ᴇʟ ᴅɪᴀʙʟᴏ - ɴᴏɴ ᴛᴜᴛᴛᴏ ɪʟ ᴍᴀʟᴇ...

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1° ᴠᴏʟ ᴅᴇʟʟᴀ sᴀɢᴀ 'ᴇʟ ᴅɪᴀʙʟᴏ' Siamo cresciuti con la consapevolezza che il male, di per sé, non fosse soltant... More

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<<Ma lo sguardo no, quello non si può confondere, né da vicino né da lontano! Oh, lo sguardo, sì che è significativo! Come il barometro.
S'indovina tutto: chi ha un gran deserto nell'anima, chi senza una ragione è capace di ficcarti uno stivale fra le costole e chi invece ha paura di tutto>>


Vicenza, Italia

"La mia povera testa" biascicò Kyla mentre, ancora mezza assonnata, raggiungeva i suoi amici in cucina. Tenendo gli occhi semi chiusi, trascinò indietro uno sgabello della penisola della cucina, producendo un fastidioso e stridulo suono sul pavimento. "Shh non fate rumore, o la testa mi scoppierà" borbottò poi, accomodandosi. Convinta che fossero stati i suoi amici a far rumore e non lei.

I tre cugini si guardarono e, ridendo leggermente per la scena a cui avevano appena assistito, tornarono a preparare la colazione.

"Kyla, prendi questa" parlò Sebastian, mentre passava all'amica un bicchiere d'acqua ed un'aspirina.

Obbedendo, la Riflessi ingurgitò il medicinale per alleviare il dolore che, come un martello che batte sul ferro, le stava martellando nella testa, non dandole nemmeno la minima tregua. Dopo qualche secondo, poggiò la testa sulla fredda superficie della penisola, tornando quasi a dormire. Solo l'inebriante odore di caffè, appena fatto, la fece ritornare, per così dire, nel mondo dei vivi.

"Sai, credo che Morfeo non voglia più averti tra le sue braccia" la prese in giro Stellan, mettendole, proprio sotto il naso, una fumante tazza di caffè.

"Vi odio, lo sapete?" mugugnò, sorseggiando un po' di caffè. "Dei quattro, sono quella che, ieri sera, ha bevuto di meno" alzò lo sguardo, guardando i suoi amici. "E, ironia della sorte, sono quella presa peggio. Mentre voi" col dito indice lì indicò uno per uno. "Sembra che abbiate bevuto della semplice acqua"

"Ci vuole ben più di qualche birra per metterci fuori gioco" affermò Samantha, addentando successivamente un pezzo della fetta di pane con marmellata che si era preparata. "Se stai male, possiamo rimandare ad un altro giorno il nostro viaggio a San Juan"

Nell'udire quelle parole, la mora aprì di scatto i suoi grandi occhioni scuri. Tutto d'un tratto sembrava perfettamente sveglia ed essersi ripresa del tutto.

"Col cazzo!" imprecò, dando poi un lungo sorso al suo caffè. "Ho un volo di quasi diciannove ore a disposizione per riprendermi. Per non parlare del viaggio in auto per arrivare all'aeroporto di Venezia"

"A proposito del viaggio" si intromise nel discorso Sebastian, attirando l'attenzione sia di Samantha che di Kyla. "Non per essere rompiscatole ma" diede una rapida controllata all'ora impressa sull'orologio che portava al polso, prima di proseguire. "Voi due, signore, avete esattamente sedici minuti di tempo per prepararvi e mettere le vostre chiappe in auto. Se non volete perdere il volo"

Le due ragazze, aiutate dai fratelli Rossi, stavano finendo di caricare in auto i propri bagagli quando, la possente voce di Andrea, chiamò a sé la nipote. La quale, con passo veloce, raggiunse l'uomo che sì trovava sullo stipite della porta d'ingresso della sua abitazione.

"Dimmi, zio" parlò la bionda, osservando attentamente l'uomo che, in quel frangente, era alquanto pensieroso.

"Divertitevi ma tieni gli occhi aperti" disse, guardandola. "E non fidarti di nessuno"

"Come sempre, zio" rispose ovvia la Moretti.

