I LOVE YOU, OLIVIA

By SilviaVancini

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OLIVIA E' ALLA DISPERATA RICERCA DI UN COINQUILINO. Ha solo venticinque anni, dovrebbe divertirsi, invece pas... More

I LOVE YOU, OLIVIA è già un libro acquistabile!
CORRERE COI TACCHI
MANI SCONOSCIUTE
FONDOTINTA SULLA COSCIA
CHIAMATE PERSE
SORPRESA
E SE TI DICESSI CHE SONO INCAPACE DI TOLLERARE IL MIO STESSO CUORE?
LETTO A CASTELLO
COSA PENSI DI ME?
TRE MESI DI AFFITTO
MI SEI MANCATA
RIMPATRIATA
TI AMO MA
ASSAI PALPITASTI
PUOI FARMI UN FAVORE?
CI SIAMO INCONTRATI IN BIBLIOTECA
UN UOMO BUONO
IL PICCOLO PRINCIPE
VOGLIA D'ESTATE?
I LOVE YOU, OLIVIA
TEAM
MERDA, MERDA, MERDA!
OCCHIO PER OCCHIO
CENA DI MEZZANOTTE
SOLTANTO IO, SOLTANTO TU
SEPARAZIONE
DEPRESSIONE POST-SPETTACOLO
MADRE E FIGLIA
E MI PIACI PER DAVVERO ANCHE SE NON TE L'HO DETTO
CAPODANNO
QUANDO SARANNO FUGGITI I GIORNI ESTIVI
SILENZIO RADIO
E VERRÀ UN GIORNO, PERCHÉ VERRÀ, SÌ, VERRÀ...
Parte 2 - E VERRA' UN GIORNO...
TI PIACEREBBE RESTARE PER SEMPRE?
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IL BILOCALE

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By SilviaVancini

Enzo si trovava fuori Modena. La sua auto era parcheggiata lungo una stradina residenziale e nello specchietto retrovisore c'era incorniciata la figura di un giovane uomo in giacca e cravatta che fumava appoggiato al muretto di una casa. Sembrava un teppistello di quartiere, ma la cartellina che teneva sottobraccio diceva ad Enzo che era proprio lui la persona che doveva incontrare. Avevano un appuntamento alle quindici ed ormai non c'erano più scuse per temporeggiare.

Stropicciandosi la faccia per l'ultima volta, Enzo scese dall'auto e la chiuse. La pioggia aveva smesso di scendere e dalle nuvole era sbucato un raggio di sole, ma lui aveva gli occhi gonfi di pianto e tutta quella luce lo faceva sentire tremendamente esposto. Tenne la testa bassa, ma fu costretto a darsi un contegno quando l'agente immobiliare lo avvistò. Quest'ultimo spense la sigaretta e la gettò di lato, poi gli andò incontro con passo carismatico.

«Salve! È il signor Montorsi?»

«Sono io.»

«Prego, per di qui.»

I due si strinsero la mano, poi l'agente immobiliare aprì il cancellino del muretto a cui era appoggiato ed invitò Enzo a seguirlo.

L'appartamento non era nuovo di zecca, ma lo sembrava con le sue pareti tinte da poco ed il pavimento color bottiglia che rendeva il tutto molto moderno. L'agente immobiliare ne era entusiasta e descriveva ogni pregio come se fosse l'affare del secolo, ma Enzo si guardava intorno senza sapere cosa pensare.

Non era una brutta casa. Anzi, era davvero bella per rientrare nel suo budget, però c'erano troppe stanze. Troppi corridoi. Troppo spazio che lui non avrebbe riempito, se non con la sua solitudine.

«Allora? Che ne pensa?» gli chiese l'agente immobiliare alla fine della visita. Erano tornati all'ingresso e lui si era finalmente voltato a guardare Enzo, dopo aver passato gli ultimi cinque minuti a camminargli davanti. Enzo ricambiò il sorriso cordiale e pensò a qualcosa da dire, ma nell'indecisione decise di improvvisare. Tirò fuori il cellulare e lo mostrò all'agente immobiliare.

«Posso fare delle foto?»

«Certo che può! Vuole che gliele scatto io? Apro di più le tapparelle? Le ho già detto che tutte le tapparelle sono antigrandine?»

Alle sedici di quello stesso pomeriggio, Enzo stava visitando un altro appartamento. Era più piccolo del primo ed era già arredato (particolare che ovviamente si faceva risentire nel prezzo), ma Enzo decise che lo avrebbe scartato appena ci mise piede.

