Lui dagli occhi di ghiaccio

By Cheshirecat9117

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Deborah è una ragazza comune con delle passioni un po' particolari, una ragazza con un passato complicato all... More

PROLOGO
La prima volta che ti ho visto (PARTE 2)
Rivali in amore (parte 1)
Rivali in amore (Parte 2)
Rivali in amore (PARTE 3)
Il suo tradimento (PARTE 1)
Il suo tradimento (PARTE 2)
Il suo tradimento (PARTE 3)
Le sue parole (Parte 1)
Le sue parole (PARTE 2)
Le sue parole (PARTE 3)
NOVITA' LIBRO
IMPORTANTE!! angoli di cuore

La prima volta che ti ho visto (PARTE 1)

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By Cheshirecat9117

Mi svegliai in preda all'agitazione. L'orario che segnava l'orologio sul mio comodino fu come una doccia fredda in pieno inverno. Erano le sette e mezza e quindi ero terribilmente in ritardo.

Non potevo fare tardi al mio primo giorno di scuola, me lo ero ripromessa. Si trattava del mio ultimo anno alle superiori e non potevo assolutamente dare una buona motivazione ai professori per prendermi in antipatia.

L'ansia aveva già preso il sopravvento impedendo al mio cervello di elaborare un piano che accorciasse i tempi di cui avevo bisogno per prepararmi.

Presi i primi vestiti che trovai nell'armadio e li indossai, saltellando come un'impedita da una parte all'altra della stanza, cercando di mantenere l'equilibrio mentre provavo a mettermi un paio di pantaloni.

Quando finalmente fui pronta, afferrai la borsa appoggiata sulla sedia e mi precipitai giù per le scale, correndo a più non posso per cercare di non perdere l'autobus.

«Accidenti, accidenti!!» esclamai scoprendo di essere rimasta a piedi.

Non mi erano rimaste molte alternative, quindi mi diressi in garage per prendere la mia vecchia bicicletta impolverata.

Quando appoggiai i miei piedi sui pedali di quel trabiccolo, mi resi immediatamente conto che le gomme delle ruote erano quasi sgonfie.

Mio malgrado ignorai quel problema e proseguii lungo la strada il più velocemente possibile. Dieci minuti dopo ero già arrivata a destinazione, madida di sudore e con i capelli in subbuglio. Sicuramente non ero un bel vedere.

«Debby sembra che sta mattina tu abbia dimenticato di pettinarti.»

Quella voce proveniva dalla mia migliore amica, la classica tipa fissata sull'aspetto, sempre all'ultima moda.

Ci conoscevamo da molti anni, eravamo praticamente cresciute insieme. Era una ragazza molto bella, aveva la pelle chiara e i capelli neri, i suoi occhi azzurri tendenti al grigio riuscivano ad ammaliare chiunque. Peccato per tutto quel trucco che metteva sulla faccia.

«Grazie Abby, sei un tesoro.»

«Seriamente che ti è successo?»

«La sveglia non ha suonato» mentii. Non l'avevo sentita per il semplice fatto che la sera precedente avevo fatto le ore piccole giocando a un videogioco online, ma non potevo dirglielo perché avrebbe cominciato a farmi la predica.

Per lei tutto ciò che era da nerd era da sfigate, anche se io naturalmente non ero della stessa opinione.

Mi erano sempre piaciute le cose di quel tipo, fumetti, film fantasy, cosplay e via dicendo, insomma non ero una delle solite ragazze a cui piaceva andare a fare compere e passare il tempo nei centri estetici, anzi le odiavo proprio quelle cose.

«Senti hai già i capelli come una carota, ma adesso sembri addirittura un leone a cui hanno spettinato la criniera. Lo dico per il tuo bene, vai in bagno e sistemati.»

«Ti ho già detto che sei un'amica? e comunque ormai non faccio più in tempo.»

Lei sorrise quasi compiaciuta, le piaceva troppo dirmi cosa fare, la faceva sentire importante.

Chiunque ci vedesse insieme capiva immediatamente che eravamo come il giorno e la notte, la nostra diversità si notava a un miglio di distanza. Se non ci fossimo conosciute da bambine probabilmente non saremmo mai diventate amiche.

«Hai sentito? quest'anno avremo un altro insegnante di filosofia.»

«No non ci voleva, ero finalmente riuscita a farmi andare bene la Morris e ora dovrò sorbirmi una nuova vecchia isterica?»

In filosofia ero completamente negata, non che nelle altre materie fossi l'eccellenza, ma almeno non rischiavo un'insufficienza.

