, i suoi occhi si strabuzzavano sempre più. Un mix di stupore e shock gli dipinse i lineamenti del viso. Obbligandolo a passarsi la mano sulla faccia. "Andrea, sei sicuro che sia una fonte affidabile?"

"Si, Viper" rispose il capo dei Sons of Silence, guardando dritto negli occhi l'altro. "Dopo la nostra telefonata, ho fatto qualche ricerca per conto mio e si. Quanto è scritto su quel foglio è dannatamente corretto"

"Chi sa di questa lettera?" domandò il più giovane dei due, sventolando a mezz'aria il pezzo di carta.

"Per ora, solo tu ed io"

"Per ora?" chiese Viper, sollevando un sopracciglio. "A chi altro hai intenzione di dirlo? A Victor per caso?"

"Certo che no!" controbattè Andrea, scuotendo il capo in segno di negazione. "Meno persone sanno di questa storia, meglio è" affermò, autoritario. "Ma è giusto che i ragazzi siano informati di quello che abbiamo per le mani" spiegò, riferendosi ai suoi figli, Stellan e Sebastian. "Dopotutto la nostra famiglia è in pericolo, Viper"

L'uomo dagli occhi azzurri annuì, consegnando ad Andrea la lettera. Schiuse le labbra, pronunciando poi un "Cosa facciamo con Samantha?" Non diede tempo a Rossi di rispondere perché, prontamente, formulò un altro quesito. "La informiamo subito di questa scoperta, oppure vediamo dove, questa pista, ci porta?"

Andrea si passò la mano destra sulla folta barba oramai grigia, riflettendo.

Voleva davvero, più di ogni altra cosa al mondo, informare sua nipote sugli sviluppi legati alla morte della sua famiglia. Ma la conosceva fin troppo bene. Sapeva, più di chiunque altro che, non appena la giovane Moretti fosse venuta a conoscenza di questa importante informazione, avrebbe smosso mari e monti pur di riuscire ad ottenere vendetta.

Samantha era una testa calda. Incapace di ragionare lucidamente se messa di fronte a questa dura verità. Ma se, in questa delicata situazione, non fosse stata completamente lucida e razionale, sicuramente si sarebbe giocata la pelle. Beccandosi una pallottola in piena testa.

E, l'ultima cosa che, Andrea Rossi voleva, era quella di dover seppellire un altro membro della sua famiglia.

Ci rifletté per svariati secondi. Secondi che, agli occhi di Viper, sembrarono eterni minuti. Poi, dopo aver fatto fuoriuscire dalle sue labbra un leggero sospiro, Andrea comunicò all'altro la sua decisione finale.

"Non le diremo nulla" rispose, secco. "Almeno non per il momento"

Davanti a quella decisione, Viper si limitò semplicemente ad annuire. Si mosse appena dalla seggiola, così da poter agguantare il pacchetto di sigarette che teneva nella tasca posteriore dei jeans. Vi estrasse una delle tre cicche che erano rimaste all'interno di quell'involucro mezzo stropicciato. La portò alla bocca, accendendola grazie al suo amatissimo accendino Zippo laccato di color nero.

"Quindi come hai intenzione di agire?" chiese, facendo fuoriuscire dalle proprie labbra una piccola nuvoletta grigiastra. "Farai come l'ultima volta?" alzò un sopracciglio, osservando con attenzione il capo dei Sons of Silence.

"Se fosse dipeso da me sarebbe andata diversamente, lo sai. Ma il consiglio..." fu interrotto.

"Il consiglio! Certo!" esclamò Viper, alzandosi rapidamente dalle seggiola. Tant'è che, dalla foga con cui si era sollevato, la sedia cadde a terra, producendo un sonoro tonfo. "L'ultima parola spettava a te, non al consiglio!" tuonò, furioso, sbattendo con forza la mano sul tavolino malandato. "Sono stato l'unico membro dei Sons of Silence ad avere le palle nell'aiutarti a sistemare i casini che Rosa aveva creato! E come mi hai ringraziato?" chiese. "Sbattendomi fuori dal clan!" proseguì a sbraitare come un fiume in piena. "Ed ora che una nuova minaccia incombe, hai bisogno del vecchio Viper per fare il lavoro sporco!"

