Il suo tradimento (PARTE 3)

1K 51 0
                                    

Settembre si stava rivelando più freddo del solito, se non pioveva continuavano comunque a esserci dei bei nuvoloni grigi, e le temperature continuavano a scendere sempre di più.

Le foglie cominciavano a cambiare colore, lasciando scomparire ogni traccia di verde e portandosi via tutti i colori vivaci dell'estate che ormai stava finendo.

«A cosa stai pensando?» mi domandò lui a un certo punto.

«Niente, pensavo che l'autunno quest'anno è arrivato molto prima del previsto, non trova?»

«Puoi darmi del tu, comunque hai ragione. Però a me al contrario di molti l'autunno piace.»

In effetti gli si addiceva.

«Me lo immaginavo.»

«Sembra un'offesa nel modo in cui lo hai detto.»

Quel giorno non ne combinavo una giusta. «No guardi...guarda non è come credi.»

«Mmmm d'accordo, ti credo.»

A un tratto mi venne in mente un episodio del mio passato.

Quando avevo 14 anni il ragazzino di cui ero infatuata mi venne vicino per chiedermi un bacio. Naturalmente accettai tutta contenta della sua proposta, ma al momento decisivo mi venne da starnutire e lo feci proprio sulla sua faccia.

Naturalmente non la prese per nulla bene. E fu così che collezionai in un solo colpo un'occasione mancata e una figuraccia che non avrei più dimenticato.

Lui non mi parlò più, anzi prese addirittura a prendermi in giro con gli altri ragazzini.

«Cosa stai pensando? sei taciturna.» Non aveva tutti i torti, non ero proprio di compagnia.

«Solo perché sono stata gentile per un po' non vuol dire che adesso devo raccontarti tutti i fatti miei. Comunque sia non era niente di importante, pensavo semplicemente a una parentesi buffa del mio passato» sbottai senza una vera ragione.

«Sei veramente scorbutica, comunque ora sono curioso, di cosa si tratta?» insistette.

Per fortuna eravamo quasi arrivati e non mi sarei dovuta inventare un'altra scusa patetica delle mie per non raccontargli quella pessima storia infantile.

«Magari un'altra volta, siamo arrivati ormai» gli sorrisi e di rimando lui mi guardò male.

«Sarei quasi tentato di fare un giro per la città, così da costringerti a svuotare il sacco.»

Quella cosa che aveva detto mi fece quasi ridere, stava cercando di convincermi a parlare usando qualsiasi mezzo e di certo era qualcosa di veramente insolito per un insegnante.

Lo salutai per poi entrare in casa mia.

Il telefonino era ancora spento. Lo riaccesi. Mia madre si sarebbe arrabbiata se mi avesse cercata e io fossi risultata irraggiungibile. Meglio evitare una lite con lei, visto che aveva già molte cose a cui pensare.

Naturalmente trovai almeno una decina di messaggi scritti da quella carogna della mia migliore amica, in cui mi chiedeva spiegazioni per il mio comportamento.

Cancellai tutto e bloccai il suo numero.

La rabbia sta volta non era passata, una cosa del genere non poteva essere dimenticata in poche ore e nemmeno in pochi giorni.

Mangiai un po' di pasta e mi preparai per andare a lezione di violino.

L'insegnante quel giorno era in grande ritardo, finalmente avevo uno di quei rari momenti in cui potevo rilassarmi. E mentre stavo cercando di non pensare a niente, alla porta mi accorsi della presenza di un nuovo studente.

Era un ragazzo dai capelli biondi e due occhi azzurri stupendi. Mi sembrava di averlo già visto, ma non riuscivo a collegarlo a nessuno. La sua espressione era abbastanza confusa, probabilmente si era perso.

«Scusate è qui che si terrà la lezione della Signora White?» chiese un po' titubante alla classe.

«Si è questa» gli risposi.

Mi ricordava me la prima volta che ero entrata a far parte di una nuova scuola, lasciando tutti i miei vecchi compagni delle medie. Mi sorrise grato per avergli fornito quell'informazione.

«Ti ringrazio» e si mise a sedere proprio accanto a me.

Mrs White arrivò di corsa chiedendoci scusa per il ritardo. Da quanto pareva suo marito aveva dei problemi di salute e quindi a lei toccava occuparsi di tutto.

Quel giorno non fu assillante come al solito, anzi sembrava addirittura distratta e quindi l'atmosfera era decisamente più serena.

Finimmo gli esercizi senza feriti sul campo di battaglia, solitamente era una vera vipera pronta a mandare al patibolo i malcapitati che commettevano degli errori.

Quando tornai a casa mi ritrovai Abby seduta sulle scale fuori dalla porta.

«Cosa vuoi?» l'aggredì acida.

«Mi spieghi perché ce l'hai con me?»

«Dovresti chiederlo alle tue amiche. Pensano che io ci provi col tuo ragazzo. Mr Evans.»

La vidi sbiancare, l'avevo colta di sorpresa, era evidente la sua colpa.

«Senti l'ho detto in un momento di rabbia, mi conosci sono sempre stata impulsiva»

Quella giustificazione non reggeva minimamente.

«Beh certo perché tu puoi fare tutto. Senti prova a crescere e smettila di credere che un professore possa mettersi nei guai provandoci con una studentessa, soprattutto è da vere bastarde dire quelle cose della tua migliore amica. Mi fai veramente schifo.»

Ero fuori di me, forse non mi aveva mai vista così in tutti gli anni in cui avevamo condiviso tutto, dalla merenda, ai vestiti, alle cose più banali.

«Senti mi spiace davvero, scusami.»

«No sta volta dovrai fare di meglio, le scuse non bastano più.»

La fissai dritta negli occhi e dopo un po' me ne andai lasciandola fuori da sola a riflettere sui suoi errori. Mi sentivo esausta, specie dopo essermi sfogata in quel modo.

La rabbia era rimasta dentro di me a lungo, era rimasta ben nascosta in attesa di un errore, di una mancanza che la spingesse a scatenarsi.

La rabbia non era mai andata via veramente, l'avevo solo accumulata sul fondo dell'anima, finché non era esplosa in tutta la sua irruenza, travolgendo ogni cosa.

Improvvisamente avevo smesso di perdonare, avevo smesso di trovare una scusa per ogni gesto o torto che mi avevano fatto e avevo deciso di allontanare tutti. Ero stanca di subire senza provare nemmeno a difendermi.

Lui dagli occhi di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora