Midnight || Dramione

By Ali_di_pagine

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Dal testo: «Odio» disse Hermione «lo dici con odio. Lo stesso odio che sai mettere in ogni sillaba del mio n... More

0.0 Le lacrime di una grifona.
0.1 Hermione.
1.0 L'ultima speranza di Draco.
1.1 Passato.
2.1 Fuoco e ghiaccio.
2.2 Fuoco e ghiaccio pt. 2
3.0 Domani.
4.0 Impossibile.
5.0 Scoperte.
5.1 Altre chance.
5.2 Come prima.
Salve.
6.0 Lo so e basta.
7.0 Incredibilmente reale.
7.1 Chiarire.
7.2 Troppe sfumature.
8.0 Complicato.
9.0 Istinto.
10.0 Lontano.
Sempre.
11.0 Scomparsa.
11.1 Ordine.
12.0 Oppugno.
12.1 Follia.
13.0 Giusto.
13.1 Peccato.
14.0 Sensazioni.
OWL AWARDS
14.1 Odio.
14.2 Intuizione.
15.0 La Regina Grifondoro.
15.1 Sono qui.
16.0 Vita.
17.0 Veleno e cura.
18.0 Un'altra persona.
18.1 Cento punti.
18.2 Buonasera, Riccioli d'Oro.
18.3 Il sapore di un'ossessione.
19.0 Chiudi gli occhi.

2.0 Verità.

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By Ali_di_pagine

Hermione guardò il succo di zucca nel suo bicchiere, la Sala Grande quel giorno era peggio della bottega di Mielanda durante le gita ad Hogsmeade che capitavano di domenica: un bordello.
Il motivo era semplice, quanto scontato: quello era il giorno del Quidditch. La partita che si sarebbe svolta di lì a un'ora trovava avversari Serpeverde e Grifondoro, per cui il fermento era doppio.
Vicino alla fine del tavolo Grifondoro, non lontano dall'ingresso alla Sala, c'erano alcuni studenti che si lanciavano una vecchia pluffa, mentre Luna Lovegood li osservava interessata, il suo solito sorriso le aleggiava sulle labbra.
Un paio di suoi coetanei Serpeverde, invece, li guardavano con astio.

Hermione ebbe un tuffo al cuore quando, per sbaglio, confuse il colore dei capelli del primo. Aveva sgranato gli occhi e si era impercettibilmente alzata dalla panca, impietrita. Ma no, non erano biondo platino i capelli del giovane accanto alla scopa nimbusduemilauno del cercatore Serpeverde, erano un semplice biondo scuro, ben diverso da quello di Malfoy.
Che stupida era stata. Ma, ora che ci pensava, era tutto il giorno che il suo cervello non si spostava di troppo dall'argomento.
La scorsa notte era stata strana, sconvolgente. Non riusciva a trovare una spiegazione logica per tutto. Per la presenza di Malfoy ad Hogwarts. Per il suo gesto di darle il mantello, e poi successivamente restituirle la bacchetta. Per il proprio interesse verso la questione. Una spiegazione, per tutto.
Diede un'altra occhiata al calice, pieno come prima. Non aveva proprio voglia di mangiare o bere, se solo pensava al sapore fin troppo dolce del succo di zucca in gola, le veniva la nausea.
Non era la prima volta che le capitava... I primi giorni dopo la guerra era stato così. Aveva semplicemente lo stomaco chiuso.

Sollevò lo sguardo. Ron le stava accanto, rimpinzandosi di cibo come al solito. Le venne da ridere, e cercò di trattenersi.
Lui la guardò da sopra il suo bacon.

«Tranquilla, non mangio troppo.» alzò gli occhi al cielo. Lei sorrise. Erano innumerevoli le volte che gli aveva raccomandato di non esagerare col cibo prima di una partita...

Hermione scosse la testa e guardò difronte a lei Harry, che a sua volta osservava i movimenti del boccino d'oro che gli volava intorno. Non se ne era mai separato, da quando Silente glielo aveva lasciato nel testamento, e la ragazza conosceva il valore che aveva per lui.
Sciolse le braccia, prima incrociate sul tavolo, e mise le mani in quelle di Harry e Ron. Poi, appoggiò la testa sulla spalla di quest'ultimo, respirando l'odore familiare con gli occhi chiusi. Si sistemò meglio nell'incavo del suo collo, mentre lui cominciava ad abbandonare il cibo e la guardava. A dire il vero, anche Harry aveva afferrato il boccino e dato tutta la sua attenzione alla grifondoro.
Hermione non li guardò a lungo. Voleva solo dimenticarsi di tutte le domande che la assillavano su quel biondo serpeverde.
Vide Harry aprire la bocca e fare come a dire qualcosa, ma lo precedette.