"Mi dispiace, ok?" prese la parola Rossi, allargando le braccia. "Con Rosa la situazione ci è sfuggita di mano" aggiunse, passandosi una mano sul viso. "Non potevo fare nulla, Viper. Devi credermi"

Viper cominciò a fare avanti ed indietro per tutto il piccolo ufficio, borbottando una serie infinita di imprecazioni nei confronti di Andrea.

"Credi che non abbia il sospetto di quello che stai facendo?" domandò il capo dei Sons of Silence, facendo bloccare di colpo l'altro. Il quale, per tutta risposta, si limitò unicamente ad alzare il sopracciglio destro, attendendo. "Stai cercando in tutti i modi possibili di smantellare la mia organizzazione" affermò, sicuro. "E, credimi, non era affatto nei miei piani contattarti"

"Allora perché lo hai fatto?"

"Per Nives. E per la promessa che le hai fatto poco prima che morisse" spiegò, facendo il giro del tavolo, e posizionandosi faccia a faccia con Viper. "Le hai giurato che avresti protetto sua figlia a costo della tua stessa vita"

"So fin troppo bene cosa ho promesso a tua sorella" rispose l'altro, digrignando i denti. "Mi risulta difficile, però, farlo non essendo più un membro dei Sons of Silence, ed avendo perennemente il fiato di Victor sul collo"

"Quindi mi aiuterai ancora una volta?"

Viper sbuffò, scrollando le spalle. Guardò dritto negli occhi Andrea, per poi dirgli un "E chi mi garantisce che non mi fotterai come la scorsa volta?"

Per tutta risposta, il signor Rossi estrasse dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni un altro foglio di carta, passandolo all'altro uomo. Il quale, senza farselo dire due volte, lesse il contenuto di quella specie di contratto che, quella stessa mattina, Andrea Rossi aveva personalmente scritto. Una sorta di tregua, con rispettivi benefici per entrambi.

"Hai un coltellino, così firmo questa momentanea tregua tra noi?" chiese Viper, ghignando soddisfatto dopo aver letto quanto era scritto nel loro contratto.

Senza dire una parola, il capo dei Sons of Silence recuperò il coltellino che portava sempre con sé, lanciandolo al più giovane. Viper lo afferrò al volo e, dopo aver poggiato il contratto sulla liscia superficie del tavolino, aprì il coltellino a serramanico. Si fece un taglio sul polpastrello del pollice e, dopo aver osservato il sangue cominciare a fuoriuscire dalla parte lesa della sua mano, poggiò il pollice sanguinato sotto al suo nome scritto nel contratto, firmandolo. Passò la piccola arma a Rossi che imitò Viper, firmando anche lui col sangue il contratto.

"Hai firmato col sangue, Andrea" parlò, dopo alcuni attimi di silenzio, Viper. Succhiando via qualche goccia di sangue dal pollice. "Questa volta non ci sarà alcun consiglio capace di pararti il culo" proseguì, avvicinandosi all'altro. Inclinò la testa di lato, studiandolo. "Siamo solo tu ed io in questa guerra" aggiunse, continuando a guardarlo. "Qual'è la prossima mossa, capo?" domandò, ghignando in modo sadico.

"Sardegna" rispose Rossi, puntando i suoi occhi chiari su di Viper. "Si va a caccia"

San Juan, Portorico

La nostra giovane protagonista aveva da poco chiuso la porta della stanza nella quale alloggiava. Non prima però di aver osservato, con molta attenzione, se effettivamente, Luka Torres, avesse lasciato, oppure no, il piano dell'albergo. Con passo veloce, si era avviata verso la grande porta finestra che conduceva all'ampio terrazzo della camera. Con estrema lentezza, spostò, di qualche centimetro, la tenda di color bianco. Quel tanto che bastava da poter osservare, senza dare troppo nell'occhio, la statuaria figura di Luka, incamminarsi lungo l'affollata strada principale di quella graziosa zona di San Juan. Fino a scomparire definitivamente dalla visuale della biondina.

Per sicurezza, attese qualche altro minuto poi, dopo aver recuperato nuovamente il suo zainetto borchiato in pelle nera, si avviò verso la porta d'ingresso della stanza d'albergo. Con un unico e ben definito obbiettivo in mente: trovare il giusto outfit in grado di togliere il fiato al capo dei Siervos del Diablo, Ruben Perez.