Era da quando aveva nove anni, età in cui Viper aveva iniziato ad istruirla, allenandola pure nell'autodifesa ed in altre discipline, che Samantha era perennemente vigile e prestava particolare attenzione a tutto ciò che la circondava.

"Per qualsiasi cosa, chiamami. D'accordo?" La bionda si limitò unicamente ad annuire. "Quasi dimenticavo" aggiunse poi, mentre si sfilava dal collo la collana con l'anello dei Sons of Silence appartenente ad Alessio. Allungò la mano, passando l'oggetto alla nipote. "Penso sia giunto il momento che tu abbia l'anello di tuo padre"

Samantha osservò con estrema cura il gioiello, decidendo poi di darlo a suo zio. Il quale la guardò confuso.

"Custodiscilo per me, zio" affermò, abbozzando un mezzo sorriso. "Non appena sarò tornata, lo terrò con me"

Abbracciò l'omaccione, per poi girare i tacchi e dirigersi verso la Jeep di Stellan. Aprì la portiera posteriore e, proprio quando stava per salire in auto, suo zio richiamò nuovamente la sua attenzione.

"Samantha" quasi urlò Andrea Rossi per farsi sentire. La giovane dagli occhi azzurri ruotò il capo, attendendo che l'uomo proseguisse col suo discorso. "Proteggi la tua identità"

Perché erano tante... Forse troppe le persone, appartenenti al mondo della criminalità organizzata, che volevano entrare in affari coi Sons of Silence. Ed erano disposti a tutto... Anche far del male alla famiglia di Andrea Rossi, se questo avrebbe attirato l'attenzione del grande capo.

Ed era proprio per questo motivo che, fin da quando i ragazzi erano piccoli, sia Andrea, sia Alessio, avevano tenuto nascoste le identità di Samantha, Stellan e Sebastian da tutti coloro che non rientravano nella cerchia di coloro che facevano affari coi Sons of Silence.

---

Le due ragazze erano in volo oramai da una decina di ore. Non appena l'aereo era decollato, come volevasi dimostrare, Kyla si era beatamente addormentata. Ricaricandosi per bene. Samantha, invece, aveva dormicchiato si e no per qualche ora. Giusto il tempo necessario per far si che, una volta arrivata a San Juan, non fosse completamente ko. Il resto delle ore di volo che avevano fatto, le aveva trascorse tra il leggere un libro di Tolkien, il suo autore preferito, ed il riflettere sulla lettera che, quella mattina, alle prime luci dell'alba, Viper le aveva lasciato sulla finestra.

Viper le aveva lasciato scritto come muoversi e, dove alloggiare a San Juan nelle settimane successive. Non appena Kyla fosse rientrata in Italia. E dove, successivamente, si sarebbe dovuta recare, così da non restare troppo a lungo nello stesso posto.

Secondo le direttive di Viper, la permanenza di Samantha a San Juan, doveva essere di sole tre settimane. Per poi dirigersi a Cuba.

Peccato solo che, da San Juan, Samantha Moretti non andrà via. Perché il Diavolo stesso metterà gli occhi su di lei. Portando, nella vita della giovane, ancora più caos e male di quanto già non ce ne sia.

San Juan, Portorico

Era tardo pomeriggio quando, mentre si trovava nel suo ufficio, indaffarato nel controllare i propri registri, Ruben Perez fu interrotto dal suo secondo in comando, Javier.

"Lo abbiamo trovato" disse semplicemente El Perro, entrando, senza nemmeno bussare, nell'ufficio de El Diablo.

Ruben staccò i suoi occhi verdi dal libro contabile, puntandoli proprio in quelli scuri di Javier.

"Dov'è?" chiese soltanto, alzandosi dalla poltroncina in cui era seduto, e facendo poi il giro della scrivania in mogano. "Dove si nasconde quel traidor?"