«Harry, sto bene. Sono solo stanca.» gli fece un sorriso tirato, che sperò sembrasse sincero. Non poteva dire loro di Malfoy, aveva deciso, non senza spiegare il motivo per cui si era trovata a notte fonda nella Foresta Proibita... E, sinceramente, non voleva affatto raccontare come fosse debole. Certo, Harry e Ron l'avevano vista in momenti ben peggiori, ma non voleva farli preoccupare per qualcosa che non si poteva cambiare... Avevano appena cominciato ad andare avanti.

«Hermione, sul serio, é da ieri che sei strana... Cosa é successo?» disse Harry.
Da ieri? Pensò lei. Era stata brava a nascondere tutto, finché non l'aveva incontrato. Prima si era abituata, ma lui aveva sconvolto di nuovo tutto, lasciandola con troppi punti interrogativi. Malfoy...

«Sono solo... esausta. Sono due notti che non dormo bene.»

«Dovresti andare da Madama Chips, allora.» le suggerì Ron. Quando spostò gli occhi su di lui, non fu sorpresa di trovare un solco sulla sua fronte, causato dalle sue sopracciglia aggrottate. Era proprio questo che voleva evitare, la loro preoccupazione.

«D'accordo, dopo la partita ci vado.» disse, allungandosi per dare un bacio sulla guancia di Ron. Avvertì un accenno di barbetta sul suo mento, e ridacchiò.
Quando rialzò gli occhi, vide la ruga sulla fronte di Ronald scomparsa, anche se Harry non sembrava del tutto convinto. Per evitare dubbi, gli sorrise calorosamente.

-

Draco Malfoy era un ragazzo davvero strano. Non perché fosse dotato di poteri magici, non perché avesse i capelli praticamente bianchi, non perché aveva un passato travagliato. Semplicemente perché faceva cose o prendeva decisioni che certe volte stupivano anche lui.
In una tra le notti fredde e solitarie, le uniche che aveva avuto da lungo tempo, era sicuro che si sarebbe pentito di aver ceduto il suo mantello alla Granger. Cosa ci aveva fatto, poi? Avrebbe potuto farselo ridare, prima di scappare.
No. Si disse. Lui non era scappato, i Malfoy non scappano. Piuttosto si congedano velocemente.
La sera prima, quando la Mezzosangue lo aveva guardato in quel modo, sapeva che qualcosa non andava, ma non lo avrebbe mai ammesso a sé stesso.
In un gesto che avrebbe deriso solo qualche tempo prima, se fatto da un'altro, le aveva ridato la bacchetta, che lui stesso le aveva tolto.
Lo stupore sul volto della Granger gli aveva fatto quasi male. Chi credeva di poter prendere in giro? Era davvero cambiato come credeva, o forse era sempre stato così?

Camminò ancora, vedendo l'albero che si dava spesso come riferimento. Sapeva di essere ritornato dove aveva incontrato la Granger, ore prima.
Da lontano, scorse qualcosa di strano, lievitare in mezzo allo spiazzo... Si avvicinò, studiando l'oggetto.
Il sole era alto nel cielo, e Draco aveva visto tutti gli studenti della scuola recarsi al campo da Quidditch, doveva esserci una partita... Da quanto non ne vedeva una? Molto.
Nonostante fosse giorno, la chioma degli alberi rendeva la luminosità bassa, per cui, quando credette di aver compreso l'oggetto, pensò di aver visto male. Poi, appurato che non si era sbagliato, gli venne da ridere, ma questo suo sentimento fu stroncato sul nascere da un'altro.
Glielo aveva lasciato. Com'era strano.