Un'oretta più tardi, il giovane membro dei Sons of Silence si trovava all'interno dell'immenso Plaza Las Américas. Uno dei più noti centri commerciali presenti a San Juan. C'erano così tanti di quei negozi che non sapeva proprio da dove iniziare la sua ricerca. Si guardò attorno, incantata di fronte a tutte quelle piccole e graziose botteghe colorate. Si stava avviando verso un negozio che aveva attirato la sua attenzione quando, il suo stomaco, prese a brontolare per la fame.

<Merda, ero così presa da questa sfida basata sulla caccia che mi sono pure scordata di pranzare> si disse tra sé e sé, allontanandosi dal negozietto ed avviandosi verso l'area ristoro.

Storse il naso quando, leggendo i nomi di alcuni piccoli localini dediti al cibo, essi si spacciavano per locali italiani.

"Faccio Pizza" lesse l'insegna, facendo una piccola smorfia. "Non oso neanche immaginare che tipo di pizza sia" e proseguì la sua ricerca. "Qué Pasta... No. La pasta non si tocca!" esclamò poi, allontanandosi rapidamente da quel, a detta sua, abominio. "Meglio che punto a qualcosa di dolce, così non dovrò piangere troppo nel vedere come, i piatti italiani, vengono fatti fuori dal mio paese" concluse, avviandosi decisa verso Yogen Früz.

Dopo aver effettuato il proprio ordine, andò ad accomodarsi su di un tavolino riservato al chiosco di frozen yogurt, consumando quello che, per quel giorno, risultava essere il suo pranzo.

"Bene, ora riprendiamo la missione!" cercò, con tali parole, di darsi la carica per riuscire ad addentrarsi in un mondo a lei sconosciuto.

Ovvero quello dell'abbigliamento femminile.

Perché, sin da quando era una bambina, Samantha Moretti era sempre stata un vero e proprio maschiaccio. Indossava sempre e solo jeans, t-shirt appartenenti a qualche macabra band che ascoltava, così le aveva sempre denominate suo padre, Alessio, oppure di qualche wrestler che lei amava. Felpe quasi tutte con cappuccio e rigorosamente nere. I colori troppo sgargianti non facevano affatto per lei. Per non parlare delle scarpe. Portava solo Vans o scarpe Nike. Alternate, alcune volte, da i suoi, oramai logori, anfibi.

Una sola volta, in vita sua, escludendo la sera della festa sulla spiaggia, si era ritrovata costretta, viste le circostanze, a vestirsi da donna. E, purtroppo, non si era minimamente sentita a proprio agio.

Però, se davvero voleva riuscire a finire nel mezzo dei boxer de El Diablo, perché era proprio quello il suo intento, di certo non poteva presentarsi, al Grass, con addosso i suoi soliti shorts ed una canottiera de The Shield. Non poteva affatto permetterselo. Non dopo aver appreso che, quella sera, avrebbe dovuto competere con Penelope per riuscire ad ottenere le attenzioni di Perez.

"Secondo me staresti bene con un abito scuro, così da mettere in risalto i tuoi occhi azzurri, gattina"

Nell'udire quella voce, provenire della sue spalle, la giovane Moretti fece un piccolo balzo per lo spavento, facendo cadere a terra l'abito color crema che, fino a qualche attimo prima, stava tenendo in mano. Studiandolo con grande attenzione.

"Cristo santo!" si lasciò sfuggire dalle rosee labbra.

Rapida, come solo lei sapeva essere, caricò il cazzotto destro, pronta più che mai a colpire, per la seconda volta in quella giornata, il bel faccino di Torres.

Si voltò, pronta per sferrare il pugno, giusto per far capire, al moro, che non doveva permettersi di farle venire un infarto. Stava per colpirlo ma, questa volta, il membro dei Siervos del Diablo, fu più veloce di lei. Difatti, non appena avevo notato come, con estrema rapidità, la biondina aveva chiuso la mano a pugno, Luka si era preparato per arrestare il suo attacco. L'aveva, per l'appunto, fermata bloccandole, con non troppa forza, il polso. Di certo, lui, non voleva farle del male.

"Non questa volta, gattina"

"Chiamami ancora una volta gattina e vedi che ti taglio le palle e te le faccio mangiare per cena!" sibilò a denti stretti lei, cercando di liberarsi dalla presa del moro.

Sentendo quella graziosa minaccia, Luka Torres non poté far a meno di sorridere. Desideroso, quasi, nel volerla vedere in azione.