Il proprietario era un uomo insopportabile. Gli mostrò l'appartamento sventolando un magico telecomandino con cui gestiva tapparelle, luci, temperatura ed ogni altro aspetto tecnologico e si vantò più volte di come si potesse fare di tutto senza mai alzarsi dal letto.

Convinto di guadagnarsi la simpatia di Enzo, gli raccontò di aver acquistato quell'appartamento per tagliare le spese sempre più ingenti degli alberghi in cui portava le amanti. Era costretto a venderlo dato che la moglie sospettava qualcosa, ma quell'appartamento rimaneva il paradiso dello scapolo, un'isola pacifica nell'esorbitante scomodità ed oppressione dalla vita in famiglia.

Ed Enzo? Era sposato? Fidanzato? Aveva figli?

Enzo esitò prima di rispondere a queste domande. Il proprietario trasudava malizia ed era evidente che aveva già la battuta successiva pronta.

Se Enzo fosse stato single, il proprietario gli avrebbe dato del fortunato e lo avrebbe spronato a continuare così. Se avesse detto di essere sposato, cosa tecnicamente ancora vera, lui avrebbe apostrofato il matrimonio come una scocciatura. Se invece gli avesse detto la verità, cioè che era stato mollato da sua moglie tre settimane prima per un altro e stava soffrendo come un cane, non era difficile immaginare il consiglio che avrebbe potuto dargli.

Quando Enzo cominciò a sentirsi come se non fosse lui a dover scegliere l'appartamento, ma fosse il proprietario a dover valutare se scopava abbastanza per meritarselo, chiese di poter scattare qualche foto e se ne andò.

Enzo visitò la terza ed ultima casa del giorno con una tale stanchezza addosso che non riuscì nemmeno a farsene un parere. L'agente immobiliare era una donna gentile, ma Enzo annuiva senza ascoltare davvero le sue spiegazioni. Si guardava attorno per abitudine ed i suoi occhi registravano solamente gli scarabocchi di alcuni bambini sui muri e le impronte dei mobili che non c'erano più.

«Quando potrei trasferirmi?» chiese Enzo alla fine della visita.

«Anche subito.»

Era la risposta che voleva sentirsi dire, ma gli fece venire il mal di pancia.

Stava ricominciando a piovigginare, quando Enzo entrò in un bar. Erano quasi le sei di pomeriggio e da qualche parte era l'orario perfetto per Spritz e patatine, ma lì non si faceva aperitivo. Il barista era un signore di settant'anni che parlava solo in dialetto ed i clienti erano tutti suoi coetanei. C'era in corso una combattutissima partita di briscola e tutti i presenti avevano accerchiato il tavolino dove si svolgeva la grande sfida per poter guardare.

Pur di ordinare qualcosa che gli permettesse di ripararsi dalla pioggia per un po', Enzo prese una bottiglietta d'acqua dal frigo e la pagò, poi andò a sedersi ad uno dei tavolini più isolati. Bevve un sorso, ma l'acqua era così fredda da fargli male ai denti.

Enzo sapeva cosa doveva fare. Non ne aveva la minima voglia, ma prese la sua cartella da professore e tirò fuori il necessario per prendere qualche appunto, poi sfogliò le foto che aveva scattato con il cellulare.

Erano tutte uguali, a vederle una dopo l'altra. C'erano solo muri e pavimenti vuoti, anche quando si trattava dell'unico appartamento ammobiliato. Non gli dicevano nulla. Non gli raccontavano nessuna storia. Sul suo quadernetto scrisse i pregi ed i difetti che ricordava, ma a livello di sensazioni nessuno dei tre appartamenti lo faceva sentire come se la sua ricerca fosse conclusa.

Afflitto, Enzo cominciò a sfogliare le foto più vecchie. C'erano altre case, altri pavimenti, altri luoghi ed alcuni di questi erano nettamente migliori di altri, ma lui non riusciva ad immaginarsi fra quelle stanze. Non riusciva a visualizzare i suoi libri impilati lungo quelle pareti o le sue ciabatte in un angolo. Il suo futuro non era da nessuna parte. Davanti a sé vedeva solo un'eterna copia del presente e l'idea era così soffocante che Enzo preferiva non pensarci affatto.