Entrai in classe cercando il posto meno vicino alla cattedra e per fortuna lo trovai subito. Abby non era dello stesso parere, preferiva di gran lunga i posti davanti, così da farsi notare meglio.

Lei amava essere la migliore in ogni cosa e cercava sempre di ottenere il massimo dei risultati, voleva attenzioni e faceva di tutto per averle.

Per le due ore che seguirono cercai di non farmi distrarre dai messaggi che mi mandava ripetutamente sul cellulare, quando si annoiava era abbastanza assillante.

La terza ora finalmente arrivò. Era quella di filosofia, e io ero proprio curiosa di sapere quale vecchia strega avevano scelto per dare tormento a noi studenti.

Mi aspettavo di vedere entrare dalla porta Crudelia Demon, invece no, quello che vidi mi colse del tutto di sorpresa. Era un uomo, non uno di quei vecchi professori dal naso storto, era veramente bello da guardare e anche piuttosto giovanile.

I suoi occhi erano come l'oceano, freddi e severi. I capelli invece, erano neri come la notte. Le sue spalle larghe e muscolose gli conferivano un fascino fuori dal comune.

«Ciao a tutti io mi chiamo David Evans e ho 29 anni, mi sono trasferito da poco a Greenwich per essere più vicino al posto di lavoro. Se avete delle domande da farmi potete farlo adesso.»

Di solito restavamo tutti in silenzio, ma quel giorno Abby doveva essere di buon umore perché alzò la mano, come se non stesse aspettando altro che quell'occasione.

«Mi dica pure signorina...?»

«Mi chiamo Abby Scoot, comunque volevo chiederle se un giorno di questi potessimo uscire insieme. Che ne dice?»

Non riuscivo a credere a quello aveva avuto il coraggio di dire e non capivo se il suo era un modo come un altro per fare la spiritosa o diceva sul serio.

«Signorina non sono qui per gli scherzetti. Chiusa questa parentesi credo sia meglio cominciare con la lezione.»

Iniziò a parlare di Platone, ma non riuscivo a seguire una sola parola di quei ragionamenti contorti. La noia mi stava logorando, e quindi cominciai a rispondere agli SMS di Abby, che era completamente impazzita per il nuovo acquisto scolastico.

Per carità quell'uomo era una vera e propria boccata di aria fresca, ma era pur sempre un insegnante e come tutti gli insegnanti era sicuramente noioso e con la puzza sotto il naso, e non ci trovavo niente di bello in quei due particolari.

«La signorina con il cellulare in mano, come si chiama?» esordì riferendosi a me.

Ero stata beccata in pieno. Mi chiesi come avesse fatto a vedermi da così lontano.

«Sono Deborah Harrison.»

«Signorina Harrison mandare messaggini in orario di lezione è un comportamento che non tollero.»

Mi guardava furente. Va bene, avevo sbagliato, ma non pensavo di aver fatto una cosa tanto grave da ricevere tutta quella ostilità.

«Mi spiace Mr Evans ma non è colpa mia se la filosofia è una materia così inutile, prometto di fare più attenzione in futuro.»

Non potevo credere di averlo detto davvero, ma cosa avevo nel cervello?

«Bene. Abby Scoot al posto della Harrison.»

«Non potete farlo» mi lamentai subito a quella decisione.

«Può scegliere tra una visita dal preside o andare al posto della signorina Scoot.»

Scelsi di stare in silenzio, ma lo feci solo per non peggiore ulteriormente la situazione. E senza fare altre storie spostai le mie cose e mi sedetti al posto della mia migliore amica.

Per tutto il tempo non fece altro che farmi domande al quale non sapevo rispondere e più notava la mia immensa ignoranza e più si accaniva contro di me, era una vera e propria tortura, una figuraccia dietro l'altra di fronte a tutti i miei compagni di classe.

Quando finalmente la campanella della ricreazione suonò, ne fui veramente sollevata.

Stavo per uscire dalla porta a tutta velocità, quando Mr Evans mi chiamò nuovamente alla sua attenzione.

«Harrison si fermi un attimo per favore.»

Mi voltai contro voglia e in preda al nervosismo e mi diressi verso di lui. «Che succede?»

«Signorina se lei non si mette seriamente a studiare, sarò costretto a darle un'insufficienza.»

Dal suo sguardo arrogante, potevo vedere in modo abbastanza cristallino che non gli piacevo per niente e di rimando a me non piaceva lui. Tutta quella sicurezza che dimostrava mi irritava terribilmente.

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