Oh, credimi Luka se ti dico che, per la tua sicurezza, è meglio evitare di vedere, Samantha, in azione. Sa essere pericolosa. Molto pericolosa.

"Perché cazzo mi stai seguendo?" domandò la bionda, non appena Torres le lasciò andare il polso.

"Quanta volgarità sta uscendo dalla tua bocca, gattina" si permise, ancora una volta, di chiamarla con quel nomignolo. "Ero curioso di vedere cosa stavi combinando. Poi, lo sai. Devo tenerti d'occhio" affermò, scrollando le spalle. "E, questa volta, nemmeno ti sei resa conto che eri pedinata da qualcuno" gli fece notare, sollevando appena l'angolo sinistro della bocca.

Samantha lo guardò, facendo una smorfia di disappunto, per chiedergli in seguito un "Quindi che cosa hai intenzione di fare? Starmi appresso fino a che non troverò un abito?"

"Beh, di certo non è qui dentro che troverai un vestito adatto" rispose lui, guardandosi attorno. "Ven conmigo" le disse nella sua lingua madre, afferrandola nuovamente per il polso destro.

Senza obbiettare, non volendo attirare su di loro l'attenzione delle altre persone presenti nel centro commerciale, la bionda si fece guidare da Torres lungo gran parte dell'area commerciale, fino a quando non si fermarono davanti ad una boutique. Senza dir alcuna parola, il membro dei Siervos del Diablo mise piede all'interno del negozietto dall'aria lussuosa. Il giovane membro dei Sons of Silence, invece, si fermò davanti ad una delle due vetrine. Sbiancando notevolmente non appena, i suoi occhi, lessero il prezzo di un completo messo in esposizione su di un manichino.

"Porca vacca!" imprecò, sgranando gli occhi. "Praticamente quest'ammasso di tessuto equivale ad un mese di lavoro di un semplice operaio!"

Stava per allontanarsi da tutto quel lusso messo in esposizione. Volendo, per l'appunto, approfittare del fatto che, l'uomo de El Diablo, si fosse distratto entrando nella boutique.

Ma non ce la fece.

Infatti, capendo di non esser stato seguito all'interno del negozietto sfarzoso, il moro era tornato fuori, agguantando, per l'ennesima volta, la ragazza dagli occhi azzurri.

Ma, questa volta, Samantha si dimenò, sottraendosi alla sua presa.

"Ti sembro forse il tipo di persona che, punto primo, mette piede all'interno di un simile negozio? E, punto secondo, che si può permettere un tale abito?"

"No te preocupes. Yo pago el vestido"

"Assolutamente no!"

"Bueno. Vuelve a esa pequeña tienda barata. Pero entonces no te quejes si Rubén mira a Penélope y no a ti"

---

Samantha aveva da poco fatto il suo ingresso al Grass. Ovviamente non prima di aver guardato male diversi tipi che, con sguardo fin troppo lascivo, la stavano osservando. Desiderosi, quasi, di poter addentare la ragazza.

"Questa me la paghi, brutto stronzo" mormorò, sotto voce, riferendosi a Torres. Il quale, contro ogni probabilità, era stato capace, quel pomeriggio, di persuadere la biondina a seguirlo in quella boutique ed a farsi comprare un vestito. "Ho le tette che stanno implorando pietà" si lamentò poco dopo, mentre si addentrava, con grazia divina, tra le varie persone già presenti nel locale.

Respirò a fondo, cercando di non dare troppo peso al fatto che, seriamente, il suo seno era imprigionato in una stretta morsa data dalle coppe presenti in quel bellissimo abito. O, molto più semplicemente, la Moretti non era minimamente abituata ad indossare un tale indumento.

Difatti, non appena era uscita dal camerino, mostrando a Luka come le stava l'abito, aveva trovato da ridire su tutto.

Era troppo glitterato, a suo gusto personale. Troppo pronunciata era, a detta sua, la scollatura a cuore che rendeva quell'abito tanto bello. Ed era, infine, troppo profondo lo spacco presente sul lato sinistro del vestito.

Nulla, in quel capo d'abbigliamento, per la Moretti andava bene. Ma, alla fine, si era ritrovata ad indossare proprio quell'abito.

Il locale cominciava, man mano, a riempirsi. E questo rendeva, davvero molto difficile, per la biondina, esser in grado di trovare la sua graziosa preda.