Enzo cominciò a cancellare le immagini. All'inizio una per una, poi selezionandole in blocco. Stava per eliminarle in via definitiva, quando ne intravide una diversa dalle altre. Era la foto che aveva scattato poche ore prima al volantino appeso al palo. Era leggibile, anche se l'aveva fatta in fretta, e lui si soffermò a guardarla.

Nonostante il volantino fosse appeso in centro a Modena, l'appartamento descritto si trovava in periferia. Vicino alla campagna. Le striscette di carta da strappare con i contatti di una certa Olivia Cuoghi erano già state prese tutte, ma il numero di telefono era scritto anche nel testo.

Enzo guardò intensamente la scritta: COINQUILIN* CERCASI. Selezionò l'immagine per cancellarla insieme a tutte le altre, poi la deselezionò e la guardò un altro po'. Trascrisse il numero di telefono su un tovagliolino, poi lo digitò sul cellulare e fece partire la chiamata.

All'inizio non rispondeva nessuno. Enzo si sentiva già sollevato all'idea di non dover fare altri sforzi, ma poi una voce femminile gli parlò all'orecchio.

«Pronto?»

«Pronto?» chiese Enzo. Per poco non rovesciò la bottiglietta di tè. «Parlo con Olivia Cuoghi?»

«Sì, sono io.»

«Chiamo per l'annuncio. Se è ancora valido. Sarei interessato all'appartamento.»

Dall'altra parte della linea ci fu un attimo di silenzio.

Ha già trovato qualcun altro, pensò Enzo, speranzoso. Sta cercando il modo di dirmelo.

«È un bilocale molto piccolo. E costa troppo.»

Quindi era ancora libero?

Enzo rimase interdetto. Sentì di nuovo quella fitta di mal di pancia e tacque, finché non si rese conto di essere in silenzio da troppo tempo.

«Posso vederlo oggi?»

«Oggi?»

«Anche adesso. Se lei è a casa.»

«Okay. Okay. Adesso sono fuori, possiamo fare fra un'ora?»

«Perfetto. Grazie.»

«Grazie a te. A lei.»

Ci fu un momento di silenzio da parte di entrambi. Enzo sarebbe stato capace di restare attaccato alla linea per minuti interi pur di non essere il primo a terminare la chiamata, ma per fortuna la ragazza mise giù dopo non molto.

Enzo appoggiò il cellulare sul tavolino e non lo toccò più, come se mordesse.

Aveva un altro appuntamento. Il quarto della giornata. Un appuntamento non programmato per un bilocale probabilmente troppo piccolo per essere anche solo preso in considerazione e di cui non aveva nemmeno guardato tanto bene le foto.

Enzo controllò l'orario.

* * *

Il bilocale si trovava in una viuzza dall'aria poco rassicurante. Era stretta. Sporca. Poco illuminata. Gli edifici erano stati vandalizzati dalle bombolette spray ed i portoni erano graffiati dalle decine di biciclette che ci venivano appoggiate contro, nonostante i divieti.

Enzo aveva lasciato la sua auto nel piccolo parcheggio della stazione dei treni (una stazione così piccola che c'era un binario solo ed i biglietti andavano acquistati nell'edicola più vicina), poi era arrivato lì a piedi. In una mano teneva il cellulare con Google Maps aperto, nell'altra stringeva il quadernetto dove si era segnato tutte le informazioni necessarie per riconoscere il bilocale. Aveva trovato il numero civico da un po', ma per presentarsi all'appuntamento aspettò che passasse un'ora precisa dalla telefonata.

Quando venne il momento, raggiunse il portone d'ingresso e suonò il campanello segnato con il nome di Olivia Cuoghi, poi attese. Era sul punto di suonare di nuovo, quando il citofono gracchiò.

«Sì?»

«Olivia? Sono quello dell'annuncio.»

«Ciao, sali pure. Sono al terzo piano.»

Il portone venne aperto con un suono elettrico. Enzo lo dovette chiudere con una certa forza per evitare che si riaprisse, poi cominciò a salire le scale che si ritrovò davanti.

L'interno dell'edificio era tanto vecchio quanto l'esterno, ma molto meno squallido. L'odore dei prodotti chimici che erano stati utilizzati per pulire erano così forti da far pizzicare il naso. Enzo si stava pentendo di ogni scelta mai presa nella sua vita, come ogni volta che doveva fare qualcosa fuori dalla sua comfort zone, ma non poteva tirarsi indietro. Arrivando al terzo piano, si passò una mano fra i capelli e si lisciò i vestiti, poi si assicurò che la patta dei pantaloni fosse chiusa.