Questi pensieri, però, furono presto sostituiti da altri, sospettosi.
Sicuramente lo avrebbe affatturato. Era molto probabile che la Mezzosangue avesse lanciato un'incantesimo, su di esso.
Ciò nonostante, rimase a fissare il tessuto nero del mantello pesante, lo stesso che aveva dato alla Granger, sospeso in aria sotto l'effetto di un'incantesimo di levitazione. Le ombre giocavano sulla superficie nera, ed anche per questo non riusciva a capire cosa fosse, all'inizio.
Il mantello era all'altezza dei suoi occhi, al centro dello spazio, e sembrava abbandonato.
Con cautela, avvicinò una mano, fino a toccarlo. Non appena le sue dita sfiorarono il tessuto, l'incantesimo si sciolse e lo fece cadere nelle sue mani, innocuo.

Lo indossò e si sedette a terra, restando così per non sapeva quanto tempo.

-

Qualche ora dopo, sudati e totalmente in disordine, Harry e Ron erano raggianti.
Il portiere della squadra Grifondoro non faceva che elencare le parate migliori che aveva fatto durante la partita, facendo delle smorfie per far passare per insignificanti, invece, i punti che aveva preso.
La ragazza invece, che camminava tra loro due verso il castello, si tratteneva dal ridere. Harry scuoteva la testa sorridendo, senza prendersi i propri meriti, nonostante fosse grazie alla sua cattura del boccino, che Grifondoro aveva vinto.

«Harry, diglielo un po' che non é facile volare e fare altre cose contemporaneamente!» protestò Ron, quando Hermione non riuscì più a trattenersi e rise del suo ragazzo fomentato.

«Ron, lo sa benissimo.» rispose Harry con un sorriso.

«Io non credo, altrimenti riconoscerebbe che l'ultima l'ho parata da Merlino! Nemmeno quell'energumeno di Cormac sarebbe stato capace.» ribatté lui, mentre Hermione non riusciva a trattenere le risate.

«Cormac? Sul serio?» la ragazza rise più forte, al ricordo del biondino membro del Lumaclub che, al sesto anno, si era preso una "cottarella" a detta di Ron, per lei.

«Dai, sto scherzando.» disse con tono più dolce, quando vide che Ronald cominciava a mettere su il broncio.

«Sei stato bravissimo.» gli diede un bacio sulle labbra, che fece sorridere il grifondoro, dimentico del rancore di prima.

«Avete finito voi due?» si intromise Harry, prima di venir assalito da qualcosa, o meglio qualcuno.

«Quante... volte... ti... ho... detto...» lo rimproverò Ginny Weasley tra un bacio e l'altro
«... che devi stare più attento?» concluse, dandogli uno schiaffo sul petto.

Lui, per tutta risposta, rise.

«Harry! Non c'é niente da ridere! Mi hai fatto venire un infarto, per Godric!»
Durante gli ultimi minuti della partita, quando Harry aveva catturato il boccino, era schizzato in alto verso il cielo plumbeo, per poi ricadere in picchiata, all'inseguimento di un lampo d'oro. C'era mancato pochissimo che non si schiantasse a terra, e, se Hermione si era tranquillizzata dopo le scuse del Cercatore, Ginny era tutta rossa.

«Ginny... calmati.» provò a sedarla lui, ma la Weasley era ancora davanti a lui, con le braccia incrociate e lo sguardo testardo.

«Sto bene, dai...» si erano fermati. Hermione e Ron, irrigidito, l'uno vicino all'altra, guardavano quei due.

Ad un tratto, Ginevra si buttò tra le braccia di Harry. Hermione sorrise e trascinò Ron lontano da loro, verso il castello.

«Ma... Aspettiamoli, no?» protestò il rosso.

«Dai, diamo loro un po' di privacy.» rispose, guadagnandosi uno sbuffo di lui.

Una volta nella sala comune, si misero davanti al camino: quel giorno non c'erano le lezioni.
Appoggiata a lui, Hermione guardava il fuoco, seduta sul divano. Ron, invece, aveva le mani tra i suoi capelli, e li accarezzava lentamente.

«Herm...?»

«Mmh?»

«Davvero non hai nulla? Oppure... Oppure non me lo vuoi dire?» le chiese lui, titubante. Non era mai stato il migliore a leggere le emozioni delle persone, tantomeno a starci attento o capirle... Ma questo suo lato gli dava fastidio solo quando si trattava di lei. Il pensiero che non potesse fidarsi di ciò che gli diceva era impensabile.