Oh, non ti preoccupare cara. Praticamente è da quando hai fatto capolinea all'interno del Grass che, due ipnotizzanti occhi verdi, non avevano smesso, per un solo secondo, di ammirarti. Stregati quasi di fronte alla tua straordinaria bellezza.

Perché era proprio quello che Samantha Moretti era. Una ragazza la quale, nonostante avesse alcuni chili di troppo, che rendevano le sue curve più armoniose, era bella. Davvero molto, molto, bella.

Samantha, percependo di essere osservata, cominciò a guardarsi attorno, cercando il possessore di quel maledetti occhi verdi. I quali, neanche a farlo apposta, la stavano inspiegabilmente attirando a se.

Sollevò i suoi occhi azzurri verso l'alto, e lo vide.

Si guardarono per svariati secondi. Secondi che, per entrambi, sembrarono interi minuti. In seguito, Samantha, come per sfidarlo, gli sorrise. E davanti a quel diabolico sorrisetto che aveva appena ricevuto, Ruben Perez non poté far a meno che ingurgitare un grumo di saliva.

<Sono fottuto> si era, ben presto, ritrovato a pensare a questo Ruben, mentre ammirava colei che, contro ogni probabilità, gli stava mandando a puttane non solo il cervello ma anche il cuore.

Vedendo come, con assoluta attenzione, Perez la stava ammirando, la Moretti ruotò appena su se stessa, facendosi osservare al meglio. E, credetemi. Gli occhi verdi del moro si posarono, subito, a contemplare, quasi, quel favoloso lato b che la ragazza dagli occhi azzurri possedeva.


El Diablo, non riuscendo, neanche per un attimo a smettere di guardarla, continuò a tenere i suoi meravigliosi smeraldi puntati su di lei. Dimenticandosi, quasi, di esser già in dolce compagnia. Solo quando, il suono della voce di Penelope che, in quel momento, lo stava chiamando, gli arrivò dritto ai timpani, Perez si ricordò di lei.

"Chi stai guardando?" le chiese la Soler, sollevandosi dal divanetto. Così da poter osservare le persone presenti nella parte inferiore del locale.

<Dio, sarà più difficile di quanto pensassi!> esclamò tra sé e sé Samantha, mentre osservava, senza dare troppo nell'occhio, la Soler. <Ovviamente doveva trattarsi di una bella donna. Chiedere che fosse uno scorfano era chiedere troppo, vero?>

"Nadie importante, Penélope. Sentí que vi a uno de los hombres con los que estoy en el negocio" mentì spudoratamente Ruben, sollevandosi anche lui dal divanetto. Appoggiò entrambe le mani sui fianchi della giovane donna. Cominciando, pian piano, a muovere delicatamente i pollici sopra il tessuto dell'abito nero che, la Soler, indossava. Cercando, in quel modo, di tranquillizzarla. "¿Por qué no tomas otro trago y luego podemos ir a bailar?" le chiese, depositandole un leggero bacio sulla fronte.

Nel vedere come, con estrema naturalezza, il moro stata baciando la fronte della castana, uno strano formicolio cominciò a farsi strada nella bocca dello stomaco della nostra protagonista.

Samantha, non vorrai mica dirci che sei gelosa, vero?

La nostra giovane protagonista, sapendo, in partenza, che avrebbe dovuto, indirettamente competere con la donna de El Diablo, Penelope Soler, si era portata con sé un piccolo asso nella manica. E, a tempo debito, l'avrebbe utilizzato.

"Davvero credi di farmi ingelosire, agendo così?" bisbigliò la biondina, osservando la scena che si stava svolgendo nella zona superiore del Grass. "Tra non molto sarai tu a rosicare, non io"

Penelope, dopo essersi goduta appieno quella piccola effusione d'affetto da parte di Ruben, si allontanò, andando a farsi preparare un altro drink. Permettendo, in quel modo, ad El Diablo di tornare a concentrarsi su colei che, quel giorno, aveva tranquillamente affermato che gli stava dando la caccia.

Ma, forse, per Ruben Perez, era di gran lunga meglio se, il suo sguardo, lo teneva puntato sulla Soler e non sulla Moretti.

Difatti, non appena si era voltato in direzione della biondina, si era ritrovato ad assistere ad una scena che gli stava, letteralmente, facendo salire l'istinto omicida.