"Mateo lo ha appena portato al capanno" annunciò El Perro, soddisfatto. "E' tutto pronto, Diablo"

A quelle parole, gli occhi di Ruben si illuminarono di un'oscura e maligna luce. Senza aggiunger altro, seguito da Javier, El Diablo lasciò il suo ufficio, dirigendosi al capanno. Noto anche come Sala de tortura.

Era situato a circa due chilometri di distanza dalla villa. Lontano e, principalmente, off limits per i bambini. Difatti era perennemente chiuso con un grande lucchetto. Così che, appunto, i piccoli non vi potessero entrare e vedere cosa, all'interno, vi era.

"Miguel" fece così il suo ingresso al capanno El Diablo. "Finalmente riusciamo a parlare" aggiunse poi, osservando l'uomo sulla quarantina che, legato, sedeva sulla sedia di legno e ferro posta al centro della stanza. "E' stato davvero molto difficile trovarti" proseguì, camminando verso l'uomo.

"Diablo... Io..." farfugliò Miguel, con voce leggermente tremante.

"Shh, non ti agitare inutilmente" Si accucciò a terra e, con due dita, sollevò il mento dell'uomo... La sua preda, così da poterla guardare dritto negli occhi. "Voglio solo parlare" Curvò le labbra in un piccolo e diabolico sorriso. "Ecco cosa faremo" Si alzò da terra, raggiungendo il tavolo in legno posto sulla sinistra della stanza. "Ti farò alcune semplici domande" proseguì a parlare e, mentre lo faceva, cominciò a tirare fuori da una sacca sportiva alcuni attrezzi. "Alle quali tu, ovviamente, dovrai rispondere in modo onesto. Se non vuoi che mi arrabbi" Si voltò, osservandolo. "Perché non vuoi che accada, non è vero?"

"Sar-sarò sincero Diablo" balbettò Miguel, deglutendo a fatica.

"Molto bene, Miguel. Molto bene" si voltò nuovamente verso il tavolo. "Tre giorni fa, alla vecchia stazione, mi sono stati sottratti due panetti di cocaina" mentre parlava, si sfilò dal polso il Rolex Daytona Oyster Albino del valore di ben quattro milioni, poggiandolo con cura sul tavolo. Poi allungò la mano destra, estraendo da una scatola di carta, un paio di guanti in lattice nero. "Le persone che me li hanno rubati, non solo hanno avuto la faccia tosta di derubarmi ma sai che altro hanno fatto?" domandò, voltandosi. Poggiò il sedere sul bordo del tavolo e incrociò le braccia al petto.

"Cos'hanno fatto?" domandò, intimorito, Miguel.

"Hanno avuto la brillante idea di tagliare, una droga pura al novantanove per cento, quindi di qualità molto elevata, con del misero fentanyl e detersivo il polvere" spiegò El Diablo. "La sera stessa, quella merda che hanno creato, perché in altro modo non si può definire, è stata messa in commercio" aggiunse, cominciando poi a camminare su e giù per tutto il capanno. "E sai a chi è stata venduta?" Per tutta risposta, Miguel scosse il capo in segno di negazione. "A dei ragazzini, Miguel! E' stata venduta a dei ragazzini che vanno dai dodici ai quattordici anni!" esclamò, con un tono di voce incline al furioso. "Dieci ragazzini, Miguel. Sei di loro sono finiti in ospedale e, per miracolo sono riusciti a salvarli. Due ragazzini non hanno fatto in tempo ad assumerla mentre gli altri due giacciono in obitorio, morti di overdose" Tornò verso il tavolo, recuperando una pinza. "Ho sempre detto, sia ai miei uomini, sia ai miei compratori, che qui, a San Juan, nessun tipo di droga deve finire nelle mani dei ragazzini. Eppure, a quanto pare, qualcuno è stato così stupido da non rispettare un mio ordine diretto"

"E da me cosa vuoi sapere?"

"Oh, ci stavo giusto per arrivare" sorrise in modo malvagio. "A chi hai venduto la droga che mi hai rubato, traidor?"

A quelle parole, l'uomo sbiancò, cominciando a sudare freddo. Aprì, per poi richiudere subito le labbra. Incapace di rispondere a El Diablo.