Davanti a lui c'erano due porte, entrambe chiuse. Enzo pensò di aver sbagliato pianerottolo, ma gli bastò leggere i nomi dei campanelli per individuare quella di Olivia Cuoghi. Bussò e dall'interno giunse una risata nervosa.

«Oddio, scusami. Arrivo subito.»

Enzo sentì dei passi correre nella sua direzione, poi la porta dell'appartamento venne spalancata.

«Eccomi. Scusami tanto per...»

La sorpresa colpì Enzo come un pugno nell'occhio. Si era costretto a sorridere mentre la porta veniva aperta, ma le sue fossette non avevano nemmeno fatto in tempo a comparire, che già la sua espressione era cambiata.

Per un attimo si ritrovò al Rancio, dove aveva festeggiato il suo compleanno ormai tre settimane prima. L'immagine della cameriera che Paolone aveva fatto incazzare era ancora nitida nei suoi ricordi, così come era nitido quel senso di vergogna dilagante che provava per averla invitata a sedersi sulle sue ginocchia.

Dimenticali, aveva detto Enzo, ma lei era furiosa. Lo aveva liquidato in due parole e lui non aveva avuto il coraggio di insistere.

Quella cameriera lo aveva guardato con gli occhi più bui che avesse mai visto. Era abituato agli sguardi colmi di indifferenza, pietà o addirittura fastidio, ma non era mai stato guardato con quella miscela esplosiva di odio, offesa e dolore.

Enzo si era sentito immediatamente una merda. Era rimasto fermo ad aspettare che lei tornasse per perdonarlo, finché i suoi amici non gli avevano detto di tornare al tavolo. Paolone aveva chiesto un coltello per tagliare la torta ad un'altra cameriera e la serata era trascorsa fra altre birre ed altre risate, ma Enzo era rimasto ingolfato nello sguardo accusatorio della cameriera dai capelli rosa e dal suo desiderio bruciante di rimediare.

Ed ora ne aveva l'occasione.

Olivia Cuoghi, la ragazza alla ricerca di un coinquilino per il suo bilocale, era la cameriera del pub. Non indossava la maglietta rossa della divisa ed aveva i capelli sciolti, ma era lei. Senza ombra di dubbio.

Anche Olivia lo aveva riconosciuto. Il suo stupore era evidente, ma durò solo pochi secondi.

Così come Enzo si era sentito portare indietro nel tempo, sul viso di lei si fece largo lo stesso bruciore di quella sera. Scrutava la faccia di Enzo senza nemmeno battere le palpebre ed ogni tanto faceva saettare lo sguardo verso il basso. Enzo non capiva cosa stesse cercando, ma poi lo realizzò.

Olivia gli stava guardando le mani. Controllava che fossero vuote. Ad irrigidirla non era il disprezzo per Enzo o la sorpresa di ritrovarselo in casa, ma la paura che provava nei suoi confronti.

La vergogna era una sensazione rara e scivolosa, ma in quel momento Enzo se la sentì colare addosso in tutto il suo viscidume.

Enzo alzò le mani di scatto. Lo fece senza pensarci due volte, con l'unico obiettivo di mostrare ad Olivia che erano vuote ed innocenti, ma lei fece un salto all'indietro. Finì con la schiena contro la porta e si aggrappò d'istinto alla maniglia, come se potesse scardinarla ed usarla come arma di difesa. La teneva così stretta che le sue nocche sbiancarono.

«Come mi hai trovata?» chiese.

Era tutto sbagliato.

Enzo provò a boccheggiare qualche scusa, ma non trovava le parole.

Decidendo che sparire era il modo più veloce per migliorare la giornata di entrambi, Enzo si voltò e scese le scale finché non si trovò fuori da quell'edificio, all'aria aperta, sotto il cielo sempre più buio della sera. 

Spazio Autore:

Domani è già dicembre. Non è nemmeno un mese intero che ho cominciato la pubblicazione di questa storia qui su Wattpad, eppure mi sembra già passato moltissimo tempo... Sarà che in queste settimane sto scrivendo gli ultimi due episodi e presto sarà tutto finito? Un giorno potrò raccontarvi tutte le coincidenze fra scrittura e vita reale che mi stanno capitando, ma per ora non posso perché vi farei spoiler 😂 

Che dite, Enzo ce la farà a non farsi odiare a morte da Olivia? Vi aspettò mercoledì prossimo e vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo 💜 

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