Il giovane membro sei Sons of Silence, si stava divertendo sulla pista da ballo assieme ad un ragazzo. Il quale, a parer del nostro caro protagonista, aveva posizionato, entrambe le mani, in un punto del corpo della ragazza dagli occhi azzurri che era, decisamente, off limits. Almeno per quell'estraneo.

"¡Hago que te arrepientas del día en que naciste, chico!" sibilò, nella sua lingua madre, il capo dei Siervos del Diablo, mentre stringeva, con estrema forza, il parapetto in vetro. Lo strinse con talmente tanta tempra che le nocche gli divennero bianche.

Successivamente, senza aspettare che la sua donna facesse il proprio ritorno, imboccò la stretta scalinata che portava al piano inferiore. Fece un profondo respiro, per poi intrufolarsi tra le molte persone che, in quel momento, affollavano la grande pista da ballo. Sgusciò tra tutti quegli ammassi di corpi caldi e sudati che si stavano muovendo a ritmo della musica, creandosi man mano un varco. Lungo la sua camminata verso il proprio obiettivo, ricevette qualche spintone, e non mancò di certo una pestata al piede sinistro che lo fece imprecare mentalmente. Se non fosse stato, in quel momento, troppo concentrato nel voler raggiungere la ragazza dagli occhi azzurri, sicuramente si sarebbe fermato davanti al tizio che, per errore, gli aveva pestato il piede, mandandolo a terra con un sonoro e deciso cazzotto. Ma sorvolò sul pestone, proseguendo spedito, o almeno tentò di farlo, verso i due.

Samantha che, senza dare troppo nell'occhio, aveva scrutato, con molta attenzione come, Ruben Perez, si stava facendo largo tra la gente, si preparò per scoccare la sua prossima frecciatina. Con assoluta nonchalance sollevò entrambe le braccia, cingendole al collo del ragazzo col quale stava ballando. Avvicinò le labbra all'orecchio di lui, pronta per dirgli qualcosa quando, una possente voce, la sua voce, sovrastò la musica, attirando l'attenzione di entrambi.

"Credo che sia più che sufficiente" parlò El Diablo. E, mentre diceva tali parole, aveva allontanato, con prepotenza, il giovane dalla biondina.

"Scusami?" domandò l'altro, alzando un sopracciglio, confuso da quanto era appena accaduto.

Ma Ruben Perez non solo ignorò alla grande il quesito che gli era stato posto... Anzi. Fece proprio finta di non vedere nemmeno colui che gli aveva rivolto la domanda.

Si era voltato, infatti, in direzione di Samantha, trucidandola con un semplice sguardo. Quest'ultima, per tutta risposta, sfoderò il suo miglior sorrisetto angelico, compiendo qualche piccolo ed, innocuo, passo all'indietro.

"Dove credi di andare, Mija?" chiese Perez, facendo tre passi in avanti, raggiungendo così la Moretti.

Con un movimento fulmineo, l'afferrò per il polso, attirandola a sé. Dallo strattone che gli diede per attirarla a sé, la figura di lei finì col sbattergli contro, permettendo, in tale modo, ai loro corpi di toccarsi.

Sarà stato per il troppo caldo che vi era all'interno del Grass, o chissà per quale altra strana ragione ma, nel momento in cui i loro corpi entrarono in contatto, entrambi poterono giurare di aver sentito, la loro stessa carne, andare quasi a fuoco.

Senza profilar alcuna parola e, soprattutto, senza mai lasciar andare il polso del giovane membro dei Sons of Silence, El Diablo si allontanò dalla pista da ballo, raggiungendo un posto, decisamente, molto appartato e, sicuramente, lontano da occhi curiosi.

Lasciò andare la presa su di lei e, ad agio, l'obbligò a compiere qualche passo all'indietro, facendola finire, letteralmente, con le spalle al muro. Camminò poi in avanti, arrestando i suoi passi ad una scarsa decina di centimetri di distanza da lei. La guardò dritta negli occhi e, mentre lo faceva, sollevò entrambe le mani. Le quali finirono per poggiarsi sulla fredda parete all'altezza della nuca di lei.

Picchiettò, per alcuni secondi, l'indice destro contro la parete, non distogliendo mai lo sguardo dalla giovane.

In quel preciso istante, mentre tra i due era in corso quel gioco fatto di scambi di sguardi, l'elevato suono prodotto dalle casse, alle orecchie di entrambi, cominciava ad essere pressoché una melodia lontana. E la splendida voce di Shakira iniziava ad essere un suono armonioso sempre più ovattato.