"A chi hai venduto la mia droga" scandì bene le parole Ruben, avvicinandosi a Miguel.

"No-non ho rub-rubato io la droga" balbettò.

"Risposta sbagliata" ghignò. "Francisco, sii così gentile da aprire la bocca di Miguel" chiamò a sé uno dei suoi uomini.I quali, in silenzio, erano tutti poggiati contro la parete del capanno.

Vargas, dopo essersi messo anche lui un paio di guanti in lattice, si posizionò dietro la schiena di Miguel. Con le mani poggiate ai lati del viso dell'uomo, lo costrinse ad aprire la bocca, così che El Diablo potesse afferrare con la pinza un dente di Miguel e, con forza, toglierglielo.

Un disperato urlo fuoriuscì dalla bocca della vittima di Perez, mentre il sangue cominciava a sgorgare e cadere lungo la gola di Miguel.

Mezz'ora dopo, il corpo esanime di Miguel, immerso nel suo stesso sangue e piscio, giaceva sul pavimento della Sala de Tortura de El Diablo. Il quale, dopo essersi sfilato di dosso i guanti ricoperti di sangue, li gettò addosso al corpo dell'uomo che aveva appena finito di torturare. Si rimise al polso il suo prezioso orologio, impartendo poi degli ordini ai suoi uomini.

"Mateo chiama gli addetti alle pulizie. Questo posto deve tornare ad essere pulito il prima possibile" ordinò, ricevendosi una risposta affermativa da parte di Bravo. "Luka, contatta il becchino. Digli che c'è uno stronzo da portar via. E che faccia le foto prima di bruciare il corpo. Dobbiamo far capire a tutti chi è, qui a San Juan, a comandare" Si voltò, guardando gli altri due dei suoi uomini. "Hector, Francisco, voi due occupatevi dei tre coglioni che hanno venduto la droga ai ragazzini. Non devono mai più vedere la luce del giorno. Chiaro?"

"Sì, capo" risposero all'unisono Vargas e Lopez.

"Capo" intervenne Javier, non appena concluse la chiamata che aveva da poco ricevuto. "Abbiamo un problema" affermò, avvicinandosi a Ruben. "I Dodici hanno saputo di quanto è successo con il furto della droga ed hanno indetto una riunione d'emergenza. Vogliono delle spiegazioni"

A quelle parole, Ruben si strofinò gli occhi, mormorando poi un "Non c'è mai un attimo di pace" detto sospirando. "Chiama il messaggero e digli che riferisca ai Dodici che il problema è stato risolto, e che non devo loro alcuna spiegazione" El Perro annuì. Stava per dileguarsi, pronto per fare la telefonata, quando Perez parlò ancora "Digli anche che gli ricordi, a quegli idioti, chi è stato a mettergli nella posizione in cui si trovano attualmente. Gli ho dato il potere, ma posso anche toglierglielo in qualsiasi momento"

---

"Sam alza le chiappe da quella sedia, togli gli occhi da quel libro e preparati per la spiaggia" la frizzante voce di Kyla Riflessi riempì la graziosa stanza d'albergo del Coral by the Sea, nella quale, oramai da quasi una settimana, le due ragazze alloggiavano.

"Spiaggia?" domandò, quasi allarmata, la bionda. "Ma non mi avevi promesso che, almeno oggi, avremmo fatto quello che volevo io?" chiese poi, mentre osservava come, con un rapido movimento, la moretta le sottraeva, da sotto il naso, La caduta di Gondolin. Uno dei libri di Tolkien che la Moretti si era portata con sé da poter leggere.

"Questo era prima che mi dicessi che avresti soggiornato di più a San Juan" rispose la Riflessi, chiudendo con cura il libro che teneva in mano. "Visto che oggi sarà il mio ultimo giorno di vacanza, con te, ho intenzione di fare il più possibile baldoria. E non perdermi nel vedere te che cerchi spunti per i tuoi disegni"

"Ma" riuscì a dire solo questo Samantha. Dato che, non appena guardò la sua migliore amica, quest'ultima aveva deciso di utilizzare la carta degli occhioni dolci e del labbro tremante. Sapendo benissimo che, a quell'espressione, la Moretti non sarebbe riuscita a dire di no. "Va bene, va bene" mormorò Sam, alzando le mani in segno di resa. "Visiterò la città non appena il tuo grazioso culo sarà comodamente appoggiato sul sedile dell'aereo"

"Ti adoro! Lo sai, vero?" disse la mora, gettando le braccia al collo dell'amica.

