Golden 𝟚

By dyrneromance

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quando la morte mi prenderà per mano con l'altra stringerò te e ti prometto di trovarti in ogni vita - Rupi K... More

Disclaimer ⓘ
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Epilogo
Extra -
Nuova Storia.

Capitolo 32

188 14 11
By dyrneromance

15 febbraio;

«Ma non ha senso!» Esclamo ridendo contro il suo petto.

«Oh ma che vuoi capirne tu che ne hai solo uno!»

Siamo sul letto, sono le quattro del pomeriggio e abbiamo fatto l'amore per ore. Oggi ho dato l'esame, è andato bene e Elijah ha deciso di festeggiare nel suo modo preferito. Sono minuti che battibecchiamo sui suoi tatuaggi. Lo sto prendendo in giro perché alcuni sono così stupidi che neanche lui ricorda il motivo per cui li ha fatti.

«Dovrò rimediare, è da un po' che pensavo di farne un altro.» Rispondo disegnando cerchi astratti sul suo petto nudo.

«Tipo?»

«Non lo so..»

«Ti porto dal mio se vuoi.» Propone ma io lo guardo indecisa.

«Se è lo stesso che ha tatuato la stampella allora no, grazie.» Elijah scoppia a ridere e mi stringe di più al suo petto come per farmi soffocare. «Smettila.» Rido mordendogli il collo e facendogli allentare la presa. Mi tiro un po' su per sistemarmi sul cuscino, lui si gira verso di me e intreccia le gambe con le mie tenendo una mano sul mio fianco. Siamo ancora nudi e sentirei freddo se non emanassimo così tanto calore. Mi sposta i capelli dietro la spalla, sfiorandomi il collo, le spalle e poi su verso il viso con i polpastrelli. Sorrido mordendomi il labbro perché mi sento così piena di serenità che mi sembra di non riuscirne a contenere abbastanza. È immerso nei pensieri, lo capisco perché mi guarda ma non mi osserva. La sua mano è ferma sul mio viso e sono costretta a riportarlo alla realtà perché sono troppo curiosa.

«Tutto okay?»

«Posso dirti una cosa?» Annuisco, è serio e non ha più l'aria rilassata di qualche minuto fa. «Però non voglio che tu ti arrabbi.»

«Perché dovrei?»

«Non te l'ho mai detto perché ho sempre pensato che fosse stupido da parte mia e che i miei non fossero problemi rispetto ai tuoi.» Corrugo la fronte alzandomi con il busto per ascoltarlo meglio. Il lenzuolo cade scoprendo i miei seni ma non mi preoccupo di coprirmi, lui è Elijah.

«Che stai dicendo?»

«Ricordi quando ci siamo incontrati da Mitchell?» Annuisco, forse so cosa vuole dirmi. «E quando siamo arrivati qui, mi hai chiesto cosa ci facessi lì?»

«Sì, poi ti sei arrabbiato.»

«Non mi sono arrabbiato.»

«Sì invece.»

«Semplicemente non era il momento giusto per dirtelo.» Lo guardo aspettando pazientemente che lo dica. «Anch'io vado alle sue sedute»

«Lo sapevo.» Ora lui è confuso e mi imita nella posizione.

«Come?»

«Questa cosa mi era passata per la testa ma ho preferito non chiedetelo perché volevo che fossi tu a dirmelo.»

«Da quanto lo sai?»

«Una volta ho sentito Janette fare il tuo nome in sala d'attesa. Per non parlare di tutte le volte che Mitchell ti ha nominato, seppur indirettamente.» Lui annuisce e sospira contemporaneamente, sembra essere un po' sollevato ed io non posso che capirlo. «È molto che ci vai?»

«Da quando avevo quindici anni, credo. A scuola vennero a sapere che ero stato adottato e usavano questa cosa contro di me.» Schiudo la bocca potendo solo immaginare un situazione così ingiusta. «Poi, sembra un po' stupida come cosa, ma non mi piacevo per nulla e non riuscivo ad accettarmi.»

«Sei stato tu a chiedere aiuto?»

«No, mia madre mi beccò col rasoio di papà. Solo che avevo quindici anni e la barba non ancora mi era spuntata.» Ridacchia malinconicamente ed io capisco subito cosa intende dire. Sento qualcosa spezzarsi dentro di me, mi rendo conto che per tutto questo tempo ho creduto di conoscerlo, ma in realtà non era così. «Quindi mi ci hanno trascinato ed è stato anche grazie a Mitchell se ho deciso di incontrare i miei genitori biologici.»

«Lo fai anche ora?» Mi chiede a cosa mi riferisco ed io provo a spiegarmi cercando le parole adatte. «Anche ora ti fai del male?»

«No, no assolutamente. Ormai è un capitolo archiviato quello.» Annuisco sorridendogli, mi sento un po' sollevata. «Quando vado alle sedute è semplicemente per parlare, non deve esserci per forza un motivo tragico dietro.» Ride un po' provando a sdrammatizzare, io annuisco e mi avvicino di più a lui per sedermi sulle sue gambe. Gli prendo il viso tra i palmi delle mani e gli stampo un bacio delicato sulle labbra.

«Nessun dolore è più valido di un altro; ogni persona ha un modo diverso di elaborare, affrontare o reagire. Non devi invalidare le tue emozioni solo perché credi che le mie siano più importanti.»