Hermione deglutì, e tacque per un po'. Cosa avrebbe dovuto dirgli, scartata l'opzione "verità"?

«Si, Ron, davvero. Sono veramente, veramente stanca...»

«Okay...» le accarezzò una guancia, facendole alzare il viso.

Quando i loro occhi si incontrarono, posò le labbra sulle sue. Ogni volta che la baciava, ogni volta che le faceva una piccola dimostrazione d'affetto, chiedeva sempre silenziosamente il suo permesso, per continuare.
Così, quando Hermione sorrise sulle sue labbra, approfondì il bacio, più sicuro.
La sua lingua accolse quella di lui, e la ragazza sentì il sapore familiare della sua bocca. Era un bacio gentile, dolce e silenzioso. Ron era sempre così... Ron. Non sapeva come descriverlo, era lui e basta.
C'era sempre quando ne aveva bisogno, la trattava in modo stupendo... Riusciva a farla ridere, anche quando non lo credeva più possibile.

Il grifondoro portò una mano sul suo collo, ad accarezzarle la pelle chiara, mentre quelle di lei andarono tra i suoi capelli rossi, ad attorcigliarli con le dita affusolate.
Schiuse leggermente gli occhi, e trovò quelli di lui chiusi, le ciglia chiare a proiettare ombre sulle guance.
Ad un tratto, Ron si allontanò.

«Hermione!» disse.

«Cosa?» chiese lei, confusa per l'improvviso distacco.

«Madama Chips!»

«Cosa le é successo?»

«Merlino... Non a lei, a te!»

«Ancora? Ti ho detto che...»

«No, Hermione... Dovevi andare a chiederle qualcosa per dormire, no?» le ricordò.

«Ah... Si, poi ci vado.»

«Basta che non te lo dimentichi!»

«Si, certo Ron. Io ora vado a riposare un po', okay?»

«Okay...» rispose lui.

Hermione gli sorrise, per poi salire le scale che portavano al dormitori femminili. Sulla porta, incontrò Camille, che le fece un breve cenno col capo, prima di scendere nella sala comune. Non era mai stata una ragazza socievole... Ma, d'altronde, Hermione cosa ci poteva fare?
Si stese sul letto, il materasso morbido la accolse, comodo ed invitante. Voleva dormire.
Guardò il baldacchino sopra di lei: il tessuto rosso faceva da sfondo a ricami dorati, che sembravano rincorrersi in una danza dinamica così simile a quella delle fiamme.
Pensò a quella notte. Era rientrata verso le quattro del mattino. Nonostante avesse pensato seriamente di lasciare il mantello di Malfoy a terra o passeggiarci sopra, per sicurezza, aveva deciso di renderglielo come lui aveva fatto con la sua bacchetta. Con uno dei molti incantesimi che conosceva, aveva fatto in modo che solo lui potesse riprenderlo... Aveva deciso di considerarlo un bel gesto, e al suo orgoglio la pensata era piaciuta.
L'aveva trovato? Recuperato? Aveva provato a tornare il quel luogo, o l'aveva evitato come la spruzzolosi?
Tra queste domande, si addormentò, i suoi sogni invasi da occhi chiari e capelli biondi.

...

C'erano molti tipi di persone. Quelle che davanti ai problemi scappavano, quelle che si facevano consigliare. Hermione non apparteneva a nessuno di quei gruppi. Lei, quando c'era qualcosa da affrontare, lo faceva a testa alta, da sola e senza tentennare. Era per questo che, quella sera, aveva deciso di ottenere la verità.

Quando si era svegliata dal suo sonno popolato da intrusi, si era già fatto buio. Dovevano essere state le sei di pomeriggio... Non ricordava quand'era l'ultima volta che aveva dormito così tanto. Aveva saltato il pranzo, e difatti sentiva fame, così era andata a mangiare in Sala Grande.
Ora era a due passi dall'ingresso di quest'ultima. Poteva sentire il brusio dei ragazzi che chiacchieravano in massa, e, solo al pensiero di tutto quel rumore, considerò di tornare indietro... Ma poi si ricordò di ciò che doveva fare, e si rese conto che le sarebbero servite forze.
Così fece un bel respiro, e varcò la soglia della Sala Grande, andando verso i suoi amici, che l'aspettavano col sorriso sulle labbra.

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