"Sei una maledetta ruffiana. Lo sai, vero?"

---

Erano passate diverse ore, oramai, dall'arrivo delle due amiche in spiaggia. Il sole batteva caldo nel cielo, scottando la pelle delle innumerevoli persone che sostavano in quel piccolo angolo di paradiso. Così lo aveva definito Kyla, non appena si era ritrovata davanti a quell'immensa distesa d'acqua quasi cristallina e quella sabbia particolarmente chiara rispetto a quella di casa. Faceva caldo ma, per fortuna dei presenti, una leggera brezza soffiava lungo tutta la costa, dando sollievo a tutti coloro che, invece di andare a rinfrescarsi in acqua, avevano optato per starsene stesi o sull'asciugamano o sul lettino per cercare di abbronzarsi un pochino.

Le due amiche erano appena tornate ai propri lettini. Kyla con l'intento di sonnecchiare per un'oretta almeno, e Samantha invece con l'intento di fare qualche schizzo. Stranamente quel luogo le aveva dato la giusta ispirazione.

La Moretti non fece nemmeno in tempo a recuperare il suo album da schizzi che, delle voci maschili, attirarono la sua attenzione. Tenendo gli occhi coperti dai suoi inseparabili occhiali da sole marchiati VR46, sbirciò appena i due ragazzi, realizzando che, inaspettatamente, si stavano avvicinando al suo lettino ed a quello della sua amica.

"Ciao" parlò uno dei due ragazzi, rivolgendosi alle due amiche.

<Ok, se li ignoro se ne andranno e potrò finalmente disegnare> si disse tra sé e sé la Moretti, decidendo per l'appunto di ignorare il saluto del ragazzo.

Ma se Samantha aveva optato per passare da cafona, ed ignorare i due, Kyla era di tutt'altro avviso. Difatti, nell'udire il saluto di uno dei due, la moretta si era sollevata dal suo lettino, mettendosi seduta. Si passò una mano sui capelli bagnati, ricambiando il saluto.

<Sul serio Kyla? Sul serio?> pensò la bionda, lanciando un'occhiataccia alla sua amica.

La quale rispose facendo un mezzo ed, innocente, sorrisetto.

Kyla 1 - Samantha 0.

"Io sono Hector" si presentò il ragazzo dagli occhi azzurri, sorridendo. "Lui invece è Mateo"

Ah si. Quasi me ne dimenticavo.

Oltre al Grass, il locale preferito de El Diablo per cacciare le sue prede, anche le spiagge della costa erano un ottimo terreno di caccia per i Siervos del Diablo.

E, a quanto pareva, ora erano proprio a caccia. Peccato solo che, per loro immensa sfortuna avevano puntato le ragazze sbagliate.

"Voi siete?" domandò Mateo, non distogliendo mai di dosso gli occhi da Kyla.

Proteggi la tua identità.

Ed ecco come, rapidamente, tornarono ed essere vivide, nella sua mente, le parole che, poco prima della loro partenza, suo zio le aveva detto.

Ed era proprio quello che aveva intenzione di fare. Non solo avrebbe protetto la sua identità, ma avrebbe protetto anche quella di Kyla.

"Io sono..." la Riflessi non riuscì a presentarsi. Perché, prontamente, Samantha prese la parola, interrompendola.

"Lei è Cloe mentre io sono Alex" rispose Samantha, allungando la mano verso i due, presentandosi.

I due membri dei Siervos del Diablo, a turno, strinsero la mano alle due ragazze. E, così facendo, la Moretti poté notare come, entrambi i due ragazzi, avessero lo stesso tatuaggio impresso nel dorso della mano sinistra.