"Giochi sporco, lo sai vero?" il timbro di voce di Ruben era basso e roco. "Vieni qui, nel mio territorio, così..." I suoi occhi verdi vagarono, per alcune volte, lungo ogni singola curva del corpo di Samantha. "...Così bella, da togliermi il fiato" ammise e, tali parole, fecero tingere, di un'adorabile color porpora, le guance di lei. Avanzò di un solo altro passo, finendo quasi col sfiorarle il fisico. "E poi ti permetti, coraggiosamente tra l'altro, di farti toccare da un altro uomo, mentre il sottoscritto ti osserva?"

Samantha schiuse le labbra, con l'intento di rispondere ma, nemmeno un flebile suonò lasciò la sua bocca. Difatti, la sua gola era secca. Così serrò nuovamente le labbra, incapace di profilar alcuna sillaba.

<Che diavolo mi stai facendo, si può sapere?>

Questo quesito se lo posero entrambi, intanto che proseguivano a studiarsi.

"Non sono l'unica a giocare sporco, qui" finalmente riuscì a dire questo la Moretti. "Sbaglio o tu sei qui in dolce compagnia?" pose quel quesito, sollevando il mento in aria di sfida.

"Attenta, Mija" parlò lui.

E, nel tempo in cui esprimeva tali parole, la sua mano destra si staccò dalla parete, finendo col poggiarsi, in modo delicato, sulla pelle esposta della coscia sinistra della ragazza dagli occhi azzurri. Con una diabolica lentezza, le affusolate dita di Perez cominciarono a percorrere la liscia pelle.

Samantha poté giurare che, ogni singolo centimetro di pelle che, quelle maledettissime dita stavano accarezzando, cominciava a bruciare e formicolare.

"Perché non te ne torni di là, da lei, e permetti alla sottoscritta di tornare a divertirsi? Dopotutto, Penelope ti starà cercando"

<Sul serio, Samantha?> apparve così, dal nulla, la vocina interiore della biondina. <Siamo così dannatamente vicine a finire nel mezzo dei suoi boxer e tu che fai? Gli dici di tornare dalla sua donna?> domandò. <Non ho parole, davvero!>

"Divertirti?" chiese lui, continuando ad accarezzarle la coscia. "Ti prego, illuminami. Come pensi di divertirti, mhn?" Non permise a Samantha di dargli alcuna risposta. "Vuoi vedermi rosicare ancora mentre osservo come, un qualsiasi niñito, tocca qualcosa che non gli appartiene?"

"Sono libera di farmi toccare da chi voglio" lo sfidò lanciandogli addosso tali parole.

"Oh, non lo metto in dubbio, Alex" rispose lui in tutta tranquillità. "Ma di certo non lo puoi fare davanti a me. Mi manda in bestia, e tu lo sai"

"Quindi che hai intenzione di fare? Vuoi tenermi inchiodata alla parete fino a che il locale non chiude?"

Nell'ascoltare tali parole, un luccichio carico di lussuria apparve sugli occhi verdi di Ruben. Lentamente, si leccò le labbra e, la mano che, fino a quel momento era rimasta poggiata sul muro, si spostò, finendo col poggiarsi nella parte posteriore del collo di Samantha.

Piano, le dita di lui si insinuarono nella bionda chioma raccolta di lei, stringendo poi la mano a pugno. Li tirò appena, obbligando così la ragazza a sollevare lo sguardo, ed incatenando a sé i suoi occhi chiari.

Ad agio, avvicinò il proprio viso a quello di lei, permettendo, in quel modo, ai loro caldi e corti respiri di fondersi tra loro. Diventando un solo ed unico fiato. La mano destra, che, fino a quel preciso istante, aveva mandato in fiamme la coscia del giovane membro dei Sons of Silence, si sollevò verso l'alto, andando a poggiarsi sulla gola di lei, senza mai fare troppa pressione. L'arto rimase lì per qualche breve secondo, per poi proseguire la sua ascesa verso quelle rosee e morbide labbra. Con calma, il pollice percorse i sinuosi lineamenti di quel labbro inferiore, facendo appena fremere la bionda.

Ruben si avvicinò ancora un pochino. Ed ora, le loro bocche, erano ad un soffio l'una dall'altra.

"Te deseo mas que a nada en el mundo"

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