«Lo so.» Mi dice accarezzandomi i fianchi. «Ti amo per questo, sai cogliere ogni parte di me senza giudicarmi.»

«Perché siamo simili.» Sorrido poggiando la fronte alla sua.

«No, sei parte di me ormai.»

«Mamma mia quanto sei dolce.» Lo prendo in giro cacciando poi fuori la lingua come se fossi disgustata, lui mi mette una mano in viso e mi spinge leggermente all'indietro.

«Tu sei una rompipalle.» Schiocca la lingua in segno di disapprovazione.

«Sono una donna non uno specchio.» Trattengo una risata continuando a prenderlo in giro, lui si porta le braccia al petto da finto offeso e distoglie lo sguardo. Però non è arrabbiato, punta le labbra all'infuori in modo tale da non ridere o anche solo lasciar intendere un sorriso. «Sei incredibilmente suscettibile, ma da chi ne hai preso?»

«Da me stesso.» Rotea gli occhi continuando a fare l'offeso. «E un po' da mamma.»

«Alice o Mary?»

«Mary, è stata lei a partorirmi.» Risponde ovvio, questa volta è lui a prendermi in giro. Alzo gli occhi al cielo e gli scompiglio i capelli, lui approfitta della vicinanza delle mie mani per spingermi sul suo petto e nascondere il viso tra la mia spalla e il collo.

«Che c'è? Ti sei già annoiato nel fare la parte del cattivo ragazzo?»

«Quel ruolo lo lascio a te, ho anche l'innocenza di mamma.»

«Detta così suona veramente male.» Scoppia a ridere, così tanto che ad un certo punto riesce a farsi venire le lacrime agli occhi.

«Sai una cosa?» Dice cercando di riprendersi mentre gli asciugo la piccola lacrima alla fine dell'occhio.

«So e non so molte cose, però illuminami.»

«Dovresti incontrarli.»

«Ma chi?»

«Mary e Peter.» Tolgo la mano dal suo viso guardandolo seriamente. «Ormai è più di un anno che parlano di te e ogni volta mi chiedono di presentarti a loro.»

«Parlano di me?»

«Ricordi l'anno scorso, quando mia sorella interruppe la nostra telefonata?» Annuisco sentendo le sue mani accarezzarmi su e giù per le cosce. «Ti dissi anche che fu lei ad origliare e a fare il tuo nome.»

«Quindi è colpa di Emma se i tuoi vogliono incontrarmi?»

«Diciamo che un po' lo vorrei anche io.» Ammette guardandolo con un filo di speranza negli occhi.

«Non è presto?» Tentenno, so che non è così ma non so che altro pensare.

«Se togliamo tutte le volte che ci siamo lasciati..» inizia fingendo di contare sulle dita e facendomi sospirare divertita. «Però non sentirti in obbligo.» Continua alzando le sopracciglia come a convincermi.

«Vedremo.» Concludo, lui mi bacia attirandomi a sé, premendo la mano contro la mia schiena per stringermi di più. Stampa bisognosi e ferventi baci lungo il mio collo e poi giù per la spalla. Le mie mani si intrecciano intorno al suo collo, le dita in modo rapido si perdono nei suoi morbidi riccioli. I palmi avidamente comprimono la mia vita ed io improvvisamente mi sento più disperata di lui. Le nostre intimità si toccano e mi sento come se non mi avesse mai toccato prima. Prende il mio labbro inferiore tra i vostri denti, tirandolo leggermente e senza farmi male. Sorrido, non smetto di farlo neanche per un secondo. Abbasso lo sguardo sul suo petto potendo ammirare l'arte del suo torso. Sembra scolpito su marmo pregiato, così incantevole da far invidia al David.

Mentre torniamo ad amarci però non riesco a non pensare a quanto io mi sia sbagliata sul suo conto. Nessuno è perfetto, lui mi aveva avvisato ed io ho preferito non ascoltarlo. È difficile immaginarlo stare così tanto male, a tal punto da farsi del male. Non ho mai notato nulla, almeno fin'ora. Sopra di me, con le braccia lungo le mie spalle, rette per reggersi, mi dà modo per osservarle per la prima volta. Qualcosa riesco a scorgere, ma sono coperte dai troppi tatuaggi. Sul braccio destro ce n'è solo una, ma ci metto un po' per individuarla bene. Mi si ferma il respiro in gola, odio saperlo così vulnerabile e mi maledico per ogni singola volta in cui ho pensato che lui non potesse capirmi, che fosse perfetto e senza debolezze. Fin'ora ho conosciuto solo una piccola parte di lui e sento la necessità di trovarlo nella sua totalità.

Steso su di me, cala la testa sul mio seno lasciandolo inumidire dai suoi baci e irrigidire dall'eccitazione che provo. Non ci vuole molto prima che i gemiti tornino a riempire questa camera, irradiamo piacere e musica per le orecchie. La mia presa si stringe tra i suoi riccioli, lui sorride contro il mio collo e più lui spinge più sento la necessità di alternare i nostri movimenti. Mi sento avvampare, un calore si irradia in tutto il corpo ed io richiamo così tante volte il suo nome mentre lo sento muoversi in me ed entrare in ogni singola parte della mia anima.

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