<Interessante. Davvero molto interessante>

"Tra qualche ora avrà inizio una festa sulla spiaggia, organizzata da un nostro caro amico" parlò Hector, indicando un punto della spiaggia non troppo lontano da loro. "Stiamo facendo il giro per invitare un po' di gente" fece un sorrisetto che sicuramente comprò Kyla ma non fece altrettanto con Samantha. "Se per caso volete raggiungerci, più tardi, vi lascio due inviti"

Non appena i due membri dei Siervos del Diablo si allontanarono, e non potevano udire la conversazione che, a breve le due amiche avrebbero tenuto, Kyla iniziò a parlare.

"Cloe? Alex?" domandò, sollevando un sopracciglio.

"Che volevi fare, eh?" ribatté la bionda, allargando le braccia. "Dirgli il tuo vero nome? Magari anche il cognome, codice fiscale, indirizzo e numero di cellulare?" aggiunse, sorseggiando poi un po' di thé al limone. "Nemmeno sai chi sono"

"Beh" iniziò il suo discorso la moretta, accavallando le lunghe gambe. "Il numero di cellulare, a Mateo, lo avrei dato molto volentieri" Per tutta risposta, Samantha alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo in segno di negazione. "Ci andiamo alla festa, non è vero?"

"Non so perché mi fai questa domanda se, tanto, hai già deciso di andarci. Non è forse così?"

---

"Samantha Moretti sbrigati o faremo tardi alla festa!" esclamò la Riflessi, battendo con forza la mano contro la porta del bagno.

"Mio Dio, non si può nemmeno pisciare in santa pace!" controbattè l'altra, aprendo successivamente la porta del bagno. "Per tua informazione, sono assolutamente pronta" aggiunse, indicando l'outfit che aveva deciso di indossare.

"Sei seria?" domandò la mora, facendo una precisa radiografia al corpo dell'amica. "Due bellocci ci hanno invitato ad una festa e tu hai intenzione di andarci vestita così?"

A quelle parole, la bionda abbassò lo sguardo verso la canottiera dei Kiss che aveva scelto di mettersi per andare a quella, inutile, festa sulla spiaggia. Per spostarlo successivamente sugli short di jeans slavato.

"Che cos'ha che non va?"

"Oh mio Dio, tutto!" la spinse dentro al bagno. "Dov'è l'abito che ti ho regalato?" chiese, quasi urlando, mentre frugava tra vestiti dell'amica.

"Intendi quel dannato abito che, più che un vestito sembra un centrino della nonna da quanto è trasparente?" domandò, sbucando con la testa fuori dal bagno. "Non metterò mai quel coso addosso!"

"Vuoi scommettere?"

Una mezz'oretta dopo e, dopo aver raccomandando a Kyla di presentarsi come Cloe, le due migliori amiche si trovavano in coda, attendendo di poter fare il loro ingresso alla festa.

"Ecco perché odio queste cose" sbuffò la Moretti, osservando, quasi svogliatamente l'incredibile numero di persone già presenti alla festa e, il gran numero di persone che, proprio come loro due, attendevano di poter entrare.

Per tutta risposta, Kyla le tirò una potente gomitata tra le costole, facendo sussultare la bionda.

"Ringrazia Dio che sei la mia migliore amica, sennò ti avrei già steso a terra" mormorò Samantha, puntandole il dito contro e ricevendosi, in risposta, una linguaccia da parte della Riflessi. Stava per dire altro quando la squillante voce di Hector attirò l'attenzione di entrambe. "Ma non possono tormentare qualche altra ragazza?" brontolò, beccandosi un'occhiataccia dall'amica.

<Menomale che non è in grado di incenerire le persone con lo sguardo. Sennò sarei già diventata polvere> rifletté, guardando l'amica che, non appena vide Mateo, iniziò quasi a pavoneggiarsi.

"Voi non dovete fare la fila" disse, allegro, Lopez.

<Oh ma quanto sei patetico> disse mentalmente Samantha. <Sempre le solite vecchie frasi d'abbordaggio> Alzò gli occhi al cielo.

Con un movimento naturale, Mateo prese per mano Kyla e, nel farlo, si perse lo sguardo tagliente che la Moretti gli stava lanciando contro.

Timorosa di esser presa anche lei per mano, Samantha cercò di mettersi le mani in tasca ma si ricordò che, purtroppo, indossava un dannatissimo abito privo di alcuna tasca.

Kyla 2 - Samantha 0.

Senza dire alcuna parola, Hector allungò la mano verso Samantha, attendendo che quest'ultima accettasse di esser accompagnata per mano.

"Non ho due anni. E non mi serve esser accompagnata per mano" la voce era acida.

A quelle parole, Hector scoppiò a ridere, scuotendo il capo.

"Lo so bene... Era giusto per far si che tu non ti perda in mezzo a tutta questa gente" si grattò il retro della nuca, nervoso. "Non mordo mica" proseguì, allungando nuovamente la mano.

Samantha alzò nuovamente gli occhi al cielo, mormorando poi un "Oh tranquillo. Qui, quella che morde sono io" detto accettando finalmente di esser presa per mano.

Erano diverse ore, oramai, che si trovavano a quell'assurda festa.

Samantha Moretti non ce la faceva più.

Tutti quei corpi appiccicosi ed ammassati tra di loro la stavano, letteralmente soffocando.

Anche se si trovavano all'aperto, l'aria aveva cominciato a mancarle dai polmoni. Costringendo la giovane ad allontanarsi dalla sua amica, la quale era intenta a strusciarsi contro il muscoloso corpo di Bravo.

Cercando di farsi largo tra quel groviglio di corpi ammucchiati, si incamminò verso il bar, se così vogliamo definirlo. Dopo essersi fatta dare una bottiglietta d'acqua ghiacciata, si recò in un punto della spiaggia poco affollato.

"Questo non è il mio mondo" farfugliò, riprendendo, finalmente, fiato.

Diede un altro lungo sorso alla bottiglietta d'acqua, decidendo poi di armeggiare per un po' col suo cellulare. Stava rispondendo ad un messaggio di Sebastian quando, come se la musica che, fino a quel momento le stava martellando in testa, facendole quasi fischiare le orecchie, avesse magicamente cessato di fuoriuscire dalle casse, una voce richiamò la sua attenzione.

"A quanto pare non sono l'unico a non essere un particolare amante di questo tipo di feste"

La Moretti staccò i suoi occhi chiari dal display del suo smartphone, puntandoli dritti verso l'uomo che le stava parlando.

Non appena i suoi zaffiri si soffermarono ad ammirare quei meravigliosi e lucenti smeraldi, resi ancor più belli e, al contempo, dannatamente pericolosi dalla luce prodotta dalla luna, il respiro le si smozzò.

Compì un piccolo passo all'indietro, come se, così facendo, potesse tornare a respirare per bene. Ma non ci riuscì.

Era senza fiato.

Lui le stava togliendo il fiato.

I tuoi occhi sono cisterne che dissetano i miei tormenti.

"Scusami, non era mia intenzione spaventarti" si scusò lui, abbozzando un piccolo sorriso.

"Oh no, non mi hai spaventato" replicò Samantha. "Ero solamente assorta in questo qui" aggiunse, sollevando in aria il cellulare. "Comunque sono Alex" si presentò, sorridendo appena.

<Si, certo. Brava stupida. Sei stata diffidente con quegli altri due, mentre con questo qui addirittura ti presenti per prima> la rimproverò una vocina nella sua testa.

"Oh è un piacere conoscerti, Alex" allungò la mano, così da poter stringere quella di Samantha. "Io sono Ruben. Ruben Perez"

Il Diavolo stesso aveva appena fatto il suo memorabile ingresso nella vita di Samantha Moretti.

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SPAZIO AUTRICE:

Samantha e Ruben si sono incontrati. Guai e caos stanno per giungere nelle loro vite.

Per quanto riguarda i bambini presenti alla villa, man mano che si andrà avanti coi capitoli, saprete chi sono. Mentre sui Dodici... Loro resteranno misteriosi per un bel po'.

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